Ricorso consegnato ad uno studio legale errato e restituito al mittente: la notifica è inesistente

Deve considerarsi radicalmente inesistente la notifica del ricorso consegnata ad un difensore e ad uno studio legale completamente estranei alla parte intimata. Il plico in tal caso viene infatti restituito con la dicitura mancata consegna per irreperibilità del destinatario sconosciuto”.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15924/20, depositata il 24 luglio, dichiarando inammissibile il ricorso proposto da una società avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sussistenza di un contratto di somministrazione con l’originaria attrice, riducendo solo in parte il risarcimento dovuto a titolo di indennità ex art. 32 l. n. 183/2010. Il Collegio ha rilevato la tardività del ricorso per cassazione per violazione del c.d. termine lungo semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., non operando in materia di controversie di lavoro la sospensione feriale dei termini. Ciò posto, la pronuncia in oggetto sottolinea che la prima notificazione appare radicalmente inesistente in quando indirizzata ad un difensore e ad un indirizzo che non risultavano aver mai avuto alcun collegamento con la parte intimata . Il plico postale veniva infatti restituito al mittente in quanto la destinataria era sconosciuta presso quello studio legale. Tale restituzione conferma l’ assoluta inidoneità di detta istanza di consentire il recapito dell’atto alla destinataria, da effettuarsi presso i procuratori costituiti e suoi domiciliatari . In altre parole, l’errore commesso dalla parte notificante ha inciso inevitabilmente sulla validità della richiesta di notifica che non si è rivelata in alcun modo idonea al raggiungimento dello scopo se non alla successiva richiesta di notifica, ormai tardiva.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 10 settembre 2019 – 24 luglio 2020, n. 15924 Presidente Bronzini – Relatore De Gregorio Rileva che con sentenza n. 2552/12, pronunciata dal Tribunale di Milano, veniva accolta la domanda dell’attrice C.L. , riconoscendo che il contratto di somministrazione in data 23 febbraio 2009 era stato concluso in violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e segg., con conseguente accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 24 febbraio 2009 alle dipendenze della utilizzatrice società POSTEL, condannata quindi anche al risarcimento dei danni commisurati alla retribuzione globale di fatto a suo tempo percepita, a decorrere dal 4 maggio 2011 sino all’effettiva riammissione in servizio, detratto l’eventuale aliunde perceptum, nonché al rimborso delle spese di lite in seguito al gravame interposto dalla soccombente POSTEL, la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma dell’impugnata pronuncia, con sentenza n. 148 in data 5 febbraio - 16 marzo 2015, riduceva il risarcimento del danno all’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, in ragione di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita, oltre accessori di legge maturati dalla data della decisione gravata e con la conseguente restituzione da parte appellata di quanto percepito in eccedenza in esecuzione della sentenza di primo grado . La società appellante, inoltre, veniva condannata al pagamento delle ulteriori spese relative al secondo grado del giudizio avverso l’anzidetta pronuncia d’appello, pubblicata il 16-03-15, ha proposto ricorso per cassazione POSTEL S.p.a., affidato a tre motivi, come da relativo atto di cui veniva richiesta la notificazione all’ufficiale giudiziario in data 11-09-2015, nei confronti di C.L. rapp.ta dif. ed elett. dom. c/o avv. P.M. - omissis , sicché vi si provvedeva a mezzo del servizio postale come da relata del 12-09-2015. Successivamente, tuttavia, POSTEL chiedeva una nuova notifica del ricorso, in data 17 diciassette settembre 2015 giovedì, giorno feriale , nei confronti di C.L. rap. e dif. elett. dom. avv. ti S.S., A.S. e G.S., in un’unica copia, omissis , per cui l’ufficiale giudiziario incaricato vi provvedeva a mezzo del servizio postale come da relata del 18-09-15 v quindi il conseguente avviso di ricevimento pervenuto a destinazione il 23-09-15 al ricorso per cassazione ha resistito con controricorso di cui alla relata notifica in data 30 ottobre - 2 novembre 2015, quindi depositato e iscritto il successivo 17 novembre la sig.ra C.L. , eccependo tra l’altro la tardività dell’impugnazione avversaria, siccome eseguita in data 17/18 settembre 2015, oltre il termine c.d. lungo, nella specie semestrale ex novellato art. 327 c.p.c. ratione temporis applicabile in relazione al ricorso introduttivo del giudizio risalente al 16 settembre - 20 dicembre 2011 . Considerato che con il primo motivo la ricorrente ha denunciato ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4 e art. 21, comma 1 con la seconda doglianza la sentenza impugnata è stata censurata ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20, 21 e 27, in relazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, nonché dell’art. 12 preleggi e artt. 1362 c.c. e segg. con il terzo motivo ancora ex art. 360 c.p.c., n. 3, è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 421, 434 e 437 c.p.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c. tanto premesso, come pure eccepito dalla controricorrente, va rilevata la tardività del suddetto ricorso per cassazione, donde la sua inammissibilità, per violazione del c.d. termine lungo semestrale, di cui al vigente art. 327 c.p.c., in quanto ritualmente presentato per la notificazione nei confronti della sig.ra C. precedentemente appellata costituita con i soli avv.ti Sonja, Antonio e Giuseppe Siracusa presso i quali risultava, come in atti, elett.te dom.ta in omissis soltanto giovedì 17 settembre 2015, perciò oltre il termine, perentorio, all’uopo previsto in difetto di notifica della sentenza stessa, pubblicata il 16 marzo 2015 , quindi il giorno dopo la scadenza del termine ultimo utile, non operando peraltro in materia di controversie di lavoro, come è noto, la sospensione dei termini durante il periodo feriale invero, l’anzidetta prima notificazione in data 11 settembre 2015 appare radicalmente inesistente de jure, siccome richiesta presso altro difensore avv. P. M. ed altro indirizzo omissis , che non risultano aver avuto mai alcun collegamento con l’intimata C.L. , tant’è che il plico postale, poi spedito il 12 settembre 2015, con n. di cronologico 74258, veniva restituito come in atti al mittente, in quanto la destinataria era sconosciuta c/o studio legale M. P., giusta le annotazioni dell’addetto al recapito in data 17-09-15, pure sul relativo avviso di ricevimento, anch’esso reso con la dicitura della mancata consegna per irreperibilità del destinatario sconosciuta tale restituzione del plico, di cui alla richiesta di spedizione notifica in data 11-09-2015, conferma l’assoluta inidoneità di detta istanza a consentire il recapito dell’atto alla destinataria, da effettuarsi presso i procuratori costituiti e suoi domiciliatari come in risultanti, sicché l’errore ivi commesso incide inevitabilmente pure sulla validità della richiesta medesima, che non ebbe infatti a raggiungere lo scopo ex art. 156 c.p.c., raggiungimento così avutosi esclusivamente in seguito alla corretta indicazione di cui alla richiesta in data 17 settembre 2015, però ormai tardiva v. del resto anche Cass. sez. un. civ. n. 14916 del 20/07/2016, che pur restringendo le ipotesi di inesistenza della notificazione del ricorso, oltre che al caso di totale mancanza materiale dell’atto, alle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità, nel precisare detti elementi minimi, ha tuttavia escluso soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del suddetto ricorso peraltro anche infondato, oltre che non autosufficiente ex art. 366 c.p.c., per carenti allegazioni, visto che i giudici di merito hanno motivatamente rilevato come nella fattispecie in esame la ragione indicata a giustificazione del ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo fosse tal punto generica da non consentire neppure la benché minima verifica sulla stessa effettività della ragione addotta, correttamente quindi applicando i principi affermati in materia da questa Corte con la sentenza n. 17550/1.8.2014, conforme tra le altre Cass. lav. n. 197/14.11.18 - 08.01.2019 l’esito negativo dell’impugnazione de qua comporta la condanna al rimborso delle relative spese processuali a carico della parte rimasta soccombente, sussistendo, quindi, anche i presupposti processuali di legge in ordine al versamento dell’ulteriore contributo unificato. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in 4000,00 Euro per compensi professionali ed in 200,00 Euro per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con attribuzione all’avv. Sonja Siracusa, dichiaratasi procuratrice antistataria per la controricorrente. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.