Quali i limiti del sindacato del Tribunale sulla proposta concordataria?

Al centro dell’attenzione la vexata quaestio rappresentata dalla delimitazione del potere del tribunale di sindacare o meno il requisito di fattibilità del piano proposto dal debitore ai sensi dell'art. 160 l.fall., che può prevedere le più svariate forme di ristrutturazione dei debiti e di soddisfacimento dei creditori.

Dopo il recente intervento delle Sezioni Unite n. 1521/2013 dello scorso gennaio, la Prima sezione Civile della Cassazione, nella sentenza n. 13083 del 27 maggio 2013, affronta nuovamente questo tema conformandosi al predetto grand arrêt . Difatti, quanto al controllo del Tribunale sulla proposta concordataria, il decisum in commento ribadisce che, va effettuato sia verificando l’idoneità della documentazione prodotta per la sua completezza e regolarità a corrispondere alla funzione che le è propria, consistente nel fornire elementi di giudizio ai creditori, sia accertando la fattibilità giuridica della proposta, sia infine valutando l’effettiva idoneità di quest’ultima ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura. Rientra dunque - chiariscono gli Ermellini - nell’ambito del detto controllo, una delibazione in ordine alla correttezza delle argomentazioni svolte e delle motivazioni addotte dal professionista a sostegno del formulato giudizio di fattibilità del piano, così come analogamente deve dirsi per quanto concerne la coerenza complessiva delle conclusioni finali prospettate ovvero l’impossibilità giuridica di dare esecuzione alla proposta di concordato, ovvero la rilevazione del dato, se emergente prima facie , da cui poter desumere l’inidoneità della proposta a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati, nel rispetto dei termini di adempimento previsti. Viceversa, soltanto ai creditori spetta formulare un giudizio in ordine alla convenienza economica della soluzione prospettata, che a sua volta presuppone una valutazione prognostica in ordine alla fattibilità del piano conseguentemente a quest’ultima valutazione resta del tutto estraneo il giudice, nelle varie fasi in cui è potenzialmente chiamato ad intervenire . Il caso. La vicenda si svolge nei seguenti termini il Tribunale di Campobasso dichiarava il fallimento di una s.r.l. attiva nel campo siderurgico, affermando altresì l’inammissibilità della proposta di concordato preventivo dalla stessa presentato nel corso del procedimento ex art. 15 l.fall Predetta s.r.l. proponeva, quindi, reclamo innanzi alla Corte d’appello molisana che tuttavia lo rigettava. Avverso quest’ultima decisione la società soccombente proponeva quindi ricorso per cassazione che, parimenti, veniva respinto. In particolare, quanto alla presunta violazione del diritto di difesa della s.r.l., gli Ermellini precisano che la successione delle operazioni descritta nell’art. 162 l.fall. non è vincolante quando la proposta di concordato preventivo si inserisce nell’ambito di un procedimento prefallimentare e di conseguenza, ai fini del rispetto dell’obbligo di audizione del debitore, è sufficiente che lo stesso sia stato sentito in relazione alla sua proposta di concordato preventivo ed abbia avuto modo di illustrarla e di svolgere le proprie difese, mentre non è necessario che al debitore siano contestate le eventuali ragioni di inammissibilità. Nel caso de quo il ricorso era stato presentato in udienza, nel corso del procedimento prefallimentare, dopo altra udienza nella quale la società aveva chiesto rinvio per depositare la proposta di concordato. E proprio, presentando in udienza la sua proposta di concordato preventivo, la società aveva pienamente garantito il suo diritto di difesa, così chiariscono i Supremi giudici. Quanto alla presunta violazione dei limiti del sindacato del tribunale sulla proposta concordataria, dedotti nei restanti gravami, la Suprema Corte riconosce che la Corte d’appello di Campobasso aveva ecceduto, sotto diversi profili, i limiti della proposta di concordato preventivo affidato al giudice. Tuttavia il giudizio che emerge icto oculi dal raffronto tra la documentazione prodotta ed il contenuto dell’attestazione del professionista è certamente compreso nei poteri del giudice e da solo, se negativo, comporta l’inammissibilità della proposta concordataria. Concordato preventivo riformato dal Decreto Sviluppo. L’imprenditore che si trova in stato di insolvenza può evitare la più grave misura del fallimento offrendo ai suo creditori un concordato che è chiamato preventivo proprio perché diretto a prevenire il fallimento. Questa funzione della procedura corrisponde sia all’interesse del debitore, che può estinguere i propri debiti, sia all’interesse dei creditori che conseguono un soddisfacimento, ancorché parziale delle loro ragioni, sia, infine all’interesse dell’economia generale alla eliminazione del dissesto tramite uno strumento più duttile del fallimento che consenta l’eventuale sopravvivenza dell’impresa. E, il legislatore, a seguito del recente intervento riformatore attuato con il c.d. Decreto Sviluppo, convertito con la l. n. 134/2012 ha ritenuto che fosse proprio il concordato preventivo lo strumento più idoneo per superare lo stato di possibile insolvenza dell’impresa nell’attuale momento storico. Tra le novità più rilevanti spicca la possibilità per il debitore di presentare la domanda di ammissione con riserva” di produrre successivamente la proposta e il piano. Inoltre, la riforma ha provveduto ad ampliare gli effetti conseguenti all’ammissione della domanda, tanto per i contratti quanto per i finanziamenti, operando tenui modifiche anche alla fase di approvazione del piano da parte dei creditori. Infine, la novella ha dettato una disciplina particolarmente favorevole agli imprenditori che scelgono di affrontare lo stato di crisi con il dichiarato obiettivo di dare continuità all’attività d’impresa, evitando che il loro comportamento dilatorio possa definitivamente pregiudicare la potenziale ripresa dell’attività. Potere del giudice sulla valutazione economica del concordato. A seguito del recente intervento riformatore, il potere del giudice sulla valutazione economica del concordato torna ad essere centrale. Difatti, secondo il nuovo art. 161, settimo comma, l. fall. gli atti di straordinaria amministrazione urgenti e necessari alla corretta gestione dell'azienda in concordato devono essere autorizzati dal giudice, il cui vaglio deve anche interessare gli aspetti economici dell'atto. La veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Tuttavia, in un quadro legislativo di maggior favore per l’autonomia privata nella gestione e nella risoluzione della crisi d’impresa, risulta fortemente esaltato l’intervento professionale previsto dalla nuova legge fallimentare nell’ambito delle procedure concorsuali di composizione della crisi diverse dal fallimento, rappresentando un elemento esterno di garanzia per i creditori. La relazione del professionista ex art. 161 l.fall. deve attestare la veridicità dei dati aziendali ed inoltre la fattibilità del piano. La relazione deve essere adeguatamente motivata, al fine di consentire al tribunale ed al commissario giudiziale di effettuare i dovuti controlli in ordine alla corrispondenza al vero dei dati esposti e alla concreta fattibilità del piano. La relazione non può limitarsi ad attestare genericamente la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, o a prendere in considerazione dati meramente formali, ma deve contenere la motivazione sostanziale ed oggettiva dell’attestazione ed avere riguardo ai dati contabili ed extracontabili relativi all’azienda del debitore necessari per la formulazione, documentata e ragionata, di un giudizio vero e approfondito sulla fattibilità piano. Giudizio di chiarezza e completezza dell’attestazione del professionista compreso nei poteri del giudice. E, tornando alla pronuncia che qui ci occupa, i rilievi sul fatto che le poste attive e passive non trovavano corrispondenza nella documentazione della società richiedente l’ammissione al concordato non attengono ad un controllo della veridicità dei dati aziendali e non comportano lo svolgimento di un’attività riservata al commissario giudiziale, ma attengono ad un giudizio di chiarezza e completezza dell’attestazione del professionista sulla base di quanto emerge icto oculi dal raffronto tra la documentazione prodotta ed il contenuto dell’attestazione del professionista. E, tale giudizio - chiariscono gli Ermellini - è certamente compreso nei poteri del giudice e da solo, se negativo, comporta l’inammissibilità della proposta concordataria.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 aprile - 27 maggio 2013, n. 13083 Presidente Rordorf – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 1 agosto 2011 la Corte di appello di Campobasso rigettava il reclamo proposto dalla s.r.l. Edilsiderurgica Matese avverso la sentenza in data 6 ottobre 2010 con cui il Tribunale della stessa città ne aveva dichiarato il fallimento, affermando l'inammissibilità della proposta di concordato preventivo dalla stessa presentato nel corso del procedimento ex art. 15 l. fall. In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di appello osservava che 1 il reclamo previsto dall'art. 18 l. fall., nella formulazione dettata dal d. lgs. n. 169/2007, ha un effetto devolutivo pieno, con la conseguenza che nel giudizio innanzi alla Corte di appello non si applicano i limiti previsti in tema di appello dagli artt. 342 e 345 c.p.c. pertanto, potevano essere prese in considerazione le questioni sollevate dalla curatela del fallimento nella comparsa di risposta e non prese in considerazione dalla sentenza di primo grado 2 la società debitrice era stata convocata innanzi al Tribunale a seguito delle istanze di fallimento presentate dal pubblico ministero e dalla s.p.a. Solar System in sede prefallimentare, dopo un rinvio, aveva presentato una proposta di concordato preventivo, allegando la documentazione e la relazione del professionista, come previsto dall'art. 161, commi 2 e 3, l. fall., nonché una proposta di transazione fiscale il Tribunale con decreto del 25 agosto 2010 aveva chiesto la produzione di documentazione integrativa che era stata depositata con una nota di chiarimenti. All'esito dell'unitario procedimento, nel quale era stata completata la fase esplorativa delle ragioni e delle istanze delle parti, non vi era ragione di convocare nuovamente la debitrice 3 il controllo del Tribunale sulla proposta di concordato, pur non potendo attingere il merito della convenienza, non consiste soltanto in un controllo formale della completezza e regolarità della documentazione, ma si estende alla correttezza e veridicità dei dati di fatto posti a base della relazione ed alla logicità e congruenza della seconda con riferimento ai primi 4 l'istanza di transazione fiscale prevedeva una conciliazione alquanto irreale, se si considera[va] la natura del credito” 5 la proposta di acquisto della partecipazione della debitrice nella s.r.l. unipersonale S.I.P.G., Società Italiana Parcheggi Gabicce, appariva illogica considerato che proveniva da una società, la s.r.l. TEM, Tecno Edilizia Molisana, con una compagine sociale largamente coincidente con quella della s.r.l. Edilsiderurgica Matese e considerato altresì che la debitrice ed alcuni dei suoi soci avevano prestato fideiussione per mutui, finanziamenti e scoperti di conto corrente facenti capo alla controllata s.r.l. S.I.P.G. 6 l'attuazione della vendita di un ramo di azienda alla TEM dipendeva interamente da quest'ultima e, quindi, non offriva sufficienti garanzie di equilibrio del piano 7 la svalutazione dei crediti 65% per quelli non contenziosi ed 85% per quelli contenziosi mancava di chiarezza in ordine ai criteri seguiti per la determinazione delle percentuali 8 le poste attive e passive non trovavano corrispondenza nella documentazione allegata dalla società in particolare, non risultavano né la fideiussione prestata a garanzia di un mutuo erogato dalla Banca delle Marche alla società controllata, né il pegno costituito a favore di detta banca sulle quote della società controllata né gli interessi, successivi alla proposta, maturati a favore dei creditori ipotecari e di quelli privilegiati. La s.r.l. Edilsiderurgica Matese propone ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi. Il fallimento resiste con controricorso. Il pubblico ministero e la s.p.a. Solar System, istanti per il fallimento, non hanno svolto attività difensiva. Entrambe le parti hanno presentato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 162 e 15 l. fall., lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva escluso la necessità dell'audizione della debitrice prima della pronunzia sulla dichiarazione di inammissibilità della proposta di concordato, trattandosi di audizione che non poteva considerarsi assorbita da quella prevista dall'art. 15 né sostituita dalla nota a chiarimenti spontaneamente prodotta con i documenti che il Tribunale aveva richiesto senza precisare le finalità sottostanti alla richiesta. Il motivo è infondato. In una situazione analoga, ma in procedimento nel quale trovava applicazione l'originaria formulazione dell'art. 162 l. fall., questa Corte ha affermato il principio secondo cui il debitore che abbia presentato istanza di ammissione al concordato preventivo in pendenza della procedura fallimentare a suo carico, non deve essere sentito in camera di consiglio per l'esercizio del suo diritto di difesa qualora ne sia stata già disposta l'audizione prima della dichiarazione di fallimento, ed abbia avuto la possibilità di svolgere tutte le difese nel corso della procedura” Cass. 7 maggio 2010, n. 11113 . Tale principio deve essere confermato anche rispetto alla nuova formulazione dell'art. 162 l. fall., con la precisazione che l'audizione del debitore è necessaria con riferimento alla proposta di concordato e non più soltanto con riferimento ad eventuali precedenti istanze di fallimento in questo secondo senso e plurimis Cass. 11 agosto 2000, n. 10673 . L'art. 162, comma 2, l. fall., nel testo dettato dal d. lgs. n. 169/2007, prevede che il Tribunale, se all'esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui agli articoli 160, commi primo e secondo, e 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato”. La lettera della norma suggerisce che nella successione delle operazioni la verifica dei presupposti del concordato precede l'audizione del debitore in relazione alla proposta e la decisione. Tale successione delle operazioni, tuttavia, non è funzionale ad una preventiva comunicazione al debitore delle eventuali ragioni di inammissibilità, come sembra dimostrare il fatto che il primo comma dello stesso art. 162 non prevede l'obbligo del tribunale di indicare al debitore eventuali insufficienze del piano e della produzione documentale, ma affida alla discrezionalità dello stesso tribunale la valutazione di una tale opportunità. La prevista successione più semplicemente si spiega con il fatto che il legislatore ha tenuto presente un autonomo procedimento nel quale la presentazione della proposta di concordato non si inserisce in un precedente procedimento prefallimentare e, quindi, l'esame della proposta depositata in tribunale, senza previe pendenze, precede l'audizione del debitore e la decisione. Pertanto, la successione delle operazioni descritta nell'art. 162 l. fall., non è vincolante quando la proposta di concordato preventivo si inserisce, invece, nell'ambito di un procedimento prefallimentare ne consegue che, ai fini del rispetto dell'obbligo di audizione del debitore, è sufficiente che lo stesso sia stato sentito in relazione alla sua proposta di concordato preventivo ed abbia avuto modo di illustrarla e di svolgere le proprie difese, mentre non è necessario che al debitore siano contestate le eventuali ragioni di inammissibilità. Nel caso in esame il ricorso è stato presentato in udienza, nel corso del procedimento prefallimentare, dopo altra udienza nella quale la società aveva chiesto rinvio per depositare la proposta di concordato. Si deve, pertanto concludere che la debitrice, presentando in udienza la sua proposta di concordato preventivo, ha avuto pienamente garantito il suo diritto di difesa. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c., lamentando che la Corte di appello aveva disatteso il principio generale secondo cui il giudizio di reclamo non può vertere su questioni nuove non esaminate nel procedimento conclusosi con il provvedimento reclamato. Il motivo, prescindendo da ogni valutazione sulla applicabilità o meno degli artt. 342 e 345 c.p.c. nel procedimento ex art. 18 l. fall., è inammissibile per genericità, non essendo state neppure indicate le questioni nuove dedotte dal fallimento. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 182 ter l. fall, in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che la natura dei crediti tributari non si conciliasse con la riduzione proposta nel piano concordatario e, comunque, si era pronunziata su una domanda di transazione fiscale la cui valutazione era riservata all'Agenzia delle Entrate ed all'Agente per la riscossione competenti per territorio. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 161 l. fall. lamentando che la Corte territoriale anziché limitarsi a verificare la completezza e regolarità della documentazione prodotta dal debitore ed a riscontrare la presenza nella relazione del professionista degli elementi necessari per svolgere la funzione di informazione dei creditori, aveva compiuto una inammissibile indagine sul merito dei singoli punti della proposta concordataria ed aveva accertato la veridicità dei dati aziendali, anticipando sotto tale profilo l'indagine riservata al commissario giudiziale dopo l'ammissione alla procedura. Con il quinto motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione, lamentando che contraddittoriamente la Corte di appello, pur riconoscendo la prevalente natura contrattuale del concordato preventivo, aveva poi svolto un pesante controllo di merito. I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto tutti attinenti ai limiti del sindacato del tribunale sulla proposta concordataria. Sul tema sono recentemente intervenute le Sezioni unite di questa Corte, le quali, con la sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521, hanno stabilito che il controllo del Tribunale va effettuato sia verificando l'idoneità della documentazione prodotta per la sua completezza e regolarità a corrispondere alla funzione che le è propria, consistente nel fornire elementi di giudizio ai creditori in tal senso la consolidata giurisprudenza di questa Corte, e segnatamente comma 11/3586, comma 10/21860, comma 09/22927 , sia accertando la fattibilità giuridica della proposta , sia infine valutando l'effettiva idoneità di quest'ultima ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura [la regolazione della crisi secondo le indicate modalità di soddisfacimento dei crediti, n.d.r.]. Rientra dunque certamente, nell'ambito del detto controllo, una delibazione in ordine alla correttezza delle argomentazioni svolte e delle motivazioni addotte dal professionista a sostegno del formulato giudizio di fattibilità del piano, così come analogamente deve dirsi per quanto concerne la coerenza complessiva delle conclusioni finali prospettate si pensi ad esempio ad un giudizio di fattibilità ancorato ad un complesso di dati, la cui sommatoria deponesse viceversa in favore di conclusioni di segno opposto ovvero l'impossibilità giuridica di dare esecuzione sia pure parziale alla proposta di concordato , ovvero la rilevazione del dato, se emergente prima facie, da cui poter desumere l'inidoneità della proposta a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati, nel rispetto dei termini di adempimento previsti”. Viceversa, secondo la stessa decisione, soltanto ai creditori spetta formulare un giudizio in ordine alla convenienza economica della soluzione prospettata, che a sua volta presuppone una valutazione prognostica in ordine alla fattibilità del piano conseguentemente a quest'ultima valutazione resta del tutto estraneo il giudice, nelle varie fasi in cui è potenzialmente chiamato ad intervenire”. Alla stregua di tali principi certamente il sindacato della Corte di appello ha ecceduto, sotto diversi profili, i limiti del controllo della proposta di concordato preventivo affidato al giudice. In particolare, come lamentato dalla ricorrente e come riferito in narrativa, la Corte di appello, pur premettendo di non voler sindacare il merito e la convenienza della proposta concordataria, ha svolto valutazioni di convenienza e di fattibilità economica con riferimento alla accettabilità della transazione fiscale da parte dell'amministrazione finanziaria, alla possibilità di vendere la partecipazione sociale nella s.r.l. S.I.P.G. alle condizioni previste nel piano, alla certezza della realizzabilità della vendita di un ramo di azienda alla s.r.l. TEM. Ciò nonostante tali sconfinamenti in ambiti riservati alla valutazione dei creditori non sono decisivi ai fini della cassazione della sentenza, atteso che la Corte di appello, come riferito in narrativa, ha anche fondato il giudizio di inammissibilità sul fatto che le poste attive e passive non trovavano corrispondenza nella documentazione allegata dalla società in particolare, non risultavano né la fideiussione prestata a garanzia di un mutuo erogato dalla Banca delle Marche alla società controllata, né il pegno costituito a favore di detta banca sulle quote della società controllata né gli interessi successivi alla proposta maturati a favore dei creditori ipotecari e di quelli privilegiati. Tali rilievi, infatti, non attengono, come sostenuto dalla ricorrente, ad un controllo della veridicità dei dati aziendali e non comportano lo svolgimento di una attività riservata al commissario giudiziale Cass. 25 ottobre 2010, n. 21860 , ma attengono ad un giudizio di chiarezza e completezza dell'attestazione del professionista sulla base di quanto emerge ictu oculi dal raffronto tra la documentazione prodotta ed il contenuto dell'attestazione del professionista. Tale giudizio è certamente compreso nei poteri del giudice e da solo, se negativo, comporta l'inammissibilità della proposta concordataria. Soccorrono giusti motivi, in considerazione sia del fatto che il ricorso è stato proposto prima della citata sentenza delle Sezioni unite n. 1521/2013 sia della non linearità del percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata, per compensare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. rigetta il ricorso compensa le spese del giudizio di cassazione.