Cittadinanza in ritardo, niente lavoro nella scuola: straniera risarcita

Definitiva la vittoria per una straniera. Il risarcimento è quantificato nelle retribuzioni che ella avrebbe percepito quale docente. Inammissibile il ricorso proposto dal Ministero degli Affari Esteri.

Risarcita la straniera che ha perso un’occasione di lavoro in Italia per l’ingiustificato ritardo dello Stato nel riconoscerle la cittadinanza italiana Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 22802/20, depositata il 20 ottobre . A finire sotto accusa è il Ministero degli Affari Esteri, citato in giudizio da una straniera per l’ illegittimo diniego della cittadinanza e per la conseguente perdita economica subita. Nello specifico, ella spiega che il mancato ottenimento della cittadinanza italiana aveva comportato l’impossibilità dell’inserimento nelle graduatorie permanenti utilizzate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per il reclutamento del personale insegnante , con conseguente danno quantificato in misura pari alle retribuzioni che ella avrebbe percepito quale docente nel periodo luglio 1998-luglio 2001 . Per i Giudici di merito la versione data è plausibile, e fondata è la conseguente richiesta di risarcimento . Difatti, in Tribunale è stata accertata la lesione del diritto soggettivo della straniera, poiché la cittadinanza italiana era stata da lei ottenuta in ritardo , con decreto emesso solo a seguito della pronuncia con cui il giudice amministrativo aveva annullato l’originario provvedimento di diniego . Respinta l’obiezione proposta dal Ministero e centrata su una presunta assenza di prova del danno da perdita di chance . Su questo fronte i Giudici di merito osservano che non può essere negato il pregiudizio economico subito dalla donna, perché il mancato inserimento nella graduatoria era dipeso dall’illegittimo rigetto della richiesta di cittadinanza da lei presentata. Assolutamente inutile, infine, il ricorso proposto in Cassazione dal Ministero degli Affari Esteri e centrato sulla sua presunta carenza di legittimazione passiva . Dall’Avvocatura dello Stato sostengono, innanzitutto, che la domanda di risarcimento del danno proposta dalla straniera doveva essere rigettata, perché la cittadinanza italiana è concessa dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno, mentre quello degli Affari Esteri esprime solo un parere, nei casi in cui lo straniero abbia reso servizi all’Italia . Di conseguenza, la responsabilità del danno asseritamente patito dalla straniero non poteva ricadere sul Ministero degli Affari Esteri, il quale si era limitato a trasmettere il provvedimento emesso da altro Ministero . Allo stesso tempo, dall’Avvocatura dello Stato osservano che la legittimazione passiva del Ministero degli Affari Esteri andava esclusa , anche perché ciascun organo dello Stato, persona giuridica unitaria, costituisce figura giuridica soggettiva autonoma, dotata di propria capacità e legittimazione . Dalla Cassazione ribattono che ai sensi dell’art. 4 della l. n. 260/1958 la carenza di legittimazione passiva dell’organo dello Stato convenuto nel giudizio di responsabilità costituisce una mera irregolarità sanabile , che deve essere eccepita dall’Avvocatura dello Stato nella prima udienza utile, con la contestuale indicazione dell’organo effettivamente legittimato , e quindi in difetto di tempestiva eccezione, resta preclusa la possibilità di far valere l’irrituale costituzione del rapporto giuridico processuale ed è anche impedito al giudice di rilevare d’ufficio l’erronea individuazione del soggetto da evocare in giudizio . Tale orientamento poggia su due pilastri da un lato, nella ratio della legge n. 260/1958, diretta all’evidente scopo di semplificare l’individuazione dell’organo competente a rappresentare lo Stato dall’altro, nei principi costituzionali di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale , che, in coerenza anche con quelli comunitari, impongono un’interpretazione del sistema processuale finalizzata a ridurre i casi di inammissibilità dell’azione e ad evitare che sia reso eccessivamente difficile l’esercizio della tutela giurisdizionale . Tirando le somme, è inammissibile il ricorso proposto dal Ministero degli Affari Esteri, e non più contestabile è il risarcimento in favore della donna straniera.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 22 luglio – 20 ottobre 2020, numero 22802 Presidente Tria – Relatore Di Paolantonio Rilevato che 1. la Corte d'Appello di Roma ha respinto l'appello del Ministero degli Affari Esteri avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in parziale accoglimento del ricorso proposto da Su. Mc., aveva condannato il Ministero a risarcire il danno cagionato alla ricorrente dall'illegittimo diniego della cittadinanza italiana, quantificato in misura pari alle retribuzioni che la stessa avrebbe percepito quale docente nel periodo 1.7.1998/11.7.2001 in quanto il rifiuto aveva comportato l'impossibilità dell'inserimento nelle graduatorie permanenti utilizzate dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per il reclutamento del personale insegnante 2. la Corte territoriale ha premesso che con sentenza della stessa Corte numero 5690/2009 era stata dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, seppure limitatamente all'arco temporale successivo al 30.6.1998, ed ha evidenziato che, riassunta la causa, il Tribunale aveva accertato la lesione del diritto soggettivo dell'appellata, perché la cittadinanza italiana era stata ottenuta da quest'ultima in ritardo con decreto dell'11.7.2001, emesso solo a seguito della pronuncia del 2.6.2000, con la quale il giudice amministrativo aveva annullato l'originario provvedimento di diniego 3. il giudice d'appello ha ritenuto non fondato il gravame del MAE, incentrato sull'asserita assenza di prova del danno da perdita di chance, ed ha rilevato che nel giudizio di primo grado l'amministrazione non aveva contestato le circostanze dedotte dalla ricorrente a fondamento della pretesa, avendo affidato la sua difesa a considerazioni non pertinenti, riguardanti il riconoscimento dell'assegno di sede, ossia una domanda diversa rispetto a quella proposta 4. ha rilevato la tardività delle contestazioni formulate quanto alla prova del danno ed ha aggiunto che, in ogni caso, non poteva essere negato il pregiudizio economico subito dall'appellata, perché il mancato inserimento nella graduatoria era dipeso dall'illegittimo rigetto della richiesta di cittadinanza 5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale sulla base di due motivi, ai quali Su. Mcomma ha opposto difese con tempestivo controricorso. Considerato che 1. con il primo motivo il Ministero denuncia ai sensi dell'art. 360 numero 3 cod. procomma civ. la violazione dell'art. 9 della legge numero 91/1992 e sostiene che la domanda di risarcimento del danno proposta nei suoi confronti doveva essere rigettata, perché la cittadinanza italiana è concessa dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'Interno mentre quello degli Affari Esteri esprime solo un parere, nei casi in cui lo straniero abbia reso servizi all'Italia 1.1. la responsabilità del danno asseritamente patito dalla ricorrente non poteva ricadere sul MAE, il quale si era limitato a trasmettere il provvedimento emesso da altro Ministero 2. la seconda censura, formulata sempre ai sensi dell'art. 360 numero 3 cod. procomma civ., addebita alla sentenza impugnata la violazione degli artt. 100 e 101 cod. procomma civ. per avere ritenuto la legittimazione passiva del Ministero degli Affari Esteri che invece andava esclusa per le ragioni indicate nel primo motivo e perché ciascun organo dello Stato, persona giuridica unitaria, costituisce figura giuridica soggettiva autonoma, dotata di propria capacità e legittimazione 3. preliminarmente occorre dare atto dell'errore materiale commesso dalla Corte territoriale, che in più parti della motivazione ha fatto riferimento al periodo 1/7/2008 -11/7/2001, anziché a quello, corretto, 1/7/1998 - 11/7/2001 4. nel rispetto dell'ordine logico e giuridico delle questioni deve essere esaminato con priorità il secondo motivo, che va dichiarato inammissibile perché con lo stesso si prospetta, per la prima volta e solo nel giudizio di legittimità, un vizio di costituzione del rapporto processuale 4.1. le Sezioni Unite di questa Corte, confermando un orientamento risalente nel tempo Cass. S.U. numero 3117/2006 , hanno affermato che ai sensi dell'art. 4 della legge numero 260/1958 la carenza di legittimazione passiva dell'organo dello Stato convenuto nel giudizio di responsabilità costituisce una mera irregolarità sanabile, che deve essere eccepita dall'Avvocatura dello Stato nella prima udienza utile, con la contestuale indicazione dell'organo effettivamente legittimato, sicché, in difetto di tempestiva eccezione, resta preclusa la possibilità di far valere l'irrituale costituzione del rapporto giuridico processuale ed è anche impedito al giudice di rilevare d'ufficio l'erronea individuazione del soggetto da evocare in giudizio Cass. S.U. numero 30649/2018 4.2. le ragioni di detto orientamento, che va qui ribadito, sono state ravvisate, da un lato, nella ratio della legge numero 260/1958, diretta all'evidente scopo di semplificare l'individuazione dell'organo competente a rappresentare lo Stato, dall'altro nei principi costituzionali di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, che, in coerenza anche con quelli comunitari, impongono un'interpretazione del sistema processuale finalizzata a ridurre i casi di inammissibilità dell'azione e ad evitare che sia reso eccessivamente difficile l'esercizio della tutela giurisdizionale 4.3. l'inammissibilità della questione posta con la seconda censura è assorbente rispetto alle deduzioni, sviluppate nel primo motivo, in merito alla delimitazione delle sfere di competenza e di responsabilità dei Ministeri che intervengono nel procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana 5. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente nella misura indicata in dispositivo, da distrarsi in favore degli Avv.ti Andrea a e Ugo Sgueglia, i quali hanno reso la prescritta dichiarazione 6. non occorre dare atto, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all'art. 13 comma 1 quater D.P.R. numero 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo Cass. numero 4315/2020 Cass. numero 28250/2017 Cass. numero 1778/2016 Cass. S.U. numero 9938/2014 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore degli Avv.ti Anumero e Ug. Sg