La decadenza prevista dall’art. 32 del Collegato Lavoro vale anche se si vuole fare accertare giudizialmente il passaggio alla cessionaria?

Nell’ipotesi di trasferimento di azienda, la cessione dei contratti di lavoro avviene automaticamente ex art. 2112 c.c. solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del proprio contratto di lavoro ex art. 2112 c.comma deve fare valere la relativa impugnazione nel termine di cui all’art. 32 comma 4 lett. c della L. 183/2010, e non già anche colui che agisce per fare accertare il passaggio alle dipendenze della cessionaria .

In tal modo si è pronunciata la Cassazione, consolidando un orientamento già espresso e facendo chiarezza sulla vigenza temporale della l. n. 11/2010 della Regione Sicilia. I fatti di causa. La Corte d’Appello di Palermo, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda di un lavoratore nei confronti di una società siciliana a partecipazione pubblica, evocata in causa quale cessionaria di altra società e alle cui dipendenze il ricorrente aveva chiesto la riassunzione ex art. 111 c.p.c., previo accertamento dell’illegittimità degli stipulati contratti di somministrazione a termine, in forza dei quali egli aveva prestato servizio in favore della cedente. Il rigetto di merito. Le argomentazioni dei Giudici di merito si incentrano sul decorso del termine decadenziale introdotto dall’art. 32 del cd. Collegato Lavoro. La Corte d’Appello, infatti, ha evidenziato come l’istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti della cessionaria sia stata formulata nel luglio 2014, mentre il trasferimento di azienda era intervenuto già nel novembre 2012 il ricorrente, pertanto, sarebbe incorso nella suddetta decadenza, da considerarsi operante non solo per l’ipotesi in cui il lavoratore contesti l’intervenuta cessione al fine di restare alle dipendenze del cedente, ma anche per quella – come nel caso di specie – in cui contesti la mancata cessione ed agisca per fare accertare che il rapporto è proseguito ex lege con il cessionario. I giudici territoriali, inoltre, hanno sostenuto che, a prescindere dalla decadenza, in ogni caso l’instaurazione di un rapporto di lavoro con la cessionaria – società a partecipazione pubblica – sarebbe risultato precluso dal divieto contenuto nell’art. 20, comma 6 della l.r. Sicilia n. 11/2010. Il lavoratore si è rivolto alla Corte di Cassazione, depositando un ricorso articolato in ben sedici motivi, cui ha resistito con controricorso e con ricorso incidentale la società cessionaria, nel silenzio della cedente. La sentenza va cassata. La Corte di Legittimità, ritenendo fondati due soli motivi di ricorso e ritenendo gli altri assorbiti, ha cassato la pronuncia di merito, trasmettendo la controversia ad altra sezione della Corte d’Appello perché si uniformi ai principi di diritto enunciati. L’erronea applicazione della decadenza. Richiamando quando già espresso in precedenti arresti Cass. nn. 9469 e 9750 del 2019 , la Cassazione ha precisato che in caso di trasferimento d’azienda la cessione dei contratti di lavoro in essere avviene automaticamente ai sensi dell’art. 2112 c.c. nel caso di specie, pertanto, il lavoratore non aveva alcuna necessità, né onere, di fare valere in via formale nei confronti del cessionario che aveva acquisito l’azienda cedente e tutto il personale l’avvenuta prosecuzione del rapporto, proprio perché la prosecuzione stessa è intervenuta ope legis . Infatti, solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del proprio contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. deve fare valere la relativa impugnazione nel termine di cui all’art. 32 comma 4 lett. c della l. n. 183/2010, e non già anche colui che agisce per fare accertare il passaggio alle dipendenze della cessionaria. Nel caso concreto, pertanto, il lavoratore ceduto non è incorso in decadenza alcuna, giacché l’ipotesi in discussione non rientra nell’alveo di efficacia dell’art. 32, comma 4 lett. c del Collegato Lavoro. L’irretroattività delle norme di divieto. Altrettanto erronea è stata ritenuta l’affermazione della Corte d’Appello, per la quale il divieto introdotto dall’art. 20, comma 6 della l.r. Sicilia n. 11/2010 – entrata in vigore il 14 maggio 2010 – sarebbe stato operativo sin dal 1° gennaio 2010, alla luce della previsione contenuta nell’art. 130, comma 2 della medesima legge. La Cassazione ha analizzato il disposto del predetto art. 130, il quale – rubricato effetti della manovra e copertura finanziaria” – sancisce che le disposizioni della presente legge si applicano, ove non diversamente disposto, con decorrenza dal 1° gennaio 2010 , e del seguente art. 131 – rubricato norma finale” – secondo cui la presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione , esplicando il ragionamento da seguire per comprendere da quando l’art. 20 della suddetta legge abbia trovato applicazione. La Cassazione ha innanzitutto evidenziato come quest’ultimo articolo sia una norma proibitiva, contenendo il divieto per le società a partecipazione pubblica – quale è la cessionaria – di procedere a nuove assunzioni. Inoltre, ha rammentato che, in via generale, le norme giuridiche sono irretroattive e non dispongono che per l’avvenire art. 11 preleggi , e ciò al fine di garantire la certezza dei destinatati delle norme stesse, che debbono contare sulla disciplina legale in vigore per conoscere le conseguenze dei propri atti. Infine, ha escluso che nel caso di specie l’art. 20, comma 6 l.r. Sicilia n. 11/2010 possa dirsi norma di interpretazione autentica”, la quale, come noto, limitandosi a fissare il significato di una disposizione pregressa, costituisce eccezione al richiamato principio di irretroattività. Ed infatti, la Corte ha ribadito quanto già affermato in altri precedenti, e cioè che il carattere retroattivo di una norma di legge deve essere esplicitamente affermato, dovendo, nel dubbio, l’interprete concludere per la sua irretroattività. Ebbene, sulla scorta di tali considerazioni, la Cassazione ha affermato che il divieto di assunzioni di cui all’art. 20, comma 6 l.r. Sicilia n. 11/2010 sia entrato in vigore solo il giorno della pubblicazione della Legge in Gazzetta Ufficiale, vale a dire il 14 maggio 2010 e non il 1° gennaio dello stesso anno. Le conseguenze. Posto che nel caso di specie il lavoratore ha chiesto l’accertamento di nullità del contratto di somministrazione a termine e considerato che gli effetti del meccanismo sanzionatorio previsto dalla legge per tale vizio retroagiscono con effetto dall’inizio della somministrazione, la situazione giuridica soggettiva del lavoratore deve essere regolata dalla disciplina normativa del fatto generatore della situazione cui è collegata pertanto, essendo il contratto di somministrazione stato sottoscritto nel febbraio 2010, la disciplina è quella antecedente al maggio 2010, con conseguente inoperatività del divieto ex art. 20, comma 6 l.r. Sicilia n. 11/2010.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro., sentenza 11 novembre 2020 – 14 aprile 2021, n. 9821 Presidente Arienzo – Relatore Cinque Fatti di causa 1. Con la sentenza n. 308 del 2018 la Corte di appello di Palermo, confermando la sentenza del Tribunale della stessa sede, ha rigettato la domanda proposta da C.S. nei confronti della Servizi Ausiliari Sicilia scpa, società che era stata chiamata in causa, nel corso del giudizio di primo grado, quale cessionaria dell’azienda omissis spa e alle cui dipendenze l’originario ricorrente aveva chiesto ex art. 111 c.p.c., di essere riassunto, previo accertamento della illegittimità dei contratti di somministrazione a termine, in forza dei quali egli aveva prestato la sua opera a favore della cedente. 2. La Corte di merito ha rilevato che l’istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti della Servizi Ausiliari Sicilia era stata formulata nel luglio del 2014 mentre il trasferimento di azienda era intervenuto nel novembre del 2012, per cui il C. era incorso nella decadenza stabilita dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c , norma che i giudici del merito consideravano applicabile non solo all’ipotesi in cui il lavoratore avesse voluto contestare l’intervenuta cessione del proprio rapporto al fine di rimanere alle dipendenze del cedente, ma anche all’ipotesi in cui - come nel caso in esame - egli contestasse la mancata cessione e agisse per fare constatare che il proprio rapporto era proseguito ex lege con il cessionario. Inoltre, ha sottolineato che, a prescindere sia dalla decadenza che dalla eventuale fondatezza dei motivi di illegittimità del contratto di lavoro perfezionatosi tra le parti in data 13.2.2010, doveva escludersi ogni diritto alla instaurazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della società stante il divieto previsto dalla L.R. Sicilia 12 maggio 2010, n. 11, art. 20, comma 6. 3. Avverso la sentenza di seconde cure ha proposto ricorso per cassazione C.S. con sedici motivi, illustrati con memoria. 4. La Servizi Ausiliari Sicilia scpa ha resistito con controricorso formulando ricorso incidentale cui ha resistito, a sua volta, C.S. con controricorso. 5. Il Fallimento della omissis spa, in liquidazione, non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. I motivi del ricorso principale possono essere così sintetizzati 1 error in iudicando, violazione di legge ex lege art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 32, comma 4, lett. c , sotto l’aspetto che il lavoratore non era incorso in alcuna decadenza non vigendo il termine decadenziale di sessanta giorni nell’ipotesi in cui lo stesso intenda fare accertare l’intervenuta cessione, negatagli, anche del suo contratto 2 error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del giudicato formatosi in relazione alla tardività dell’eccezione di cui all’art. 32, lett. d , non impugnata incidentalmente dalla società 3 error in iudicando, per falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 32, comma 4, lett. d , per essere stata interpretata estensivamente la suddetta disposizione ritenendola applicabile anche al caso in esame 4 error in iudicando, per falsa applicazione e violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione a quanto previsto dall’art. 14 preleggi e dall’art. 2112 c.c., per essere stata erroneamente estesa l’applicabilità della decadenza prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, anche al caso, non previsto, e quindi all’ipotesi diametralmente opposta, in cui il lavoratore rivendichi il trasferimento per esservi stato escluso 5 error in iudicando, per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 12 preleggi, per non essere stato considerato che la decadenza, rappresentando una eccezione alla regola generale, non si può prestare ad una interpretazione estensiva o analogica 6 error in iudicando, per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione a quanto previsto dalla L. n. 428 del 1990, art. 47, per non avere considerato la Corte di merito che, in virtù del meccanismo di cui all’art. 2112 c.c. e art. 111 c.p.c., esso lavoratore avrebbe anche potuto non chiamare in giudizio la S.a.s. per la già avvenuta prosecuzione del suo rapporto in capo alla cessionaria 7 error in iudicando, per violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, in relazione al combinato disposto degli artt. 2964, 2935, 2556 c.c., L. n. 183 del 2010, per non avere considerato ed accertato la Corte di appello che la decadenza decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, coincidente con quello in cui si adempie alla pubblicazione sul registro delle imprese dell’avvenuto trasferimento di azienda 8 error in iudicando, per violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c., perché la società non aveva dato prova che esso ricorrente sapesse dell’avvenuto trasferimento e, quindi, era decaduto, in un contesto in cui, peraltro, veniva negato l’avvenuto trasferimento di azienda 9 error in iudicando, per falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c , per avere la Corte di appello previsto una ipotesi non contemplata e cioè la fattispecie in cui il lavoratore non contesta la cessione del contratto di lavoro ex art. 2112 c.c., ma invece la rivendica che risulta in contrasto con le norme del diritto comunitario sul trasferimento di azienda e, in particolare, con il principio di effettività 10 la violazione e/o falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma, n. 3 in relazione alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c , per non avere adottato la Corte territoriale una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione nel rispetto dell’art. 24 Cost., in ordine alla effettività della possibilità di non essere dichiarati decaduti, stante la mancata certezza per il lavoratore della data di trasferimento da cui far decorrere i termini per rivendicare la sua mancata cessione 11 error in procedendo, per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essersi pronunciata la Corte di appello su una eccezione di decadenza che poteva essere fatta valere esclusivamente dalla parte 12 la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti rappresentato dalla circostanza che era ormai principio di verità l’avvenuto trasferimento d’azienda affermato con diverse pronunce che dovevano essere considerate alla luce del principio dell’efficacia riflessa quale elemento di prova documentale 13 la violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea interpretazione, da parte dei giudici di seconde cure, del combinato disposto della L.R. n. 11 del 2010, artt. 20 e 130, pubblicata il 14.5.2010 e conseguentemente del principio tempus regit actum 14 la violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 117 Cost., per avere la Corte territoriale erroneamente applicato della L.R. n. 11 del 2010, art. 20, comma 6 e disapplicato del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, ritenendo che la Regione avesse competenze in materie di diritto del lavoro introducendo un divieto di assunzione, anche contro un ordine del giudice, su una materia diritto privato competenza esclusiva del potere legislativo dello Stato laddove, peraltro, dell’art. 20, comma 6, è norma programmatica rivolta agli organi statutari e non incideva sull’art. 27 citato 15 la violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente la Corte territoriale ritenuto applicabile della L.R. n. 11 del 2010, art. 20, comma 6, con ciò determinando l’inapplicabilità di una sanzione, quale quella prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, che è contenuta in una legge inerente alla materia dell’ordinamento civile e, quindi, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello stato ex art. 117 Cost., per la quale non era prevista nessuna eccezione o deroga 16 la violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte di merito preso atto che era fatto notorio che l’art. 20 della Legge Regionale non ostava all’instaurazione del rapporto di lavoro con la OMISSIS e al trasferimento tra cedente e cessionario sicché, per il principio del giudicato riflesso, ne derivava il diritto a rendere fondato l’appello del lavoratore. 2. C.S. , con il punto 17 del ricorso chiede che sia data una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 20, comma 6 della Legge Regionale citata o, in subordine, che venga sollevata questione di illegittimità costituzionale dalla disposizione con il punto 18 chiede che, qualora la S.a.s. non aderisse al ricorso proposto, sia riconosciuta la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 3 con il punto 19 chiede che sia concesso il risarcimento punitivo alla luce della L.R. Sicilia 8 maggio 2018, art. 90. 3. Con il ricorso incidentale, formulato in via subordinata, la Servizi Ausiliari Sicilia scpa insta affinché, qualora non si ritenesse applicabile alla fattispecie in esame le disposizioni di cui alla L.R. Sicilia n. 11 del 2010, in relazione al blocco delle assunzioni, la sentenza della Corte di appello sia riformata ritenendo che vada applicato del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5. 4. Il primo motivo del ricorso principale è fondato. 5. La tesi seguita dalla Corte territoriale, in merito all’applicazione, nella fattispecie in esame, del regime della decadenza della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 4, lett. c, non è rispettosa dei principi affermata più volte in sede di legittimità per tutte, Cass. n. 9469 del 2019 Cass. n. 9750 del 2019 cui si intende dare seguito. 6. Invero, è stato precisato che la cessione dei contratti di lavoro, nell’ipotesi di trasferimento di azienda, avviene automaticamente ex art. 2112 c.c. e nella fattispecie si era peraltro già verificata dall’1.11.2012, sicché non vi era alcuna necessità, nè onere per il lavoratore, di fare valere formalmente nei confronti del cessionario l’avvenuta prosecuzione del suo rapporto di lavoro con quest’ultimo che ha acquisito contrattualmente l’azienda cedente ed il relativo personale , essendo tale prosecuzione già avvenuta ope legis, per cui è evidente che solo il lavoratore che intenda contestare la cessione di un suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c., debba fare valere tale impugnazione nel termine di cui all’art. 32, comma 4, lett. c , mentre, nella specie, come dedotto dalla stessa controricorrente, egli dedusse l’intervenuta e voluta realizzazione della fattispecie di cui all’art. 2112 c.c., al fine di accertare il passaggio alle dipendenze della odierna controricorrente SAS e, quindi, la successione della stessa nel diritto controverso. 7. Del resto, della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, prevede l’applicabilità anche alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c., delle disposizioni in materia di impugnazioni del licenziamento di cui all’art. 6 novellato L. n. 604 del 1966 e, dunque, per quanto qui interessa, in materia di impugnazione della cessione del contratto di lavoro per effetto del trasferimento ex art. 2112 c.c., in sostanza allorquando venga impugnata la detta cessione e non certo nel caso in cui la si persegua. 8. Il primo motivo va, pertanto, accolto e ciò determina l’assorbimento degli altri fino al numero dodici. 9. Deve, poi, essere valutato tredicesimo motivo che riguarda un’altra ratio decidendi della gravata sentenza, da sola idonea a sorreggere il dictum, e cioè l’operatività – nel caso in esame - del divieto di instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a seguito della denunziata illegittimità del contratto di somministrazione a termine, intercorso tra le parti con inizio dal 13.2.2010, imposte dalla L.R. Sicilia n. 11 del 2010, art. 20, comma 6, la cui entrata in vigore è stata individuata, dai giudici di seconde cure, nella data dell’1.1.2010 in virtù dell’art. 130, comma 2 della Legge medesima. 10. Anche questo motivo è fondato. 11. La Corte territoriale come già anticipato nello storico della presente sentenza, ha ritenuto, in sostanza, che le domande di conversione del rapporto e di riammissione in servizio, proposte da C.S. , in relazione al contratto di somministrazione stipulato il 13.2.2010, nei confronti di omissis spa e successivamente di Servizi Ausiliari Sicilia, andassero respinte perché, attesa la natura di società a partecipazione statale della prima, incappavano nel divieto, introdotto dalla L.R. Sicilia n. 11 del 2010, art. 20, comma 6 che recitava È fatto divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria della regione di procedere a nuove assunzioni di personale sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, ivi comprese quelle già autorizzate e quelle previste da disposizioni di carattere speciale, salvo quanto previsto da procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica, effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge” ratione temporis vigente in virtù dell’art. 130, comma 2 della medesima Legge, che statuiva Le disposizioni della presente legge si applicano, ove non diversamente disposto, con decorrenza dall’1 gennaio 2010. 12. La censura del ricorrente concerne la denunziata violazione ed errata applicazione delle due disposizioni in ordine alla esatta individuazione data di entrata in vigore dell’art. 20 citato. 13. Orbene, deve rilevarsi che effettivamente la L.R. Sicilia 12 maggio 2010, n. 11 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 14 maggio 2010 prevede, in relazione alla entrata in vigore delle disposizioni ivi contenute, due diverse statuizioni l’art. 130 la cui rubrica è Effetti della manovra e copertura finanziaria” che recita, come detto, al comma 2 Le disposizioni della presente legge si applicano, ove non diversamente disposto, con decorrenza dall’1 gennaio 2010 e l’art. 131, comma 1 la cui rubrica è Norma finale” che prevede La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione . 14. Sorge, pertanto, il problema di individuare quando, nello specifico, l’art. 20, comma 6 della Legge citata sia entrato in vigore. 15. Va osservato che si tratta relativamente al contenuto di tale articolo, di una norma di divieto, ossia di una disposizione proibitiva di un determinato comportamento. 16. In generale, la norma giuridica è irretroattiva essa cioè non detta regole valevoli per un tempo anteriore a quello della sua entrata in vigore art. 11 disp. gen. . 17. L’esigenza che intende perseguire il principio di irretroattività della legge è quello della certezza dei destinatari della norma, i quali devono potere contare sulla disciplina legale in vigore per sapere quali siano gli effetti dei loro atti. 18. È chiaro, quindi, che in presenza di una disposizione che contenga un divieto, non è logicamente possibile, esigere l’osservanza di esso in modo retroattivo. 19. Nè si rientra, nella fattispecie, in una ipotesi di legge interpretativa, che fissando formalmente il significato di una legge precedente, costituisce una eccezione al principio di irretroattività. 20. Invero, il carattere retroattivo deve essere esplicitamente dichiarato o deve risultare con altrettanto chiarezza dalla sua formulazione nel dubbio l’interprete deve considerare legge non retroattiva Cass. n. 1110/1972 . Inoltre, la qualificazione di una legge come atto di interpretazione autentica di preesistenti norme giuridiche presuppone una particolare struttura della fattispecie normativa che si deve integrare con la norma interpretata Cass. n. 2289 del 1974 Cass. n. 1622 del 1983 . 21. Nel caso della L. n. 11 del 2010, art. 20, comma 6 Regione Sicilia, è agevole affermare che tali requisiti non sono ravvisabili nella sua formulazione. 22. Nè può sostenersi, infine, che il principio della irretroattività, nel caso de quo, incontri il limite del fatto compiuto perché questo deve essere concepito nel senso che la legge nuova non solo non può essere applicata ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, ma anche a quelli sorti anteriormente e ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia in tutto o in parte alle conseguenze attuali e future di esso Cass. n. 301 del 1973 Cass. n. 2433 del 200 . 23. Nella ipotesi di accertata nullità del contratto di somministrazione di lavoro a termine, intercorso tra le parti, gli effetti del meccanismo sanzionatorio, riservato alla legge statale D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 1 , retroagiscono espressamente con effetto dall’inizio della somministrazione, per cui la situazione giuridica soggettiva del lavoratore deve essere rapportata, in primo luogo, alla disciplina giuridica del fatto generatore della situazione stessa cui è collegato. 24. in conclusione, quindi, non può condividersi l’assunto della Corte territoriale che ha rigettato le domande dell’originario ricorrente anche sul presupposto che la L.R. n. 11 del 2010, art. 20, comma 6, si applichi dall’1.1.2010, dovendosi, invece, avere riguardo, come entrata in vigore, all’art. 131 della stessa legge giorno stesso della sua pubblicazione, cioè il 14 maggio 2010 . 25. Alla stregua di quanto esposto, il primo ed il tredicesimo motivo del ricorso principale devono essere accolli, assorbiti gli altri analogamente va assorbita la trattazione del ricorso incidentale, sia pure formulato in via subordinata, perché la Corte di merito non si è pronunciata sulla eventuale applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5 e, quindi, si tratta di questione non esaminata in grado di appello che non può costituire oggetto del presente sindacato di legittimità. 26. La sentenza va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi sopra esposti e provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il tredicesimo motivo, assorbiti gli altri del ricorso principale nonché il ricorso incidentale. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.