Differenze contributive dovute all’INPS sulla retribuzione di soci lavoratori

Il principio del cosiddetto minimo retributivo imponibile, secondo cui l’importo della retribuzione da assumere alla base del calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione del CCNL, è applicabile anche alle società cooperative, i cui soci vengono equiparati ai lavoratori subordinati ai fini previdenziali.

Lo ribadiscono i Giudici della Suprema Corte con ordinanza n. 8446/20, depositata il 4 maggio. La vicenda. La Corte d’Appello milanese accoglieva il gravame proposto da una società cooperativa avverso la sentenza di primo grado di rigetto delle opposizioni a 3 cartelle esattoriali relative a differenze contributive dovute all’INPS sulla retribuzione di soci lavoratori per un determinato periodo e rigettava l’appello proposto dall’INPS. In particolare la questione è iniziata dalla contestazione da parte dell’INPS del diritto della società a fruire del regime contributivo previsto dal d.P.R. n. 602/1970, in relazione alla mancata prova dell’iscrizione al libro matricola di tre soci fondatori. Intervengono dunque i Giudici di legittimità. Minimo retributivo imponibile. La S.C. ribadisce, al riguardo, che il principio del cosiddetto minimo retributivo imponibile, secondo cui l’importo della retribuzione da assumere alla base del calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un certo settore sarebbe dovuta in applicazione del CCNL, è applicabile anche alle società cooperative, i cui soci vengono equiparati ai lavoratori subordinati ai fini previdenziali, sia nell’ipotesi in cui il datore di lavoro paghi di meno la prestazione a pieno orario, sia nell’ipotesi di prestazione ad orario ridotto. Ciò per rispondere alla finalità costituzionale di assicurare comunque un minimo di contribuzione dei datori di lavoro al sistema della previdenza sociale. Ebbene, poiché la sentenza impugnata non si è attenuata a tale disciplina applicando l’art. 4 d.P.R. n. 602/1970, ormai superato dal d.lgs. n. 423/2001 , il ricorso viene accolto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 gennaio – 4 maggio 2020, n. 8446 Presidente Manna – Relatore Calafiore Rilevato che la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 102 del 2014, riuniti gli appelli proposti avverso due sentenze del Tribunale di Milano, ha accolto l’appello proposto da Swing Service soc. coop. avverso la sentenza di primo grado n. 2691/2010, di rigetto delle opposizioni a tre cartelle esattoriali relative a differenze contributive dovute all’INPS sulle retribuzioni di soci lavoratori per i periodi compresi tra novembre e dicembre 2006, gennaio e dicembre 2007 e gennaio ed agosto 2008 , ed ha rigettato l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado n. 5047/2010 che aveva accolto l’opposizione alla cartella relativa alla contribuzione richiesta per il periodo settembre - dicembre 2008 la questione aveva preso avvio dalla contestazione da parte dell’INPS del diritto della società a fruire del regime contributivo previsto dal D.P.R. n. 602 del 1970, in relazione alla mancanza di prova dell’iscrizione al libro matricola dei tre soci fondatori C. , Ca. e V. ed anche dal fatto che risultava superato il numeri dei soci addetti ad attività amministrative, numero che non doveva superare il limite di uno per ogni dodici soci o frazione la Corte territoriale ha ritenuto che, con la introduzione della L. n. 142 del 2001, art. 1, comma 3, la natura del rapporto di lavoro intercorrente tra socio e cooperativa non fosse rilevante ai fini di salvaguardare la genuinità dello scopo mutualistico, essendo sufficiente accertare che l’attività dei soci fosse effettivamente resa in favore della cooperativa inoltre, era emerso che il numero dei soci ed operai ed impiegati tecnici era contenuto nel limite consentito, ai sensi del D.Lgs.C.P.S. n. 23 n. 1577, art. 23 del 1947 come modificato dalla L. n. 59 del 1992, che richiedeva che il numero degli elementi tecnici ed amministrativi fosse quello strettamente necessario al buon funzionamento dell’ente avverso il capo di tale sentenza che lo vede soccombente, quanto alla contribuzione pretesa da gennaio 2007 al dicembre 2008, ricorre per cassazione l’Inps sulla base di un motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 15 disp. gen., con riferimento al D.P.R. n. 603 del 1970, artt. 2 e 4 ed al D.Lgs. n. 423 del 2001, artt. 1 e 44 il ricorrente, in particolare, specificando che non intende modificare i dati di fatto acquisiti al processo, lamenta in sostanza la scorretta applicazione della normativa ratione temporis, posto che l’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato il regime più favorevole contenuto nel D.P.R. n. 602 del 1970 e non il D.Lgs. n. 423 del 2001, art. 2 punto 4, a mente del quale A decorrere dal 1 gennaio 2007, per la determinazione della retribuzione imponibile, ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, trova applicazione del citato D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1” resiste Swing Service soc. coop. con controricorso. Considerato che l’INPS, nella sostanza, censura la mancata applicazione del minimale contributivo previsto dal D.Lgs. n. 423 del 2001, art. 2, n. 4 il motivo è fondato questa Corte di legittimità Cass. n. 15172 del 2019 nel ricostruire, anche dal punto di vista del suo svolgimento storico, il sistema previdenziale relativo ai soci lavoratori delle cooperative, ha affermato che la disciplina previdenziale di riferimento del socio di cooperativa, a mente della L. 3 aprile 2001, n. 142, art. 4, comma 1, è quella prevista per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative, nei limiti di quanto previsto dal successivo art. 6 la stessa legge, all’art. 4, comma 3, ha delegato il governo ad emanare uno o più decreti legislativi intesi a riformare la disciplina previdenziale dei lavoratori soci di società e di enti cooperativi, rispettando il principio direttivo della graduale equiparazione in un periodo non superiore a cinque anni della contribuzione previdenziale e assistenziale a quella dei lavoratori dipendenti da impresa è intervenuto quindi il D.Lgs. 6 novembre 2001, n. 423, che all’art. 3, ha previsto l’aumento graduale dell’imponibile contributivo per gli anni a decorrere dal 1 gennaio 2003, mediante l’applicazione di coefficienti progressivamente crescenti alla differenza tra la precedente parametrazione rapportata al c.d. minimo dei minimi D.L. n. 463 del 1983, art. 7, comma 1, conv. in L. n. 638 del 1983 e succ. mod. ed il minimo contrattuale previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, e ciò sino al 1 gennaio 2007, data a decorrere dalla quale D.L. n. 463 del 1983, art. 7, comma 1, conv. in L. n. 638 del 1983 e succ. mod. per la determinazione della retribuzione imponibile trova applicazione del citato D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1 art. 3, comma 4 questa Corte ha dunque affermato che il principio del cd. minimo retributivo imponibile, secondo cui l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale c.d. retribuzione virtuale di cui alla L. n. 389 del 1989 è applicabile anche alle società cooperative, i cui soci sono equiparati ai lavoratori subordinati ai fini previdenziali, sia nel caso in cui il datore di lavoro paghi di meno la prestazione lavorativa a pieno orario, sia nel caso di prestazione a orario ridotto, rispondendo tale parificazione alla finalità costituzionale di assicurare comunque un minimo di contribuzione dei datori di lavoro al sistema della previdenza sociale Cass. 02/09/2016, n. 17531 la regola del minimale contributivo deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende per la determinazione della previdenza sociale Cass. 02/09/2016, n. 17531 la soluzione è inoltre coerente con la delega conferita al Governo con la L. n. 142 del 2001, art. 4, comma 3, che, pur nella consapevolezza delle peculiarità del sistema cooperativo e delle sue caratteristiche di mutualità, ha dettato l’inequivocabile criterio direttivo dell’equiparazione della contribuzione previdenziale dei soci lavoratori dipendenti da cooperativa a quella dei lavoratori dipendenti da imprese la sentenza impugnata non si è attenuta a tale interpretazione della disciplina vigente ed ha ritenuto applicabile a contribuzione dovuta per periodi di tempo successivi al primo gennaio 2007 il disposto del D.P.R. n. 602 del 1970, art. 4, ormai sostanzialmente superato dalle previsioni del D.Lgs. n. 423 del 2001 il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza, nella parte investita dal ricorso, va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuova valutazione della pretesa dell’Inps relativa alla contribuzione compresa tra il mese di gennaio 2007 ed il mese di dicembre 2008, attenendosi al principio sopra individuato al giudice designato competerà anche la regolazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.