La natura processuale della pronuncia non giustifica la compensazione delle spese di lite

Le gravi ed eccezionali ragioni” oggetto dell’art. 92, comma 2, c.p.c. vigente prima del d.l. n. 132/2014 non contemplano la natura in rito della pronuncia emessa al fine di consentire al giudice di compensare le spese processuali.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 18348/20, depositata il 4 settembre. La Corte d’Appello di Roma dichiarava nulla la pronuncia di primo grado in relazione alla declaratoria di estinzione del processo , rimettendo la causa al primo Giudice e compensando le spese di lite. L’attuale ricorrente impugna la suddetta decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando l’avvenuta compensazione delle spese processuali nonostante l’esito a sé totalmente favorevole. La Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso sopra delineato, osservando come nella fattispecie il procedimento sia disciplinato ratione temporis dall’art. 92 c.p.c. nel testo introdotto dalla l. n. 69/2009, il quale stabilisce la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali al di fuori dal caso di soccombenza reciproca per altre gravi ed eccezionali ragioni , esplicitamente indicate nella motivazione ”. In tal senso, i Giudici di legittimità richiamano il principio in base al quale il testo dell’art. 92, comma 2, c.p.c. vigente prima del d.l. n. 132/2014, nella parte in cui permette al giudice di disporre la compensazione delle spese quando ricorrano gravi ed eccezionali ragioni” è una norma elastica che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un determinato contesto storico ovvero a situazioni speciali non determinabili a priori, ma da specificare da parte del giudice in via interpretativa mediante un giudizio censurabile in sede di legittimità. Nel caso in oggetto, la ragione oggetto della decisione impugnata, cioè la natura in rito della pronuncia resa , non integra un’ipotesi legittimante l’esercizio del potere di compensazione, tenendo conto che per gravi ed eccezionali ragioni” si devono intendere circostanze specifiche o aspetti della lite decisa, non essendo sufficiente il semplice riferimento alla natura processuale della decisione . Essa, infatti, può trovare applicazione in ogni lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento. Per questa ragione, la Suprema Corte accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 12 giugno – 4 settembre 2020, n. 18348 Presidente Doronzo – Relatore Marchese Rilevato che la Corte d’appello di Roma, in accoglimento del gravame del ricorrente, ha dichiarato nulla la decisione di primo grado in relazione alla declaratoria di estinzione del processo e ha rimesso la causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c. ha quindi compensato le spese, tenuto conto del la natura in rito della pronuncia resa avverso la sentenza, limitatamente alla statuizione in ordine alle spese, propone ricorso per cassazione F.F. con unico motivo è intimata l’Agenzia delle Entrate - Riscossione la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che con un unico motivo - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 - il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., per avere la Corte di appello compensato le spese processuali nonostante l’esito a sé integralmente favorevole e senza che l’esplicitata ragione giustificativa assolvesse l’obbligo di motivazione, secondo il disposto dell’art. 92 c.p.c., ratione temporis vigente il motivo è fondato deve premettersi che la disciplina delle spese è regolata dalla norma vigente alla data di introduzione del giudizio di primo grado Cass., sez. VI, n. 10213 del 2017 nella fattispecie, il procedimento è disciplinato ratione temporis dall’art. 92 c.p.c. nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009 art. 45 comma 11 che prevede la possibilità di disporre la compensazione, fuori dal caso di soccombenza reciproca, per altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione il presente giudizio è stato infatti introdotto nel 2013 soccorre dunque il principio -enunciato dalle Sezioni Unite nell’arresto n. 2572 del 2012 e ribadito dalla giurisprudenza successiva per tutte Cass., sez. III, n. 22333 del 2017 - secondo cui - in relazione al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, vigente anteriormente al D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13 - la disposizione, nella parte in cui consente al giudice di disporre la compensazione delle spese di lite allorché ricorrano gravi ed eccezionali ragioni , è norma elastica che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico - sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche nello specifico, la ragione espressa nella sentenza impugnata la natura in rito della pronuncia resa non configura un’ipotesi che possa legittimare l’esercizio del potere di compensazione, trattandosi di un’evenienza ordinaria nell’ambito del processo si è invero osservato che In tema di spese giudiziali, le gravi ed eccezionali ragioni , da indicarsi esplicitamente nella motivazione, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento alla natura processuale della pronuncia , che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento Cass. n. 16037 del 2014 e successive ex plurimis, ord., VI sez., n. 7352 del 2019 in base alle svolte argomentazioni il ricorso va accolto e la sentenza cassata in parte qua, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà a liquidare le spese del procedimento in base al principio enunciato al giudice del rinvio è demandata, anche, la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alle spese processuali e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.