Bilancio tardivo? C’è il salvagente del reclamo

Nel giudizio di impugnazione al fallimento, denominato reclamo dopo la riforma del 2007, l’effetto devolutivo è pieno. La specificità dell’istituto comporta la non applicazione dei consueti limiti in tema di appello così il debitore può indicare in sede di gravame per la prima volta elementi di prova, anche se precedentemente non si era costituito di fronte al tribunale.

Lo ricorda la Corte di Cassazione Civile nella sentenza n. 9174/12 del 6 giugno. Bilancio non esaminato? Una s.p.a. ricorre per cassazione nei confronti del decisum della Corte d’Appello che ha rigettato il suo reclamo avverso la sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Roma. Il Tribunale Supremo esamina prioritariamente il motivo di doglianza con cui si censura l’operato del giudice di seconde cure nell’ottica del ricorrente, in sede di Appello non sarebbero stati esaminati a dovere i bilanci della società, in quanto approvati solo dopo il decreto emesso dalla stessa Corte con cui era stata depositata la trasmissione degli atti al tribunale. Linea di confine tra appello e reclamo . Il ricorso è fondato. Il comportamento tenuto dalla corte territoriale non si allinea con il principio della Cassazione, spiegato nella pronuncia n. 22546/10. Nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento – dopo la riforma di cui al d. l. n. 169/07 –, in cui il mezzo è stato ridenominato reclamo in luogo del precedente appello , l’istituto è caratterizzato da effetto devolutivo pieno. La sua specificità comporta la non applicazione degli artt. 342 e 345 c.p.p., pur attenendo il reclamo a un provvedimento decisorio suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata. Ne consegue che il debitore, benché non costituito dinnanzi il tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova cui intende avvalersi per dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all’art. 1, comma 2, l. fall. Prove in sede di reclamo. La Suprema Corte cassa quindi la sentenza del giudice di Appello posto che la prova circa la sussistenza dei requisiti sopra detti può essere elaborata per la prima volta in sede di reclamo con ogni mezzo anche con prove costituite , la negazione opposta nel valutare la prova documentale risulta illegittima. D’altra parte, ben potendo il tribunale evitare di dichiarare il fallimento quando ritiene venuti meno i presupposti necessari ex art. 22, comma 4, l. fall., non si vede perché non dovrebbero essere presi in esame in sede di reclamo documenti decisivi non esaminati in precedenza poiché formati solo successivamente.

Corte di Cassazione, sez. VI-1 Civile, sentenza 18 aprile – 6 giugno 2012, n. 9174 Presidente Salmè – Relatore Cultrera Ritenuto in fatto e in diritto La Dedalus s.p.a. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della Corte d'appello che ha rigettato il suo reclamo avverso la sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Roma. Resiste il creditore ricorrente per il fallimento con controricorso. L'intimata curatela non ha proposto difese. Il Consigliere rel. ha depositato proposta di definizione osservando che 11 secondo motivo di ricorso, che per la sua decisiva rilevanza deve essere esaminato prioritariamente, censura l'impugnata decisione, sia sotto il profilo della violazione di legge che sotto quello della carenza di motivazione, per avere la Corte d'appello rigettato il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento senza esaminare i bilanci della società in quanto approvati solo dopo il decreto emesso dalla stessa Corte con cui, in accoglimento del reclamo proposto dal creditore ricorrente, era stata disposta la trasmissione degli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento. La censura è manifestamente fondata. La Corte d'appello ha ritenuto di non poter esaminare i bilanci della società a mezzo dei quali la debitrice intendeva provare l'insussistenza dei requisiti dimensionali di fallibilità in quanto approvati e pubblicati dopo il decreto con cui era stata disposta la trasmissione degli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento. Tale pronuncia si pone in contrasto con il principio enunciato dalla Corte a mente del quale Nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto ai procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al d.lg. n. 169 del 2007, che ha modificato l'art. 18 L. fall., ridenominando tale mezzo come reclamo in luogo del precedente appello , l'istituto, adeguato alla natura camerale dell'intero procedimento, è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli art. 342 e 345 c.p.c., pur attenendo il reclamo ad un provvedimento decisorio, emesso all'esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata ne consegue che il debitore, benché non costituito avanti al tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, ai fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all'art. 1, comma 2, l. fall., tenuto conto che, sul punto e come ribadito da Corte cost. 1 luglio 2009 n. 198 - in tema di dichiarazione di fallimento ed onere della prova nel procedimento dichiarativo - permane un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante. Affermando detto principio, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale il giudice d'appello, confermando la sentenza di fallimento, aveva negato di poter valutare la prova documentale, sui requisiti di fallibilità, introdotta per la prima volta dal debitore con il reclamo Cassazione civile, sez. I, 5/11/2010, n. 22546 posto che la prova circa l'insussistenza dei requisiti dimensionali può essere fornita per la prima volta in sede di reclamo con ogni mezzo e quindi anche con prove costituite, in ipotesi, dopo la dichiarazione di fallimento, così come avrebbe potuto essere fornita con una relazione di parte redatta nello stesso lasso temporale. D'altra parte, se addirittura il tribunale potrebbe non dichiarare il fallimento, pur a fronte della rimessione degli atti ex art. 22, comma 4, l. fall. qualora ritenesse venuto meno alcuno dei presupposti necessari, non si vede perché non dovrebbero essere presi in esame in sede di reclamo documenti decisivi non esaminati in precedenza in quanto formati successivamente . Il collegio condivide la riferita proposta ritenendo privi di rilievo gli argomenti di smentita spesi nella memoria difensiva da MPS Gestione Crediti, creditore istante, secondo cui la Corte del merito non avrebbe omesso l'esame dei bilanci prodotti dalla società fallita ma li avrebbe di contro reputati irrilevanti, stante la loro inidoneità discendente dalla mancata attestazione del deposito presso l'ufficio del Registro delle Imprese. La ratio decidendi” puntualmente impugnata, secondo quanto rilevato nella proposta s'incentra sulla tardività della produzione dei bilanci che, regolarmente approvati dall'assemblea in sede di reclamo, avrebbero, alla stregua del principio richiamato di cui la Corte del merito ha fatto malgoverno, dovuto essere sottoposti a verifica ed apprezzamento. Il ricorso per l'effetto deve essere accolto con conseguente rinvio degli atti alla Corte d'appello di Roma che esaminerà la documentazione in contestazione e provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.