L’INPS revoca una prestazione: la ri-chiedo a INPS o al giudice del lavoro?

L’atto di revoca di una prestazione previdenziale determina l’estinzione del diritto, con la conseguenza che l’interessato, qualora ritenga di trovarsi nelle condizioni previste ex lege per riottenere il beneficio revocato, dovrà proporre una nuova domanda di assegnazione a INPS. La previa istanza all’Ente preposto è considerata, dalla più consolidata giurisprudenza di legittimità, una condizione di proponibilità della domanda giudiziale.

Tuttavia, negare la diretta impugnabilità della revoca avanti il giudice del lavoro determina per l’interessato, in caso di riconoscimento del diritto, la perdita dei ratei intercorsi tra la revoca del beneficio e la riammissione giudiziale al godimento, il che contrasta apertamente con l’art. 24 Cost. sul diritto di difesa , o meglio, sul diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi e diritti. Con l’ordinanza interlocutoria n. 12945/2021, depositata il 13.5.2021, la Corte di Cassazione investe della descritta questione le Sezioni Unite. Il caso affrontato nell’ordinanza in commento è apparentemente molto semplice, ma pone questioni di diritto così controverse da richiedere l’intervento delle Sezioni Unite. Il ricorrente in Cassazione si era visto negare l’ indennità di accompagnamento dopo averne beneficiato per molti anni. Ci si chiede quindi se l’ opposizione alla revoca dell’indennità previdenziale possa essere proposta direttamente al Giudice del Lavoro oppure se debba essere preliminarmente avanzata allo stesso INPS , attraverso una nuova domanda di riconoscimento della prestazione medesima. L’orientamento della giurisprudenza consolidata. Per oltre un decennio, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto improponibile, per carenza di giurisdizione, la domanda giudiziale avanzata per ottenere il nuovo riconoscimento di una prestazione previdenziale revocata. Ciò sulla base del fatto che la domanda di ripristino della prestazione fosse del tutto analoga a quella rivolta all’INPS o all’ente preposto per ottenere la stessa prestazione, per la prima volta. La domanda di opposizione” alla revoca, infatti, non ha la forma di un’impugnazione del provvedimento di revoca , ma è più simile ad una domanda di accertamento dei requisiti previsti ex lege per beneficiare di un determinato trattamento previdenziale. Detto accertamento è, di solito, svolto dall’ente erogatore della previdenza. Da qui, la regola - di natura giurisprudenziale - per cui, per ottenere il ripristino di una prestazione previdenziale revocata, l’interessato è tenuto a presentare una nuova domanda all’ente erogatore in mancanza di tale nuova domanda amministrativa , l’azione giudiziale è improponibile. Siffatta impostazione risulta coerente col disposto dell’art. 38 Cost. sul diritto all’assistenza ed alla previdenza sociale se si consentisse di opporsi alla revoca di una prestazione previdenziale direttamente avanti il Giudice del Lavoro anziché avanti l’Ente erogatore, si creerebbe una disparità tra coloro che avanzano la richiesta di assistenza / previdenza per la prima volta e coloro che, invece, avendone goduto, ne pretendono il perdurante godimento, dopo una revoca. La critica della dottrina. La dottrina ha duramente criticato la posizione della giurisprudenza rilevando, ad esempio, che, contro la revoca dell’assegno per invalidità civile, l’unico rimedio previsto ex lege art. 4, comma 3- quater, d.l. n 323/1996, conv. in l. 425/1996 sia il ricorso al giudice ordinario e non v’è ragione di trattare diversamente le opposizioni” alle revoche delle altre prestazioni di assistenza e/o previdenza. Tra l’altro, tale impostazione sarebbe coerente sia con l’ art. 24 Cost. sul diritto ad adire l’autorità giurisdizionale, sia con la sorte riservata ad ogni altro atto amministrativo, per il cui il provvedimento di revoca viene considerato direttamente ricorribile avanti il giudice competente. Un altro problema causato dalla criticata impostazione giurisprudenziale attiene i ratei di prestazione maturati ma non percepiti tra il momento della revoca della prestazione e quello del suo successivo riconoscimento ad opera dello stesso Ente, problema che, invece, potrebbe essere risolto in sede giudiziale attraverso un’adeguata domanda che preveda, in caso di accertamento positivo, il riconoscimento di tutti i ratei maturati dalla data dell’ingiustificata revoca. Valutate quindi le due posizioni, entrambe impostate su una diversa ma non incompatibile tutela costituzionale, la Suprema Corte ha ritenuto la questione di particolare importanza” e, ai sensi dell’art 374 comma 2 c.p.c., ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria 7 aprile – 13 maggio 2021, n. 12945 Presidente Manna – Relatore Mancino Rilevato che 1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2425 del 6 aprile 2017, ha confermato la sentenza di primo grado e, rigettando l’impugnazione proposta dall’attuale ricorrente, ha dichiarato improponibile la domanda volta ad ottenere il ripristino dell’indennità di accompagnamento, prestazione revocata nel 2007 a seguito di visita di verifica effettuata dalla competente commissione medica che aveva ritenuto non più presenti i requisiti sanitari per la concessione della provvidenza 2. il primo giudice aveva parzialmente accolto la domanda, con decorrenza dal 2010 anziché dall’epoca della revoca 2007 e la Corte territoriale, dato atto che l’INPS aveva insistito per la declaratoria di improponibilità della domanda per carenza di domanda amministrativa, ha affermato di aderire al costante insegnamento di legittimità secondo il quale la domanda di ripristino della prestazione, al pari di quella volta ad ottenere, per la prima volta, prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad una impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma concerne il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda conseguentemente, il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione - che non rimane sospesa in difetto di espressa previsione, ma si estingue - verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti ex lege, in riferimento alla legislazione vigente al momento della nuova domanda che è presupposto dell’azione, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto, ancorché identico nel contenuto a quello estinto per revoca 3. avverso tale sentenza ricorre P.L. , con due motivi, illustrati da memoria l’INPS ha conferito solo delega in calce alla copia notificata del ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato 4. la Sesta Sezione di questa Corte ha pronunciato ordinanza interlocutoria con la quale ha sollecitato l’intervento nomofilattico della Sezione ordinaria sulla questione della definitività o meno, ai fini della ricorribilità in giudizio, del provvedimento di revoca della prestazione. Considerato che 5. con i motivi di ricorso, denunciando violazione della L. n. 326 del 2003, art. 42, dell’art. 38 Cost. e della L. n. 425 del 1996, art. 4 si sostiene che nell’ipotesi di accertamento dell’insussistenza dello stato invalidante con consequenziale revoca della prestazione, la tutela giudiziale sarebbe direttamente correlata al provvedimento di revoca, senza bisogno di esperire un nuovo procedimento amministrativo 6. il tema dibattuto risulta risolto, fino a tempi recentissimi Cass. nn. 27355 del 2020, 28445 del 2019 , con gli snodi argomentativi come di seguito dipanati 7. la preventiva presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell’azione, mancando il quale la domanda giudiziaria non è improcedibile, con conseguente applicazione della L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 8 e art. 148 disp. att. c.p.c., ma improponibile, determinandosi in tal caso una temporanea carenza di giurisdizione, rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio Cassazione n. 5149 del 2004 prescindendo dal comportamento processuale tenuto dall’ente previdenziale convenuto, atteso che la suddetta presentazione è configurabile come condizione di proponibilità della domanda giudiziaria e non quale elemento costitutivo della pretesa azionata in giudizio Cassazione n. 11756 del 2004 Cass. n. 26146 del 2010 8. come affermato da Cass., Sez. Un. 26019 del 2008, il potere di controllo delle nullità non sanabili o non sanate , esercitabile in ogni grado del giudizio, mediante proposizione della questione per la prima volta in sede di impugnazione ovvero mediante il rilievo officioso da parte del giudice, va ritenuto compatibile con il sistema delineato dall’art. 111 Cost., allorché si tratti, tra altre ipotesi, di quelle riconducibili a carenza assoluta di potestas judicandi - come il difetto di legitimatio ad causam o dei presupposti dell’azione, la decadenza sostanziale dall’azione per il decorso di termini previsti dalla legge, la carenza di domanda amministrativa di prestazione previdenziale, od il divieto di frazionamento delle domande, in materia di previdenza ed assistenza sociale per il quale la legge prevede la declaratoria di improcedibilità in ogni stato e grado del procedimento - in tutte queste ipotesi, infatti, si prescinde da un vizio di individuazione del giudice, poiché si tratta non già di provvedimenti emanati da un giudice privo di competenza giurisdizionale, bensì di atti che nessun giudice avrebbe potuto pronunciare, difettando i presupposti o le condizioni per il giudizio 9. l’orientamento di questa Corte di legittimità Cass. n. 3404 del 2006, nn. 392 e 4254 del 2009, n. 11075 del 2010, n. 6590 del 2014, nn. 4788 e 28445 del 2019, n. 27914 del 2020, n. 4038 del 2021 è risultato consolidato nei termini che si vanno ad illustrare 10. la domanda di ripristino della prestazione sia essa determinata dalla negativa verifica della permanenza del requisito sanitario che di quello socioeconomico , al pari di quella concernente il diritto ad ottenere, per la prima volta, prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda 11. conseguentemente, il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti ex lege, alla stregua della legislazione vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto, ancorché identico nel contenuto a quello estinto per revoca 12. l’interessato, per ottenere il ripristino della prestazione, è tenuto a presentare una nuova domanda amministrativa - condizione di proponibilità della domanda giudiziale - dovendosi escludere che il venir meno di un requisito costitutivo del diritto comporti la mera sospensione del beneficio in godimento, in quanto il temporaneo venire meno di uno dei requisiti costitutivi comporta, secondo la regola generale, l’estinzione del diritto al godimento 13. a meno che non sia prevista, dalla legge, la possibilità di una sospensione della prestazione, l’effetto non può che essere la perdita della prestazione medesima, con decorrenza dalla medesima data, per essere l’istituto della sospensione previsto solo in casi tassativamente indicati, come sancito per la pensione di invalidità ante L. n. 222 del 1984 , giacché il R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, convertito nella L. 6 luglio 1939, n. 1272, nel testo modificato dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 di conversione del D.L. 12 settembre 1983, n. 463 disponeva che La pensione di invalidità non è attribuita, e se attribuita, ne resta sospesa la corresponsione, nel caso in cui l’assicurato ed il pensionato siano percettori 14. ove la sospensione non venga prevista deve ritenersi che, venuto meno uno dei requisiti costitutivi, da quel momento in avanti si estingue definitivamente il diritto alla prestazione 15. è indubbio poi che tale diritto possa sorgere nuovamente in un momento successivo, ma in tal caso, secondo i principi generali, occorre avere riguardo ai requisiti vigenti al momento della nuova domanda, non potendosi ipotizzare, per il solo fatto che una volta quel diritto sussisteva - la perpetuazione di quelli precedenti, non più validi ratione temporis così Cass. n. 8943 del 2004, in motivazione 16. in tema di prestazioni previdenziali e assistenziali, la preventiva presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell’azione, mancando il quale la domanda giudiziaria non è improcedibile, con conseguente applicazione della legge L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 8 e art. 148 disp. att. c.p.c. ma improponibile, determinandosi in tal caso una temporanea carenza di giurisdizione, rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio 17. tale opzione ermeneutica è stata ritenuta, dalle richiamate decisioni di questa Corte, maggiormente rispettosa della ratio sottesa alle prestazioni assistenziali che, alla stregua dell’art. 38 Cost., induce a preferire soluzioni volte a riconoscere le prestazioni assistenziali solo in presenza di effettivi bisogni e a rifuggire da soluzioni suscettibili di creare ingiustificate disparità di trattamento nell’area di quanti dette prestazioni rivendicano, disparità che finirebbe per crearsi, con riferimento ai requisiti per usufruire delle stesse, tra coloro che chiedono per la prima volta dette prestazioni e quanti, invece, avendo di queste già goduto, ne pretendono un perdurante godimento pur in presenza di mutate, e più favorevoli, condizioni 18. a fronte di tale costante orientamento, la parte ricorrente offre una ricostruzione sistematica del tutto difforme da quella seguita da questa Corte di legittimità e, affermando erroneamente che l’orientamento stesso si riferisca esclusivamente alle ipotesi di revoca per sopraggiunte variazioni reddituali, prende le mosse dal contenuto del D.L. n. 323 del 1996, art. 4, comma 3-quater, convertito con modificazioni in L. n. 425 del 1996 e poi modificato dalla L. n. 449 del 1997, art. 52, laddove prevede, all’interno delle disposizioni relative alla verifica dello stato di invalidità civile, che avverso il provvedimento di revoca è ammesso ricorso al giudice ordinario , per ricavarne la regola della tutela giudiziale impugnatoria nei confronti del provvedimento di revoca della prestazione, senza necessità di presentare nuova domanda amministrativa 19. a confutazione di tale tesi, nei richiamati precedenti si è rimarcato che essa attribuisce valore sistemico ad una disposizione che non può assumere tale rilevanza perché si colloca all’interno di una peculiare procedura straordinaria di verifica e controllo della effettiva sussistenza, e permanenza, dei requisiti per l’erogazione delle prestazioni assistenziali di invalidità civile giacché l’art. 4 cit. ha previsto, entro il 30 novembre 1996, per i minorati civili che alla data predetta risultavano titolari di pensioni, assegni e indennità, che i medesimi fossero obbligati a presentare al Ministero del tesoro un’autocertificazione che ne attestasse le condizioni di salute, con particolare riferimento alle infermità che avevano dato luogo al riconoscimento del beneficio economico di invalidità civile ciò unitamente all’effettuazione, da parte dell’allora Ministero del Tesoro, a mezzo delle indicate commissioni mediche, di almeno 150.000 verifiche sanitarie 20. tale attività di verifica si innestava all’interno dell’assetto procedimentale amministrativo vigente all’epoca, ove era prevista della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, commi 1, 2, 3 e 4 e dal D.P.R. n. 698 del 1994 , anche per le prime concessioni delle prestazioni, la netta separazione del procedimento di accertamento sanitario da quello finalizzato all’erogazione della prestazione, con incidenza sul rispettivo soggetto legittimato in sede giudiziale 21. la scelta del legislatore di concentrare l’attività di verifica in capo al Ministero del Tesoro, poi Economia e Finanze, è stata confermata anche dalla L. n. 448 del 1997 ed in questo senso l’art. 37 di tale legge è stato interpretato da questa Corte di cassazione cfr. Cass. 5 giugno 2004 n. 10715 3 marzo 2003 n. 3140 14 gennaio 2003, n. 446 22 luglio 2005 n. 15511 con la consequenziale attribuzione della legitimatio ad causam ad un soggetto diverso dall’INPS, titolare del rapporto obbligatorio ex lege ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 130, comma 1 cit. 22. si è affermato che tale attribuzione costituisce il riflesso processuale di una misura di organizzazione amministrativa, con la conseguenza che il Ministero sta in giudizio quale sostituto processuale del debitore e quest’ultimo, in quanto parte sostanziale che subisce gli effetti del giudicato, può intervenire nel giudizio, ma non subentrare al sostituto, poiché la legge regolamenta in modo diverso tale situazione nell’ambito del processo cfr. Cass. n. 446 del 2003 cit Cass. n. 3595 del 2006 23. l’espressa previsione della possibilità di esperire la tutela giudiziale nell’ipotesi di provvedimento di revoca, seguita al procedimento analiticamente scandito dall’art. 4, comma 3-quater cit., va letta esclusivamente in questo contesto di separazione di procedimenti di accertamento ed in questo caso di verifica di permanenza dei requisiti sanitari rispetto al procedimento di erogazione della prestazione assistenziale, quale chiara indicazione della titolarità della funzione di verifica svolta dal Ministero del Tesoro, che si traduce in provvedimento idoneo a determinare la definitiva estinzione del diritto alla prestazione 24. ciò è dimostrato anche dalla circostanza che non viene riprodotta analoga affermazione per l’ipotesi della verifica del requisito reddituale, di cui al medesimo art. 4 cit., comma 3-septies, nei confronti dei beneficiari di pensione o assegno di invalidità civile e che prevede, in caso di accertamento di redditi superiori ai limiti prescritti, che la Direzione generale ne dia comunicazione alla competente prefettura, all’epoca titolare del separato procedimento di erogazione della prestazione economica, per l’adozione del provvedimento di revoca 25. quanto al sistema normativo vigente al momento in cui fu adottata la revoca cui la parte ha inteso reagire, il D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 2, convertito in L. n. 102 del 2009, e modificato dalla L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 159, e successivamente dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 10, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 ha previsto l’INPS accerta la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità ed in caso di comprovata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari, si applica l’art. 5, comma 5 del Regolamento di cui al D.P.R. 21 settembre 1994, n. 698. Per il triennio 2010/2012 l’INPS effettua, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all’ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l’anno 2010 e di 250.000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile 26. è evidente l’intento del legislatore di promuovere, periodicamente, piani di verifica pur di reprimere e contrastare abusi 27. il D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5, prevede Nel caso di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento dei benefici si dà luogo alla immediata sospensione cautelativa del pagamento degli stessi, da notificarsi entro trenta giorni dalla data del provvedimento di sospensione. Il successivo formale provvedimento di revoca produce effetti dalla data dell’accertata insussistenza dei requisiti prescritti. In caso di revoca per insussistenza dei requisiti, in cui vengono rilevati elementi di responsabilità per danno erariale, i prefetti sono tenuti ad inviare copia del provvedimento alla Corte dei conti per eventuali azioni di responsabilità 28. queste disposizioni, a loro volta, si inseriscono all’interno della regolamentazione del procedimento amministrativo relativo all’accertamento delle invalidità civili introdotto dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, convertito in L. n. 326 del 2003, secondo il quale A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni in materia di ricorso amministrativo avverso i provvedimenti emanati in esito alle procedure in materia di riconoscimento dei benefici di cui al presente articolo. La domanda giudiziale è proposta, a pena di decadenza, avanti alla competente autorità giudiziaria entro e non oltre sei mesi dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa 29. dette disposizioni si sovrappongono, stante l’accentramento di competenze in materia nei riguardi dell’INPS iniziato con il D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 130, al disposto del comma 4, che regolava la verifica della sussistenza dei requisiti medico-legali effettuata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Direzione Centrale degli Uffici Locali e dei Servizi del Tesoro - nei confronti dei titolari delle provvidenze economiche di invalidità civile, cecità e sordomutismo, prevedendo, nel caso in cui il giudizio sullo stato di invalidità non comporti la conferma del beneficio in godimento, la sospensione dei pagamenti e l’operatività del conseguente provvedimento di revoca con decorrenza dalla data della verifica 30. il D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 4, convertito in L. n. 326 del 2003, ha peraltro ribadito che, in sede di verifica della sussistenza dei requisiti medico-legali effettuata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Direzione Centrale degli Uffici Locali e dei Servizi del Tesoro nei confronti dei titolari delle provvidenze economiche di invalidità civile, cecità e sordomutismo, sono valutate le patologie riscontrate all’atto della verifica con riferimento alle tabelle indicative delle percentuali di invalidità esistenti e che Nel caso in cui il giudizio sullo stato di invalidità non comporti la conferma del beneficio in godimento è disposta la sospensione dei pagamenti ed il conseguente provvedimento di revoca opera con decorrenza dalla data della verifica 31. il provvedimento di sospensione immediata è adottato anche nel caso che l’invalido, convocato a visita medica di verifica, non si presenti senza giustificato motivo L. n. 448 del 1998, art. 37 , nel qual caso l’interessato è tenuto a fornire, entro 90 giorni dalla data del provvedimento di sospensione, idonee giustificazioni in ordine alla mancata presentazione a visita e, in mancanza o nel caso che le giustificazioni fornite non siano ritenute valide dalla Commissione Medica esaminatrice, verrà assunto il provvedimento di revoca della provvidenza economica, con decorrenza dalla data di sospensione 32. inoltre, per le giustificazioni ritenute valide, sarà fissata una nuova data di visita medica e se l’interessato non si presenta neppure a questa visita, verrà adottato il provvedimento di revoca con decorrenza dalla data di sospensione 33. la sospensione dei pagamenti e la conseguente revoca andranno adottate anche nel caso in cui l’invalido non si sottoponga agli ulteriori accertamenti specialistici eventualmente disposti nel corso della procedura di verifica 34. la disciplina delle verifiche di permanenza dei presupposti sanitari e reddituali per l’erogazione delle prestazioni di invalidità civile già riconosciute, pur variando nel tempo quanto ai profili di titolarità della competenza amministrativa, costituisce un dato strutturale del diritto ai trattamenti stessi come si evince testualmente dalla L. n. 118 del 1971, art. 13, che si riferisce al tempo in cui tale condizione sussiste alla luce della funzione sociale che la prestazione pubblica assolve, in applicazione degli obblighi imposti dall’art. 38 Cost., mediante l’impiego di risorse pubbliche 35. la legge obbliga, dunque, l’amministrazione ad operare le verifiche sanitarie e reddituali e regola, senza margine alcuno di discrezionalità, le conseguenze dell’accertamento negativo, con ciò imponendo alla stessa amministrazione un obbligo di conformazione a tali regole e, in ultima analisi, anche a provocare l’effetto estintivo del rapporto obbligatorio esistente 36. in definitiva, la disamina della normativa sin qui ricordata ha indirizzato questa Corte di legittimità verso l’affermazione del principio secondo cui ove la verifica amministrativa, prevista obbligatoriamente dalla legge di settore come ordinariamente finalizzata ad accertare la permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, si concluda con la revoca della prestazione, tale atto determina inevitabilmente l’estinzione del diritto, senza possibilità di considerare come un unicum il precedente rapporto obbligatorio sorto dal riconoscimento del diritto ormai estinto, con la conseguente necessità, per l’interessato, di proporre una nuova domanda ove ritenga di trovarsi nella condizione prescritta per il beneficio preteso 37. la ricostruzione sistematica sin qui fatta propria da questa Corte di legittimità neanche si è ritenuta incrinata come ribadito, da ultimo, da Cass. n. 27355 del 2020 cit. da argomenti sostanzialmente riconducibili a paventati profili di violazione del diritto dell’invalido al mantenimento e alla fruizione, ininterrotta, della prestazione ove se ne accerti l’ingiusta revoca 38. l’interpretazione della cornice normativa di riferimento, nel senso che il provvedimento di revoca diventerebbe definitivo solo dopo il decorso del termine di sei mesi previsto dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, convertito in L. n. 326 del 2003, non risulta ancorata all’evidenza che il termine in questione non sia destinato a rendere definitiva l’estinzione del diritto, tale per volontà di legge, ma ad inibire all’interessato l’azione giudiziale per ovvie ragioni di certezza sulle previsioni di spesa 39. inoltre, poiché il D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 2, ha richiamato il disposto del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5, la revoca è preceduta dalla sospensione cautelativa della prestazione, che viene comunicata entro trenta giorni all’interessato 40. nulla vieterebbe, all’interessato che ritenesse infondata l’azione amministrativa di verifica dei presupposti per il mantenimento dell’erogazione del trattamento, di tutelare già in sede di sospensione il diritto alla prestazione l’erogazione è appunto solo sospesa e il diritto non è ancora estinto , mediante tempestiva azione giudiziaria fondata, quanto ad interesse ad agire, sull’attualità della lesione patrimoniale conseguente all’illegittimità della misura sospensiva cautelativa e che non richiede alcuna nuova domanda amministrativa, essendo la sospensione prevista espressamente dalla legge v. Cass. n. 6590 del 2014 cit. ed i richiami ivi effettuati 41. viceversa, ove la revoca sia stata effettivamente adottata, con il consequenziale definitivo effetto estintivo, l’interessato dovrebbe presentare una nuova domanda e ciò può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui la revoca viene formalizzata e comunicata 42. in questo caso, purché il procedimento amministrativo o il successivo accertamento giudiziale dimostrino l’effettiva sussistenza dei requisiti necessari per ottenere le provvidenze sin dalla data della domanda, si porrebbe solo un problema di decorrenza della prestazione che, però, nel caso di specie non si pone per avere la Corte di merito, in virtù del generale divieto di reformatio in pejus, fatti salvi gli effetti della pronuncia di prime cure che aveva riconosciuto, a decorrere dal 2010, il beneficio revocato nel 2007 43. le istanze dottrinali che invitano a superare o sottoporre a revisione l’interpretazione dei precedenti giurisprudenziali in rassegna nei paragrafi che precedono, ravvisano nel predetto approdo, sul versante processuale, uno sviluppo non necessario della tesi sostanziale secondo cui oggetto della controversia è la verifica della permanenza di tutti i requisiti ex lege richiesti, non già soltanto di quelli la cui sopravvenuta insussistenza sia posta a fondamento della revoca Cass. 20 febbraio 2009, n. 4254 44. si aggiunge altresì che il diritto alla prestazione promana dalla norma, nel concorso dei requisiti legali pertanto la revoca che è un atto del solo ente gestore e, non avendo natura provvedimentale, è soltanto dichiarativo della situazione giuridica vantata dall’interessato perché è diretto a enunciare la sussistenza di un diritto, la cui nascita è preesistente , coerentemente con Cass., Sez. Un., n. 321 del 2007 può rimettere in discussione la debenza del trattamento, ma non è idonea a procurare una cesura se poi il giudice del rapporto previdenziale accoglie la domanda di ripristino ab initio, cioè, appunto, dalla revoca 45. si rimarca, altresì, che la presentazione di un’istanza amministrativa è funzionale a ridurre gli interventi della giurisdizione mediante un vaglio preventivo sulla pretesa dell’assistibile, mentre la revoca viene disposta a iniziativa dell’ente gestore, il quale, quindi, si è appena pronunciato nel senso di ritenere non dovuta la prestazione 46. a tal fine, per ovviare al difetto di congruità dell’interpretazione ribadita fin da Cass. n. 4788 del 2019, viene segnalata l’abolizione del contenzioso amministrativo in materia di invalidità civile, con effetto dal 1 gennaio 2005 D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23, comma 2, convertito in L. 27 febbraio 2004, n. 47 , e l’introduzione di un termine decadenziale di sei mesi per l’esercizio dell’azione, dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 3, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326 , riforma risalente ma a mente della quale la sequenza revoca della prestazione - domanda giudiziale di ripristino si accrediterebbe pure per l’anomalia di configurare l’obbligatorietà dell’istanza amministrativa, cui fa seguito il non breve spatium deliberandi entro il quale l’ente gestore può provvedere D.P.R. n. 21 settembre 1994, n. 698, art. 1, comma 3 e art. 4, comma 1 D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 20 convertito in L. 3 agosto 2009, n. 102 circolare Inps 28 dicembre 2009 n. 131 , in pendenza di un termine decadenziale 47. a fronte, poi, della prevedibile obiezione, nel senso della decorrenza del termine decadenziale non dalla revoca bensì dalla comunicazione del provvedimento emanato sulla nuova istanza dell’assistibile che, quindi, risulterebbe compatibile con l’attuale regolamentazione, viene rimarcata la macchinosità dell’interpretazione corrente rispetto alla semplificazione perseguita mediante la novella del 2003/2005, interrogandosi sul motivo per cui la revoca non rientrerebbe fra gli atti di gestione concernenti il riconoscimento dei benefici , idonei a consentire e insieme a imporre all’assistibile di rivolgersi senz’altro al giudice previdenziale 48. soprattutto viene segnalato, per concludere quanto alle sollecitazioni ad una rivisitazione dell’orientamento consolidato, il rilievo, per l’ex beneficiario e per l’interprete, del D.L. 323 del 1996, art. 4, comma 3-quater convertito in L. n. 425 del 1996 e l’ambito della portata precettiva della disposizione secondo cui avverso il provvedimento di revoca è ammesso ricorso al giudice ordinario contrapponendo, a inesistenti e apprezzabili esigenze del sistema, un vulnus alla tutela sociale dell’invalidità civile - condizione individuale più svantaggiata con un sacrificio evitabile e, pertanto, doloroso, la cui rilevanza, commisurata alle mensilità perdute della prestazione assistenziale, diverrebbe notevole nei casi di destinatario della revoca - giudicata illegittima - non supportato subito e bene 49. dubbi, da ultimo, vengono palesati da una sequenza di ordinanze interlocutorie della Sesta sezione di questa Corte per tutte, Cass. n. 15710 del 2020 nel solco dell’effettivo equo contemperamento fra l’esigenza di un corretto impiego delle risorse pubbliche e la tutela di un diritto alla continuità della prestazione sociale, quale espressione dell’obbligo di solidarietà imposto allo Stato art. 38 Cost. , e il riconoscimento della possibilità, per il beneficiario, di ricorrere direttamente avverso il provvedimento di revoca, intervenuto in sede di revisione, come approccio alla quaestio juris maggiormente compatibile con l’assetto complessivo del vigente sistema di sicurezza sociale 50. le direttrici lungo le quali si snoda la diversa lettura sono scandite dai passaggi che seguono 51. l’adesione alla soluzione seguita dalla giurisprudenza illustrata nei paragrafi che precedono condurrebbe ad affermare che quello alla prestazione sia un diritto che matura giorno per giorno, giacché soltanto in tale ultima ipotesi si sarebbe legittimati a concludere che lo stesso abbia ad estinguersi al sopraggiungere dell’accertamento amministrativo di segno negativo 52. la conferma di siffatta impostazione finirebbe per decretare l’intrinseca precarietà del diritto medesimo e legittimare l’introduzione, nel sistema, di un’aporia rispetto al principio di continuità della prestazione, frutto di supposte consequenzialità meramente formali come quella della non ricorrenza di una ipotesi di sospensione legale della prestazione 53. sul piano logico-giuridico sarebbe plausibile presupporre che, a seguito dell’intervenuto originario riconoscimento, resti fermo, in capo all’interessato, il diritto a ricorrere in giudizio per verificare la legittimità dell’accertamento sul permanere dei requisiti, sanitario e reddituale, in base ai quali era avvenuto l’originario riconoscimento del diritto alla prestazione tanto, dunque, in riferimento a benefici condizionati al doppio requisito, sanitario ed extrasanitario o economico, laddove la prestazione ora controversa attiene al solo requisito sanitario per essere la condizione sanitaria l’unico elemento costitutivo dell’indennità di accompagnamento 54. tale soluzione sarebbe coerente con la sorte riservata ad ogni atto amministrativo, per cui il provvedimento di revoca viene considerato direttamente ricorribile al pari di qualsiasi altro provvedimento che promani da una pubblica amministrazione, senza trascurare che l’ordinamento ha implementato le verifiche periodiche volte ad accertare la legittimità dell’attribuzione delle provvidenze pubbliche, a tutela dei cittadini bisognosi nonché dello Stato, impegnato a destinarvi una cospicua parte del proprio bilancio 55. l’esigenza che le risorse statali siano spese nella massima correttezza è fra le ragioni fondanti dei provvedimenti normativi di potenziamento dei controlli sui requisiti di accesso alle prestazioni sociali e la valutazione della progressiva scarsità di mezzi finanziari, correttamente intesa alla luce della tutela costituzionale dei diritti sociali, non potrebbe però spingersi oltre la pragmatica considerazione del fenomeno 56. la negazione della diretta impugnabilità del provvedimento di revoca determinerebbe per l’interessato, in caso di esito favorevole del nuovo procedimento ritualmente riattivato, la perdita dei ratei di prestazione maturati nel tempo intercorso fra la revoca del beneficio e la riammissione al godimento del diritto, nel senso che il beneficiario della prestazione si troverebbe nell’impossibilità - contrastante con l’art. 24 Cost. - di rivendicare giudizialmente quanto a lui non corrisposto 57. per concludere nell’illustrazione delle obiezioni che si assumono come non ancora definitivamente superate dalle richiamate decisioni della Quarta sezione della Corte, si soggiunge che l’impronta solidaristica della sicurezza sociale non legittima, da parte dell’interprete, scostamenti da un assetto sistematico costituzionalmente teso ad arginare l’eventuale progressivo svuotamento della funzione di sostegno delle categorie più fragili affidata allo Stato 58. in definitiva, ritiene il Collegio che, in ragione della natura dei diritti che vengono in rilievo, le questioni poste dal ricorso possano essere ricondotte a quelle di massima di particolare importanza di cui all’art. 374 c.p.c., comma 2, e che sia pertanto opportuna la trasmissione degli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. P.Q.M. La Corte rimette il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.