Contestazioni sul rendiconto: il curatore non può scappare

Nel giudizio sul rendiconto fallimentare, ex art 116, comma 4, l. fall., passivamente legittimato resta sempre il curatore in proprio, tenuto conto che l’oggetto del giudizio attiene comunque al controllo della gestione, fonte di eventuale responsabilità personale, del patrimonio del fallito da parte del curatore stesso.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10111, depositata il 9 maggio 2014. Il caso. Il tribunale di Venezia, provvedendo sulla contestazione, sollevata da un creditore in seno alla procedura fallimentare, del rendiconto del curatore fallimentare, ex art. 116 l. fall., accertava un dato falso, non approvava il conto, disponeva la cancellazione di alcune frasi, ritenute offensive, dalla memoria conclusionale dell’attore ex art. 89 c.p.c. , il quale si vedeva rigettate le altre domande e veniva condannato al pagamento delle spese processuali in favore della curatela fallimentare. Inoltre, veniva disattesa la sua richiesta di estendere la domanda nei confronti del curatore in proprio. In seguito, la Corte d’appello di Venezia dichiarava inammissibile l’appello proposto dal creditore, in quanto diretto nei confronti del fallimento, mentre la curatela era estranea al giudizio di rendiconto, riguardante il curatore in proprio. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c., secondo cui il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda, in relazione al motivo d’appello con cui aveva contestato la condanna alle spese ed al motivo in cui si censurava la cancellazione delle frasi, ai sensi dell’art. 89 c.p.c Legittimazione passiva. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che, nel giudizio sul rendiconto del curatore, ex art 116, comma 4, l. fall., passivamente legittimato resta sempre il curatore in proprio, tenuto conto che l’oggetto del giudizio attiene comunque al controllo della gestione, fonte di eventuale responsabilità personale, del patrimonio del fallito da parte del curatore stesso. Nel caso di specie, il ricorrente era stato pagato al pagamento delle spese processuali in favore della curatela fallimentare, per cui l’appello non poteva che essere notificato alla parte vittoriosa sulle spese, nonostante la mancata approvazione del rendiconto. Ciò legittimava la curatela stessa nel giudizio di rendiconto, quanto meno in relazione al capo relativo alle spese di primo grado e alla pronuncia ex art. 89 c.p.c Perciò, la Corte d’appello non poteva dichiarare inammissibile l’appello. Frasi non eccessive. Inoltre, secondo la Cassazione, la frase contenuta nella memoria conclusionale non doveva essere cancellata. Infatti, non può essere disposta, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., la cancellazione delle parole che non risultino dettate da un passionale ed incomposto intento dispregiativo, essendo ben possibile che, nell’esercizio del diritto di difesa, il giudizio sulla reciproca condotta possa investire anche il profilo della moralità, senza, tuttavia, eccedere le esigenze difensiva o colpire la scarsa attendibilità delle affermazioni della controparte. Di conseguenza, non possono essere qualificate offensive dell’altrui reputazione le parole che, rientrando seppure in modo piuttosto graffiante nell’esercizio del diritto di difesa, non risultino lesive della dignità umana e professionale altrui. Nella memoria conclusionale dell’attore non c’erano espressioni eccedenti le sue necessità difensive. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e, decidendo nel merito, eliminava l’ordine di cancellazione delle frasi e compensava integralmente le spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 febbraio – 9 maggio 2014, n. 10111 Presidente Salmè – Relatore Didone Ritenuto in fatto e in diritto 1.- Con sentenza del 20.11.2006 il Tribunale di Venezia, provvedendo sulla contestazione del rendiconto ex art. 116 L. fall, sollevata da R.G. in seno alla procedura fallimentare aperta nei confronti di P.A.M. e Pa.Ro. , ha accertato che il dato inserito dal curatore al punto f del rendiconto depositato in data 6.4.2005 non è attualmente corretto , non ha approvato il conto ha rigettato le altre domande formulate dall'attore ha disposto la cancellazione di frasi ex art. 89 c.p.c. e ha condannato R.G. al pagamento delle spese processuali in favore della resistente curatela fallimentare. Nel corso del giudizio era stata disattesa la richiesta del R. di estendere la domanda nei confronti del curatore in proprio. Con sentenza del 25.10.2010 la Corte di appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da R.G. perché diretto nei confronti del Fallimento P. e Pa. ”, mentre la curatela era estranea al giudizio di rendiconto, riguardante il curatore in proprio. Contro la sentenza di appello R.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso la curatela fallimentare intimata. Con ordinanza del 13 dicembre 2012 la Sesta Sezione ha disposto l'acquisizione dei fascicoli d'ufficio dei gradi di merito essendo l'accesso agli atti consentito dal vizio processuale denunciato , stante il contrasto sulla individuazione della parte costituitasi in primo grado, rimettendo la causa alla pubblica udienza. Acquisito il fascicolo e fissata la pubblica udienza, nel termine di cui all'art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria. 2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia l'omessa pronuncia e la violazione ex art. 112 c.p.c. in relazione al motivo di appello con il quale aveva lamentato la condanna alle spese e al motivo con il quale aveva censurato la cancellazione delle frasi ex art. 89 c.p.c 3.- Il ricorso è fondato. È vero, infatti, che nel giudizio ex art. 116 comma 4, L. fall, passivamente legittimato, anche in sede di ricorso per cassazione, resta pur sempre il curatore in proprio, tenuto conto che l'oggetto del giudizio, al di là della sua strutturazione formale e della fase in cui si trova, attiene comunque al controllo - da parte del giudice delegato, dei creditori ammessi al passivo e del fallito - della gestione, fonte di eventuale responsabilità personale cfr. art. 38 legge fall. , del patrimonio di quest'ultimo effettuata dal curatore cfr. Sez. 1, Sentenza n. 3696 del 2000 Cass. sentt. nn. 1132 del 1968, 289 del 1970, 1339 del 1974, 277 del 1985, 10028 del 1997 . Nondimeno, nella concreta fattispecie il ricorrente era stato condannato dal tribunale al pagamento delle spese processuali in favore della curatela fallimentare e l'appello non poteva che essere notificato alla parte vittoriosa sulle spese, nonostante la mancata approvazione del rendiconto. Ciò che rileva è che la curatela fallimentare aveva rivestito la qualità di parte in primo grado e in tale qualità era stata vittoriosa in punto spese processuali e in ordine alla richiesta di cancellazione di frasi offensive. Tanto legittimava la curatela stessa nel giudizio di appello, quanto meno in relazione al capo relativo alle spese di primo grado e alla pronuncia ex art. 89 c.p.c Talché la Corte di appello non poteva dichiarare inammissibile l'appello e la relativa pronuncia - in accoglimento del ricorso - deve essere cassata. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte può decidere la causa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c La frase contenuta nella comparsa conclusionale del 14.7.2006, pag. 10 di cui è stata ordinata la cancellazione è del seguente tenore sotto tale profilo, poi, il rendiconto ed i successivi atti integrativi non consentono di escludere che il curatore abbia omesso di riferire della causa pendente per ottenere l'approvazione del rendiconto, la liquidazione del proprio compenso e per procedere alla liquidazione del residuo attivo fallimentare prima della pubblicazione della sentenza n. 540/2006 e, quindi, in violazione del fondamentale dovere di correttezza e buona fede in senso oggettivo in danno, quanto meno, di R. ”. Tale frase, alla luce della giurisprudenza di legittimità, non integra le condizioni per l'applicazione dell'art. 89 c.p.c Invero, si è ritenuto che non può essere disposta, ai sensi dell'art. 89 cod. proc. civ., la cancellazione delle parole che non risultino dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo, essendo ben possibile che nell'esercizio del diritto di difesa il giudizio sulla reciproca condotta possa investire anche il profilo della moralità, senza tuttavia eccedere le esigenze difensive o colpire la scarsa attendibilità delle affermazioni della controparte. Da tale principio è stata tratta la conseguenza che non possono essere qualificate offensive dell'altrui reputazione le parole come l'avverbio subdolamente , che, rientrando seppure in modo piuttosto graffiante nell'esercizio del diritto di difesa, non si rivelino comunque lesive della dignità umana e professionale dell'avversario Sez. 3, Sentenza n. 26195 del 06/12/2011 . Per converso, nella frase di cui è stata disposta la cancellazione non sono contenute espressioni eccedenti le necessità difensive del ricorrente, considerato anche l'oggetto della lite contestazione sull'approvazione di rendiconto, nella concreta fattispecie non approvato . Stante l'esito complessivo della lite, le spese processuali possono essere dichiarate integralmente compensate fra le parti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., elimina l'ordine di cancellazione di frasi ex art. 89 c.p.c Compensa integralmente fra le parti le spese processuali.