Esclusa la condanna al raddoppio del contributo unificato in presenza dei requisiti reddituali per l’esenzione

Laddove il reddito familiare imponibile dichiarato dal ricorrente ai fini delle imposte dirette sia inferiore rispetto al triplo dell’importo previsto dall’art. 76 TUIR, sussistono le condizioni per l’esenzione dal pagamento del contributo unificato e non può dunque essere pronunciata nemmeno la condanna neppure al raddoppio in caso di ricorso rigettato o dichiarato inammissibile.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15416/20, depositata il 20 luglio, decidendo sul ricorso proposto da un pensionato avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Roma aveva confermato la legittimità del provvedimento dell’INPS di indebito sulla pensione. Le doglianze attinenti al merito della questione sono state ritenute inammissibili, mentre fondato è il motivo di ricorso con cui si lamenta la condanna al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato , avendo il ricorrente dichiarato la titolarità di un reddito familiare imponibile , ai fini delle imposte dirette, inferiore rispetto al triplo dell’importo previsto dall’art. 76 TUIR . Sulla base di tale presupposto, il ricorrente non poteva infatti essere condannato al pagamento dell’ulteriore importo previsto a titolo di contributo unificato dall’art. 13, comma 1- quater , pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1- bis in ipotesi in cui la stessa impugnazione sia stata respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile. In altre parole, il ricorrente era esentato ab origine per motivi reddituali dal pagamento del contributo unificato e non poteva perciò essere condannato neppure al raddoppio . La Corte accoglie dunque in tali limiti il ricorso e, non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti, dichiara che il ricorrente non era tenuto al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 20 novembre 2019 – 20 luglio 2020, n. 15416 Presidente Esposito – Relatore Riverso Considerato che la Corte di appello di Roma con sentenza n. 1347/2018 rigettava l'appello d.D.M. avverso la sentenza che aveva respinto la domanda di dichiarazione di illegittimità del provvedimento dell'INPS di indebito sulla pensione del 15.12.2014. La Corte rilevava che il provvedimento dell'Inps fosse specifico, motivato e corretto e che il giudice di primo grado avesse affermato che trattandosi di indebito previdenziale l'onere della prova fosse a carico del pensionato. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.D. con quattro motivi illustrati da memoria, ai quali ha resistito l'INPS con controricorso. E' stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. Ritenuto che 1.- Il primo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 147 del 2009, art. 35, comma 10 e della L. n. 335 del 1995, art. 1, atteso che la d.D. aveva assolto l'onere di comunicazione all'INPS della propria situazione reddituale mentre la richiesta di indebito dell'INPS nasceva dal paradosso di avere considerato nell'importo presente sul mod. 730 per l'anno 2012 la stessa prestazione di reversibilità, sommandola al trattamento pensionistico di vecchiaia. Il motivo deve ritenersi inammissibile in quanto introduce in questa sede di legittimità questioni di fatto e di diritto nuove di cui non parla la sentenza impugnata e di cui nulla si dice circa la loro rituale allegazione e deduzione nei precedenti gradi di giudizio. 2.- Col secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 2697 c.c. e 3 1. 241 del 1990 per la genericità del provvedimento INPS. Anche tale motivo è inammissibile perchè impinge nel merito della valutazione effettuata dalla Corte, la quale ha negato la genericità del provvedimento affermando che nella nota dell'INPS fosse inserito il conteggio analitico con gli importi non dovuti e le differenze indebite, il periodo cui si riferiva l'indebito, le ragioni della pretesa. Le censure esposte dal ricorrente non rispettano peraltro neppure il principio di specificità ed autosufficienza e si pongono contro la pronuncia delle Sez. un. 18046/10, in base alla quale spetta al pensionato provare il diritto a ritenere le somme percepite ed oggetto della richiesta di ripetizione dell'INPS. 3.- Col terzo motivo si sostiene la violazione dell'art. 420 c.p.c. perchè la Corte ha affermato che non ci fosse bisogno di note difensive. E che la parte avrebbe potuto replicare dopo la costituzione dell'INPS ed aggiustare il tiro. Il motivo è infondato perchè quanto affermato dalla Corte sulla mancanza di un diritto alle note rispecchia i principi regolatori del processo del lavoro ed è conforme ai poteri riconosciuti dal codice di rito al giudice del lavoro ai fini della modulazione del contraddittorio e dei tempi del processo. Oltre tutto, anche in tal caso la valutazione effettuata dalla Corte d'Appello appare congrua e conseguente alla rilevata completezza e specificità del provvedimento amministrativo comunicato al ricorrente. 4.- Col quarto motivo si impugna la condanna al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, avendo la ricorrente sempre dichiarato la titolarità di un reddito familiare imponibile, ai fini delle imposte dirette, inferiore rispetto al triplo dell'importo previsto dall'art. 76 Testo Unico imposta personale sul reddito pertanto non poteva essere condannata al pagamento dell'ulteriore importo del contributo unificato. Il motivo è da accogliere in quanto, come risulta in atti, il ricorrente era in possesso di un reddito inferiore a quello previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 9 e 76 e, pertanto, non poteva essere condannato al pagamento dell'ulteriore importo previsto a titolo di contributo unificato dall'art. 13, comma 1 quater, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1-bis in ipotesi in cui la stessa impugnazione sia stata respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile. Il ricorrente era, appunto, esentato ab origine per motivi reddituali dal pagamento del contributo unificato e non poteva perciò essere condannato neppure al raddoppio. 5.- Per le considerazioni che precedono deve essere accolto il quarto motivo di ricorso mentre vanno rigettati gli altri. La sentenza deve essere quindi cassata in relazione al motivo accolto e non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti va dichiarato che il ricorrente non fosse tenuto al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Le spese processuali vanno compensate per la reciproca soccombenza. 6.- Avuto riguardo all'esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i primi tre motivi cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti, dichiara che il ricorrente non fosse tenuto al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Compensa le spese processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.