La modifica statutaria dell’organo amministrativo non costituisce giusta causa di revoca degli amministratori in carica

Le scelte dell’assemblea dei soci in ordine alla composizione dell’organo amministrativo non comportano una revoca implicita degli amministratori incompatibili con il nuovo assetto della società. In tali casi, la giusta causa di revoca, tanto soggettiva che oggettiva, richiede la sopravvenienza di circostanze o fatti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 21342 del 18 settembre 2013. Il caso. Il giudizio nasce dal ricorso proposto dall’ex presidente del consiglio di amministrazione dell’ENAV s.p.a., volto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della delibera con cui l’assemblea dei soci lo aveva revocato dalla carica senza giusta causa. Nella specie, vi era stata una modifica dello statuto sociale, in virtù della quale veniva prevista in alternativa all’organo amministrativo collegiale anche la carica di amministratore unico. Con la medesima delibera, l’assemblea dei soci, facendo leva sulla situazione emergenziale che l’ENAV stava attraversando in quel periodo e sulla necessità di garantire una direzione accentrata ed efficiente, aveva revocato gli amministratori in carica e nominato un amministratore unico. Sulla domanda risarcitoria formulata dall’ex presidente del c.d.a., i giudici di merito si erano espressi in senso negativo, avendo ravvisato, nel caso di specie, tutti i presupposti per ritenere sussistente la giusta causa di revoca degli amministratori. L’attore si rivolge quindi alla Corte di Cassazione. Omessa pronuncia e principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Col primo motivo, il ricorrente denuncia un vizio di omessa pronuncia sull’ actio nullitatis esperita in appello, adducendo che la Corte territoriale avrebbe omesso di rilevare, malgrado la questione fosse stata sottoposta al suo esame, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato da parte del primo giudice. Ed invero, a fronte della domanda di risarcimento per revoca senza giusta causa formulata dall’attore, l’ENAV aveva eccepito la sussistenza, nel caso di specie, non già di una revoca, bensì di una causa atipica di cessazione dall’incarico conseguente alla scelta dell’assemblea di nominare un amministratore unico. Di contro, il primo giudice, non solo aveva ritenuto che nella fattispecie ricorresse una vera e propria ipotesi di revoca, ma aveva individuato la giusta causa in fatti non allegati dall’ENAV. Ebbene, detto motivo è giudicato inammissibile dalla Suprema Corte. Nel dettaglio, i giudici di legittimità osservano che, malgrado gli sforzi del ricorrente di prospettare l’omessa pronuncia della Corte d’appello come relativa ad un’ actio nullitatis , il vizio denunciato integra gli estremi di una omessa pronuncia sulla mancanza di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Invero, tale principio può dirsi violato non solo quando il giudice attribuisca un bene della vita diverso da quello richiesto, ma anche quando come nel caso di specie attribuisca il bene richiesto basando però la decisione su una diversa causa petendi e perciò su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti. Il motivo così qualificato non è ritenuto autosufficiente poiché non è stato precisato l’atto nel quale la questione sarebbe stata sottoposta alla Corte d’appello. Modifiche statutarie e revoca degli amministratori. La Suprema Corte passa dunque ad esaminare il merito del ricorso, incentrato sulla sussistenza o meno, nel caso di specie, di una giusta causa di revoca degli amministratori. Nell’accogliere le censure mosse dal ricorrente, la Cassazione osserva preliminarmente che, nel caso in cui la cessazione di un componente del consiglio di amministrazione discenda da una modificazione dell’organo amministrativo, si verifica, indipendentemente da una esplicita manifestazione di volontà, una revoca implicita degli amministratori incompatibili con il nuovo assetto della società. Ciò nondimeno, il nuovo assetto organizzativo non determina una giusta causa di revoca, ma richiede la sopravvenienza di circostanze o fatti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto. In particolare, la giusta causa oggettiva richiede la sopravvenienza di situazioni estranee alla persona dell’amministratore, quindi non integranti un suo inadempimento, ma tali da elidere l’affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e capacità dell’amministratore. Principio di tassatività degli atti unilaterali con efficacia per i terzi. Degna di nota è poi la motivazione con cui la Suprema Corte rigetta il motivo di ricorso incidentale con cui l’ENAV aveva censurato la decisione della Corte d’appello, nella parte in cui la stessa non aveva riconosciuto una causa oggettiva di cessazione del ricorrente dalla carica di presidente del c.d.a. nella scelta dell’assemblea, necessitata dalla situazione venutasi a creare, di nominare un amministratore unico. Ed invero, l’infondatezza di tale motivo – a giudizio della Cassazione – deriva non solo dalle considerazioni sopra esposte, ma altresì dalla circostanza per cui, ove si attribuisse all’assemblea il potere di far cessare gli amministratori con delibere di carattere organizzativo, si violerebbe il principio di tassatività degli atti unilaterali con efficacia per i terzi.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 luglio - 18 settembre 2013, n. 21342 Presidente Carnevale – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 22 marzo 2012 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza, in data 7 gennaio 2005, con cui il Tribunale della stessa città aveva rigettato la domanda proposta da S.G. nei confronti dell'ENAV s.p.a., intesa ad ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della delibera del 9 marzo 2002 con la quale l'assemblea dei soci lo aveva revocato senza giusta causa dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione. In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di appello osservava che 1 l'assemblea straordinaria del 9 marzo 2002 aveva deliberato di modificare lo statuto sociale prevedendo in alternativa all'organo amministrativo collegiale anche la carica di amministratore unico 2 nella stessa data l'assemblea ordinaria aveva deliberato di revocare gli amministratori in carica, componenti del consiglio di amministrazione, e di nominare un amministratore unico sino all'approvazione del bilancio di esercizio del 2002 tale deliberazione era motivata alla luce delle nuove possibilità previste dallo statuto e della ben nota situazione emergenziale che l'E.N.A.V. s.p.a. sta attraversando” ed essenzialmente al fine di garantire, nell'attuale situazione dell'Enav S.p.a., una direzione accentrata. Ciò discende anche dalla necessità di assicurare una guida caratterizzata da rapida ed immediata funzionalità operativa e come tale sottratta - pur transitoriamente - alla dialettica dell'organo amministrativo, dialettica che nel caso di specie ha travalicato i limiti della normalità cagionando situazioni di ingovernabilità nell'indirizzo strategico e, talvolta, operativo” 3 la nuova possibilità offerta dallo statuto, la conseguente necessità di valutare l'opportunità di affidare l'amministrazione ad un organo collegiale ovvero, in alternativa, ad un organo monocratico ed, infine, la motivata preferenza per la gestione da parte di un singolo amministratore anziché da parte di un organo collegiale integravano nel loro insieme i presupposti per ritenere sussistente la giusta causa di revoca dei componenti del c.d.a., a prescindere dalle valutazioni espresse circa specifiche vicende 4 sussistevano giusti motivi per compensare interamente le spese del giudizio di appello. G S. propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi. L'E.N.A.V. s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a tre motivi. Entrambe le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione degli artt. 112, 113 e 153 c.p.c. nonché l'omessa decisione in ordine all' actio nullitatis esperita in appello, lamentando che la sentenza impugnata aveva omesso di rilevare, malgrado la questione fosse stata sottoposta al suo esame, che il primo giudice sostituendosi alla convenuta ENAV aveva non solo qualificato la delibera del 9 marzo 2002 come delibera di revoca del consiglio di amministrazione per giusta causa, ma aveva individuato di propria iniziativa i fatti che a suo avviso integravano la giusta causa. In proposito, il ricorrente evidenzia che l'ENAV nella propria comparsa di risposta del 10 dicembre 2002 aveva affermato che nella specie non si era verificata una ipotesi di revoca, ma una causa atipica di cessazione dall'incarico conseguente alla scelta dell'assemblea di nominare un amministratore unico soltanto in via gradatamente subordinata l'ENAV aveva prospettato che la legittima decisione dell'assemblea di modificare il modello organizzativo integrava gli estremi di una giusta causa oggettiva ed implicita della revoca dei precedenti amministratori ovvero che, comunque, alcune dichiarazioni rese in sedi istituzionali ed alcune decisioni operative avevano pregiudicato gli interessi e l'immagine della società, venendo ad integrare una causa soggettiva di revoca. A fronte di tali prospettazioni, il primo giudice non solo aveva ritenuto che nella fattispecie ricorresse una vera e propria ipotesi di revoca, ma aveva individuato la giusta causa in fatti non allegati dall'ENAV e precisamente, da un lato, nella incapacità dell'organo amministrativo prescelto consiglio di amministrazione di assicurare un'appropriata ed efficiente gestione”, rilevando anche che tale inidoneità amministrativa è culminata e si è resa manifesta con la tragedia avvenuta all'aeroporto di XXXXXX, in cui sono decedute 118 persone in conseguenza dello scontro di due aeromobili sulla pista” e, d'altro canto, nelle improprie scelte gestionali poste in essere con l'operazione della costituzione della Italflight System s.p.a. condotta dall'amministratore delegato G. e non contrastata dall'attore quale presidente del c.d.a.”. Il primo giudice, pertanto, aveva individuato il fondamento del potere di risolvere il rapporto in fatti diversi da quelli allegati dalla convenuta, ponendo in essere così un provvedimento la cui abnormità trascendeva il vizio di extrapetizione e per questa ragione era stata sottoposta alla Corte di appello con l' actio nullitatis . Nella specie, infatti, non era stato attribuito alla parte un bene della vita diverso da quello richiesto, ma le era stato attribuito lo stesso bene, sostituendo, tuttavia, l'intero impianto di allegazioni fattuali e giuridiche dell'ENAV”. Il motivo, con il quale vengono dedotte censure relative alla sentenza di primo grado, è inammissibile. Invero, il vizio denunciato, malgrado gli sforzi della difesa di prospettare l'omessa pronunzia della Corte di appello come relativa ad un' actio nullitatis , integra semplicemente gli estremi di una omessa pronunzia della Corte di appello sulla mancanza di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato che viziava la sentenza di primo grado art. 112 c.p.c. . Infatti, il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato può ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione petitum e causa petendi e, pertanto, non solo quando il giudice attribuisca un bene della vita diverso da quello richiesto, e nemmeno implicitamente compreso nella domanda, ma anche quando attribuisca il bene richiesto basando però la decisione su una diversa causa petendi e perciò su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti, ponendo così a fondamento della domanda un titolo nuovo e difforme da quello indicato e plurimis Cass. 22 marzo 2007, n. 6945 Cass. 2 febbraio 1995, 1222 . Il motivo così qualificato non è, tuttavia, autosufficiente poiché non è precisato l'atto nel quale la questione sarebbe stata sottoposta alla Corte di appello. 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione, lamentando che la Corte di appello dopo avere svolto argomentazioni volte ad individuare una giusta causa di carattere soggettivo, integrata da una dialettica che aveva travalicato i limiti della normalità, cagionando situazioni di ingovernabilità nell'indirizzo strategico e, talvolta, operativo”, aveva poi concluso in tutt'altra direzione, individuando la giusta causa nel mero fatto oggettivo di una opzione, a fini gestionali, per un organo monocratico rispetto a quello collegiale. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2919, 2383 e 2930 c.c., lamentando che la sentenza impugnata aveva erroneamente identificato la giusta causa con l'esercizio del potere di autorganizzazione della società e con il suo conseguenziale diritto di scegliere la configurazione degli organi di amministrazione più adatta alle esigenze sociali infatti, la nozione di giusta causa che esclude il diritto dell'amministratore revocato al risarcimento dei danni esige sempre situazioni sopravvenute che minino il pactum fiduciae , elidendo l'affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e capacità dell'organo di gestione. Il terzo motivo va esaminato prima del secondo per ragioni di ordine logico ed è fondato prescindendo dal richiamo, evidentemente frutto di una svista, degli inconferenti artt. 2919 e 2930 . Invero, questa Corte si è occupata più volte di fattispecie nelle quali la cessazione di un componente del consiglio di amministrazione discendeva da una modificazione dell'organo amministrativo v. Cass. 7 maggio 2002, n. 6526 con riferimento al passaggio da un organo monocratico ad un organo collegiale Cass. 12 settembre 2008, n. 23557, con riferimento al passaggio da un organo collegiale ad un organo monocratico Cass. 19 novembre 2008, n. 27512, con riferimento ad una riduzione del numero dei componenti del consiglio di amministrazione ed ha affermato, da un lato, che in tali ipotesi, indipendentemente da una esplicita manifestazione di volontà, ricorre una revoca implicita degli amministratori incompatibili con il nuovo assetto della società e che, d'altro canto, la giusta causa, tanto soggettiva che oggettiva, non può essere integrata dal nuovo assetto organizzativo, ma richiede la sopravvenienza di circostanze o fatti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto in particolare, la giusta causa oggettiva richiede la sopravvenienza di situazioni estranee alla persona dell'amministratore, quindi non integranti un suo inadempimento, ma tali da elidere l'affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e capacità dell'amministratore. A tale orientamento deve essere data continuità considerato che le scelte dell'assemblea sulla governance societaria da un lato sono insindacabili e, d'altro canto, non sono di per sé collegabili ad una rottura del pactum fiduciae . Dall'accoglimento del terzo motivo consegue l'assorbimento del secondo motivo, in quanto relativo alla motivazione di una statuizione risultata errata in diritto. Con il primo condizionato motivo del ricorso incidentale l'ENAV denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2383, terzo comma, c.c., lamentando che la Corte di appello non aveva riconosciuto una causa oggettiva di cessazione del ricorrente dalla carica di presidente del c.d.a. nella scelta dell'assemblea, necessitata dalla situazione venutasi a creare, di nominare un amministratore unico, con conseguente cessazione del c.d.a Il motivo è infondato per le ragioni esposte nell'esame del terzo motivo del ricorso principale. Inoltre, la tesi prospettata dal ricorrente incidentale, attribuendo all'assemblea il potere di far cessare gli amministratori con delibere di carattere organizzativo, violerebbe il principio di tassatività degli atti unilaterali con efficacia per i terzi. Con il secondo condizionato motivo del ricorso incidentale l'ENAV denuncia il vizio di motivazione, lamentando che la sentenza impugnata erroneamente non aveva ritenuto sussistente la causa soggettiva di revoca dell'odierno ricorrente nelle vicende che avevano determinato la lesione del rapporto fiduciario tra le parti e che erano state individuate dal primo giudice. Il motivo è inammissibile in quanto relativo a questione rimasta assorbita nel giudizio di appello e che potrà essere esaminata in sede di rinvio. Con il terzo motivo non condizionato del ricorso incidentale l'ENAV denuncia la violazione dell'art. 92, secondo comma, c.p.c., lamentando che la Corte di appello aveva compensato le spese del giudizio di secondo grado per non meglio specificati giusti motivi, a fronte del totale rigetto dell'appello. Il motivo resta assorbito dalla cassazione con rinvio dell'impugnata sentenza. P.Q.M. dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale accoglie il terzo e dichiara assorbito il secondo rigetta il primo motivo del ricorso incidentale dichiara inammissibile il secondo motivo ed assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.