Chi rischia di cadere per le menomazioni fisiche ha diritto all’indennità di accompagnamento?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una lavoratrice, la quale sosteneva di avere diritto all’indennità di accompagnamento a causa della sua ridotta capacità motoria per una grave menomazione fisica ed il rischio connesso di eventuali cadute sul posto di lavoro.

Sul tema la S.C. con l’ordinanza n. 4994/21, depositata il 24 febbraio. Il Tribunale di Rieti accoglieva l’opposizione dell’INPS e dichiarava insussistenti le condizioni sanitarie di una lavoratrice per beneficiare dell’ indennità di accompagnamento. Ella ricorre quindi in Cassazione ritenendo che la Corte d’Appello abbia disatteso le conclusioni del CTU nominato in sede di ATP e abbia escluso la sussistenza delle condizioni sanitarie utili ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, nonostante l’accertamento della ridotta capacità motoria a causa di una grave menomazione . La ricorrente si lamenta anche del mancato accertamento di esposizione della stessa al pericolo di cadute. La sentenza impugnata non contiene affermazioni in contrasto con enunciati normativi o principi di questa Corte, la quale ha affermato precedentemente che ai fini del riconoscimento del requisito utile per l’indennità di accompagnamento l’incombente e concreta possibilità di cadute si traduce in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita tale da rendere conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore Cass. n. 20819/2018 . Di conseguenza la possibilità di cadute costituisce una circostanza di fatto da valutare unitamente alle altre del caso concreto ai fini del giudizio di sussistenza o meno del diritto all’indennità di accompagnamento. Nel caso di specie il Giudice di merito ha verificato ogni profilo necessario ed ha espresso il convincimento di insussistenza dei requisiti suddetti. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 2 dicembre 2020 – 24 febbraio 2021, n. 4994 Presidente Doronzo – Relatore Marchese Rilevato che con la sentenza impugnata, il Tribunale di Rieti, pronunciando ai sensi dell’art. 445-bis c.p.c., comma 7, ha accolto l’opposizione dell’INPS e dichiarato insussistenti le condizioni sanitarie perché M. S. beneficiasse dell’indennità di accompagnamento avverso detta sentenza, S.M. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi l’I.N.P.S. ha resistito con controricorso la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata. Considerato che con il primo motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, per avere la Corte di appello disatteso le conclusioni del CTU nominato in sede di ATP e ritenuto di escludere la sussistenza delle condizioni sanitarie utili ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, nonostante l’accertamento che la complessa menomazione dell’apparato osteoarticolare incide sse in maniera significativa sulla capacità deambulatoria e che tale condizione fosse cagione di ridotta capacità motoria, specie in ambito extradomiciliare con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 la parte denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. L’omissione è riferita all’accertamento di esposizione della ricorrente al concreto pericolo di cadute i due motivi, intimamente connessi, possono congiuntamente esaminarsi deve premettersi, in via generale, che il Giudice di merito sottopone id est deve sottoporre a vaglio critico le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, sicché, all’esito, può tanto condividerle e porle a fondamento del decisum, quanto disattenderle nel rispetto del principio del libero convincimento e del libero apprezzamento dei fatti e delle prove a lui spettanti. Il giudizio in tal modo reso è sindacabile da questa Corte nei limiti in cui lo è ogni percorso motivazionale posto a giustificazione della decisione di merito nella fattispecie concreta, sotto il profilo del vizio di violazione di legge, la sentenza impugnata non contiene affermazioni in contrasto con enunciati normativi o principi di questa Corte il Tribunale ha disatteso le conclusioni del consulente dell’Ufficio, osservando come la sussistenza di una situazione di difficoltà nella deambulazione, con necessità di appoggio bilaterale, non fosse, ex se, idonea a integrare il presupposto sanitario utile ai fini dell’indennità di accompagnamento l’affermazione è corretta e coerente con gli arresti di questa Corte che intanto valorizzano ai fini del riconoscimento del requisito sanitario utile per l’indennità di accompagnamento l’incombente e concreta possibilità di cadute in quanto tale condizione si traduca, in fatto, in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita tale da rendere, conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore in motivazione, v., per esempio, Cass. n. 20819 del 2018 in altre parole, come per le patologie oncologiche, in relazione alle quali, per esempio, questa Corte ha affermato che il problema del trattamento chemioterapico e degli effetti collaterali dello stesso non può essere risolto in astratto, dovendosi piuttosto valutare, in concreto, caso per caso, se esso comporti, per la durata della terapia, il tipo di dosaggi e la natura degli effetti sul singolo paziente, le condizioni previste dalla L. n. 18 del 1980, art. 1 Cass. n. 18126 del 2014 Cass. n. 7273 del 2011 Cass. n. 25569 del 2008 , nello stesso modo, quando viene in rilievo -ed anzi è accertata la possibilità di cadute, la stessa non è situazione giudicabile in astratto, con l’affermazione che comporti sempre e di per sé, oppure non comporti, il diritto alla indennità di accompagnamento recte l’accertamento del requisito sanitario dell’indennità di accompagnamento ma costituisce una circostanza di fatto da valutare unitamente alle altre del caso concreto ai fini del giudizio di sussistenza o meno dei requisiti di cui all’art. 1 cit Nell’ipotesi in esame, il giudice di merito si è fatto carico della verifica a lui demandata e si è occupato di ogni necessario profilo all’esito dell’accertamento di fatto, ha, infatti, espresso il convincimento di insussistenza dei requisiti di legge per non essere il rischio di cadute tale da determinare in fatto una incapacità a compiere gli atti della vita quotidiana i rilievi mossi e qui viene a scrutinarsi in particolare il secondo motivo non denunciano l’omissione di fatti decisivi ovvero di circostanze che, qualora valutate, potrebbero, ciascuna, in termini di elevato grado logico di pregnanza, sovvertire l’esito della pronuncia impugnata, sicché si impone la rivisitazione del giudizio, da svolgere tenendo conto anche della circostanza pretermessa Cass. n. 26764 del 2019, in motivazione . Come sviluppate, le critiche esprimono un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, irrilevante in questa sede di legittimità sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va dunque rigettato non si fa luogo a pronuncia sulle spese, avendo la parte ricorrente reso la autodichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. sussistono invece i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.