Anomalie nei rimborsi spese per le trasferte: legittimo il licenziamento

Legittimo il licenziamento intimato al dipendente che domanda rimborsi anomali per le trasferte, a nulla valendo che egli lamenti la sua inconsapevolezza circa la rilevanza disciplinare delle condotte contestategli.

Così si è pronunciata la Cassazione con la sentenza n. 7703/20, depositata il 6 aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di Ancone, confermando quanto deciso al Tribunale, rigettava la domanda proposta da un lavoratore avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società presso cui lavorava, dopo il riscontro di notevoli anomalie relative ai rimborsi spese richiesti per le trasferte. Secondo la Corte territoriale, infatti, la condotta posta in essere dal lavoratore aveva leso il vincolo fiduciario e dunque aveva fondato la giusta causa di licenziamento. Avverso la decisione il dipendente propone ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello non ha valutato correttamente il principio di immediatezza della contestazione disciplinare e non ha considerato l’esigenza di tutela del suo affidamento incolpevole circa l’irrilevanza disciplinare della condotta. Contestazione disciplinare. La Cassazione rileva che è stato correttamente applicato il principio di buna fede nell’esecuzione del contratto, anche in relazione al profilo della tempestività della contestazione disciplinare. Inoltre, i Giudici osservano che il dipendente aveva piena consapevolezza della rilevanza disciplinare delle condotte contestategli, infatti, i medesimi comportamenti erano già stati posti alla base di un altro provvedimento disciplinare assunto dalla società in un periodo anteriore. Chiarito questo, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 dicembre 2019 – 6 aprile 2020, n. 7703 Presidente Di Cerbo – Relatore De Marinis Fatti di causa Con sentenza del 20 luglio 2018, la Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione resa dal Tribunale di Pesaro e rigettava la domanda proposta da V.R. nei confronti della SAIPEM S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato al dipendente per essere state riscontrate a suo carico notevoli anomalie concernenti i rimborsi spese richiesti in occasione delle numerose trasferte impostegli dal suo ruolo aziendale. La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistere la lesione del vincolo fiduciario idonea a fondare la giusta causa di licenziamento non ravvisandosi, in relazione al meccanismo di controllo delle spese di trasferta adottato dalla Società in una logica di contemperamento tra le esigenze immediate di rimborso del personale e le esigenze aziendali di accurata verifica delle richieste di rimborso nè la tardività della contestazione nè la lesione dell’affidamento del dipendente circa l’irrilevanza disciplinare delle condotte e rilevando, viceversa, queste nel senso di avvalorare il carattere doloso dell’artificiosa predisposizione delle richieste Per la cassazione di tale decisione ricorre il V. , affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società. Entrambe le parti hanno poi presentato memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, in relazione al principio di immediatezza della contestazione disciplinare, imputa alla Corte territoriale una lettura del predetto principio in un’ottica del tutto soggettivistica che, in quanto tesa a favorire, in relazione alle specificità dell’organizzazione aziendale, l’esercizio dei poteri datoriali di controllo, finisce per rendere subalterne le garanzie di certezza delle regole disciplinari e di effettività del contraddittorio da ritenersi viceversa prioritariamente considerate nell’affermazione del principio medesimo. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., il ricorrente, nel lamentare nuovamente a carico della Corte territoriale l’omessa considerazione dell’esigenza di tutela dell’affidamento incolpevole sull’irrilevanza disciplinare della condotta non tempestivamente contestata, riconduce la posizione della Corte stessa ad una lettura erroneamente assunta ancora in chiave soggettivistica del principio di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto. Con il terzo motivo, così rubricato Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, per aver posto a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio senza previa comunicazione alle parti , il ricorrente imputa alla Corte territoriale di aver valorizzato, ai fini della valutazione della tempestività della contestazione e del giudizio sulla ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso, un elemento di fatto, del quale, in base agli atti di causa, non era emersa la rilevanza decisiva nè di essa la Corte stessa aveva dato avviso alle parti, in modo che tra le stesse si instaurasse il contraddittorio e fosse consentita la difesa sul punto. Tutti gli esposti motivi che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati, risultando nella specie correttamente applicato il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, anche riguardato sotto il peculiare profilo della tempestività della contestazione disciplinare, per basarsi la pronunzia della Corte territoriale sul dato della piena consapevolezza da parte dell’odierno ricorrente della rilevanza disciplinare delle condotte addebitate, per essere state le stesse poste a base di altro provvedimento disciplinare assunto dalla Società a carico del ricorrente relativamente al periodo giugno 2013 e sulla ritenuta plausibilità di un accertamento, non solo più vasto di quello che avrebbe richiesto l’esecuzione del normale controllo a campione che ha interessato il ricorrente relativamente al periodo 24 agosto/5 ottobre 2014 e perciò esteso fino ad un periodo contiguo a quello per il quale era stato adottato il provvedimento disciplinare, ma anche più accurato, fino ad implicare l’assunzione di informazioni presso gli stessi esercizi ove erano state effettuate quelle spese, dai suddetti elementi la Corte territoriale fa discendere la legittimità, anche sotto il profilo della tutela dell’affidamento, del controllo successivo involgente ben tredici mesi e l’irrilevanza, ai fini del giudizio di tempestività della contestazione, del tempo decorso per lo svolgimento del peculiare tipo di indagine ciò in termini pienamente condivisibili che si sottraggono alle censure qui mosse dal ricorrente con il primo ed il secondo motivo, tanto più che tali valutazioni si rivelano sorrette dal riferimento che, altrettanto correttamente, la Corte territoriale ha inteso operare alla circostanza per la quale l’ultimo elemento di fatto acquisito all’indagine, ovvero la copia della fattura emessa dal omissis in relazione alle spese di soggiorno del ricorrente di cui all’autodichiarazione del 15 marzo 2014, elemento dunque, non emerso sulla base di un accertamento d’ufficio, come pretenderebbe il ricorrente con il terzo motivo, ma desunto dagli atti prodotti in causa e dunque inclusi nel contraddittorio delle parti e suscettibili di essere fatti oggetto delle difese di parte, non solo, essendo la predetta fattura pervenuta alla Società il omissis , accreditava il requisito dell’assoluta tempestività della contestazione inviata il 7 aprile successivo, ma dava conto altresì del carattere fraudolento della condotta del ricorrente, il quale, nell’autodichiarazione relativa a quel soggiorno, come detto, presentata alla Società il 15 marzo 2014, dissimulava, nell’alterazione delle somme imputate alle varie voci dichiarate, la presenza di altro accompagnatore e l’indebito accollo alla Società delle spese a quello relative, ampiamente fondando la conclusione cui approda la Corte territoriale circa la ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso. Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.