Legittimo il licenziamento se il fatturato è in calo e il settore è in crisi

Respinte le obiezioni proposte da un operaio di una azienda portuale. Evidenti, secondo i Giudici, le ragioni economiche che hanno spinto la società a mettere alla porta alcuni lavoratori.

Settore in crisi e consistenti perdite di fatturato legittimano il licenziamento. Corretta, secondo i Giudici, la scelta operata dall’azienda, nonostante le comprensibili obiezioni mosse dal lavoratore Cassazione, sentenza n. 1508/21, sez. Lavoro, depositata oggi . Riflettori puntati su un’ azienda del settore portuale . A essere posta in discussione è la legittimità della lettera con cui è stato comunicato il licenziamento a un operaio, licenziamento motivato con i numeri di un fatturato in drastico calo. Per il lavoratore è illogico parlare di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Ecco spiegato il ricorso da lui proposto, ma subito respinto dal giudice del lavoro che, in sostanza, ritiene lineare la procedura seguita dalla società. Unica annotazione pro dipendente è quella con cui si ritengono violati i canoni di correttezza e buonafede nella scelta dell’operaio come lavoratore da licenziare poiché, osserva il Giudice del lavoro, egli, appartenente al quarto livello, è stato selezionato in modo arbitrario insieme a tre altri operai di sesto livello, in quanto considerato unità più costosa e in esubero . Stessa linea di pensiero anche per la Corte d’Appello. Per i Giudici di secondo grado è logico parlare di licenziamento per giustificato motivo poiché la società aveva subito perdite negli anni 2012, 2013 e 2014 . Allo stesso tempo, vengono ritenute evidenti la vaghezza e l’arbitrarietà dei criteri utilizzati per la scelta di licenziare l’operaio e quindi è congrua la misura della indennità risarcitoria in suo favore, indennità fissata in venti mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto . Inutile il ricorso in Cassazione proposto dal legale del lavoratore. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è stata valutata correttamente, tra primo e secondo grado, la circostanza realmente esistente al momento dei licenziamenti settembre 2014 , analizzando le perdite del fatturato degli anni 2012 e 2013 , e altrettanto correttamente è stato esteso l’accertamento ad un arco temporale idoneo per svolgere una valutazione globale e diretta delle circostanze di fatto che avevano determinato le cause dei recessi . A questo proposito, difatti, è stato esaminato il bilancio consuntivo del 2014, sebbene il preconsuntivo di quello del mese di agosto fosse già significativo della situazione patrimoniale della società e sono state poste in evidenza la irreversibilità del calo di fatturato la situazione di crisi del settore portuale l’accumulo di ore pagate e non lavorate la circostanza di analoghi licenziamenti da parte di altre due società che confermava la generale crisi economica . Ciò significa, chiariscono i Supremi Giudici, che non vi è stato un uso indebito di vicende extragiudiziali, successive al licenziamento dell’operaio, per accertarne la legittimità, bensì una valutazione complessiva ed analitica di tutto il contesto probatorio mirata alla verifica della sussistenza del giustificato motivo oggettivo individuato sia nella riduzione dei costi aziendali che in ragioni inerenti l’attività produttiva . Confermata, però, anche la violazione compiuta dall’azienda rispetto ai criteri di scelta dei lavoratori da mettere alla porta, avendo riguardo alle mansioni espletate . Ciò comporta che l’operaio ha sì perduto il posto di lavoro – a causa, come detto, di precise ragioni economiche – ma ha comunque diritto, come sancito in Appello, a una adeguata indennità risarcitoria.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 ottobre 2020 – 25 gennaio 2021, n. 1508 Presidente Raimondi – Relatore Cinque Fatti di causa 1. Con lettera del 25.9.2014 la Sea Work Service srl intimava licenziamento per giustificato motivo oggettivo a Ma. Br., suo dipendente dal 4.3.2008 con qualifica di operaio portuale addetto al rizzaggio e derizzaggio di IV livello. 2. A seguito di impugnazione del ricorso, da parte del lavoratore, fondata sulla insussistenza del giustificato motivo oggettivo, sulla mancata indicazione dei motivi di licenziamento e sulla violazione dei principi di correttezza e buona fede nella scelta dei dipendenti da licenziare, il giudice del lavoro di Palmi, con ordinanza depositata in data 10.8.2015, al termine della fase sommaria, rigettava la domanda del Ma 3. Lo stesso giudice, con la pronuncia n. 1043 del 2017 emessa nella fase di opposizione, confermava parzialmente la ordinanza in ordine alla insussistenza di un giustificato motivo oggettivo, ma riteneva violati i canoni di correttezza e buona fede nella scelta del Ma. come lavoratore da licenziare perché, appartenente al 4. livello, era stato selezionato in modo arbitrario insieme a tre altri operai di 6. livello, in quanto considerato unità più costosa e in esubero. 4. Sui reclami hic et inde proposti la Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 469 del 2018, confermava la decisione di prime cure sottolineando in sintesi che a il giustificato motivo addotto non era manifestamente insussistente perché la società aveva subito perdite negli anni 2012, 2013 e 2014 che giustificavano il numero dei licenziamenti intimati b le prove testimoniali raccolte, su richiesta della difesa del lavoratore, avevano dimostrato la vaghezza ed arbitrarietà dei criteri utilizzati per la scelta di licenziare il Ma. c congrua appariva la misura della indennità risarcitoria fissata in venti mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. 5. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Ma. Br. affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la Sea Work Service srl. 6. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. I motivi possono essere così sintetizzati. 2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 3 e 5 legge n. 604 del 1966, degli artt. 2697, 115, 116, 416, 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e dell'art. 111 co. 7 della Cost., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c Deduce il Ma., in primo luogo, che la Corte di merito avrebbe dovuto effettuare la valutazione sulla sussistenza del motivo di licenziamento sulla base degli elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso avendo, invece, i giudici di seconde cure valutato i dati correnti , avevano alleggerito l'onere probatorio previsto dall'art. 5 della legge n. 604 del 1966 a carico della società inoltre, erroneamente la Corte territoriale aveva rilevato il calo di fatturato non dalla analisi dei dati di bilancio, ma da vicende extragiudiziali, alcune delle quali inesistenti al momento del licenziamento, senza considerare il trend economico degli anni precedenti e soffermandosi solo sulla voce conclusiva del bilancio in perdita senza verificare il valore della produzione che era l'unico indice che consentiva il controllo circa l'esubero della forza lavoro. 3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 3 e 5 legge n. 604 del 1966 e dell'art. 18 co. IV e VII della legge n. 300 del 1970, nel testo risultante dalla modifica operata dalla legge n. 92 del 2012, degli artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente la Corte territoriale, attraverso una indagine parziale, negato la tutela reintegratoria debole, non considerando che la questione della impossibilità di ricollocare il lavoratore rientrava nella nozione di giustificato motivo oggettivo. In particolare, viene evidenziato, proprio ai fini della suddetta problematica, che nel 2013 erano stati assunti cinque lavoratori aventi qualifica analoga a quelli licenziati, i quali avrebbero potuto benissimo occupare le posizioni dei neoassunti, e che i contratti di lavoro dei nuovi lavoratori non comportavano un evidente minore costo del lavoro. 4. Preliminarmente deve essere rilevata la ritualità del deposito della memoria ex art. 378 c.p.c. di parte ricorrente, così disattendendo l'eccezione di inammissibilità formulata dalla società, in quanto l'atto risulta depositato in data 8.10.2020 originale e cinque veline , come da attestazione della Cancelleria a margine dello stesso. 5. Ciò premesso, il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. 6. In materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo art. 3 della legge n. 604 del 1966 grava sul datore di lavoro l'onere di provare, tra l'altro, le ragioni inerenti alle attività produttive che rendono impossibile impiegare il dipendente nella organizzazione aziendale, da accertare in base agli elementi di fatto sussistenti alla data della comunicazione del recesso, spettando al giudice di verificarne l'effettiva ricorrenza attraverso un apprezzamento delle prove incensurabile in sede di legittimità, se effettuato con una motivazione coerente e completa Cass. n. 17928 del 2002 Cass. n. 12261 del 2003 Cass. n. 6363 del 2000 . 7. Orbene la Corte territoriale, attenendosi a tale principio, ha valutato la circostanza realmente esistente al momento dei licenziamenti 25.9.2014 , analizzando le perdite del fatturato degli anni 2012 e 2013 ha, poi, esteso correttamente l'accertamento ad un arco temporale idoneo per svolgere una valutazione globale e diretta delle circostanze di fatto che avevano determinato le cause dei recessi cfr. Cass n. 13116 del 2015 Cass. n. 2810 del 2003 . 8. A tale riguardo la Corte territoriale ha, quindi, esaminato il bilancio consuntivo del 2014 sebbene il preconsuntivo di quello del mese di agosto fosse già significativo della situazione patrimoniale della società , la irreversibilità del calo di fatturato, la situazione di crisi del settore portuale, l'accumulo di ore pagate e non lavorate, la circostanza di analoghi licenziamenti, da parte di altre due società, che confermava la generale crisi economica. 9. Non vi è stato, pertanto, un uso indebito di vicende extragiudiziali, successive al licenziamento del Morando, per accertarne la legittimità, bensì una valutazione complessiva ed analitica di tutto il contesto probatorio e ciò con una motivazione coerente e logica che rende inammissibile ogni sindacato in sede di legittimità diretto alla verifica della sussistenza del giustificato motivo oggettivo individuato sia nella riduzione dei costi aziendali che in ragioni inerenti l'attività produttiva. 10. Anche il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. 11. L'obbligo per il datore di lavoro di dimostrare l'impossibilità di adibire il dipendente da licenziare in altri posti di lavoro rispetto a quello da sopprimere cd. obbligo di repechage è incompatibile con motivazioni strettamente collegate alla mera riduzione dei costi per il personale come nel caso di specie in quanto, in tal caso, il mantenimento in servizio del dipendente, seppure in altre mansioni, contrasterebbe con tale esigenza. 12. Ne consegue che il detto obbligo non può ritenersi violato quando l'ipotetica ricollocazione del lavoratore nella compagine aziendale non è compatibile con il concreto assetto organizzativo stabilito dalla parte datoriale Cass. n. 21715 del 2018 . 13. Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha valutato solo il profilo della violazione dei criteri di scelta dei lavoratori, avendo riguardo alle mansioni espletate e, ritenutala sussistente, ha riconosciuto la indennità risarcitoria di cui all'art. 18 co. V e VII St. lav. cfr. Cass n. 19732 del 2019 Cass. n. 14021 del 2016 , dovendosi escludere che ricorra, in tal caso, la manifesta insussistenza delle ragioni economiche poste a fondamento del recesso. 14. La valutazione sulle assunzioni di cinque lavoratori, ritenute ininfluenti perché imprecisata l'epoca e avvenuta con contratti a tempo indeterminato prima del licenziamento, e sulla perdita economica relativa al 2014 considerata consistente, costituisce, invece, accertamento di fatto, attraverso un apprezzamento delle prove, che è incensurabile in sede di legittimità in quanto effettuato con una motivazione coerente e completa. 15. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato. 16. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. 17. Non sono ravvisabili i presupposti per l'accoglimento della condanna del ricorrente per lite temeraria, avanzata dalla controricorrente in sede di conclusioni del controricorso, non essendovi elementi, dalla prospettazione e dal successivo scrutinio dei motivi, per ritenere che il Ma. abbia agito con consapevole mala fede o con colpa grave in ordine alla inammissibilità o alla infondatezza della propria iniziativa giudiziaria Cass. n. 22405 del 2018 . 18. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.250,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie della misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.