Troppe assenze per malattia, l’azienda chiede una verifica medica: legittimo il rifiuto del dipendente

Vittoria per il dipendente che vede riconosciuto il proprio diritto a riavere il lavoro. Priva di fondamento l’azione dell’azienda, che aveva licenziato il lavoratore solo perché quest’ultimo si era rifiutato di sottoporsi a delle verifiche mediche sulla veridicità delle malattie che spesso – 60 giorni in 10 mesi – lo avevano obbligato a rimanere a casa.

60 giorni di assenza in appena 10 mesi, e tutti piazzati a ridosso dei week-end o abbinati a periodi di ferie. Il comportamento del lavoratore insospettisce l’azienda, che ipotizza ci si trovi di fronti a malattie finte – nonostante i certificati medici – e pretende dal dipendente la sottoposizione ad alcuni controlli sanitari . Il netto rifiuto opposto dal lavoratore è sacrosanto, e non può certo giustificarne il licenziamento , anche perché è un abuso, secondo i Giudici, la richiesta avanzata dalla società Cassazione, sentenza n. 16251/20, sez. Lavoro, depositata oggi . Riflettori puntati su una guardia giurata, e, ad essere precisi, sulle sue ripetute assenze per malattia, accompagnate da regolari certificati medici. I troppi giorni a casa rendono sospettosa l’azienda che si rivolge al Tribunale per un accertamento tecnico preventivo sullo stato di salute del dipendente . L’uomo però si dichiara indisponibile a sottoporsi all’esame , e la società reagisce con una contestazione disciplinare mirata a censurare il rifiuto del lavoratore di prestare il consenso a sottoporsi agli accertamenti, rendendo così impossibile la verifica del suo stato di salute e giustificando ulteriormente i sospetti circa l’effettiva sussistenza degli episodi morbosi alla base delle assenze per malattia. L’azienda adotta però la linea dura e così, non ritenendo plausibili le giustificazioni addotte dal lavoratore, procede al suo licenziamento per giusta causa. E questo provvedimento viene ritenuto sacrosanto in Tribunale, poiché le numerose assenze per malattia del lavoratore nel corso del 2016, attestate da certificati emessi da medici diversi e poste a ridosso dei week-end e spesso alternate a ferie e permessi nei mesi di luglio e agosto 2016, hanno ingenerato nella società dubbi circa l’effettività delle malattie stesse . Per i Giudici, quindi, il rifiuto del dipendente all’idea di sottoporsi a dei controlli medici va qualificato come una rilevante violazione dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sul lavoratore . Di diverso avviso sono i Giudici d’Appello, che mettono in discussione il licenziamento per giusta causa adottato dall’azienda. Il lavoratore spiega di avere prodotto documentazione sanitaria comprovante la sussistenza delle malattie e sostiene la tesi del concorso di colpa della società per la tardività degli accertamenti, senza mai aver proceduto ad eseguire i controlli sanitari previsti per le assenze effettuate . E i Giudici di secondo grado dichiarano illegittimo il licenziamento deciso dall’azienda, che poi viene condannata a reintegrare il dipendente nel precedente posto di lavoro con le medesime o equivalenti mansioni ed a corrispondergli l’indennità risarcitoria pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del recesso a quello dell’effettiva reintegrazione, nel limite massimo di dodici mensilità . Inevitabile il ricorso in Cassazione da parte dell’azienda. I suoi legali sostengono che i Giudici d’Appello abbiano commesso un errore più precisamente, a loro parere il rifiuto del lavoratore alla prospettiva di sottoporsi all’accertamento tecnico preventivo e ad ispezioni sulla sua persona non è facoltà della parte e quindi è qualificabile come grave inadempimento agli obblighi lavorativi e come grave violazione degli obblighi di correttezza e buonafede nell’esecuzione del contratto di lavoro . Peraltro, sempre secondo i legali dell’azienda, dal rifiuto del lavoratore di sottoporsi all’accertamento tecnico preventivo possono evincersi argomenti di prova circa l’inesistenza delle malattie denunciate dal lavoratore. E in questa ottica vengono anche evidenziate le date delle assenze contigue ai week-end e ad altri giorni non lavorativi e la diversità dei medici che certificarono le varie malattie . Senza dimenticare poi, sempre secondo la difesa, che le varie patologie denunciate lombalgia, torocalgia, gastroenterite, rimozione di unghia incarnita, etc. non giustificavano certamente i sessanta giorni di assenza in dieci mesi . La visione proposta dall’azienda non convince però la Cassazione. In premessa i Giudici ricordano che gli obblighi di correttezza e buonafede costituiscono un metro di valutazione in ordine all’adempimento o meno degli obblighi contrattuali . Subito dopo essi osservano che l’accertamento tecnico preventivo è previsto dall’art. 445- bis c.p.c. per deflazionare il contenzioso in materia previdenziale e non certo per consentire al datore di lavoro di controllare lo stato di salute dei propri dipendenti . Di conseguenza, va censurata la posizione dell’azienda, poiché, Statuto dei lavoratori alla mano, sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda e infine il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico . Per i Giudici, poi, bisogna sottolineare che il nuovo art. 445- bis c.p.c. prevede come condizione di procedibilità nelle controversie previdenziali la presentazione, unitamente al ricorso giudiziario, di una istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa previdenziale fatta valere, restando così fermo il fatto che si tratta di un onere gravante su chi intende richiedere in giudizio una prestazione a carico dell’INPS, e non certo di un nuovo istituto, che si affiancherebbe senza alcun fondamento normativo agli ampi e diversi strumenti già indicati nell’art. 5 stat. Lav., che consente al datore di lavoro il controllo circa lo stato di salute dei suoi dipendenti ovvero la veridicità delle malattie da essi denunciate come causa di legittime assenze dal lavoro . Va quindi categoricamente escluso che al datore di lavoro sia consentito far controllare per tale via, lo stato di salute dei suoi dipendenti . Ciò legittima il netto rifiuto opposto dal dipendente e rende assolutamente privo di fondamento il licenziamento adottato dall’azienda.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 gennaio – 29 luglio 2020, numero 16251 Presidente Di Cerbo – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Il Tribunale di Milano rigettava il ricorso promosso da Anumero Fr., in opposizione all'ordinanza resa dallo stesso Tribunale in data 7 luglio 2017, al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli in data 17 novembre 2016 da Allsystem spa. Il ricorrente riferiva di aver iniziato a prestare la propria attività lavorativa in favore della convenuta a partire dal 3 ottobre 2009, dapprima in forza di un contratto di apprendistato e, poi, di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato quale guardia giurata. Allsystem, a seguito di numerose assenze per malattia del lavoratore aveva adito il Tribunale al fine di promuovere un a.t.p. diretto ad accertare lo stato di salute dell'Anumero che, costituitosi, tuttavia si dichiarava indisponibile a sottoporsi alesarne. Il giudice aveva quindi dichiarato il non luogo a provvedere. Il 9 novembre 2016 l'Anumero aveva ricevuto una contestazione disciplinare da parte della società, con cui si censurava il rifiuto del lavoratore di prestare il consenso a sottoporsi agli accertamenti, rendendo così impossibile la verifica del suo stato di salute e giustificando ulteriormente i sospetti circa l'effettiva sussistenza degli episodi morbosi . La società, non accogliendo le giustificazioni del lavoratore, procedeva al suo licenziamento per giusta causa in data 17.11.16. Il giudice dell'opposizione osservava come le numerose assenze per malattia del lavoratore nel corso del 2016, attestate da certificati emessi da medici diversi e poste a ridosso dei weekend e spesso alternate a ferie e permessi nei mesi di luglio e agosto 2016, avessero ingenerato in Allsystem s.p.a. dubbi circa l'effettività delle malattie stesse, ritenendo inoltre che il rifiuto dell'Anumero a sottoporsi a CTU nell'ambito del giudizio per ATP dovesse essere qualificata come una rilevante violazione dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sul lavoratore. Rigettava pertanto l'opposizione. Contro la sentenza proponeva reclamo Fr. Anumero per non avere il Tribunale considerato che egli si costituì in sede di ATP, producendo documentazione sanitaria comprovante la sussistenza delle malattie e lamentando l'assenza di valutazione sul concorso di colpa della società per la tardività degli accertamenti ex articolo 1227 c.c., senza mai aver proceduto ad eseguire i controlli sanitari previsti per le assenze effettuate, negando il suo obbligo di sottoporsi a c.t.u. nel procedimento di a.t.p. Con sentenza depositata il 16.5.18, la Corte d'appello di Milano in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato all'Anumero da Allsystem spa e, per l'effetto condannava quest'ultima a reintegrare il reclamante nel precedente posto di lavoro con le medesime o equivalenti mansioni ed a corrispondergli l'indennità risarcitoria pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del recesso a quello dell'effettiva reintegrazione, nel limite massimo di 12 mensilità, oltre accessori di legge ed alle spese del doppio grado. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Allsystem, affidato a sette motivi, poi illustrati con memoria. Resiste l'Anumero con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione degli articolo 1175, 1375, 2105 e 2119 c.c., anche in relazione agli articolo 5 L.numero 300\70 e 696 c.p.c. Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che il rifiuto del lavoratore a sottoporsi all'ATP ed ispezioni sulla sua persona era facoltà della parte non qualificabile come grave inadempimento agli obblighi lavorativi ai sensi dell'articolo 696 c.p.c. mentre era assolutamente valutabile come grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto di lavoro. 2.- Con secondo motivo la società denuncia la violazione degli articolo 116 e 118,co.2, c.p.c. anche in relazione all'articolo 13, co.2, e 32, co.2, della Costituzione, laddove la corte di merito aveva escluso che dal rifiuto del lavoratore di sottoporsi all'ATP potessero evincersi argomenti di prova circa l'inesistenza delle malattie denunciate. 3.- Con terzo motivo la All System denuncia di nullità la sentenza per non aver valutato gli elementi di prova offerti dalla società, quali le date delle assenze contigue ai fine settimana ed altri giorni non lavorativi , la diversità dei medici che certificarono le varie malattie. 4.- Con quarto motivo la società denuncia la violazione degli articolo 2727 e 2729 c.c. in ordine alla violazione dei principi che regolano la prova presuntiva, ed in particolare la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ravvisabili invece nella fattispecie, anche valutate le varie patologie denunciate lombalgia, torocalgia, gastroenterite, rimozione di unghia incarnita, etc. che non giustificavano certamente i 60 giorni di assenza in 10 mesi. 5.- Con quinto motivo la società denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360, co.1, numero 5 c.p.c. in ordine ai medesimi fatti ora esposti. 6.- con sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 115, co.1, c.p.c. per avere erroneamente ritenuto che le certificazioni mediche dell'Anumero erano rimaste del tutto incontestate, mentre la società aveva evidenziato che tali certificazioni erano incomplete. 7.- con settimo, subordinato, motivo la società denuncia la violazione dell'articolo 18, commi 4 e 5, L. numero 300\70. Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente applicabile nella specie la tutela di cui all'articolo 18, co.4, Stat.lav. per insussistenza del fatto contestato, laddove, al più, poteva applicarsi la tutela di cui al co.5, che presuppone la presenza del fatto contestato non integrante tuttavia gli estremi della giusta causa o del g.m. soggettivo di licenziamento. 8.- I motivi possono essere congiuntamente esaminati stante la loro connessione. Deve premettersi che gli obblighi di correttezza e buona fede, sovente denunciata in ricorso, costituiscono un metro di valutazione in ordine all'adempimento o meno degli obblighi contrattuali e non anche una autonoma fonte di questi ultimi ex aliis, Cass. numero 28974 del 04/12/2017, Cass. numero 6501 del 14/03/2013 . Occorre poi considerare che l'a.t.p., previsto dall'articolo 445 bis c.p.c. per deflazionare il contenzioso in materia previdenziale e non certo per consentire al datore di lavoro di controllare lo stato di salute dei propri dipendenti, è dunque previsto come condizione di procedibilità nelle controversie di cui sopra, mentre per lo scopo voluto nella fattispecie dal datore di lavoro sovviene l'articolo 5 L.numero 300\70 secondo cui sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. 2. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. 3. Il datore di lavoro ha inoltre facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico . Il nuovo articolo 445 bis c.p.c. prevede quindi come condizione di procedibilità nelle controversie previdenziali la presentazione, unitamente al ricorso giudiziario, di una istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa previdenziale fatta valere, restando così fermo il fatto che si tratta di un onere gravante su chi intende richiedere in giudizio una prestazione a carico dell'INPS, e non certo di un nuovo istituto, che si affiancherebbe senza alcun fondamento normativo agli ampi e diversi strumenti già indicati nel detto articolo 5 S.L., che consente al datore di lavoro il controllo circa lo stato di salute dei suoi dipendenti ovvero la veridicità delle malattie da essi denunciate come causa di legittime assenze dal lavoro. La circostanza poi che il ridetto articolo 445 bis richiami, nel procedimento da seguire in tema di a.t.p. ed in quanto compatibile, l'articolo 696 c.p.c. previsto tra i mezzi di istruzione preventiva in casi connotati da particolare urgenza, non vale certo ad assimilare i due istituti, dovendo pertanto escludersi che al datore di lavoro sia consentito, in deroga non prevista al citato articolo 5 S.L., far controllare per tale via, lo stato di salute dei suoi dipendenti. Ciò incide anche sulla denunciata violazione degli articolo 116 e 118, co.2, c.p.c. che presuppongono un ordine giudiziale di ispezione, scaturito dall'istruttoria e non dal solo ricorso di una parte avente tale oggetto, restando comunque necessario il consenso dell'altra parte articolo 696, co.1, c.p.c. , consenso non richiesto dall'ispezione ex articolo 118. I motivi da 3 a 6 sono inammissibili in quanto diretti ad una diversa valutazione dei fatti di causa nel regime di cui al novellato numero 5 dell'articolo 360, co.1, c.p.c. II settimo motivo è invece infondato, non essendo affatto emersa dall'istruttoria la sussistenza dei fatti contestati. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro.200,00 per esborsi, Euro.5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. numero 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.