Liquidazione delle spese processuali: il potere discrezionale del giudice è sottratto al sindacato di legittimità?

Nella liquidazione delle spese giudiziali, l’esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori massimi e minimi fissati dal d.m. n. 140/2012 non è soggetto a sindacato di legittimità, mentre la motivazione diventa necessaria allorché egli decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere.

Questo il contenuto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 23499/20, depositata il 27 ottobre. La Corte d’Appello di Napoli rigettava l’appello proposto dall’attuale ricorrente contro la decisione del Giudice di prima istanza in punto di liquidazione delle spese processuali , ritenendo la somma liquidata congrua in relazione alla natura, alla complessità e all’assenza di attività istruttoria nella causa. La stessa si rivolge alla Corte di Cassazione, ritenendo che la Corte territoriale avesse erroneamente ritenuto adeguata la somma liquidata dal Tribunale, in quanto essa era inferiore ai limiti previsti dal d.m. n. 55/2014. La Suprema Corte rigetta il ricorso, ribadendo il principio secondo cui In tema di liquidazione delle spese giudiziali ai sensi del d.m. n. 140/2012, la disciplina secondo cui i parametri specifici per la determinazione del compenso sono, di regola”, quelli di cui alla allegata tabella A, la quale contiene tre importi pari, rispettivamente, ai valori minimi, medi e massimi liquidabili, con possibilità per il giudice di diminuire o aumentare ulteriormente ” il compenso in considerazione delle circostanze concrete , va intesa nel senso che l’esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili sia le ragioni dello scostamento dalla forcella” di tariffa, sia le ragioni che ne giustifichino la misura . Ciò posto, la Corte rileva come lo stesso art. 4 del d.m. n. 55/2014 richiamato nel ricorso in oggetto stabilisca che il giudice debba tenere conto delle tabelle allegate e che i parametri in esse fissati possono essere aumentati fino all’80% o diminuiti fino al 50%, mentre per la fase istruttoria l’aumento è fino al 100% e la diminuzione fino al 70%. Tenuto conto di ciò, i Giudici rilevano che nel caso di specie il Giudice di secondo grado aveva ben motivato la congruità delle spese liquidate per via della modestissima” rilevanza giuridica dell’oggetto della controversia, riducendo di conseguenza le spese in misura superiore del 50% rispetto a quelle richieste dalla ricorrente, valutazione sottratta alla giurisdizione di legittimità. Di conseguenza, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 7 luglio – 27 ottobre 2020, n. 23499 Presidente Esposito – Relatore Leone Rilevato che La corte di appello di Napoli con la sentenza n. 2958/2018 aveva rigettato l’appello proposto da L.G. avverso la decisione assunta dal Tribunale di Napoli Nord in punto di liquidazione delle spese processuali. Il Giudice di prime cure, adito per la condanna dell’Inps al pagamento dei ratei di prestazione i cui presupposti medico legali erano in precedenza stati oggetto di omologa positiva, accogliendo la domanda aveva anche condannato l’Inps al pagamento delle spese liquidate in Euro 969,00. La corte territoriale aveva ritenuto che, in ragione della natura, della complessità e della assenza di attività istruttoria, la somma liquidata dal tribunale era congrua. Avverso detta decisione proponeva ricorso in cassazione la L. affidato a un solo motivo. L’Inps si costituiva con procura in calce al ricorso. La L. depositava successiva memoria. Considerato che 1 Con unico motivo è dedotta la violazione dell’art. 91 c.p.c., del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 4, della L. n. 794 del 1942, art. 24, del D.M. n. 585 del 1994, art. 4, comma 1, della L. n. 1051 del 1957, art. 2233 c.c., della L. n. 247 del 2012, art. 13. Parte ricorrente ha rilevato che erroneamente la corte territoriale ha ritenuto adeguata la somma liquidata dal tribunale, essendo questa comunque inferiore ai minimi previsti dal D.M. n. 55 del 2014. Questa Corte, occupandosi del tema della liquidazione delle spese giudiziali ha di recente chiarito che In tema di liquidazione delle spese giudiziali ai sensi del D.M. n. 140 del 2012, la disciplina secondo cui i parametri specifici per la determinazione del compenso sono, di regola , quelli di cui alla allegata tabella A, la quale contiene tre importi pari, rispettivamente, ai valori minimi, medi e massimi liquidabili, con possibilità per il giudice di diminuire o aumentare ulteriormente il compenso in considerazione delle circostanze concrete, va intesa nel senso che l’esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili sia le ragioni dello scostamento dalla forcella di tariffa, sia le ragioni che ne giustifichino la misura Cass. 12537/2019 . Il principio enunciato, sebbene nel caso specifico riferito alla applicazione del D.M. n. 140 del 2012, deve ritenersi di carattere generale quanto alla possibilità per il giudice di diminuire o aumentare ulteriormente il compenso in considerazione delle circostanze concrete dandone giustificazione nella motivazione del provvedimento. Lo stesso D.M. n. 55 del 2014, art. 4, applicabile alla fattispecie in esame, ripetendo quanto già in precedenza disposto dal D.M. n. 140 del 2012, precisa infatti che il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento. Nel caso in esame la corte napoletana ha ampiamente motivato la decisione assunta circa la congruità delle spese liquidate, richiamando la modestissima rilevanza giuridica della questione oggetto di controversia, l’assenza di questioni di particolare complessità giuridica e la particolare semplicità della causa, tale da consentire una riduzione superiore a quella del 50% di cui alle richieste della assistita. La esplicitazione delle ragioni determinative della decisione assunta, coerente con il principio enunciato, esprime una legittima valutazione di merito del giudice, sottratta alla giurisdizione di legittimità. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Nulla per le spese, poiché l’Inps si è costituito solo con procura in calce al ricorso. ché sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, legge di stabilità 2013 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.