Domanda di ricalcolo della pensione di reversibilità e decadenza

La decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. n. 639/1970, come interpretato dall’art. 6 d.l. n. 103/1991, conv. in l. n. 166/1991, non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere solo l’adeguamento della prestazione previdenziale già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto.

Lo si legge nella sentenza n. 14087/20 della Corte di Cassazione, depositata il 7 luglio. La Corte d’Appello di Perugia, confermando la pronuncia di prime cure, rilevava la decadenza ex art. 47 d.P.R. n. 639/1970 della domanda proposta dall’attrice, titolare di pensione di reversibilità del marito, deceduto nel 2000 e pensionato del Fondo Volo dal 1996. Secondo i giudici di merito, la ricorrente aveva chiesto il ricalcolo della pensione goduta denunciando erronea applicazione di legge da parte dell’INPS che aveva resistito sostenendo di aver correttamente proceduto alla liquidazione. Avverso la pronuncia, la donna ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per l’accertata decadenza in quanto l’art. 47 cit. non sarebbe stato applicabile nel caso di specie. Precisato che il tema della controversia è il ricalcolo di un trattamento pensionistico già riconosciuto, il Collegio ricorda che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la decadenza di cui in parola art. 47 d.P.R. n. 639/1970, come interpretato dall’art. 6 d.l. n. 103/1991, conv. in l. n. 166/1991 non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto. Si tratta delle ipotesi di errore di calcolo da parte dell’INPS o di errate indicazioni della normativa legale. In tali casi dunque la decadenza è soggetta all’ordinario termine decennale. La pronuncia impugnata ha dunque erroneamente considerato decaduta l’azione, ma esaminando nel merito la domanda ne ha negato la fondatezza. Tale profilo della motivazione risulta dunque reso ad abundantiam essendo il giudice ormai privo del potere di decidere avendo la medesima pronuncia riscontrato la decadenza. Di conseguenza, la decisione nel merito è meramente apparente ed inidonea a definire la controversia. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame della causa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 marzo – 7 luglio 2020, n. 14087 Presidente Manna – Relatore D’Antonio Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Perugia ha ritenuto intervenuta la decadenza D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47, così come affermato dal Tribunale di Spoleto, sulla domanda proposta da B.R.E. , titolare di pensione di reversibilità del marito, deceduto nel [] pensionato del Fondo Volo dal 1996. Secondo la Corte, infatti, la ricorrente aveva chiesto il ricalcolo della pensione goduta denunciando non già errori di calcolo, ma l’erronea applicazione da parte dell’Inps di una norma di legge in luogo di quella corretta. La Corte ha, inoltre, rilevato che l’Inps aveva dichiarato di aver correttamente liquidato la pensione e di non aver applicato il coefficiente di abbattimento di 0,9737, al momento della liquidazione della pensione diretta, come sostenuto dalla ricorrente, la quale, tuttavia, non aveva provato tale circostanza essendosi limitata a chiedere la CTU, che non era mezzo prova. 2. Avverso la sentenza ricorre la B. con un motivo. L’Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato. Ragioni della decisione 3. La ricorrente denuncia violazione del D.L. n. 384 del 1992, art. 4, conv. in L. n. 438 del 1992 di modifica del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 L. n. 859 del 1965, art. 55 L. n. 859 del 1965, art. 22, modificato dalla L. n. 484 del 1973, art. 1 e L. n. 408 del 1988, art. 6 art. 2697 c.c. artt. 61 e segg., artt. 112, 191 e 342 c.p.c. art. 360, nn. 3, 4, 5 . Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto verificatasi la decadenza di cui all’art. 47 citato. Rileva che tale decadenza non era applicabile nel caso di specie, avente ad oggetto la richiesta di riliquidazione della pensione già attribuita. Deduce, inoltre, circa l’erroneo coefficiente applicato dall’Istituto, che lo stesso Inps aveva affermato che non era applicabile in quanto riferibile solo al caso di soggetto di 45 anni di età e 20 di contributi. Osserva, inoltre, che l’erronea applicazione del coefficiente da parte dell’Inps risultava provato dal doc. n. 4, già depositato e ritrascritto nel ricorso in cassazione. 4. Il ricorso va accolto. 5. La Corte territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione di decadenza sollevata dall’Inps dichiarando di voler confermare, sotto tale profilo, la sentenza del Tribunale che aveva pronunciato l’inammissibilità della domanda. 6. Nel caso in esame risulta evidente da quanto esposto nella sentenza che ciò di cui si discute attiene al ricalcolo di un trattamento di pensione già riconosciuto. La sentenza impugnata non si è uniformata ai principi affermati da questa Corte in base ai quali deve rimanere applicabile alla fattispecie il principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte secondo cui cfr. SU n. 12720 del 29/5/2009 La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 - non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate intercettazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale . 6. Va, altresì, richiamato l’ulteriore principio affermato da questa Corte secondo cui in tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una prestazione pensionistica parzialmente riconosciuta, la novella del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d , conv. in L. 15 luglio 2011, n. 111 - che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito - detta una disciplina innovativa che, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 4, non trova applicazione ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, per i quali vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale cfr. Cass. n. 31398/2019, n. 1071/2015 si vedano anche n. 15375/2013 Cass. 8 maggio 2012, n. 6959/2012 . La Corte territoriale, in conclusione, non si attenuta a detti principi affermando erroneamente la decadenza. 7. Sebbene la Corte abbia ritenuto intervenuta la decadenza,ha esaminato anche nel merito la fondatezza della domanda. Tale seconda ratio su cui è fondata la decisione risulta, con evidenza, emessa ad abundantiam . Si vuole cioè rilevare che la Corte, dopo aver riconosciuto, nella motivazione, di essere priva del potere di pronunciarsi sulla domanda della B. per intervenuta decadenza della stessa, ha poi erroneamente deciso il merito ed ha rigettato l’appello. La motivazione della sentenza, nella parte in cui ha esaminato nel merito la domanda, è stata resa ad abundantiam essendo il giudice ormai privo del potere di decidere avendo, con la pronuncia di decadenza, completamente definito la causa. Risulta, allora, che la decisione nel merito è meramente apparente ed inidonea a definire anche sotto tale profilo la controversia. Questa Corte ha affermato che Tanto in coerenza con il principio - consolidato nella giurisprudenza di questa Corte in relazione a giudizi definiti con sentenza dichiarativa della inammissibilità della domanda ma parimenti riferibile all’ipotesi di dichiarazione di incompetenza - secondo cui ove il giudice si sia spogliato della propria potestas iudicandi con una pronuncia di carattere meramente processuale, le ulteriori statuizioni impropriamente rese nel merito sono inutiliter date cfr. tra le tante Cass. n. 1093/2019, n. 30393/2017 . In applicazione di detti principi la questione dell’applicazione o meno di un coefficiente erroneo e dell’esattezza della quantificazione della pensione goduta dalla ricorrente, così come contestato da quest’ultima, dovrà essere verificato, una volta esclusa la fondatezza dell’eccezione di decadenza, dalla Corte d’appello, cui il presente giudizio è rinviato. 8. Per le considerazioni che precedono, accolto il ricorso, la sentenza deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Firenze anche per le spese. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze anche per le spese.