Agli eredi del lavoratore che non ha potuto beneficiare delle ferie spetta l’indennità sostitutiva

Ove non sia più possibile beneficiare delle ferie maturate in corso di rapporto ad esempio quando il rapporto di lavoro cessi per morte del lavoratore queste non possono essere che monetizzate, a maggior ragione se risulti che il lavoratore non avesse rifiutato un’offerta datoriale di goderne.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 7976/20, depositata il 21 aprile. La vicenda. La Corte di appello confermava la sentenza del Tribunale che aveva rigettato l’opposizione proposta da una s.n.c. avverso il decreto con il quale le era stato ingiunto il pagamento di una somma di denaro, a titolo di indennità di ferie non godute, in favore degli eredi di un proprio ex dipendente. In particolare, la Corte territoriale riteneva dovute le somme chieste sul rilievo che il diritto all’indennità prescinde da una responsabilità datoriale per il mancato godimento. La s.n.c., avverso tale decisione, propone ricorso per cassazione. La mancata fruizione delle ferie. Al riguardo, rileva il Supremo Collegio che dal mancato godimento delle ferie, una volta divenuto impossibile per l’imprenditore adempiere all’obbligazione di consentire la loro fruizione anche senza sua colpa deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, posto che rappresenta la corresponsione, ai sensi degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica. E allo scopo di escludere il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva per le ferie non godute è necessario che il datore di lavoro dimostri di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito, venendo ad incorrere, così, nella mora del creditore . Ebbene, la Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione di tale principio, ritenendo che l’indennità di ferie non godute non fosse collegata ad una responsabilità datoriale per il mancato godimento delle ferie e ove non sia più possibile beneficiare delle ferie maturate in corso di rapporto e questo accade quando il rapporto di lavoro cessi come nel caso in esame per morte del lavoratore queste non possono essere che monetizzate quando risulti che il lavoratore non avesse rifiutato un’offerta datoriale di goderne. Da qui il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 9 gennaio – 21 aprile 2020, n. 7976 Presidente Raimondi – Relatore Garri Rilevato che 1. La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato l’opposizione proposta da F.D. & amp Figlio s.n.c. avverso il decreto con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 37.547,78 a titolo di indennità di ferie non godute in favore di V.L. , M. e F. eredi di V.A. . 2. Il giudice di secondo grado, ritenuto sufficientemente specifico il gravame, ha poi escluso che la scrittura del 13 giugno 2009 con la quale era pattuita la corresponsione di un acconto in riferimento al T.F.R. e ad ulteriori pendenze da verificare precludesse l’ulteriore azione proposta dagli eredi del V. osservando che non conteneva alcuna rinuncia ad azionare eventuali maggiori crediti. Con riguardo all’indennità di ferie non godute la Corte territoriale ha ritenuto dovute le somme chieste sul rilievo che il diritto all’indennità prescinde da una responsabilità datoriale per il mancato godimento che non era stata nè allegata nè provata una specifica offerta di fruirne disattesa dal lavoratore che il numero di giorni risultava confermato dalle buste paga, predisposte dal datore di lavoro e non specificatamente contestate che la prescrizione, decorrente dalla data di cessazione del rapporto, non era maturata. Infine la Corte ha escluso che fosse stata offerta la prova dell’imputabilità a ferie non godute dell’importo giornaliero di Euro 100,00 pagato al de cuius in costanza di rapporto. 3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la F.D. & amp Figlio s.n.c. affidato a due motivi. V.L. , M. e F. eredi di V.A. hanno opposto difese insistendo per l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, la sua infondatezza. La società ricorrente ha depositato memoria. I controricorrenti si sono costituiti con un nuovo difensore insistendo nelle conclusioni già prese. Considerato che 4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 36 Cost., art. 2109 c.c., D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, art. 7 direttiva 2003/88/CE e dell’art. 93 c.c.n.l. Aziende terziario e distribuzione e servizi interpretato anche alla luce del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8. 4.1. Sostiene la società ricorrente che il mancato godimento delle ferie non era imputabile al datore di lavoro e dunque nessuna indennità poteva essere riconosciuta al lavoratore al quale era riferibile la scelta di non beneficiarne. Sottolinea che semmai, nel ricorso dei relativi presupposti, si sarebbe potuta riconoscere una somma a titolo di risarcimento del danno conseguente alla mancata fruizione delle ferie ma evidenzia che tale azione non era stata esercitata dagli eredi e si era perciò prescritta. 5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 2109 c.c., art. 96 c.c.n.l. e degli artt. 2947, 2934 e 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e l’omessa motivazione su un punto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 5.1. Sostiene la ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha individuato nella cessazione del rapporto di lavoro il termine dal quale decorre la prescrizione del diritto all’indennità sostitutiva per ferie non godute e non considera invece che le ferie maturano anno per anno e che dunque il relativo diritto, in caso di mancato godimento, si prescrive del pari anno per anno. Conseguentemente sarebbero prescritte tutte le somme maturate prima del 2 marzo 2006 ove si ritenga che la prescrizione sia quinquennale. Nel caso di termine decennale di prescrizione, invece, sarebbero prescritte quelle relative al periodo fino al 2 marzo 2001. 6. Il ricorso non può essere accolto. 6.1. Rileva il Collegio che dal mancato godimento delle ferie, una volta divenuto impossibile per l’imprenditore adempiere all’obbligazione di consentire la loro fruizione, anche senza sua colpa, deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica. Al fine di escludere il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva per le ferie non godute è necessario che il datore di lavoro dimostri di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito, venendo ad incorrere, così, nella mora del creditore cfr. Cass. 01/02/2018 n. 2496 . 6.2. Ciò posto la Corte territoriale ha esattamente applicato i su esposti principi ed ha ritenuto in primo luogo che l’indennità di ferie non godute non fosse collegata ad una responsabilità datoriale per il mancato godimento delle ferie. Ove non sia più possibile beneficiare delle ferie maturate in corso di rapporto - ed è questo quello che accade quando il rapporto di lavoro cessi come nel caso in esame per morte del lavoratore - queste non possono essere che monetizzate specie quando risulti che il lavoratore non avesse rifiutato un’offerta datoriale di goderne nello specifico la Corte di merito ha rilevato che tale circostanza non era stata neppure allegata . 6.3. In tale modo la Corte si è attenuta al disposto dell’art. 36 Cost., che esclude che si possa rinunciare alle ferie ed al D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, comma 2, che dispone che il diritto alle ferie non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro . La pronuncia risulta del pari conforme a quanto disposto dall’art. 7, comma 2 della direttiva 2003/88/CE che prevede che solo per il caso di cessazione del rapporto di lavoro è possibile sostituire il diritto alle ferie con una indennità ed ha correttamente applicato l’art. 93 del c.c.n.l. delle aziende del terziario, applicato. 6.4. Del pari è corretta la decisione che fa decorrere il termine di prescrizione dalla data in cui il diritto all’indennità è sorto con la cessazione del rapporto di lavoro. 7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.