L’omessa iscrizione nel libro dei soci non inficia la validità e l’efficacia della cessione di quote tra le parti

Il trasferimento della quota della società a responsabilità limitata è valido ed efficace inter partes indipendentemente dalla sua iscrizione nel libro dei soci e ora dal suo deposito nel registro delle imprese, a seguito dell’abolizione del libro dei soci disposta dal d.l. n. 185/2008, conv. con mod. dalla legge n. 2/2009 , la quale è invece necessaria unicamente affinché il trasferimento sia efficace anche nei confronti della società e dei terzi.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 5407 del 7 marzo 2014. Il caso. Nel giudizio di divisione ereditaria instaurato da un uomo nei confronti della madre e dei fratelli, l’attore aveva chiesto, tra l’altro, l’accertamento della proprietà effettiva in capo al de cuius di alcune partecipazioni societarie, intestate ad una terza società fiduciaria. In particolare, lo stesso aveva contestato la validità, efficacia ed opponibilità nei suoi confronti della cessione delle suddette partecipazioni per inosservanza della forma scrittura autenticata o atto pubblico prescritta dall’art. 2479 ora 2470 c.c La domanda veniva rigettata sul rilievo che, in virtù del principio della libertà delle forme nonché del principio dell’efficacia traslativa del consenso, il requisito dell’autenticazione della sottoscrizione condiziona unicamente l’iscrizione della cessione nel libro dei soci e l’opponibilità del trasferimento alla società, ma non incide sulla validità del trasferimento inter partes . Pertanto, poiché l’attore era subentrato nella medesima posizione del de cuius , non poteva contestare quelle cessioni affermando di essere terzo, anche perché non aveva esercitato un’azione di riduzione, ma si era limitato a chiedere l’acquisizione delle partecipazioni all’asse ereditario. L’attore propone quindi ricorso in Cassazione. L’efficacia pubblicitaria dell’iscrizione nel registro delle imprese. In primo luogo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che i requisiti formali previsti dal previgente art. 2479 ora 2470 c.c. non costituissero condizione di validità delle cessioni effettuate dal de cuius . Sul punto, la Suprema Corte, nel rigettare il motivo di gravame, richiama un principio già affermato in giurisprudenza, secondo cui il trasferimento della quota di s.r.l. è valido ed efficace inter partes indipendentemente dalla sua iscrizione nel libro dei soci e ora dal suo deposito nel registro delle imprese, a seguito dell’abolizione del libro dei soci disposta dal d.l. n. 185/2008, conv. con mod. dalla legge n. 2/2009 , la quale è invece necessaria unicamente affinché il trasferimento sia efficace anche nei confronti della società e dei terzi. Ciò discende dal principio di libertà delle forme, che consente detto trasferimento, in mancanza di una contraria disposizione dell’atto costitutivo, senza necessità di forma scritta ad substantiam o ad probationem . L’erede che agisce per lo scioglimento della comunione non è terzo. L’attore censura altresì la pronuncia di merito per non aver ritenuto che egli, in quanto erede legittimario, fosse terzo rispetto al de cuius , con conseguente inopponibilità nei suoi confronti degli atti dispositivi a titolo oneroso operati in vita dal de cuius con scritture private non autenticate. Nella specie, a giudizio del ricorrente, avrebbe errato la sentenza impugnata nel ritenere che, per essere considerato terzo, egli avrebbe dovuto esercitare vittoriosamente un’azione di riduzione per lesione di legittima dal momento che tale azione potrebbe avere ad oggetto solo disposizioni testamentarie ma qui si trattava di successione ab intestato e atti a titolo gratuito qui si trattava di atti a titolo oneroso , sicché l’unico modo per far valere i propri diritti di legittima sulle partecipazioni sociali era contestarne la validità ed efficacia e dedurne l’inopponibilità nei suoi confronti. Nel rigettare il motivo di ricorso, la Suprema Corte conferma il proprio orientamento in virtù del quale l’erede che agisce per lo scioglimento della comunione, al fine di ricostruire il patrimonio ereditario, subentra nella posizione del de cuius , mentre assume la qualità di terzo se propone azione di riduzione a tutela della intangibilità della quota di riserva. Inesistenza di un divieto legale di intestazione fiduciaria delle quote di s.r.l. Il ricorrente censura infine la sentenza impugnata per aver respinto la tesi secondo cui gli atti di cessione sarebbero nulli per frode alla legge, in quanto compiuti allo scopo di aggirare la normativa che impone trasparenza e pubblicità dei trasferimenti delle partecipazioni societarie, anche grazie al meccanismo dell’intestazione di quelle partecipazioni ad una società fiduciaria. Anche tale motivo è respinto dalla Suprema Corte, la quale reputa corretta la decisione della Corte di merito di escludere la ricorrenza, nel caso di specie, di una violazione seppure indiretta di norma imperativa dagli atti dispositivi posti in essere dal de cuius . Del pari, è ritenuto inutile il rilievo dato dal ricorrente agli effetti lesivi provocati da quegli atti nei confronti dei creditori o dei terzi, posto che l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri non è di per sé illecito ove non ricorra un’ipotesi di violazione o elusione di norme imperative o dei principi di ordine pubblico o buon costume. Ed invero, non si rinviene nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale l’invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziale. Il tentativo di dimostrare l’illiceità dell’operazione in ragione delle modalità non trasparenti in cui essa sarebbe avvenuta, tramite la perdurante intestazione fiduciaria delle partecipazioni societarie presso la medesima società, si scontra con l’argomento dell’inesistenza di un divieto legale di intestazione fiduciaria delle quote di una società a responsabilità limitata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 gennaio – 7 marzo 2014, n. 5407 Presidente Salmé– Relatore Lamorgese Svolgimento del processo Nel giudizio di divisione dei beni ereditari proposto nell'agosto 1999 nei confronti della madre m.o.c. e dei fratelli M.G. e Ma. , M.M. aveva chiesto, tra l'altro, l'accertamento della proprietà effettiva in capo al de cuius Ma.Gu. , deceduto ab intestato , di alcune partecipazioni del medesimo nelle società Salus e ma. , intestate alla società fiduciaria Servizio Italia. Nel giudizio di merito l'attore aveva contestato la validità, efficacia ed opponibilità nei suoi confronti della cessione delle suddette partecipazioni la Servizio Italia, costituitasi, aveva dedotto che queste erano state cedute dal de cuius alle società SMI - San Marino Investimenti e INTERSMI - Gestao e Investimentos Limitada, le quali erano intervenute nel giudizio confermando la circostanza. Il Tribunale di Ferrara, pronunciandosi limitatamente alle predette cessioni, aveva rigettato la domanda e la Corte di appello di Bologna, con sentenza 25 ottobre 2007, ha rigettato i cinque motivi di gravame proposti da M.M. . Nel primo motivo egli aveva dedotto la carenza di una volontà, in capo al de cuius , di trasferire le quote, ma la corte ha giudicato corretta l'interpretazione data dal primo giudice della volontà delle parti, nel senso dell'effettivo trasferimento delle partecipazioni sociali, anche tenuto conto del principio della libertà delle forme. Con riguardo al secondo motivo, nel quale l'appellante aveva dedotto la nullità delle cessioni per inosservanza della forma scrittura autenticata o atto pubblico prescritta dall'art. 2479 ora 2470 c.c., la corte ha ritenuto che, anche in virtù del principio dell'efficacia traslativa del consenso, il requisito dell'autenticazione della sottoscrizione introdotto dalla legge n. 310 del 1993 condiziona unicamente l'iscrizione della cessione nel libro dei soci e l'opponibilità del trasferimento alla società, ma non incide sulla validità del trasferimento inter partes redatto, tra l'altro, per iscritto e le cui sottoscrizioni dovevano intendersi riconosciute. Nel terzo motivo il M. aveva dedotto l'inopponibilità delle cessioni nei suoi confronti, in quanto non iscritte nel registro delle imprese e prive di data certa anteriore all'apertura della successione, ma la corte ha ritenuto che egli era subentrato nella medesima posizione del de cuius e, quindi, non poteva contestare quelle cessioni affermando di essere terzo, anche perché la domanda diretta all'iscrizione della propria posizione nel libro soci presupponeva la sua qualità di erede, così subentrando nella posizione del de cuius egli, agendo per lo scioglimento della comunione, si era limitato a chiedere l'acquisizione delle partecipazioni societarie all'asse ereditario, senza esercitare un'azione di riduzione. Nel quarto motivo di gravame l'appellante aveva dedotto la nullità dei trasferimenti per difetto di causa, in considerazione della impossibilità di procedere all'iscrizione nel registro delle imprese, ma la corte ha ritenuto che non potesse confondersi il profilo della validità delle cessioni inter partes con quello della loro efficacia nei confronti degli organismi societari in ragione della mancanza di un requisito formale che era previsto solo a determinati fini ha inoltre osservato che lo scopo pratico del contratto era meritevole di tutela e consisteva nel carattere sinallagmatico di quelle cessioni che rappresentavano una forma di datio in solutum che era servita per l'estinzione parziale di un finanziamento concesso dalle società acquirenti. Nel quinto motivo di appello il M. aveva dedotto la nullità delle cessioni per frode alla legge, perché avvenute in esecuzione di un disegno volto ad eludere l'applicazione di una norma imperativa, come quella relativa all'autenticazione della sottoscrizione ex lege n. 310 del 1993 , ma la corte le ha ritenute lecite, sul presupposto che l'iscrizione nel registro delle imprese valesse al diverso fine della opponibilità nei confronti dell'organismo societario, né esistendo un divieto legale di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali. Avverso questa sentenza M.M. ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi, cui resistono M.G. e Ma. e m.o.c. e le società Servizio Italia, SMI e INTERSMI. Le parti hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1.- Nel primo motivo, il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione di legge nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata che aveva respinto la tesi, da esso avanzata, secondo cui i requisiti formali previsti dal previgente art. 2479 ora 2470 c.c. dovrebbero intendersi come condizione di validità delle cessioni effettuate dal de cuius ma.gu. in particolare, con riferimento alla necessità che la sottoscrizione della scrittura privata sia autenticata ex lege n. 310 del 1993 . 1.1.- Il motivo è infondato. La corte bolognese si è attenuta al principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, al quale si deve dare continuità, secondo cui il trasferimento della quota della società a responsabilità limitata è valido ed efficace inter partes indipendentemente dalla sua iscrizione nel libro dei soci e ora dal suo deposito nel registro delle imprese, a seguito dell'abolizione del libro dei soci disposta dal d.l. n. 185/2008, conv. con mod. dalla legge n. 2/2009 , la quale è invece necessaria unicamente affinché il trasferimento sia efficace anche nei confronti della società e dei terzi, e ciò in virtù del principio di libertà delle forme che consente detto trasferimento, in mancanza di una contraria disposizione dell'atto costitutivo, oltre che per successione mortis causa , anche per atto tra vivi, senza necessità di forma scritta ad substantiam o ad probationem v. Cass. n. 3419/1981, n. 3556/2003, n. 10121 e 19161/2007, n. 25468/2010, n. 23203/2013 . L'attore non ha agito come si vedrà in qualità di terzo e nemmeno può dedurre a fondamento della pretesa azionata la violazione dell'art. 2193 c.c. che prevede l'inopponibilità ai terzi dei soli fatti la cui iscrizione sia prevista dalla legge come obbligatoria, non essendo tale il trasferimento delle partecipazioni societarie la cui validità, come si è detto, prescinde dall'iscrizione nel registro delle imprese. 1.2.- Il profilo concernente il vizio di motivazione è inammissibile, non solo, perché manca un momento di sintesi autonomo e adeguato al vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c., essendo applicabile ratione temporis l'art. 366 bis c.p.c., ma anche perché oggetto della censura è un errore che si imputa al giudice di merito nell'interpretazione di una norma di diritto, cioè un vizio che non è denunciabile con il mezzo di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c., ma solo come violazione di legge art. 360 n. 3 c.p.c. . 2.- Il secondo motivo censura la sentenza impugnata, cui addebita la violazione e falsa applicazione degli artt. 2479, 2704 e 2193 c.c., nonché vizio di motivazione, per il rigetto della tesi secondo cui, essendo erede legittimario, egli sarebbe terzo rispetto al de cuius , con la conseguenza che gli atti dispositivi a titolo oneroso operati in vita da quest'ultimo con scritture private non autenticate non gli sarebbero opponibili, in quanto non iscritti nel registro delle imprese e privi di data certa anteriore all'apertura della successione. Ad illustrazione del motivo il ricorrente osserva che avrebbe errato la sentenza impugnata nel ritenere che, per essere considerato terzo, egli avrebbe dovuto esercitare vittoriosamente un'azione di riduzione per lesione della legittima osserva, al contrario, che tale azione potrebbe avere ad oggetto solo disposizioni testamentarie ma qui si trattava di successione ab intestato e atti a titolo gratuito qui si trattava di atti a titolo oneroso , sicché l'unico modo per fare valere i propri diritti di legittima sulle partecipazioni sociali era contestarne la validità ed efficacia e dedurne l'inopponibilità nei suoi confronti come aveva fatto . I controricorrenti hanno obiettato che, avendo chiesto l'acquisizione delle quote societarie all'asse ereditario, cioè la ricostituzione della massa in conseguenza dell'accertata invalidità o inefficacia delle cessioni, ai fini della loro successiva divisione, l'attore avrebbe agito come erede legittimo e non quale legittimario, non avendo dedotto la lesione della legittima per fare valere un diritto compreso nel patrimonio del de cuius , onde si era venuto a trovare nella medesima posizione del dante causa e non poteva essere considerato terzo. 2.1.- Il motivo è infondato. L'erede che agisce per lo scioglimento della comunione, al fine di ricostruire il patrimonio ereditario e ristabilire l'uguaglianza tra i coeredi, subentra nella posizione del de cuius , mentre assume la qualità di terzo se propone azione di riduzione a tutela della intangibilità della quota di riserva Cass. n. 7134/2001, n. 2093/2000 , nel qual caso la lesione di detta quota assurge a causa petendi di quell'azione Cass. n. 24134/2009 . Tanto premesso, è conforme a diritto la decisione impugnata che ha ritenuto che l'attore abbia agito in qualità di erede e non di terzo, sia perché nel giudizio di merito egli non ha dedotto la lesione della legittima né ha proposto l'azione di riduzione, sia perché egli stesso ha ammesso che detta azione potrebbe essere esercitata dall'erede legittimario solo rispetto a disposizioni testamentarie lesive e a donazioni anche indirette , non già rispetto ad atti a titolo oneroso di cui non è dedotta la simulazione, come nella specie. 2.2.- Il profilo della censura concernente il vizio di motivazione è inammissibile per le ragioni esposte al precedente p. 1.2. 3.- Il terzo motivo censura la sentenza impugnata, cui addebita la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1325, 1343, 1345, 1346, 1372 e 2479 c.c., nonché vizio di motivazione, per avere respinto la tesi della mancanza di causa dell'atto di cessione di quote societarie che, in quanto insuscettibile di iscrizione nel registro delle imprese e nel libro dei soci, sarebbe inidoneo a produrre effetti nei confronti della società e dei terzi e a consentire all'acquirente di esercitare i diritti sociali connessi alla titolarità delle partecipazioni. 3.1.- Il motivo ripropone la tesi della radicale invalidità delle cessioni per mancanza del già ricordato requisito formale dell'autenticazione delle sottoscrizioni apposte sulle scritture. La causa concreta del contratto, vale a dire la sintesi degli interessi che esso è concretamente diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, sarebbe frustrato, in sostanza, perché inidoneo a consentire alle società cessionarie l'esercizio dei diritti connessi alle partecipazioni sociali. Il motivo è infondato, non sussistendo la dedotta violazione di legge. Come si è già detto, il contratto era valido ed efficace inter partes posto che gli adempimenti pubblicitari non incidono sull'elemento causale, ma servono a garantire la conoscibilità del trasferimento alla società e ai terzi e il suo scopo pratico, meritevole di tutela, è stato ravvisato dalla corte del merito, con valutazione logicamente motivata e, quindi, incensurabile in questa sede, nel carattere sinallagmatico di quelle cessioni che rappresentavano una forma di datio in solutum utilizzata per l'estinzione parziale di un preesistente debito del cedente. 3.2.- Il profilo della censura concernente il vizio di motivazione è inammissibile sia perché sprovvisto di un momento di sintesi, sia perché prospetta una valutazione delle questioni di fatto e di diritto in senso difforme da quella operata dai giudici di merito, senza lo svolgimento di argomentate critiche alla completezza e logicità delle ragioni della decisione. 4.- Nel quarto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata, cui addebita la violazione e falsa applicazione degli artt. 1343, 1344, 2479 c.c. e degli artt. 536, 542 e 553 c.c., nonché vizio di motivazione, per avere respinto la tesi, da esso propugnata, secondo cui gli atti di cessione sarebbero nulli per frode alla legge, in quanto compiuti allo scopo di aggirare la normativa che impone trasparenza e pubblicità dei trasferimenti delle partecipazioni societarie, anche grazie al meccanismo utilizzato dal de cuius e, successivamente, dalle società acquirenti dell'intestazione fiduciaria di quelle partecipazioni a una società fiduciaria la Servizio Italia . 4.1.- Il motivo è infondato. La verifica della ricorrenza della frode alla legge è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità ove correttamente ed adeguatamente motivata Cass. n. 2874/2008, n. 1123/1974 . Manca, tuttavia, la formulazione di un momento di sintesi adeguato al mezzo proposto a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c. inoltre, il ricorso si limita a contrapporre acriticamente una valutazione delle questioni di fatto e di diritto in senso difforme da quella operata dai giudici di merito, senza lo svolgimento di argomentate critiche alla completezza e logicità delle ragioni della decisione. È opportuno precisare che la corte del merito, avendo come si è detto, correttamente escluso la ricorrenza di una norma imperativa seppure indirettamente violata dagli atti dispositivi posti in essere dal de cuius , ha logicamente escluso anche la sussistenza di un negozio in frode alle legge, che è quello che persegue una finalità vietata dall'ordinamento in quanto elusiva di una norma imperativa o dei principi dell'ordine pubblico o del buon costume Cass. n. 8600/2003, n. 2874/2008 . Né è utile il rilievo dato dal ricorrente agli effettivi lesivi provocati da quegli atti nei confronti dei creditori o dei terzi, posto che l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri - quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un'aspettativa giuridica tutelata o di impedire l'esercizio di un diritto - non è di per sé illecito ove non ricorra un'ipotesi di violazione o elusione di norme imperative o dei principi di ordine pubblico o buon costume , non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale come per la frode alla legge l'invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale Cass. n. 8600/2003, n. 20576/2010 . Il tentativo di dimostrare l'illiceità dell'operazione in ragione delle modalità non trasparenti in cui essa sarebbe avvenuta, tramite la perdurante intestazione fiduciaria delle partecipazioni societarie presso la medesima società sia prima che dopo la cessione , si scontra con l'argomento dell'inesistenza di un divieto legale di intestazione fiduciaria delle quote di una società a responsabilità limitata. 5.- In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 8200,00, di cui Euro 8000,00 per compensi, oltre accessori di legge, per ciascuno dei controricorrenti.