Opposizione non tardiva: vale la raccomandata se vi è stato irrituale utilizzo del telefax

La mera richiesta di termine per la produzione della ricevuta di trasmissione del telefax non giustifica con sufficiente gravità l’inferenza che fosse stato espresso il consenso all’utilizzo di tale modalità di comunicazione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 23991, depositata il 22 ottobre 2013. Il caso. Una s.p.a. aveva proposto opposizione, ex art. 98 l. fallim., lamentando il rigetto della domanda di ammissione al passivo del fallimento di una s.r.l. Il Tribunale adito aveva dichiarato inammissibile l’opposizione in quanto tardiva, osservando che la comunicazione del rigetto della domanda di ammissione era stata eseguita prima mediante telefax e poi tramite raccomandata con avviso di ricevimento. Dunque, per l’organo giudicante, occorreva aver riguardo alla prima comunicazione per valutare la tempestività del ricorso in opposizione, in quanto, nel caso di specie, era rimasto inadempiuto, da parte dell’opponente/destinatario, l’onere di fornire la prova della dedotta irritualità della comunicazione per telefax per mancanza del suo previo consenso. Legittimità della comunicazione via fax previo consenso del destinatario. La società ha proposto ricorso per cassazione. A suo dire, il Tribunale avrebbe finito col far gravare sull’opponente l’onere della prova della mancanza di consenso all’utilizzo del telefax per la comunicazione di cui all’art. 97 l. fallim., mentre per legge è la curatela opposta a dover provare la sussistenza del consenso di controparte all’utilizzo di quel mezzo di comunicazione. La Suprema Corte ha ritenuto il motivo meritevole di accoglimento. L’onere di provare il consenso del creditore all’utilizzo del telefax per le comunicazioni a lui rivolte grava sulla controparte del creditore. Gli Ermellini hanno evidenziato che il Tribunale aveva, però, ritenuto che nella specie l’onere della prova si fosse invertito per effetto del comportamento processuale dell’opponente, il cui difensore alla prima udienza aveva chiesto termine per produrre la ricevuta del telefax, determinando in tal modo una presunzione di legittimità del mezzo di comunicazione usato . Con questa espressione, come chiarito da Piazza Cavour, deve ritenersi che il Tribunale abbia inteso la presunzione dell’avvenuta manifestazione del consenso alla comunicazione a mezzo telefax. Secondo il Collegio, la tesi del Tribunale, però, non convince, tanto più che l’esistenza del predetto consenso ben poteva essere provata documentalmente dalla parte ordinariamente onerata mediante la produzione dell’istanza di ammissione al passivo . In definitiva, in mancanza di prove del consenso della società creditrice all’utilizzo del telefax, il S.C. ha concluso che la rituale comunicazione ex art. 97 l. fallim. sia stata eseguita soltanto con la raccomandata consegnata non oltre 30 giorni prima del deposito del ricorso in opposizione. Alla luce di ciò, il ricorso è stato accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 4 giugno - 22 ottobre 2013, n. 23991 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso in fatto e diritto Che nella relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue 1. - Con ricorso depositato il 27 aprile 2009 la Signorini s.p.a. propose opposizione ex art. 98 legge fallim. lamentando il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo del fallimento della Memory line s.r.l Su eccezione del curatore, il Tribunale di Roma adito ha dichiarato inammissibile l'opposizione in quanto tardiva, osservando che la comunicazione del rigetto della domanda di ammissione, ai sensi dell'art. 97 legge fallim., era stata eseguita prima mediate telefax e quindi mediante raccomandata con avviso di ricevimento che occorreva dunque aver riguardo alla prima comunicazione per valutare la tempestività del ricorso in opposizione che, se è vero che l'art. 97, cit., subordina la legittimità della comunicazione a mezzo telefax al preventivo consenso del destinatario, nel caso di specie era rimasto inadempiuto, da parte di quest'ultimo, l'onere di fornire la prova della dedotta irritualità della comunicazione per telefax per mancanza del suo previo consenso che, infatti, il comportamento processuale tenuto in proposito dalla difesa della opponente - la quale, avendo alla prima udienza risposto all'eccezione di controparte chiedendo rinvio per produrre la ricevuta di trasmissione del telefax, aveva evidenzia[to] la ritenuta legittimità del mezzo di comunicazione utilizzato - determinava una presunzione di legittimità del mezzo di comunicazione usato , superabile mediante la produzione, invece omessa, di copia conforme all'originale dell'istanza di ammissione al passivo, dalla quale risultasse la mancanza di consenso a ricevere la comunicazione a mezzo telefax che l'avvenuta ricezione del telefax era in realtà ammessa dall'opponente e la data della stessa era sicuramente non posteriore al 24 marzo 2009, data di spedizione della raccomandata, pacificamente successiva alla comunicazione a mezzo telefax che pertanto tra la comunicazione ex art. 97 legge fallirti, e il deposito del ricorso in opposizione erano trascorsi 4 giorni in più del termine di legge di 30 giorni. La Signorini s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, cui non ha resistito la curatela fallimentare. 2. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di legge, si lamenta che il Tribunale abbia finito col far gravare sull'opponente l'onere della prova della mancanza di consenso all'utilizzo del telefax per la comunicazione di cui all'art. 97 legge fallim., mentre per legge è la curatela opposta a dover provare la sussistenza del consenso di controparte all'utilizzo di quel mezzo di comunicazione. 2.1. - Il motivo merita accoglimento. Non è fondatamente contestabile, e in effetti non è contestato nemmeno dal Tribunale, che l'onere di provare il consenso del creditore all'utilizzo del telefax per le successive comunicazioni a lui rivolte - consenso da manifestare nell'istanza di ammissione al passivo ai sensi dell'art. 93 legge fallim. — gravi sulla controparte del creditore stesso, interessata ad allegare il rituale utilizzo di quel mezzo di comunicazione. Il tribunale ha però ritenuto che nella specie l'onere della prova si fosse invertito per effetto del comportamento processuale dell'opponente, il cui difensore alla prima udienza aveva chiesto termine per produrre la ricevuta del telefax, determinando in tal modo una presunzione di legittimità del mezzo di comunicazione usato. Non potendo la presunzione, in quanto mezzo di prova dei fatti, avere ad oggetto un profilo giuridico in sé considerato, deve ritenersi che per presunzione di legittimità il Tribunale abbia inteso la presunzione dell'avvenuta manifestazione del consenso alla comunicazione a mezzo telefax. La tesi del Tribunale, però, non convince, sia perché la mera richiesta di termine per la produzione della ricevuta di trasmissione del telefax non giustifica con sufficiente gravità l'inferenza che fosse stato espresso il consenso all'utilizzo di tale modalità di comunicazione, tanto più che è ben strano che il destinatario di un telefax dichiari di voler esibire la ricevuta di trasmissione del medesimo, notoriamente in possesso, invece, del trasmittente sia perché l'esistenza del predetto consenso ben poteva essere provata documentalmente dalla parte ordinariamente onerata mediante la produzione dell'istanza di ammissione al passivo. Deve pertanto concludersi che, in mancanza di prove del consenso della società creditrice all'utilizzo del telefax, la rituale comunicazione ex art. 97 legge fallim. sia stata eseguita soltanto con la raccomandata spedita il 24 marzo 2009 e che l'opponente afferma esserle stata consegnata il 30 marzo, dunque non oltre trenta giorni prima del deposito del ricorso in opposizione. 2. - Il secondo e il terzo motivo di ricorso, con i quali si contesta l'avvenuta ricezione del telefax, restano assorbiti” che detta relazione è stata comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite e non sono state presentate conclusioni o memorie che, condividendo il Collegio quanto si legge nella relazione, il decreto impugnato va cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Roma in diversa composizione.