Sui redditi da partecipazione a società di capitali non sono dovuti i contributi previdenziali

Poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il TUIR gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi.

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 805/21, depositata il 19 gennaio. La Corte d’Appello di Milano confermava la decisione di prime cure con cui era stato dichiarato insussistente il credito oggetto di un avviso di addebito notificato dall’INPS ad un commerciante per il pagamento di contributi derivanti dalla sua partecipazione ad altre società a responsabilità limitata . L’INPS ha proposto ricorso per la cassazione della pronuncia sostenendo che il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in virtù dello svolgimento di un’attività a tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti , tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali seppur non vi svolga alcuna attività lavorativa. Il Collegio richiama l’art. 3- bis , d.l. n. 384/1992, conv. con modif. in l. n. 438/1992 evidenziando come la norma consideri la totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non facendo più solo riferimento alla sola attività che dà titolo all’iscrizione previdenziale. La giurisprudenza ha inoltre precisato che, al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi , occorre fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al TUIR d.P.R. n. 917/1986 . Quest’ultimo contiene distinte disposizioni per qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale i primi sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale art. 55 mentre tra i redditi di capitale rientrano gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG - ora IRES art. 44, lett. e . In conclusione, poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 24 novembre 2020 – 19 gennaio 2021, n. 805 Presidente Doronzo – Relatore Marchese Rilevato in fatto che la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva dichiarato insussistente il credito oggetto di un avviso di addebito notificato a P.R. , con il quale l’Inps aveva intimato al predetto il pagamento di contribuzione previdenziale relativa alla gestione commercianti sui redditi derivanti dalla partecipazione, pro quota, ad altre società a responsabilità limitata in estrema sintesi, la Corte territoriale, sulla base di una interpretazione sistematica del D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis, e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 6 e 44, ha ritenuto che gli utili percepiti dall’iscritto alla gestione autonoma per effetto della mera partecipazione, quale socio di capitale e non lavoratore ad una società di capitali, non siano qualificabili redditi di impresa e perciò non possano entrare a fare parte della base contributiva avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps sulla base di unico motivo, illustrato con memoria resiste P.R. con controricorso la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato in diritto che con unico motivo, l’INPS deduce - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 - la violazione e la falsa applicazione della L. n. 438 del 1992, art. 3 bis, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 384 del 1992, in connessione con la L. n. 233 del 1990 l’unica questione sottoposta al vaglio di questa Corte attiene al fatto se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa trattasi di questione recentemente affrontata e risolta da Cass. n. 21540 del 2019, seguita, tra le altre, da Cass. n. 18594 del 2020 e da Cass. n. 19001 del 2020 il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, condividendone le ragioni esposte, da intendere qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il ricorrente, anche nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione del richiamato orientamento giurisprudenziale nelle citate pronunce è stato rilevato che il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 3 bis, convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 1992 n. 438, ha previsto che A decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono e che con la nuova disposizione rileva la totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione della L. n. 233 del 1990, ex art. 1, con una formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva è stato precisato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 22 dicembre 1986, n. 917. Il suddetto D.P.R., contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale i primi, a mente dell’art. 55 nel testo post riforma del 2004 , sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale mentre l’art. 44, lett. e , nel testo post riforma del 2004 , ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG ora IRES poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi in tali precedenti v. Cass. n. 21540 cit., § 11 e ss è messo in evidenza anche il diverso regime dettato per i soci di società di persone e le ragioni di coerenza del sistema alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 354 del 2001 pertanto, il ricorso va rigettato le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.