Il valore della quota si riferisce a tutti i beni, anche se non specificati nella domanda

Il giudice di merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, deve avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21754/12, depositata il 4 dicembre. Il caso. Due fratelli vengono condannati a corrispondere in solido al terzo fratello la liquidazione della quota a quest’ultimo spettante nella società di fatto costituita tra le parti. In appello i convenuti chiedono la riforma di tale pronuncia, contestando la sussistenza di una società di fatto tra le parti. In parziale accoglimento della loro domanda la Corte territoriale ridetermina il valore della quota spettante alla parte istante. La questione è allora posta all’attenzione degli Ermellini. Perché sono stati esclusi i terreni agricoli? Il ricorrente lamenta essenzialmente il fatto che i giudici di merito, nel determinare il valore della quota sociale, non abbiano tenuto conto del valore dei terreni agricoli dati in uso alla società in particolare la Corte d’Appello avrebbe ritenuto che sul punto non vi fosse stata domanda, essendo questa limitata alle sole attrezzature e mezzi agricoli nonché alle autovetture. Consolidata giurisprudenza afferma che in mancanza di atto formale non vi è conferimento in proprietà di beni immobili, per i quali si può solo parlare di conferimento del valore d’uso. I beni non formalmente conferiti, pertanto, non fanno parte del patrimonio dell’impresa collettiva e ad essi, in fase di liquidazione, non può ragguagliarsi il valore della quota. Non attinendo alla liquidazione di quota, l’acquisizione di quota del patrimonio immobiliare potrà essere oggetto di un’ordinaria azione di divisione. Il giudice non può fermarsi alla lettera dell’atto. Affermato questo principio di diritto, la S.C. rileva che nel caso di specie è pacifico che non vi sia stato conferimento in proprietà degli immobili, quindi nella liquidazione della quota sociale si sarebbe dovuto tener conto del valore d’uso. La Corte territoriale, però, ha ritenuto che tale valore non fosse compreso nella domanda secondo gli Ermellini tale decisione non è condivisibile, in quanto il giudice di merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti, dovendo avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere. Nella fattispecie in esame, l’atto di citazione si concludeva con la richiesta di condanna dei convenuti al pagamento del valore della quota la Corte d’Appello avrebbe dovuto pertanto tener conto che l’attore non intendeva compiere alcuna esclusione sulla determinazione del valore degli immobili, peraltro, vi era stata attività istruttoria nonché ampio contraddittorio processuale. Per questi motivi la Cassazione accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – I, sentenza 13 novembre – 4 dicembre 2012, n. 21754 Presidente Salmè – Relatore Ragonesi Osserva in fatto ed in diritto Con sentenza n. 1738/02, il Tribunale di Teramo, in parziale accoglimento della domanda proposta di D.G. , condannò D.G. e D.D. , in solido tra loro, a corrispondere all'attore,a titolo di liquidazione della quota a quest'ultimo spettante 1/3 nella società di fatto costituita tra le parti, la complessiva somma di Euro 270.918,82 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma via via rivalutata a decorrere dal mese di aprile 1986, rigettando ogni ulteriore domanda e compensando per metà del spese di lite. Avverso la suindicata sentenza proponevano appello D.G. e D.D. lamentando la erronea valutazione da parte del primo giudice delle risultanze istruttorie sia con riferimento alla pretesa sussistenza di una società di fatto tra i tre fratelli, circostanza peraltro sempre contestata dai convenuti, sia con riferimento all'esatta quantificazione del valore della quota sociale liquidata in favore dell'appellato, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto della domanda, e, in subordine, anche previa prova per testi e rinnovo della CTU, rideterminazione del valore della quota spettante a D.G. . Espletata una consulenza tecnico-contabile, la Corte d'appello de L'Aquila, con sentenza depositata il 3.3.10, in parziale accoglimento del gravame, rideterminava il valore della quota spettante all'appellato in Euro 76.475,00 già rivalutato e maggiorato degli interessi fino al gennaio 2007, salvo ulteriori interessi da tale ultima data al soddisfo. Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione D.G. sulla base di tre articolati motivi cui resistono con controricorso D.D. e D.G. che hanno proposto altresì ricorso incidentale. Con il primo motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello, nel determinare il valore della quota sociale, non abbia tenuto conto del valore dei terreni agricoli dati in uso alla società contestando, in particolare, che la Corte d'appello abbia ritenuto che sul punto non vi fosse stata domanda essendo questa limitata nell'atto di citazione alle sole attrezzature e mezzi agricoli nonché alle autovetture. Il motivo appare fondato. Va rammentato in linea di principio che questa Corte ha già affermato che se l'art. 2254 c.c. prevede anche per la società semplice e per i tipi sociali retti dalle norme della società semplice il conferimento di beni in proprietà se quindi la società, a seguito del conferimento di quel tipo, si qualifica come soggetto di diritto in quanto titolare dei diritti reali sui beni conferiti, in una forma di trasferimento del diritto reale non integrante vendita, ma richiedente pur sempre la forma dell'alienazione, quando oggetto di conferimento sia un immobile, secondo le sentenze di questa Corte citate se infine l'intestazione dei beni immobili conferiti alla società trova la disciplina correlata, sul piano della pubblicità immobiliare, nell'art. 2659 c.c., come riformulato con la L. 27 febbraio 1985 n. 52 se tutto ciò è vero e trova nella disciplina normativa specifica previsione, deve altresì dedursi che in mancanza di atto formale come nella specie è indicato dalla sentenza della Corte del merito e non contestato dalle parti , non vi è conferimento in proprietà di beni immobili, per i quali può parlarsi solo del conferimento del valore d'uso. I beni immobili, quindi, non formalmente conferiti, o comunque non formalmente acquisiti, non fanno parte in quanto tali del patrimonio della impresa collettiva e ad essi, in fase di liquidazione ex art. 2289 c.c., non può ragguagliarsi il valore della quota, che è quota del patrimonio sociale in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento art. 2289 2 comma c.c. . La liquidazione della quota, pertanto, se vi sia valido conferimento del valore d'uso, dovrà essere ragguagliata a quest'ultima entità, mentre l'acquisizione di quota del patrimonio immobiliare, non attinendo alla liquidazione di quota, potrà essere oggetto di un'ordinaria azione di divisione, salva restando la questione, in questo giudizio non affiorata, se la divisione comporti, o no, l'indisponibilità del bene finché duri il vincolo di destinazione derivante dal conferimento del valore d'uso nella società Cass. 1027/93 . Nel caso di specie è pacifico che non vi fu conferimento in proprietà degli immobili, quindi nella liquidazione della quota sociale si sarebbe dovuto tenere conto del valore d'uso. Chiarito quanto sopra si osserva che,come evidenziato, la Corte d'appello ha ritenuto che il valore del conferimento in uso dei terreni agricoli non sarebbe stato compreso nella domanda in quanto nella citazione si faceva riferimento solo al valore delle attrezzature e delle macchine. Tale decisione non sembra condivisibile. Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che il giudice di merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, siccome desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante Cass. 19331/07, 23794/11 . Nel caso di specie, nelle conclusioni dell'atto di citazione era espressamente richiesto di condannare i convenuti in solido al pagamento in favore dell'attore della somma corrispondente alla sua quota pari ad 1/3 condannare solidalmente i convenuti, previo accertamento della sua quota di partecipazione alla società a pagare la somma corrispondente al valore della quota . La Corte di merito avrebbe dovuto dunque tenere conto che le conclusioni si riferivano alla condanna dell'intera quota senza esclusione alcuna. Si osserva ulteriormente che, come risulta dallo stesso controricorso, sulla determinazione del valore degli immobili si era instaurata attività istruttoria, essendo lo stesso stato oggetto di CTU, nonché ampio contraddittorio processuale avendo i resistenti, oltre a contestare l'esistenza di domanda sul punto, sostenuto che, in ogni caso, il valore degli immobili doveva essere rapportato al valore d'uso. Non sembra di conseguenza potersi escludere che la domanda sia stata proposta e che su di essa si sia instaurato adeguato contraddittorio e che la stessa abbia costituito oggetto del giudizio. La fondatezza del primo motivo comportando una rivalutazione ed una rideterminazione del valore dell'intera quota del ricorrente determina l'assorbimento dei restanti due motivi del ricorso principale nonché del ricorso incidentale. Il ricorso può pertanto essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all'art. 375 c.p.c P.Q.M. Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio. Roma. 28.8.12. Il Cons. rel Vista la memoria dei resistenti Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra che pertanto il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per le spese alla Corte d'appello de L'Aquila in diversa composizione. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello de L'Aquila in diversa composizione.