Colpisce un collega che lo aveva schiaffeggiato: illegittimo il licenziamento

La lite si è verificata tra due dipendenti di un supermercato ed è stata percepita dagli altri lavoratori e dai clienti. Per i Giudici, però, il licenziamento è eccessivo, anche perché il lavoratore ha reagito all’aggressione perpetrata ai suoi danni dal collega. Il rapporto di lavoro è comunque concluso, ma l’oramai ex dipendente ha diritto ad un adeguato risarcimento.

Rissa da strada, però all’interno del ‘reparto macelleria’ di un supermercato. Protagonisti due lavoratori della struttura il primo schiaffeggia il secondo, ma quest’ultimo reagisce colpendolo con violenza e finisce per essere messo alla porta dall’azienda. Per i Giudici, però, il provvedimento è eccessivo, e di conseguenza, dichiarato comunque chiuso il rapporto di lavoro, il dipendente ha diritto a un’ indennità risarcitoria quantificata in diciotto mensilità dell’ultima retribuzione di fatto Cassazione, ordinanza n. 10621, depositata il 22 aprile . Scenario della vicenda è una grossa struttura commerciale in Toscana. Due lavoratori, addetti al ‘reparto macelleria’, si scontrano prima verbalmente e poi fisicamente Paolo – nome di fantasia – raggiunge Nando – nome di fantasia – nella cella frigorifera e lo schiaffeggia, e Nando reagisce colpendo con violenza Paolo. A finire nel mirino dell’azienda è proprio Nando, che, a seguito dell’increscioso episodio – verificatosi sotto gli occhi degli altri lavoratori e, soprattutto, dei clienti – si ritrova destinatario di un provvedimento di licenziamento per giusta causa . Il drastico provvedimento aziendale viene ritenuto sacrosanto dai Giudici di primo grado. In Appello, invece, il licenziamento è dichiarato illegittimo, applicando l’art. 18, comma 5, stat. lav Ciò significa per Nando che, pur essendo comunque risolto il rapporto di lavoro, egli ha diritto a percepire dall’azienda un’ indennità risarcitoria pari a diciotto mensilità dell’ultima retribuzione di fatto . Per i Giudici di secondo grado è acclarato il fatto posto a base del licenziamento Nando, a seguito di una discussione con un collega nel reparto macelleria, era passato alle vie di fatto l’episodio era visibile da parte degli altri colleghi e dei clienti . In teoria, quindi, tale condotta era riconducibile all’ipotesi sanzionata, come da contratto, con il licenziamento senza preavviso , ma, osservano i Giudici, in concreto il recesso datoriale non era proporzionato Nando aveva colpito il collega dopo essere stato schiaffeggiato , e, in particolare, dopo la prima discussione, avvenuta nel reparto e rimasta nei limiti di un confronto verbale, Nando aveva continuato a lavorare senza dare seguito al diverbio mentre era stato Paolo a seguirlo nella ‘cella frigorifera’ con l’intenzione di continuare il litigio e di aggredirlo . A favore di Nando, poi, anche il fatto di non avere precedenti disciplinari . A sigillare la vittoria del lavoratore è infine la Cassazione, ritenendo privo di solidità il ricorso proposto dai legali della società. Inutile il richiamo a una presunta proporzionalità del licenziamento, come da contratto, a fronte della condotta tenuta da Nando nella struttura commerciale. Per i Giudici di terzo grado, difatti, è corretta, e non può essere messa in discussione, la valutazione dell’episodio compiuta in Appello. I dettagli della vicenda, come acclarati tra primo e secondo grado, sono sufficienti, in sostanza, per ritenere evidente l’illegittimità della sanzione espulsiva decisa dall’azienda. Ciò comporta che Nando deve dire addio al proprio posto di lavoro, ma può comunque incassare un adeguato risarcimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 28 gennaio – 22 aprile 2021, n. 10621 Presidente Leone – Relatore Marchese Rilevato che 1. il Tribunale di Lucca, pronunciando sull’opposizione, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 51 e ss., proposta da M.M. avverso l’ordinanza che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimato per giusta causa dalla ESSELUNGA S.p.A. di seguito, per brevità, Esselunga rigettava il ricorso 2. la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 755 del 2019, accoglieva il reclamo del lavoratore e dichiarava illegittimo il licenziamento applicava la tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, e, per l’effetto, dichiarando risolto il rapporto di lavoro con decorrenza dalla data del licenziamento, riconosceva al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto 3. in estrema sintesi, a fondamento del decisum, la Corte di appello ha posto le seguenti argomentazioni a risultava provato il fatto posto a base del licenziamento il lavoratore, a seguito di una discussione con un collega nel reparto macelleria, era passato alle vie di fatto l’accadimento era visibile e/o udibile da parte degli altri colleghi e dei clienti del reparto medesimo b tale condotta era astrattamente riconducibile all’ipotesi sanzionata dal CCNL di settore, con il licenziamento senza preavviso c tuttavia, in concreto, il recesso datoriale non era proporzionato il lavoratore aveva colpito il collega dopo essere stato schiaffeggiato dopo la prima discussione, avvenuta nel reparto e rimasta nei limiti di un confronto verbale, il lavoratore aveva continuato a lavorare senza dare seguito al diverbio. Era stato il collega a seguire il M. nella cella frigorifera con l’intenzione di continuare il litigio e di aggredirlo testualmente in sentenza mettergli le mani addosso il lavoratore non aveva precedenti disciplinari 4. ha proposto ricorso per cassazione Esselunga, affidato a due motivi 5. ha resistito, con controricorso, il lavoratore 6. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio. Considerato che 1. con il primo motivo, è dedotto - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 - l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione per il giudizio le censure afferiscono alla ricostruzione della vicenda concreta si imputa alla Corte di appello l’omesso esame del contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone D. id est dal collega con cui il lavoratore, odierno controricorrente, ha litigato ovvero l’utilizzazione delle stesse v. pag. 17, punto 28 del ricorso in cassazione per avvalorare solo alcune circostanze e non altre 1.1. il motivo è inammissibile, non indicando, nei modi rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ratione temporis , il fatto storico , non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo, secondo gli enunciati di Cass., sez. un., nn. 8053 e 8054 del 2014 principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici 1.2. in modo evidente, le censure celano la richiesta di un diverso coordinamento dei dati acquisiti, ai fini di una più appagante ricostruzione della vicenda concreta, del tutto inammissibile in questa sede di legittimità 2. con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 - è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175, 1362, 1363, 1365, 1366, 1375, 1455, 2104, 2105, 2106 e 2119 c.c., nonché del CCNL 18 luglio 2008, artt. 220, 225 e 229, per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi per Esselunga, la Corte di appello non avrebbe espresso il giudizio di proporzionalità in conformità alle previsioni legali e contrattuali che regolano il licenziamento disciplinare nel settore del terziario 2.1. anche il secondo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità 2.2. in disparte profili di violazione degli oneri di deduzione e specificazione imposti alla parte che ricorre in cassazione non risulta localizzata la sede di produzione del testo integrale del CCNL di cui si assume la violazione , la contestazione del giudizio di proporzionalità, articolata in termini di errore di diritto, non coglie nel segno giacché omette di considerare che il giudizio inerente alla gravità, in concreto, dell’inadempimento cd. giudizio di proporzionalità , espresso attraverso la valutazione dei fatti di causa, costituisce un tipico accertamento riservato al giudice di merito, confinato nell’area dell’apprezzamento del fatto ex multis, Cass. n. 26010 del 2018 Cass. n. 7426 del 2018 Cass. n. 8293 del 2012 Cass. n. 7948 del 2011 , insindacabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, tempo per tempo vigente. Parte ricorrente, infatti, non individua nella valutazione di illegittimità della sanzione espulsiva da parte del giudice del reclamo alcuno specifico contrasto con disposizioni normative o principi di diritto le critiche articolate tendono, piuttosto, a contrastare tale valutazione sotto il profilo della mancata considerazione di alcuni elementi e della errata valorizzazione di circostanze che si asseriscono ininfluenti 2.3. in ogni caso, anche a voler riqualificare il motivo in termini di vizio di motivazione, le censure soffrono dei medesimi limiti di ammissibilità già evidenziati in relazione al primo motivo di ricorso 3. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con le spese liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore che si è dichiarato antistatario occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con attribuzione all’avv.to Luigi Maggiani. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.