Quando vi è competenza arbitrale?

E’ competente a decidere della nullità di una delibera assembleare l’arbitro quando vi sia un’apposita previsione dello statuto sociale, quando il diritto sia disponibile e rinunciabile e quando il giudizio arbitrale non sia escluso ex lege .

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 14340, depositata il 25 giugno 2014. Il caso. Una società, titolare del 20% di un’altra, conveniva questa’ultima avanti il Tribunale chiedendo che fosse dichiarata l’inesistenza, la nullità e/o l’annullabilità di una delibera adottata dall’assemblea ordinaria della società partecipata, con voto favorevole dell’80% del capitale sociale, che aveva deliberato di cedere l’azienda. Il Tribunale dichiarava la propria incompetenza in quanto la controversia doveva ritenersi riservata al giudizio arbitrale sulla base della clausola compromissoria contenuta nello statuto sociale. Avverso la sentenza proponeva istanza per regolamento necessario di competenza la società attrice, chiedendo che la Corte dichiarasse la competenza del Tribunale. È ammissibile il regolamento di competenza? La richiesta di regolamento è ammissibile, poiché nel caso di specie, il Tribunale una volta ritenutosi incompetente a pronunciare sulla domanda principale si era spogliato dell’intera causa. Il dispositivo della sentenza recava esclusivamente la dichiarazione di incompetenza e non anche il rigetto della domanda. Trova, quindi, applicazione il principio della Cassazione, secondo il quale la decisione in ordine alla competenza può essere impugnata solo con istanza di regolamento necessario di competenza quando la parte si dolga esclusivamente di siffatta situazione. Cass., n. 2879/2003 . E il merito del regolamento? La Corte poi affronta l’esame del merito del regolamento. Dal tenore dello statuto sociale si evince che i soci hanno inteso includere tutte le possibili controversie societarie, comprese anche le impugnative delle delibere assembleari, nella competenza arbitrale, ad eccezione delle sole controversie che a norma di legge non possano formare oggetto di compromesso. L’art. 34 d.lgs. n. 5/2003 dispone che possono essere devolute agli arbitri solo le controversie insorgenti fra soci, o fra soci e società, aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. La disciplina societaria prevede, poi, che le azioni d’impugnazione delle delibere assembleari siano seggette a termini di decadenza ai sensi dell’artt. 2377 e 2379 c.c., stabilendo quindi un’ipotesi di nullità sanabile della delibera per il caso di mancato esercizio del diritto d’impugnazione entro il termine, in deroga al generale canone vigente in diritto civile. Se il diritto è disponibile e rinunciabile vi è competenza arbitrale. La giurisprudenza di legittimità ha affermato la non coincidenza tra l’ambito della nullità e l’area più ristretta dell’indisponibilità del diritto dovendosi ricomprendere in quest’ultima esclusivamente le nullità insanabili, per le sole quali residua il regime dell’assoluta inderogabilità e pertanto indisponibilità e non compromettibilità ad arbitri del relativo diritto . Alla luce di tale orientamento, è da ritenersi ammissibile la competenza arbitrale per le controversie aventi ad oggetto la nullità dell’assemblea per mancata convocazione del socio, in quanto tale fattispecie è soggetta al regime della sanatoria delle nullità ex art 2379 bis c.c Difatti, il diritto all’informazione del singolo socio in occasione della convocazione dell’assemblea è oggetto di una previsione posta a garanzia di un interesse individuale del socio stesso e non anche di soggetti terzi, di conseguenza è diritto disponibile e rinunciabile dallo stesso. Sulla base dei richiamati principi la Corte ritiene corretta la decisione di incompetenza del Tribunale, poiché nel caso di specie, la censura preliminare mossa alla delibera aveva ad oggetto l’interpretazione dell’ordine del giorno e la possibilità di ricondurre ad esso la delibera adottata dall’assemblea, che quindi ha ad oggetto la lesione del diritto di informazione del socio, disponibile e rinunciabile. Il regolamento va quindi rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Civile – 1, ordinanza 23 aprile – 25 giugno 2014, n. 14340 Presidente Di Palma – Relatore Bernabai Fatto e diritto Ritenuto quanto segue Con atto di citazione consegnato agli ufficiali giudiziari per la notifica, in data 11/10/2010, la S.A.I.S. TRASPORTI S.P.A., titolare del 20% del capitale sociale della GÈ.S.TRA. S.P.A., conveniva quest'ultima e gli altri soci attuali società resistenti Agrigentina Trasporti Automobilistici – ATA - S.R.L., Autoservizi Salemi S.R.L., Segesta Autolinee S.P.A., Sais Autolinee S.P.A. dinanzi il Tribunale di Palermo chiedendo che fosse dichiarata l'inesistenza, la nullità e/o annullabilità di una delibera adottata dall'assemblea ordinaria della GE.S.TRA. in data 27/05/2010 che, con il voto favorevole dell'80% del capitale sociale, aveva deliberato di cedere l'azienda. Si costituiva in giudizio la GE.S.TRA. S.P.A. eccependo, in via preliminare, l'incompetenza del Tribunale in quanto la controversia doveva ritenersi riservata al giudizio arbitrale in virtù della clausola compromissoria contenuta nell'art. 33 dello statuto sociale e, nel merito, contestando la fondatezza della domanda. Le altre società, tutte sode di GE.S.TRA. S.P.A., si costituivano in giudizio eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva al giudizio e, nel merito, contestando la fondatezza delle domande. Con sentenza del 27/05/2013, il Tribunale di Palermo dichiarava la propria incompetenza e la competenza del Collegio Arbitrale ai sensi dell'art. 33 dello statuto societario, dichiarando compensate altresì le spese del giudizio. Avverso la sentenza del tribunale proponeva istanza per regolamento necessario di competenza la S.A.I.S. TRASPORTI S.P.A., con ricorso notificato il 26 giugno 2013, chiedendo che la Corte dichiarasse la competenza del Tribunale di Palermo. Disposta la trattazione con il procedimento ex art. 380-ter cod. proc. civ., il Procuratore Generale depositava le Sue conclusioni scritte, che venivano notificate alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte. La ricorrente e le resistenti Agrigentina Trasporti Automobilistici – ATA - S.R.L., Autoservizi Salemi S.R.L., Segesta Autolinee S.R.L., e Sais Autolinee S.P.A., depositavano memoria. Considerato quanto segue Il Sostituto Procuratore Generale chiedeva, nella sua Relazione, che il ricorso fosse dichiarato ammissibile, stante l'infondatezza dell'eccezione d'inammissibilità del regolamento necessario di competenza, proposta dalle resistenti. Nel disciplinare il rapporto tra l'autorità giudiziaria ordinaria e gli arbitri l'art. 819-ter c.p.c., applicabile ratione temporis alla controversia introdotta con citazione notificata nel 2010 , lo qualifica in termini di competenza, sancendo che la decisione della prima è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43 c.p.c. Cass. SS.UU. n. 24153 del 2013 Cass. n. 16265 del 2013 n. 22303 del 2013 n. 3826 del 2013 . Nel caso di specie risulta che il Tribunale, una volta ritenutosi incompetente a pronunciare sulla domanda principale di inesistenza, nullità e/o annullabilità della delibera, si è spogliato dell'intera causa il dispositivo della sentenza, infatti, reca esclusivamente la dichiarazione di incompetenza, e non anche il rigetto della domanda consequenziale” anche a voler ritenere, come adombrato dalle resistenti in memoria, che il tribunale abbia deciso nel merito la seconda domanda consequenziale”, volta alla dichiarazione di invalidità dell'atto di cessione d'azienda stipulato tra la GE.S.TRA. S.r.l. cedente e BUS PARKING S.r.l. cessionaria , deve osservarsi che trova comunque applicazione il principio sancito da questa Corte Cass. n. 2879 del 2003 n. 12607 del 2002 e correttamente richiamato dal Procuratore Generale, secondo cui la decisione in ordine alla competenza può essere impugnata soltanto con l'istanza di regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. quando, come nel caso in esame, la parte si dolga esclusivamente di siffatta statuizione. Per tali ragioni, in conformità alle osservazioni del Procuratore Generale, il ricorso è da ritenersi ammissibile. Si può perciò passare all'esame del merito del regolamento. Dal tenore del testo dell'art. 33 dello statuto sociale della GE.S.TRA. si evince che i soci hanno inteso includere tutte le possibili controversie societarie, ivi comprese le impugnative delle delibere d'assemblea, nella competenza arbitrale, ad eccezione delle sole controversie che a norma di legge non possono formare oggetto di compromesso. L'art. 34 del d.lgs. 5/2003, dispone che possono essere devolute ad arbitri solo le controversie insorgenti fra i soci, o fra i soci e la società, aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. La disciplina societaria prevede che le azioni d'impugnazione delle delibere assembleari siano soggette a termini di decadenza ai sensi degli artt. 2377 e 2379 cod.civ., delineando di tal guisa, un'ipotesi di nullità sanabile della delibera per il caso di mancato esercizio del diritto d'impugnazione entro il termine, in deroga al generale canone vigente nel diritto civile. Occorre precisare, però, che tale regime derogatorio della disciplina civilistica non determina una coincidenza perfetta tra sanabilità della nullità per decorso del termine e conseguente disponibilità del diritto, giungendo così a limitare l'area dell'indisponibilità del diritto ai soli casi di delibere modificative dell'oggetto sociale in previsione di attività illecite o impossibili art. 2360, comma I ultima parte, cod. civ. la nozione di diritto indisponibile, quale, in ipotesi, quello alla veridicità e chiarezza del bilancio, concerne il profilo sostanziale della fattispecie, ovvero il suo contenuto, e tale aspetto non può essere posto in discussione dalla natura, al contrario, disponibile dell'azione. Rilievo dirimente per la decisione della questione in esame ha, quindi, l'accertamento della riconducibilità delle violazioni denunciate dalla S.A.I.S. ad un diritto che possa affermarsi relativo al rapporto sociale, della riferibilità o meno di quest'ultimo anche a soggetti estranei al rapporto sociale, e della possibilità di disporre del diritto. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato la non coincidenza tra l'ambito delle nullità e l'area più ristretta dell'indisponibilità del diritto, dovendosi ricomprendere in quest'ultima esclusivamente le nullità insanabili, per le sole quali residua il regime dell'assoluta inderogabilità e pertanto dell'indisponibilità e non compromettibilità ad arbitri del relativo diritto. Alla luce di tale impostazione è da ritenersi ammissibile la competenza arbitrale per le controversie aventi ad oggetto, ad esempio, la nullità dell'assemblea per mancata convocazione del socio, in quanto tale fattispecie è soggetta al regime della sanatoria delle nullità previsto all'art. 2379 bis, comma I, cod. civ Tale ricostruzione è convincente, posto che il diritto all'informazione del singolo socio in occasione della convocazione di assemblea è oggetto di una previsione posta a garanzia di un interesse individuale del socio stesso e non anche di soggetti terzi e, di conseguenza, da quest'ultimo disponibile e rinunciabile. Allo stesso modo è stata ritenuta compromettibile in arbitri una controversia avente ad oggetto la nullità dell'assemblea per aver deliberato su temi estranei all'ordine del giorno Cass. n. 16265 del 2013 , essendo chiara l'impossibilità di assimilare il caso del difetto d'informazione derivante dalla modalità di redazione dell'ordine del giorno e il diverso caso di mancata convocazione dell'assemblea art. 2370, comma I, cod.civ. . Nel quadro di detti principi, si ritiene corretta la decisione di incompetenza affermata dal Tribunale nel caso di specie la censura preliminare mossa alla delibera, infatti, ha ad oggetto proprio l'interpretazione dell'ordine del giorno e la possibilità di ricondurre ad esso la delibera adottata dall'assemblea, quindi ha ad oggetto la lesione o meno del diritto di informazione del singolo socio, disponibile e rinunciabile. Analogamente, l'invalidità dedotta sotto il profilo della strumentante della delibera a ledere un diritto patrimoniale del singolo socio mediante la cessione del ramo d'azienda deve ritenersi deferibile al collegio arbitrale. Il Tribunale ha correttamente osservato, infatti, che la delibera, nella parte in cui autorizzava la cessione d'azienda, avrebbe al più posto le basi per lo scioglimento futuro della società in nessun modo accertando di per sé la sussistenza di una causa di scioglimento, come tale sottratta alla compromettibilità ad arbitri. Il regolamento va quindi rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese liquidate in Euro 4.100,00 di cui Euro 4.000 per compenso, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Si da atto che ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.