Repêchage: non sussiste alcun onere di collaborazione a carico del lavoratore

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un lavoratore poiché, in tema di repêchage, non spetta a quest’ultimo l’onere di allegare l’esistenza di posti di lavoro nei quali poter essere ricollocato. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro.

Il Tribunale di Catania rigettava l’impugnativa di licenziamento di un lavoratore nei confronti di una S.r.l., escludendo che fosse stata provata la cessazione del rapporto di lavoro e negando che ci fosse diversità tra le ragioni addotte nella comunicazione di recesso e quelle palesate nella memoria difensiva a giustificazione dello stesso. Esso inoltre accertava che la società aveva subito una riduzione delle vendite e del fatturato da cui era sorta la necessità di ridurre i dipendenti . Per ciò che attiene all’obbligo di repêchage, il Tribunale sottolineava che il ricorrente non aveva allegato l’esistenza di posti di lavoro nei quali poteva essere ricollocato. La Corte d’Appello rigettava il gravame. Il lavoratore ricorre quindi in Cassazione lamentando, tra i vari motivi, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 e 5 l. n. 604/66 e 2697 c.c., laddove la Corte di merito ha ritenuto che, quanto all’onere di repêchage, solo nel caso in cui il lavoratore abbia indicato l’esistenza di posti in cui essere utilmente ricollocato sussiste, a carico del datore di lavoro, l’onere di provare l’impossibilità di adibire il dipendente da licenziare ad altre mansioni. Il motivo è fondato. La Corte infatti ha precedentemente chiarito che, in materia di repêchage , non sussiste alcun onere di collaborazione da parte del lavoratore , gravando esclusivamente sul datore di lavoro, posto che l’art. 3 della l. n. 604/1966 richiede a la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso b la riferibilità della soppressione a progetti o scelte editoriali – insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati – diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività c l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili . Per questi motivi la Corte accoglie questo motivo di ricorso, rigetta gli altri e cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese processuali, alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 novembre 2020 – 4 marzo 2021, n. 6084 Presidente Raimondi – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con sentenza n. 5347/15 il Tribunale di Catania rigettava l’impugnativa di licenziamento proposta da S.G. nei confronti della s.r.l. C.F. . In particolare, il primo giudice escludeva che fosse stata provata la cessazione del rapporto di lavoro al 31.5.2010 secondo l’assunto del ricorrente, per cui in tale data sarebbe intervenuto un licenziamento orale negava che ci fosse diversità tra le ragioni addotte nella comunicazione di recesso e quelle palesate nella memoria difensiva a giustificazione dello stesso accertava, in virtù della documentazione prodotta in giudizio, che la società negli anni 2008, 2009 e 2010 aveva subito una riduzione delle vendite e del fatturato da cui era sorta la necessità di ridurre il numero dei dipendenti infine, quanto all’obbligo di repechage, evidenziava che il ricorrente non aveva allegato l’esistenza di posti di lavoro nei quali potere essere utilmente ricollocato, non avendo indicato, se non tardivamente, neppure le mansioni cui era preposto, per cui non era sorto alcun onere probatorio a carico del datore di lavoro. Avverso la sentenza proponeva appello lo S. resisteva la società. Con sentenza depositata il 5.12.18, la Corte d’appello di Catania rigettava il gravame. Per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso lo S. , affidato a cinque motivi resiste la società con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 2, ed in particolare la violazione delle norme che vietano al datore di lavoro la possibilità di introdurre in giudizio motivi di licenziamento diversi rispetto a quelli già espressi nella precedente intimazione di licenziamento. Il motivo è infondato. Ed invero nella lettera di licenziamento la società aveva addotto una riorganizzazione aziendale che comportò la soppressione della mansione affidata allo S. con redistribuzione della stessa tra gli altri dipendenti mentre nella memoria di costituzione in giudizio allegò una consistente riduzione del portafoglio clienti comportante la necessità di riduzione e riorganizzazione del personale. Come evidenziato dalla Corte di merito, le due circostanze non risultano in contrasto o in conflitto tra loro essendo piuttosto, come notato dalla sentenza impugnata, due facce della medesima questione. 2. Con secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza, ex art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e artt. 115 - 116 c.p.c., in quanto nella motivazione non erano stati indicati gli elementi probatori sui quali il Giudice aveva fondato il proprio convincimento circa l’effettiva soppressione delle mansioni svolte dal ricorrente. Il motivo è infondato in quanto la Corte di merito ha evidenziato che dalla documentazione in atti emergeva una apprezzabile riduzione del reddito di impresa nonché del valore della produzione netta, idoneo a giustificare il licenziamento. La censura di tale accertamento fattuale risulta in contrasto col novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1. 3. Con terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, e art. 2697 c.c., lamentando che la Corte di merito era incorsa nella violazione della L. n. 604 del 1966, art. 5, in quanto la società resistente non aveva fornito, in entrambi i gradi del giudizio, la prova della effettiva soppressione delle mansioni e del posto di lavoro ricoperti dal lavoratore, oltre alla dedotta redistribuzione delle stesse mansioni tra gli altri lavoratori. Il motivo è infondato per le ragioni esposte al precedente punto 2, sufficienti al rigetto della censura anche a prescindere dalla prova della dedotta redistribuzione delle mansioni. 4. Con quarto motivo il ricorrente denuncia ancora la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, e art. 2697 c.c., laddove la Corte di merito ha ritenuto che, quanto all’onere di repèchage, solo nel caso in cui il lavoratore abbia indicato l’esistenza di posti in cui essere utilmente ricollocato sussiste, a carico del datore di lavoro, l’onere di provare l’impossibilità di adibire il dipendente da licenziare ad altre mansioni. Il motivo è fondato. Occorre infatti evidenziare che dopo taluni non univoci orientamenti, questa Corte ha chiarito che in materia di repechage non sussiste alcun onere di collaborazione da parte del lavoratore, questo gravando esclusivamente sul datore di lavoro cfr. Cass. n. 5592/16, Cass. n. 12101/16, Cass. n. 160/17, Cass. n. 24882/17, ex aliis , posto che la L. n. 604 del 1966, art. 3, richiede a la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso b la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali - insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati - diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività c l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili. 5. In conclusione deve accogliersi il quarto motivo di ricorso, rigettati i primi tre ed assorbito il quinto con cui lo S. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e cioè la dichiarazione della s.r.l. C. circa l’impossibilità di reimpiego del lavoratore, che dunque rientrava a pieno titolo tra i fatti da dimostrare da parte della società . La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad atro giudice in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia alla luce del motivo accolto e per la regolazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i primi tre e dichiara assorbito il quinto. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.