Illegittima la trattenuta a titolo di contributo di solidarietà decisa autonomamente dalla Cassa previdenza

Esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di previdenza di emanare un contributo di solidarietà in quanto, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.

Lo afferma la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza n. 28054/20 pubblicata il 9 dicembre. Il caso esaminato domanda di restituzione del contributo di solidarietà versato da dottore commercialista in quiescenza. Un dottore commercialista, pensionato dall’anno 2002, agiva in giudizio al fine di ottenere la condanna della Cassa di Previdenza dei Dottori Commercialisti alla restituzione del contributo di solidarietà versato nel quinquennio 2009 – 2013. Il Tribunale adito accoglieva la domanda. Proponeva così appello la cassa previdenziale ma il gravame veniva rigettato. L’ente previdenziale ricorreva allora in Cassazione. Il potere impositivo degli enti previdenziali privatizzati. Con il ricorso proposto dalla Cassa Previdenziale si lamenta la violazione del D.lgs. n. 509/1994 riguardante la trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza. Si duole l’ente ricorrente che non sarebbe stata riconosciuta la legittimità del contributo di solidarietà, pur volto alla realizzazione di equilibrio di bilancio, come peraltro contemplato dalla normativa invocata nei motivi di censura. Questi ultimi appaiono, secondo la Suprema Corte, infondati ed in contrasto con l’orientamento ormai consolidato della Corte stessa, che ha avuto modo di affermare che gli enti previdenziali privatizzati , nell'esercizio della loro autonomia, non possono adottare atti o provvedimenti che introducano la previsione di una trattenuta a titolo di contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici già quantificati ed attribuiti. L' autonomia degli enti medesimi incontra un limite fondamentale, imposto dalla stessa disposizione che la prevede, il d.lgs. n. 509/1994, art. 2, la quale definisce espressamente i tipi di provvedimento da adottare, identificati, appunto, in base al loro contenuto variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti . Il novero dei provvedimenti consentiti in autonomia costituisce una sorta di numerus clausus ” e risulta dunque incompatibile con il rispetto del principio del pro rata qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati quale, nella specie, l'art. 22 del Regolamento della Cassa previdenziale , che introduca, a prescindere dal criterio di determinazione del trattamento pensionistico , la previsione di una trattenuta a titolo di contributo di solidarietà sui trattamenti pensioni già quantificati ed attribuiti. L’imposizione di un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici già in atto non integra, secondo il Supremo Collegio, nè una variazione delle aliquote contributive , nè una riparametrazione dei coefficienti di rendimento . Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riferimento ad ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico . Consegue che sarà illegittimo qualsiasi provvedimento, che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni della l. n. 335/1995, art. 3, comma 12, e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge, imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite esterno della sua misura. Nemmeno coglie nel segno per confortare la legittimità della trattenuta il richiamo alla l. n. 296/2006 di modifica della l. n. 335/1995, art. 3, comma 12, in quanto detta norma incide sul sistema del pro rata che è estraneo alla tematica del contributo di solidarietà. La citata sopravvenuta normativa non può, pertanto, essere intesa nel senso preteso dalla Cassa di fonte del potere di introdurre prestazioni patrimoniali a carico dei pensionati, quale è il contributo di solidarietà. La conferma dell'estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, si rinviene anche nella sentenza della Corte Costituzionale n 173/2016 che, nel valutare l'analogo prelievo disposto dalla l. n. 147/2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all'art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale sentenza n. 178 del 2000 ordinanza n. 22 del 2003 . Il contributo di solidarietà esula dai poteri della Cassa. E dunque, sulla base dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico , ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore. In conclusione il ricorso proposto dall’ente previdenziale è stato ritenuto infondato e così rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 26 giugno – 9 dicembre 2020, n. 28054 Presidente Berrino – Relatore Calafiore Rilevato che la Corte di appello di Torino, con ordinanza del 9 luglio 2015 emessa ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti avverso la decisione con la quale il tribunale di Torino aveva condannato la stessa Cassa a restituire ad D.A. , dottore commercialista in quiescenza dal mese di marzo 2002, il contributo di solidarietà versato nel quinquennio 2009-2013 pari ad Euro 8.056,37 la corte territoriale, in applicazione dei principi affermati dal Giudice di legittimità in varie pronunce Cass. n. 26229/2014, Cass. N. 26303/2014, Cass. n. 53/2015 , ha ritenuto non dovuto il contributo invece preteso dalla Cassa di Previdenza e, quindi, l’impugnazione priva di ragionevoli possibilità di essere accolta avverso la sentenza del Tribunale di Torino e della citata ordinanza della Corte d’appello di Torino, ha proposto ricorso per cassazione la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti, affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria resiste, con controricorso e successiva memoria, D.A. . Considerato che con il primo motivo di censura, è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con l’art. 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa del 2008 violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488 violazione della L. n. 201 del 2011, art. 24 violazione degli artt. 3 e 38 Cost., in relazione, tutti, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. con il secondo motivo, è dedotta la violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento della Cassa, tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto attinenti alla natura del contributo di solidarietà ed alla sua ritenuta legittimità anche in relazione alla realizzazione di equilibri di bilancio i motivi sono infondati alla luce di un consolidato orientamento, anche confermato con le più recenti decisioni, assunto da questa Corte di legittimità da ultimo Cass. n. 982/2019 n. 603/2019 n. 16814/2019 si è affermato che In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta nella specie, un contributo di solidarietà su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore Cass. n. 31875/2018 Cassazione n. 603/2019 ha ulteriormente rilevato che Appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale sentenza n. 178 del 2000 ordinanza n. 22 del 2003 sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Cassa in vista della presente adunanza, non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non considerati in occasione delle svariate volte in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l’orientamento formatosi va confermato ed i motivi devono, pertanto, essere rigettati il ricorso deve, quindi, essere rigettato e le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo e con distrazione in favore dei procuratori del controricorrente che hanno reso la dichiarazione prevista dall’art. 93 c.p.c P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in solido ai procuratori antistatari, avvocati S. T., A. M. e M. M Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.