Sono revocabili le singole rimesse effettuate sul conto corrente in assenza di affidamento

Nella revocatoria fallimentare di rimesse bancarie, ai sensi dell’art. 67, comma 2, legge fallimentare vigente prima della riforma di cui al d.l. n. 80/2005, vanno considerate revocabili le singole rimesse su conto corrente scoperto.

Con la sentenza n. 26136 del 21 novembre 2013, la Cassazione, confermando il proprio pregresso orientamento in tema di revocabilità delle rimesse bancarie effettuate su un conto corrente scoperto – ossia, non affidato – si sofferma su alcuni profili di interesse dell’azione revocatoria fallimentare. Il caso. La vicenda decisa dalla sentenza della Cassazione in commento riguarda un’ipotesi molto frequente nella prassi giudiziaria, ossia l’azione revocatoria avviata dal curatore di un fallimento nei confronti di un banca per ottenere la revoca di alcune rimesse effettuate, in favore della banca, dalla società prima del fallimento, sul presupposto che dette rimesse siano state effettuate nonostante la banca conoscesse lo stato di insolvenza della società. In primo e secondo grado, per quanto concerne il profilo di interesse della pronuncia, non era stata posta attenzione alla diversa tipologia di rimesse effettuate, in quanto non era stata valutata l’assenza di un affidamento ed infatti la Cassazione ha intese dette rimesse come solutorie e, quindi, soggette alla revocatoria una volta accertata la conoscenza, da parte della banca, dello stato di insolvenza della società anche prima del fallimento. Azione revocatoria fallimentare come e perché. L'azione revocatoria, prevista dall’art. 67 della legge fallimentare, è lo strumento con il quale il curatore fallimentare cerca di ricostituire il patrimonio del fallito – così destinandolo alla soddisfazione dei suoi creditori – facendo rientrare nel patrimonio stesso quanto ne era uscito in precedenza ed in violazione della c.d. par condicio creditorum . In altri termini, con l’azione revocatoria fallimentare si rendono alcuni atti – in particolare, pagamenti e rimesse - inefficaci nei confronti del fallimento e degli altri creditori, sul presupposto che siano stati compiuti nel periodo che precede il fallimento con il solo scopo di favorire alcuni creditori particolarmente forti ad esempio, le banche . Azione revocatoria fallimentare ed azione revocatoria ordinaria istituti a confronto. L’azione revocatoria fallimentare e quella ordinaria sono ben distinte quanto a presupposti e condizioni, né l’una può ritenersi ricompresa nell’altra, poiché la revocatoria fallimentare si fonda esclusivamente su limiti temporali e sulla prova della scientia decoctionis , mentre quella ordinaria si fonda sui diversi presupposti di cui ai n. 1 e 2 del 1º comma dell’art. 2901 c.c Azione revocatoria fallimentare e scientia decoctionis. In tema di revocatoria fallimentare relativa a pagamenti eseguiti dal fallito, il principio secondo il quale grava sul curatore l’onere di dimostrare la effettiva conoscenza, da parte del creditore ricevente, dello stato di insolvenza del debitore, va inteso nel senso che la certezza logica dell’esistenza di tale stato soggettivo vertendosi in tema di prova indiziaria e non diretta può legittimamente dirsi acquisita non quando sia provata la conoscenza effettiva, da parte di quello specifico creditore, dello stato di decozione dell’impresa prova inesigibile perché diretta , né quando tale conoscenza possa ravvisarsi con riferimento ad una figura di contraente astratto prova inutilizzabile perché correlata ad un parametro, del tutto teorico, di creditore avveduto , bensì quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali nelle quali si sia concretamente trovato ad operare, nella specie, il creditore del fallito. Conoscenza dell’insolvenza effettiva, potenziale In tema di elemento soggettivo dell’azione revocatoria proposta ex art. 67, comma 2, l. fall., la scientia decoctionis in capo al terzo, come effettiva conoscenza dello stato di insolvenza, è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato, potendosi formare il relativo convincimento anche attraverso il ricorso alla presunzione, alla luce del parametro della comune prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare della condizione professionale dell’ accipiens e del contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati. anche tramite presunzioni? Spetta comunque al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo. Nel caso di specie, infatti, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione operata dai giudici di merito, per i quali le azioni esecutive avviate nei confronti della società, prima del fallimento, non rappresentavano elementi indiziari dello stato di insolvenza stato di insolvenza che, invece, è emerso al momento del deposito del bilancio relativo all’anno 1996. La revocatoria delle rimesse bancarie solutorie e ripristinatorie. In tema di revocatoria fallimentare, le rimesse in conto corrente bancario sono revocabili tutte le volte in cui il conto, all’atto della rimessa, risulti scoperto, atteso che lo scoperto di conto costituisce per la banca un credito esigibile e che la rimessa, non creando nuova disponibilità per il cliente, ha carattere solutorio per scoperto di conto deve ritenersi il conto non assistito da apertura di credito che presenti un saldo a debito del cliente, nonché quello scoperto a seguito di sconfinamento del fido convenzionalmente accordato al correntista. Azione revocatoria fallimentare ed operazioni bilanciate. In tema di revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente bancario affluite su un conto scoperto, per potersene escludere la dichiarazione di inefficacia, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, è necessario il venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l’ accipiens , che le abbiano destinate a costituire la provvista di coeve o prossime operazioni di pagamenti o prelievi mirati in favore di terzi o del cliente stesso, in modo tale da poter negare che la banca abbia beneficiato dell’operazione sia prima, all’atto della rimessa, sia dopo, all’atto del suo impiego la prova dell’esistenza dei predetti accordi, che giovino a caratterizzare la rimessa, piuttosto che come operazione di rientro, come una specifica provvista per una operazione speculare a debito, in relazione ad un ordine ricevuto ed accettato o ad una incontestata manifestazione di volontà, ove non derivi da un atto scritto, può anche essere desunta da facta concludentia , purché la specularità tra le operazioni ne evidenzi con certezza lo stretto collegamento negoziale. Azione revocatoria fallimentare e scissione di società. La scissione di società costituisce un atto assoggettabile a revocatoria fallimentare, potendo essere inquadrato fra gli atti a titolo oneroso di cui all’art. 67, comma 1, n. 1, l. fall La ‘nuova’ azione revocatoria fallimentare . L’esenzione da revocatoria fallimentare delle rimesse su conto corrente bancario ex art. 67, comma 3, lett. b , l. fall., come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a , d.l. n. 35/2005, conv. nella l. n. 80/2005, non si applica, ai sensi dell’art. 2, comma 2, d.l. n. 35 cit., alle azioni revocatorie proposte nell’ambito di procedure iniziate prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto, senza che ciò contrasti col principio costituzionale di ragionevolezza, avendo il legislatore tutelato l’affidamento riposto dai creditori concorsuali nella ricostruzione del patrimonio del fallito in base alle regole vigenti al tempo della dichiarazione di fallimento, riservando il mutamento in peius delle aspettative di reintegrazione derivante dall’esercizio delle azioni revocatorie ai creditori dei fallimenti aperti successivamente all’entrata in vigore della riforma. Nuova revocatoria fallimentare e limiti alla revoca delle rimesse bancarie. Ai sensi dell’art. 67 l. fall., nel nuovo testo normativo, le rimesse in conto corrente bancario sono revocabili se sono intervenute nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento ed abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca con la scientia decoctionis dell’ accipiens , senza che possa più assumere rilevanza la distinzione tra conto passivo e conto scoperto elaborata nell’interpretazione giurisprudenziale emersa nella trascorsa disciplina per individuare le rimesse aventi natura solutoria.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 ottobre – 21 novembre 2013, numero 26136 Presidente Rordorf – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo La Corte d'appello di Firenze, con sentenza 18/10/2005-8/3/2006, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Arezzo del 5/4-16/5/03, ha ridotto ad Euro 102.804,24, oltre interessi legali dalla domanda, l'importo della condanna della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. alla restituzione alla Curatela del Fallimento Industria Commercio Legnami - I.C.L. - società a responsabilità limitata in liquidazione, in forza della revocatoria ex articolo 67, 2^ comma l.f. delle rimesse, versamenti ed accrediti effettuati dalla società sul c/c in essere presso l'Agenzia numero 18 di Firenze del Monte, nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento del 13 maggio 1998. La Corte fiorentina ha ritenuto di spostare la data dell'effettiva conoscenza dello stato di insolvenza in epoca più vicina alla dichiarazione di fallimento, e precisamente, a far data dal 13 gennaio 1998, aderendo all'argomentazione del Tribunale che la notifica di decreti ingiuntivi, di atti di precetto, l'esecuzione di pignoramenti mobiliari, ed anche la comunicazione di estrema illiquidità nella corrispondenza con i fornitori, nonché lo stato di liquidazione della società il tutto verificatosi dal 1996 e protrattosi sino a tutto il 1997 , costituivano elementi presuntivi di uno stato di dissesto non direttamente conoscibili attraverso specifiche forme di pubblicità che, quindi, rimanevano gli elementi che la Banca avrebbe potuto conoscere consultando specifiche pubblicazioni o pubblici registri, e quindi l'elevazione dei protesti e la pubblicazione dei bilanci. Quanto al bilancio chiuso al 31/12/96, secondo la Corte, non poteva ritenersi che la Banca fosse stata in grado di conoscerlo subito dopo il deposito, non essendovi all'epoca ragione per monitorare il cliente, in quanto alla data del 5/7/97, l'andamento del conto corrente non aveva mostrato particolari anomalie come evidenziato nei prospetti del C.T.U. solo quando il 13/1/98 il bilancio era stato messo realmente a disposizione della Banca attraverso il sistema centrale informatico v. la deposizione della teste R. , la stessa aveva appreso del grave dissesto della società, e tale fatto, unitamente ai protesti pubblicati da febbraio 1998, avrebbe dovuto indurre la Banca a maggior cautela nel consentire alla cliente di far affluire sul conto, che a quella data presentava saldo debitore ben superiore a quello di sei mesi prima, contanti, assegni e bonifici. Il Giudice del merito, confermando il proprio orientamento, ha ritenuto che il mantenimento di un conto scoperto, con accumulo di ulteriori poste da parte della Banca a debito del cliente, denota documentalmente l'intento della Banca di accordare l'ampliamento, anche se non in via definitiva, dell'apertura di credito, o comunque, la tolleranza a che il cliente, nella situazione di conto scoperto non affidato, goda di fatto e per un certo tempo, di un credito. Secondo la Corte del merito, la continuità del rapporto, che si ricava dal comportamento concludente di banca e cliente, impedisce di considerare distinte le operazioni eseguite, da cui la revoca delle rimesse nella misura della differenza tra la massima esposizione debitoria del periodo e quella finale, come d'altronde confortato dalla modifica dell'articolo 67,20 comma l.f Avverso detta pronuncia ricorre il Fallimento, con ricorso affidato a quattro motivi. Si difende con controricorso la Banca, proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi. Il Fallimento ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale. Ambedue le parti hanno depositato le memorie ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Col primo motivo del ricorso principale, il Fallimento denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2497, 2449 e 2450 bis e, dei principi in materia di pubblicità dello scioglimento e della liquidazione della s.r.l. e della nomina dei liquidatori, degli artt. 2493, 2435, 2457 ter c.c., nel testo anteriore al d.lgs.6/2003, dell'articolo 29 della L. 266/97 e dei principi in materia di pubblicità del bilancio della s.r.l. e degli effetti della pubblicazione dell'articolo 2913 c.comma in materia di efficacia dell'iscrizione nel Registro delle Imprese degli artt. 2727 e 2729 c.c. degli artt. 115 e 116 c.p.comma e dei principi in materia di allegazione e valutazione delle prove dell'articolo 67 l.f., in relazione alla prova della scientia decoctionis. La Corte di merito, osserva il Fallimento, ha ritenuto la prova dell'elemento soggettivo sulla base del bilancio della I.C.L. al 31/12/96, evidenziante l'intera perdita del capitale sociale di lire 20 milioni, stante la perdita di esercizio di lire 1.382.168.608, quando lo stesso è stato realmente messo a disposizione della Banca con il sistema centrale informatico. Secondo parte ricorrente, il Giudice del merito ha omesso di considerare molti degli elementi probatori portati dalla Curatela, che, se valutati, avrebbero condotto ad una diversa soluzione ha erroneamente negato rilevanza probatoria ad alcuni elementi ha omesso di operare la valutazione globale e complessiva degli elementi di prova. Il Fallimento deduce che il motivo si basa, oltre che sulla prova testimoniale di S.G. , sui documenti specificamente indicati alle pagine 11, 12 e 13 del ricorso, alla cui stregua risulta che a fine 1995, e per tutto il 1996, erano stati emessi numerosissimi decreti ingiuntivi, notificati vari atti di precetto, eseguiti plurimi pignoramenti mobiliari che a far data dal 21/1/97, anteriormente alla prima rimessa, il fido della società era stato radiato che erano stati scontati effetti, poi rinnovati con avallo, poi ancora rinnovati,e lo scoperto di conto di I.C.L. era stato cambializzato . Ancora, osserva il Fallimento, i bilanci al 31/12/94 ed al 31/12/95, pur non in perdita, evidenziavano utili estremamente modesti, e l'incremento crescente dell'indebitamento della società e degli oneri finanziari vedi prospetto nella relazione ex articolo 33 del Curatore , e la Banca, come da istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia, era tenuta all'analisi dei bilanci delle società esposte. Inoltre, il 4/11/97, la società affittava l'azienda alla Alderighi Legnami s.r.l., così cessando l'attività, e chiudeva l'unità locale di Terranuova Bracciolini, circostanza resa nota con l'iscrizione del Registro delle Imprese, e per di più nel contratto, regolarmente iscritto presso la CCIA, la società dichiarava di avere perduto il capitale sociale e di versare in stato di insolvenza, dando altresì atto della convocazione a breve dell'assemblea per la messa in liquidazione. Secondo il Fallimento, il Giudice del merito avrebbe dovuto valutare singolarmente tutti gli elementi, e poi globalmente, inquadrandoli in un'indagine unitaria ed organica. Quanto agli elementi considerati, osserva il Fallimento, la Corte del merito ha omesso di valutare che la delibera di scioglimento e messa in liquidazione risulta dal Registro delle Imprese che alla data del 4 luglio 1997, erano stati emessi e notificati 18 decreti ingiuntivi, eseguiti 21 pignoramenti, 17 presso la sede di Firenze e gli altri presso Terranuova Bracciolini 18 eseguiti anche prima delle rimesse di cui si tratta , e per 8 era stata disposta la vendita dei beni pignorati e pubblicata la relativa ordinanza. Il bilancio al 31/12/96 deve ritenersi conosciuto dai terzi col deposito il A/1/91 presso l'Ufficio del Registro delle Imprese, ex articolo 29, L. 266/97 e quindi, secondo il Fallimento, consultabile subito dopo il deposito, anche in osservanza delle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia relative ai clienti esposti. Il ricorrente fa valere la violazione da parte della Corte d'appello delle norme in materia di presunzioni infine, anche a ritenere attuata la piena pubblicità del bilancio solo con la disponibilità dello stesso nel sistema informatico, si sarebbe dovuto concludere per la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della Banca dal 10/10/97, al più a novembre 1997, come riconosciuto da M.P.S. nella lettera del 26/11/98 al Curatore, docomma 4 .la perdita rilevabile dal bilancio 1996 era conoscibile dalla banca non prima del novembre 1997 . 1.2.- Col secondo mezzo, il Fallimento denuncia vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, quanto all'epoca della conoscenza dello stato di insolvenza, rifacendosi a quanto già esposto nel primo motivo. 1.3.- Col terzo mezzo, il Fallimento denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1857 c.comma e 67, 2^ comma l.f., nel testo applicabile anteriore alla riforma del d.l. 35/2005, anche sotto il profilo della natura della revocatoria nonché degli artt. 1243 e 1853 c.c., e dei principi in materia di compensazione. Il ricorrente, di contro alle argomentazioni del Giudice del merito, rileva che le rimesse bancarie sono revocabili proprio se e solo se costituiscono pagamento è inapplicabile al conto corrente bancario l'articolo 1823 c.c., non richiamato dall'articolo 1857 c.c. è errato sostenere che, in assenza di richiesta di pagamento del saldo da parte della Banca, il credito non sarebbe esigibile, e le rimesse sul conto scoperto non creano ulteriore disponibilità, ma hanno solo la funzione di estinguere debiti. La Corte del merito, inoltre, sembra avere ritenuto ammissibile la compensazione tra partite di segno diverso, compensazione che ha di fatto attuato, affermando la revocabilità nei limiti della differenza , in tal modo violando le norme in materia di compensazione legale e di compensazione per le operazioni bancarie regolate in conto corrente. 1.4.- Col quarto motivo, il Fallimento denuncia quale fatto controverso e decisivo l'autonomia delle singole rimesse e l'unitarietà del rapporto, ex articolo 360 numero 5 c.p.c 2.1.- Con il primo motivo del ricorso incidentale, la Banca denuncia il vizio ex articolo 360 numero 5 c.p.c., per avere la Corte d'appello omesso la motivazione o reso motivazione contraddittoria, in relazione all'esistenza di vaglia cambiari tornati insoluti, il cui accredito sul conto corrente non costituisce pagamento di alcunché, e che sono stati indicati dal C.T.U. alle pagine 63 e 64 della relazione. 2.2.- Col secondo motivo, la Banca denuncia il medesimo fatto sotto il profilo dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., in quanto comportante il calcolo scorretto di quello che è l'effettivo rientro dell'esposizione del conto corrente, e, quindi, la scorretta liquidazione dell'effettiva somma revocabile. 3.1.- Vanno in primis riuniti il ricorso principale ed il ricorso incidentale, ex articolo 335 c.p.c 3.2.- Il primo ed il secondo motivo del ricorso principale vanno esaminati congiuntamente, in quanto vertenti sulla medesima questione, e presentano profili di inammissibilità e di infondatezza. Va in prima battuta rilevato che, per orientamento costante, come affermato nella pronuncia 8023/2009, e conformi, tra le altre, le successive 24028/2009, 21961/2010 e 9395/2011, spetta al giudice del merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all'utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo. Ed inoltre, come affermato nella pronuncia 27162/09, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex articolo 360, numero 5, c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e conformi, tra le tante, le pronunce 18119/08, 23929/07, 15489/07, 16459/04 . Alla stregua di detti principi, sono da ritenersi inammissibili le doglianze del Fallimento, rivolte a censurare sotto il profilo del vizio ex articolo 360 numero 3 c.p.c., le argomentazioni della Corte d'appello relative alla valutazione delle circostanze di merito, mentre devono ritenersi infondate le censure fatte valere e relative al vizio di motivazione. Va a riguardo rilevato che gli elementi probatori evidenziati dal Fallimento non paiono decisivi al fine di ritenere integrata la prova della scientia decoctionis da parte della Banca, e la Corte del merito ha reso motivazione congrua e sufficiente, dando conto degli elementi addotti a sostegno della decisione assunta, valorizzando quei fatti sintomatici, oggettivamente conoscibili dai terzi, in quanto soggetti a pubblicità, da cui la corretta esclusione della notifica di decreti ingiuntivi, di precetti, di pignoramenti mobiliari f eseguiti da terzi e non della Banca Monte dei Paschi , delle affermazioni ammissive contenute nella corrispondenza con fornitori, così come correttamente è stata esclusa la valenza presuntiva dello stato di liquidazione sia pure indicato in sentenza unitamente ai fatti non oggetto di pubblicità . La Corte fiorentina ha quindi valorizzato il bilancio al 31/12/96, evidenziante la perdita del capitale per perdite, e quindi rilevante al fine di ritenere la conoscenza dello stato di insolvenza, ed ha escluso che la Banca avesse preso cognizione di detto bilancio, o che comunque fosse tenuta a conoscerlo, al di là della questione della consultabilità subito dopo il deposito del 4/7/97, ritenendo che a detta data, l'andamento del conto corrente della società non aveva dimostrato particolari anomalie come si evidenzia nei prospetti elaborati dal C.T.U . e pertanto non poteva avere messo in allarme la Banca solo quando il bilancio era stato realmente messo a disposizione della Banca attraverso il sistema centrale informatico, alla Banca si era manifestato lo stato di dissesto della società. Così argomentando, la Corte del merito ha dato ragione logicamente convincente della non doverosa conoscibilità da parte della Banca del bilancio della società alla data del deposito dello stesso, non sussistendo ragioni per monitorare all'epoca la situazione economico-finanziaria della I.C.L., così superandosi ogni questione sul momento a partire dal quale detto bilancio può ritenersi opponibile ai terzi ex articolo 2193 c.c Quanto all'addotto riconoscimento da parte della stessa M.P.S. della perdita rilevabile dal bilancio 1996 a far data dal mese di novembre 1997, nella lettera della Banca del 26/11/98, va rilevato che il Fallimento non ha indicato quando ed in che modo avrebbe evidenziato tale documento allo scopo per il principio, vedi le sentenze 22342/07 e 5044/09 , e in ogni caso, la controparte ha aggiunto l'inciso successivo contenuto in detta lettera e di fatto mai consegnato nonostante le richieste della filiale. , che priva di valore l'argomentazione del Fallimento. 3.- Il terzo motivo va accolto. Il criterio adottato dalla Corte fiorentina come in precedenti pronunce, disapplica il canone che correla l'obbligo di restituzione alla somma delle singole rimesse solutorie, aventi natura di pagamenti ed in quanto tali revocate, mentre il richiamo alla normativa riformata, effettuato a conforto della tesi adottata e non già invocando la natura interpretativa e quindi retroattiva della normativa novellata, non è sostenibile, come già ritenuto nelle pronunce 8827/2011, 20834/2010 e 19043/2010. La tesi della Corte d'appello è stata già disattesa nelle pronunce 6558/97, 12/96 e 2744/94, ritenendosi che le rimesse effettuate sul conto corrente dell'imprenditore successivamente fallito, quando il conto sia scoperto per il superamento del fido , sono revocabili singolarmente ai sensi dell'articolo 67, secondo comma legge fall., senza che la revocabilità debba essere contenuta nei limiti del divario fra il massimo scoperto ed il saldo finale, atteso che la presenza di frequenti oscillazioni nell'ambito dello scoperto ed anche di sconfinamenti seguiti da eventuali rientri nei limiti del fido non consentono di individuare nelle rimesse operate sul conto scoperto una forma di ricostituzione della provvista disponibile in futuro per il cliente e si veda anche la recentissima pronuncia 16610/2013 . Né le argomentazioni addotte dalla Banca a sostegno del criterio adottato dalla Corte del merito possono indurre ad una rivisitazione dell'orientamento giurisprudenziale consolidato. 3.4.- Il quarto motivo è assorbito. 4.1.- I due motivi del ricorso incidentale sono da ritenersi in limine assorbiti, in quanto correlati al criterio di revocabilità adottato dalla Corte del merito. 5.1.- Vanno quindi respinti i motivi primo e secondo del ricorso principale, accolto il terzo motivo, assorbito il quarto ed assorbito altresì il ricorso incidentale cassata la sentenza impugnata, va disposto il rinvio alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione, alla stregua del seguente principio di diritto Nella revocatoria fallimentare di rimesse bancarie, ai sensi dell'articolo 67, 2 comma l.f., nella formulazione ratione temporis applicabile, vanno considerate revocabili le singole rimesse su conto scoperto la Corte d'appello provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte riuniti i ricorsi, principale ed incidentale, respinge i motivi primo e secondo del ricorso principale, accoglie il terzo, assorbito il quarto, assorbito il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.