Viene dichiarato fallito insieme alla società. Ma non era più socio da sei anni

Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato preventivo possono appellarsi gli opponenti e il debitore. Il socio illimitatamente responsabile non rientra automaticamente in tali categorie.

Con la sentenza n. 21602, depositata il 3 dicembre 2012, la Corte di Cassazione ha così inserito un ulteriore elemento interpretativo sul mezzo di impugnazione esperibile dal socio illimitatamente responsabile dichiarato fallito insieme alla società. Una società familiare. Una società in nome collettivo, i cui soci illimitatamente responsabili sono imparentati tra loro, chiede di essere ammessa al concordato preventivo. Il Tribunale rigetta e dichiara il fallimento della società e dei soci. Non era più socio. Uno dei soci si oppone alla sentenza, sostenendo di non avere più tale qualifica da ormai sei anni. In tal modo non è neppure stato in grado di conoscere la propria posizione durante la procedura. Il Tribunale dichiara inammissibile l’opposizione. Il non più socio propone appello, rigettato. La Corte sostiene che era l’appello l’unico mezzo di impugnazione esperibile, quindi il caso non sarebbe dovuto ripassare dal Tribunale. Sentenza cassata e rinviata alla Corte di Appello. La Cassazione gli dà finalmente ragione. Infatti, era stato erroneamente ritenuto che l’estensione del fallimento ad un ex socio, disposta dalla sentenza che rigettava il concordato, non fosse equiparabile al fallimento in estensione disposto in un secondo momento. Inoltre, erroneamente era stato ritenuto legittimato a proporre appello, non avendo egli né la veste di opponente né di debitore. Estensione della procedura di concordato. La Corte precisa che i soci illimitatamente responsabili di una società di persone ammessa alla procedura di concordato, non sono coinvolti in tale procedura. L’art. 184, comma 2, l. fall., sull’efficacia del concordato, si limita ad estendere ad essi l’efficacia remissoria del concordato preventivo, in relazione ai debiti sociali, nel senso che il pagamento della percentuale concordataria libera anche i soci illimitatamente responsabili . Mezzo di impugnazione esperibile. La giurisprudenza di legittimità non è univoca sul mezzo di impugnazione esperibile dal socio illimitatamente responsabile dichiarato fallito insieme alla società con la sentenza che ha respinto la domanda di concordato. In questo caso la Corte ritiene decisivo che tale socio non è parte del giudizio di omologazione . In base a ciò ed in base all’art. 181 l. fall. nel testo anteriore la riforma, applicabile ratione temporis , la sentenza non è appellabile da quel socio. Egli non può essere riconosciuto né come debitore né come opponente, qualità richieste dall’art. 183 l. fall. ante riforma, per poter appellare. Infatti non si è né opposto all’omologazione, né è debitore. Solo la società può essere qualificata soggetto debitore. Concludendo. Si deve quindi ritenere applicabile il generale mezzo di impugnazione ex art. 18 l. fall. ante riforma, senza che a ciò osti la possibile duplicazione dei giudizi di gravame davanti a giudici diversi, posto che a tale eventualità può porsi rimedio con la sospensione dell’opposizione in attesa della definizione dell’eventuale appello .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 novembre – 3 dicembre 2012, n. 21602 Presidente Carnevale – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 13 novembre 1996 il Tribunale di Cremona rigettava la domanda di ammissione al concordato preventivo proposto dalla F.lli T. di R. T. e C. s.n.c. e dichiarava il fallimento della detta società e dei soci illimitatamente responsabili T.P. , T.P. , T.P.G. , T.P.P. . Avverso detta sentenza proponeva opposizione quest'ultimo, sostenendo di essere estraneo alla domanda di concordato proposta dalla società in persona degli altri tre soci, per essere uscito dalla società a far tempo dal 21 febbraio 1990 e lamentando, inoltre, di non essere stato messo in grado di conoscere la propria posizione nell'ambito della procedura concorsuale. Con sentenza del 28 novembre 2001 il Tribunale di Cremona dichiarava l'inammissibilità dell'opposizione. P.P T. proponeva appello che la Corte di Brescia rigettava, con sentenza del 27 settembre 2005, osservando che 1 l'appello era l'unico mezzo di impugnazione avverso la sentenza che, respinta la proposta di concordato, dichiarava il fallimento del debitore 2 l'appello rappresentava anche l'unico mezzo di impugnazione a disposizione dei soggetti dichiarati falliti in quanto soci illimitatamente responsabili poiché doveva escludersi la possibilità di duplicazione di giudizi di gravame innanzi a giudici diversi 3 la tipologia del gravame esperibile non poteva risentire di eventuali problemi di regolarità del contraddittorio, sotto il profilo della mancata audizione del socio, trattandosi di questione deducibile con l'appello. P.P T. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi. Il fallimento, previo deposito di procura speciale, ha partecipato alla discussione. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 18, 147, 181 e 183 l. fall., lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che l'estensione del fallimento ad un ex socio, disposta dalla sentenza che rigettava il concordato, non fosse equiparabile al fallimento in estensione disposto in un secondo momento. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 147, 181 e 183 l. fall., lamentando che la Corte di appello aveva ritenuto l'ex socio legittimato a proporre appello, benché lo stesso non avesse né la veste di opponente né quella di debitore, prese in considerazione dall'art. 183 l. fall Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione, lamentando che la Corte non aveva affatto considerato il consolidamento della competenza innanzi al Tribunale per effetto della trattazione della causa sino all'udienza ex art. 184 c.p.c. ed al deposito delle memorie istruttorie autorizzate. Il primo ed il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono fondati. Nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico che la procedura di concordato alla quale sia stata ammessa una società di persone non comporta l'estensione della procedura ai soci illimitatamente responsabili Cass. 30 agosto 2001, n. 11343 Cass. 17 febbraio 2005, n. 3535 Cass. 25 maggio 2005, n. 11015 Cass. 26 marzo 2010, n. 7273 . Infatti, l'art. 184, comma 2, l. fall., nella parte in cui dispone l'efficacia del concordato della società nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, si limita ad estendere ad essi l'efficacia remissoria del concordato preventivo, in relazione ai debiti sociali, nel senso che il pagamento della percentuale concordataria libera anche i soci illimitatamente responsabili. La giurisprudenza di legittimità non è, invece, univoca quanto al mezzo di impugnazione esperibile dal socio illimitatamente responsabile dichiarato fallito insieme alla società con la sentenza che ha respinto la domanda di concordato. Infatti, la citata n. 11015/2005, che ha affrontato il problema soprattutto sotto il profilo della decorrenza del termine per impugnare, parte dal presupposto della esperibilità dell'appello. La citata Cass. n. 3535/2006, che ha affrontato la questione con specifico riferimento alla legittimazione ad impugnare il diniego di omologazione, ha escluso, invece, la legittimazione dei soci alla predetta impugnazione. Il Collegio ritiene decisivo, per la soluzione della questione, il rilievo che il socio illimitatamente responsabile di società di persone ammessa allo procedura di concordato preventivo non è parte del giudizio di omologazione. Da ciò consegue anche l'inappellabilità da parte del socio della sentenza ex art. 181 l. fall., nel testo anteriore alla riforma, applicabile ratione temporis che rigettando la domanda di omologazione dichiara il fallimento della società e quello dei soci. Tale conclusione è coerente non solo con i principi generali, secondo cui la qualità di parte legittimata a proporre appello, come a resistervi, spetta ai soggetti che abbiano formalmente assunto la veste di parte nel previo giudizio di primo grado v. da ultimo Cass. 16 gennaio 2012, n. 520 , ma è coerente anche con quanto specificamente previsto dall'art. 183 l. fall., nel testo anteriore alla riforma , secondo cui contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il debitore” infatti, il socio illimitatamente responsabile, che non può considerarsi per ciò solo opponente e potrebbe considerarsi tale soltanto se, avendone interesse, si fosse formalmente opposto all'omologazione, non può neppure essere considerato legittimato come debitore, poiché con tale termine l'art. 183 si riferisce evidentemente al debitore che ha chiesto l'ammissione alla procedura di concordato e perciò, nel caso di società di persone, alla stessa società e non ai suoi soci. Esclusa la legittimazione del socio a proporre appello, si deve ritenere applicabile il generale mezzo di impugnazione previsto dall'art. 18 l. fall. nel testo anteriore alla riforma , senza che a ciò osti la possibile duplicazione di giudizi di gravame innanzi a giudici diversi, posto che a tale eventualità può porsi rimedio con la sospensione dell'opposizione in attesa della definizione dell'eventuale appello, sempreché le questioni poste dal socio opponente richiedano la pregiudiziale definizione di quelle poste dall'appello della società. Il terzo motivo resta assorbito. P.Q.M. accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.