Licenziamento nullo per violazione della normativa emergenziale

Il d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020, all'art. 46 ha previsto un blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per cinque mesi e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 .

Sul tema il Tribunale di Venezia con la sentenza n. 158/2021, depositata il 3 marzo. Una lavoratrice ricorre presso il Tribunale di Venezia dopo esser stata licenziata in data 31 luglio 2021 a seguito della cessazione definitiva di ogni attività relativa alla prestazione di servizi”. Il ricorso è fondato in quanto il recesso de quo è nullo per violazione della normativa emergenziale . Infatti, secondo il d.l. n. 18/2020 convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020 all'art. 46 ha previsto un blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per cinque mesi e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 . Successivamente il d.l. n. 104/2020, c.d. decreto Agosto, convertito in l. n. 126/2020, recante Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia ha confermato le stesse preclusioni, circoscrivendole ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all'art. 1 ovvero dell'esonero del versamento da contributi previdenziali di cui all'art. 3 del presente decreto . Nel caso di specie la violazione della norma imperativa comporta la nullità del licenziamento in forza dell'art. 1324 c.c., secondo il quale le norme dettate in materia di contratti si osservano anche per gli atti unilaterali, quali per l'appunto l'atto di recesso datoriale . Per questi motivi il Tribunale accoglie il ricorso, condannando la società a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro e a corrispondere tutte le mensilità arretrate dalla data del licenziamento sino all’effettiva reintegra.

Tribunale di Venezia, sez. Civile, sentenza 23 ottobre 2020 - 3 marzo 2021, n. 158 Presidente Borot Fatto e diritto Si.Da., assunta da Eu. in data 10.11.2015 con qualifica di impiegata di 4 livello CCNL Studi Professionali, espone nell'atto introduttivo di essere stata licenziata con lettera del 31.7.2002 per pretesa cessazione dell'attività e di non aver percepito le competenze del mese di giugno, luglio e agosto 2020, nonché il TFR. Chiede in via principale la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno, oltre al pagamento delle mensilità arretrate. Parte convenuta non si è costituita, restando contumace. La causa non necessita di alcun approfondimento istruttorio e viene ora decisa. Il ricorso è fondato. La sig. Si. è stata licenziata con missiva del 31.7.2021 per preteso g.m.o., a seguito della cessazione definitiva di ogni attività relativa alla prestazione di servizi , con decorrenza dal 20.8.2020 v. docomma 3 . Il recesso de quo è nullo per violazione della normativa emergenziale. Il D.L. 18 del 17.3.2020 convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 all'art. 46 ha previsto un blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per cinque mesi e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 . E' seguito il decreto legge 14.8.2020, n. 104 c.d. decreto Agosto , convertito in legge 13.10.2020 n. 126, recante Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia che ha confermato le stesse preclusioni, circoscrivendole ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all'art. 1 ovvero dell'esonero del versamento da contributi previdenziali di cui all'art. 3 del presente decreto . Le novità introdotte dal d.l. di Agosto lasciavano aperti due interrogativi, ed in particolare se il datore di lavoro che avesse esaurito la Cassa Integrazione Covid e che avesse usufruito dell'esonero contributivo potesse intimare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo e se il datore di lavoro intenzionato a licenziare per un giustificato motivo oggettivo estraneo all'epidemia da Covid-19 fosse ugualmente obbligato ad usufruire della cassa integrazione Covid e degli sgravi contributivi prima di poter interrompere il rapporto di lavoro. L'incertezza interpretativa è stata superata dal più recente d.l. 28.10.2020, n. 137 c.d. 'decreto Ristori' , che ha confermato all'art. 12 il divieto di licenziamento e lo ha esteso fino al 31 gennaio 2021, senza più riferimenti alla fruizione da parte del datore di lavoro della cassa integrazione o all'utilizzo degli sgravi contributivi. Il caso di specie ricade ratione temporis nella vigenza del cd. decreto di Agosto . Qualunque sia l'interpretazione adottata e quand'anche si ritenesse che il decreto abbia voluto limitare il divieto di licenziamento, circoscrivendone la portata, in ogni caso nell'ipotesi di specie parte convenuta, rimasta contumace, non ha dedotto di rientrare nelle categorie di datori di lavoro a cui la normativa emergenziale parrebbe aver consentito il licenziamento, per cui per la società convenuta opera il divieto generalizzato di recesso. La violazione della norma imperativa, che pone un divieto a tutela di fondamentali interessi sociali, non può che comportare la nullità del licenziamento in forza dell'art. 1324 cc, a mente del quale le norme dettate in materia di contratti si osservano anche per gli atti unilaterali, quali per l'appunto l'atto di recesso datoriale. Il rimedio è dunque quello di cui all'art. 2, 1 comma del D. Lgs. n. 23/2015, che prevede la massima sanzione reintegra e risarcimento in relazione ai casi di nullità del licenziamento perché discriminatorio a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge , dovendosi fare riferimento al dato testuale codicistico, che vale a qualificare espressamente nullo il contratto, e quindi il licenziamento in forza del richiamo di cui all'art. 1324 c.c., contrario a norme imperative. La tutela indicata prescinde dalle dimensioni dell'impresa, come del resto indicato in maniera maldestra dallo stesso art. 46, laddove si precisa che il blocco dei licenziamenti per G.M.O. opera indipendentemente dal numero dei dipendenti . E' abbastanza evidente che il blocco dei licenziamenti per qualsiasi impresa, a prescindere dal numero dei dipendenti, deve essere riferito proprio al piano delle conseguenze del recesso, che sono comunque quelle della nullità. Il ricorso deve essere accolto, con condanna della società a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro e a corrispondere tutte le mensilità arretrate dalla data dal licenziamento sino all'effettiva reintegra. Sono altresì dovute alla ricorrente le mensilità arretrate, risultanti dai prospetti paga, laddove l'importo a titolo di TFR, a fronte della ricostituzione del rapporto di lavoro, potrà essere richiesto solo alla cessazione dello stesso. Con il favore delle spese di lite. P.Q.M. Il GL, contrariis reiectis, accertata la nullità del licenziamento, condanna la società convenuta a reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro e a risarcirle il danno subito, corrispondendo un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento all'effettiva reintegra, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Condanna parte convenuta a corrispondere l'ulteriore importo di Euro 4.759,31 a titolo di mensilità arretrate, oltre accessori di legge. Condanna parte convenuta a rifondere le spese di lite, che liquida in Euro 3.050,00, oltre C.U., IVA, CPA e rimborso spese generali.