Critiche online a marchio e azienda, diffusione a pioggia nel web. Ma nessuna contestazione è possibile al motore di ricerca

Legittima l’operazione di indicizzazione dei contenuti. Responsabilità può essere ipotizzata soltanto se la struttura che gestisce il motore di ricerca, Google in questa vicenda, è a conoscenza della illiceità dei dati pubblicati o del provvedimento dell’autorità, giudiziaria o amministrativa, che ne impone la rimozione.

Contestazioni, anche gravi, all’azienda, indirettamente, e al marchio, direttamente. Ad ospitarle è un sito web , subito indicizzato dal motore di ricerca on line per eccellenza, Google. Inevitabili le contestazioni da parte dell’azienda, tirata in ballo nel world wide web , ma, a prescindere dalla illegittimità dei contenuti pubblicati in rete, nessun addebito è possibile, però, nei confronti del motore di ricerca per la presenza del link ‘incriminato’. A meno che non venga dichiarato che i dati sono illeciti , appunto, o ne venga ordinata la rimozione o la disabilitazione all’accesso decisione, però, che deve essere emessa dall’autorità competente, e resa nota ai responsabili del motore di ricerca Tribunale di Firenze, sezione ‘Marchi e brevetti’ – Civile, ordinanza del 25 maggio 2012 . Marchio sotto attacco . A dare il ‘la’ alla vicenda è la pubblicazione, on line , di critiche e di contestazioni nei confronti di un marchio. Per l’azienda proprietaria del marchio si tratta di violazione del diritto all’uso esclusivo dei marchi e delle opere , concretizzatasi attraverso campagne diffamatorie ed offensive . A rendere più grave la situazione è il fatto che il sito web che ospita le critiche mosse all’azienda è regolarmente indicizzato da Google, di conseguenza la diffusione è ulteriormente amplificata. Ecco perché l’azienda decide di chiamare in giudizio la Google inc. per un’azione a tutela del marchio di impresa e del diritto d’autore , accompagnata da una richiesta di risarcimento del danno . Secondo l’azienda, sarebbe stato doveroso, da parte del motore di ricerca, rimuovere o oscurare il link , visto e considerato il contenuto illegittimo e diffamatorio. Ruolo passivo. Complesso, senza dubbio, l’esame affidato al Tribunale di Firenze, soprattutto perché in ballo una tematica quanto mai attuale, in continua evoluzione, perennemente in aggiornamento e, quindi, difficile da cristallizzare in ambito normativo. Unico riferimento è quello della normativa e della giurisprudenza europea. E viene utilizzato a piene mani, partendo da una interpretazione di assoluta rilevanza, con cui si stabilisce che il prestatore di un servizio di posizionamento su internet non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato su richiesta di un inserzionista , a meno che essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli abbia omesso di rimuovere prontamente tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi . A rendere più chiara la situazione, poi, ulteriori riflessioni il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite il prestatore è civilmente responsabile dei servizi resi nel caso in cui, richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole, per un terzo, del contenuto, non ha provveduto a informarne l’autorità competente . Capitolo a parte, poi, è quello della valutazione sui contenuti pubblicati on line e contestati dall’azienda ebbene, su questo fronte, secondo i giudici, nessuna violazione si è concretizzata né in materia di diritto d’autore né in materia di contraffazione. Anzi, viene rilevato, il materiale diffuso dal sito appare espressione di un diritto di critica nei confronti dell’azienda, legato anche alla citazione di alcuni provvedimenti giurisdizionali . Risolto anche quest’ultimo nodo, è evidente, per i giudici, l’assoluta non fondatezza dell’addebito contestato alla Google inc. nessun appiglio è possibile, sul doppio binario della tutela del marchio di impresa e del diritto d’autore, per la tesi dell’azienda. Di conseguenza, è da negare il risarcimento del danno, e legittima è l’indicizzazione, da parte del motore di ricerca, del sito ‘incriminato’.

Tribunale di Firenze, sez. Marchi e Brevetti Civile, ordinanza 27 marzo - 25 maggio 2012 Giudice Anna Primavera Fatto e diritto rilevato che la Corte di Giustizia della CE ha interpretato l'art. 14 della Direttiva 2000/3I/CE, Direttiva sul commercio elettronico , interpretato nel senso che la norma ivi contenuta si applica al prestatore di un servizio di posizionamento su Internet qualora detto prestatore non abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati. Se non ha svolto un siffatto ruolo, detto prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato su richiesta di un inserzionista, salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l'accesso agli stessi ritenuto quindi che non vi è contrasto effettivo tra gli artt. da 14 a 17 del d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70, emesso in attuazione della direttiva 2000/3 I/CE e gli artt. 156 s.s. della legge 22 aprile 1941 LDA come sostituiti dalla d.lgs 16 marzo 2006, di attuazione della direttiva 48/2004/CE c.d. direttiva enforcement, posto non è esclusa a priori la responsabilità del web sercher, ma circoscritta al ruolo dallo stesso svolto ritenuto infatti che gli stessi artt. 14, 15 e 16 D.L.vo n. 70/03 regolano la responsabilità dell'access provider, che esercita una attività di mero trasporto delle informazioni c.d. mere conduit , del caching providing, che esercita attività di memorizzazione temporanea delle medesime e dell'hosting provider, che esercita attività di memorizzazione di informazioni, a seconda quindi della funzione svolta ritenuto che ai sensi dell'art. 17 D.L.vo 70/03, nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite ritenuto, infatti, che ai sensi del comma 3 di tale norma il prestatore è civilmente responsabile del contenuto dei servizi resi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l'autorità competente ritenuto che nella fattispecie la Google Inc. può essere definita come caching provider avendo la gestione diretta dell'omonimo motore di ricerca, con cui procede alla indicizzazione dei siti ed alla formazione di copie cache dei loro contenuti, con memorizzazione temporanea delle informazioni ritenuto che il catching provider non è responsabile delle informazioni trasmesse se non le modifica e se agisce prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa ne abbia disposto la rimozione o la disabilitazione ritenuto che nella fattispecie la ricorrente ha dedotto l'illiceità della condotta del webmaster rimasto tuttavia ignoto, per avere il medesimo violato il diritto all'uso esclusivo dei marchi e delle opere del . attraverso campagne diffamatorie ed offensive e l'utilizzazione di foto e ritratti non pubblici del . del logo dell' . titolare di marchio registrato, nonché di parole quali costituenti termini oggetto di registrazione, tutti pubblicati sul sito ritenuto quanto alla violazione del diritto di privativa e del diritto d'autore che la stessa non appare sussistente, in difetto di un uso illecito degli oggetti di tali diritti a fini commerciali e quindi di una pratica commerciale scorretta ritenuto che non è stata violata la funzione tipica del marchio di distinguere l'origine imprenditoriale del prodotto da esso contrassegnato non essendo stata posta in essere alcuna attività di contraffazione, usurpazione o comunque sfruttamento del marchio stesso considerato infatti che la pubblicazione del logo dell'. e di ogni altro termine assoggettato a registrazione non è avvenuta allo scopo di pubblicizzare prodotti od opere o discipline affini con uso a tal fine non autorizzato dei marchi stessi, essendo stato effettuato solo un loro richiamo, seppure a sfondo critico senza alcuna appropriazione dei contenuti rilevato che le stesse foto del ricorrente lo ritraggono in occasioni pubbliche ritenuto quanto alla pretesa illiceità dei contenuti del sito sopra indicato che la stessa non sia desumibile dal decreto di archiviazione del G.I.P. del Tribunale di Roma, trattandosi di un provvedimento privo di efficacia di giudicato e comunque reso perché ignoti gli autori del reato, senza alcun accertamento, dunque, sulla sussistenza del reato stesso, che non si può dare per presupposto rilevato altresì che la conoscenza effettiva della pretesa illiceità dei contenuti del sito de quo non possa essere desunta neppure dal contenuto delle diffide di parte, trattandosi di prospettazioni unilaterali ritenuto quindi al fine di valutare se un ISP abbia effettiva conoscenza, è necessario che un organo competente abbia dichiarato che i dati sono illeciti, oppure abbia ordinato la rimozione o la disabilitazione dell'accesso agli stessi, ovvero che sia stata dichiarata l'esistenza di un danno e che l'ISP stesso sia a conoscenza di una tale decisione dell'autorità competente dato atto che risultando pubblicati sul sito in questione, atti giudiziari, quanto in essi affermato non può essere in questa sede confutato e che, pertanto, non si possa impartire alcun ordine alla società resistente, posto che quanto contenuto nel sito de quo appare espressione di un diritto di critica che si fonda proprio sul tenore di tali provvedimenti giurisdizionali, emessi nei confronti di ritenuto quindi che il ricorso debba essere respinto per mancanza del fumus boni juris con riguardo all'azione a tutela del marchio di impresa e del diritto d'autore nonché di quella di risarcimento del danno, prospettate in ricorso ritenuto che stante la peculiarità della questione e la contrastante giurisprudenza di merito su questioni analoghe, si possano compensare per intero tra le parti le spese di lite visti gli artt. 669 septies c.p.c. P.Q.M. respinge il ricorso dichiara le spese del procedimento interamente compensate tra le parti Si comunichi.