Il testimone che abbia vincoli di parentela con una delle parti non è per forza inattendibile

La Suprema Corte ribadisce che in tema di prova testimoniale non esiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia con una delle parti processuali un vincolo di parentela o coniugale, non potendo l’attendibilità degli stessi essere esclusa aprioristicamente, senza altri elementi da cui il giudice possa desumere la perdita di credibilità.

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 2295/21, depositata il 2 febbraio. La Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame proposto dall’attuale ricorrente e confermava la decisione del Giudice di primo grado con cui la stessa era stata condannata al pagamento di una somma di circa 50000 euro ad una lavoratrice a titolo di differenze retributive . In particolare, in sede di individuazione dei testimoni da esaminare , la Corte d’Appello aveva osservato come il Tribunale avesse rimesso la scelta alle parti con l’ espressa eccezione di parenti o affini , stante la maggiore attendibilità dei soggetti estranei alla sfera familiare dei contendenti. La ricorrente impugna la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che la Corte avesse ridotto la sua lista testimoniale escludendo le persone a lei legate da vincolo di parentela, ponendosi così in contrasto con l’art. 244 c.p.c Gli Ermellini dichiarano il motivo di ricorso fondato , evidenziando che il Giudice non aveva esercitato legittimamente il potere di riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti , avendo egli escluso persone al di fuori dei limiti consentiti dall’art. 245 c.p.c In tal senso, la Corte rileva che i soggetti legati alle parti processuali da vincoli di parentela o affinità possono essere sentiti nelle vesti di testimoni, fatta salva la successiva valutazione della loro attendibilità all’esito dell’esame. Inoltre, la Corte di Cassazione ribadisce che In materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti [], l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità . Per questo motivo, gli Ermellini accolgono il motivo di ricorso prospettato dalla ricorrente, cassano la sentenza impugnata in relazione ad esso e rinviano gli atti alla Corte d’Appello di Milano.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 9 settembre 2020 – 2 febbraio 2021, n. 2295 Presidente Esposito – Relatore Marchese Rilevato che con sentenza del 18.7.2018, la Corte di appello di Milano ha respinto il gravame di Z.G. iscritto al R.G. Appello Lavoro n. 289 del 2016 e confermato la decisione di primo grado con la quale quest’ultima era stata condannata al pagamento, in favore della lavoratrice S.A.A. , dante causa degli odierni controricorrenti, di Euro 56.671,93 a titolo di differenze di retribuzione, di cui Euro 11.520,22 a titolo di TFR, oltre accessori e regolarizzazione previdenziale e contributiva controversi, tra le parti, gli aspetti concernenti la retrodatazione del rapporto di lavoro subordinato con la de cuius e le concrete modalità del suo svolgimento, la Corte territoriale ha condiviso integralmente l’istruttoria - e l’interpretazione delle relative risultanze - operata dal primo giudice a tale riguardo, ha ritenuto maggiormente attendibili, rispetto a quelle del teste F. , le deposizioni dei testi S. e R. , in ragione sia della loro estraneità rispetto alle parti, sia della univocità e concordanza delle dichiarazioni, numericamente prevalenti per ciò che qui maggiormente rileva, quanto all’individuazione dei testimoni da esaminare, la Corte di appello, pronunciando sullo specifico motivo di gravame, ha osservato come il Tribunale avesse rimesso alle parti la scelta dei testi nel limite di due, per ciascuna , con l’espressa eccezione di parenti o affini sulla base dell’ adeguata motivazione della maggiore attendibilità dei soggetti estranei alla sfera familiare delle contendenti la Corte territoriale ha, inoltre, respinto la richiesta di acquisizione dei documenti ulteriori 6 cpv., pag. 7 sent. impugnata in quanto tutti di formazione antecedente al deposito della memoria difensiva di primo grado in proposito, ha, anche, osservato come non vi fosse , peraltro, alcun elemento per ritenere che gli stessi attest assero il pagamento di somme ulteriori, rispetto a quelle risultanti dalle buste paga a titolo di competenze di fine rapporto e TFR in ragione delle condizioni di formale assunzione della lavoratrice, non comprese nella quantificazione operata dal CTU di primo grado avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione Z.G. , articolato in quattro motivi hanno resistito i controricorrenti indicati in epigrafe, nella qualità di eredi è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio. Considerato che con il primo motivo - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 - è dedotta violazione degli artt. 244, 245 e 209 c.p.c. e dell’art. 24 Cost. le censure investono la sentenza della Corte di appello nella parte in cui ha ridotto la lista testimoniale della ricorrente, escludendo dalla stessa le persone legate alla parte id est alla ricorrente da un vincolo di parentela secondo la parte ricorrente, in tal modo, la sentenza si porrebbe in contrasto con l’art. 244 c.p.c., che non vieta l’esame di persone legate da rapporti di parentela con le parti del processo, salvo le ipotesi di cui all’art. 246 c.p.c. sotto diverso profilo, la statuizione risulterebbe viziata in ragione di una aprioristica valutazione di inattendibilità di dette persone con il secondo motivo - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 - è dedotta la violazione degli artt. 115, 116 e 437 c.p.c., per omessa valutazione e comunque per omessa ammissione delle prove precostituite e delle prove orali dedotte parte ricorrente lamenta la mancata ammissione di una serie di documenti che dimostrerebbero il pagamento di acconti a titolo di TFR con il terzo motivo - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 - è dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e il travisamento della prova perché erroneamente supposta è criticata la valutazione di inattendibilità espressa in relazione al teste F.A. , in quanto convivente della ricorrente sotto altro profilo, sono contestati gli esiti della disposta CTU per non aver considerato la somma di Euro 9.691.06 corrisposta in corso di rapporto con il quarto motivo - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 - è dedotta la violazione degli artt. 115, 209, 233, 437 c.p.c. e dell’art. 2736 c.c., per omessa ammissione del giuramento decisorio il Collegio giudica fondato il primo motivo, con assorbimento degli altri come già sinteticamente esposto nello storico di lite, a fronte delle critiche espresse dall’appellante odierna ricorrente alla decisione del Tribunale di limitare, in via preventiva, le liste testimoniali, escludendo dalle stesse i parenti e gli affini delle parti, la Corte di appello ha osservato come il Giudice avesse esercitato il potere ex art. 245 c.p.c., ed offerto al riguardo, l’ adeguata motivazione della maggiore attendibilità dei soggetti estranei alla sfera familiare delle contendenti in particolare, l’ordinanza ammissiva della prova testimoniale, direttamente esaminabile da questa Corte per la natura dei vizi denunciati, stabilisce di ammettere a testimoniare due testimoni per parte tra quelli indicati in atti ed a scelta dei difensori con divieto di addurre in udienza come testimoni parenti o affini delle parti il provvedimento non è corretto così pronunciando sulle richieste di prova per testimoni, il Giudice del merito non ha esercitato il legittimo potere di riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti v. in argomento, per tutte, Cass. n. 11810 del 2016 , perché non si è limitato a ridurre, a due, il numero di testimoni ma ha escluso persone, tra coloro che erano stati indicati dal difensore, al di fuori dei limiti consentiti dall’art. 245 c.p.c. infatti, venuto meno il divieto di testimoniare previsto dall’art. 247 c.p.c., per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 248 del 1974, i soggetti che, come nella specie, sono legati alle parti processuali dai vincoli di parentela o affinità possono e devono essere sentiti in qualità di testimoni, restando ovviamente salva, al di là della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 246 c.p.c., la successiva valutazione di attendibilità dei testimoni, all’esito del loro esame a tale riguardo è utile ricordare l’insegnamento di questa Corte secondo cui In materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti , l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità così Cass. n. 25358 del 2015 con i richiami ivi effettuati a Cass. n. 1109 del 2006 conformi Cass. n. 12365 del 2006 e Cass. n. 4202 del 2011 cfr. anche Cass. n. 25549 del 2007 coerentemente con tali premesse, si espone alle denunciate criticità l’ordinanza che, ai sensi dell’art. 245 c.p.c., ai fini di riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti, escluda quali testimoni coloro che sono legati alle parti processuali dai vincoli indicati all’art. 247 c.p.c. - e per il solo fatto di detti vincoli, - in quanto espressione di un pregiudizio e di un aprioristico giudizio di inattendibilità che non trova alcun fondamento nel dettato normativo e nei principi della Suprema Corte pertanto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, dovrà procedere ad un nuovo esame della fattispecie concreta, nel rispetto degli esposti principi rimane così assorbito l’esame degli altri motivi di censura che logicamente suppongono che si sia delineata la fase istruttoria le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.