Ricorso in riassunzione e tempestività della notifica

Il termine assegnato dal giudice che, constatando la tardività della prima notifica del ricorso in riassunzione, abbia rinviato l’udienza concedendo un nuovo termine per la notifica stessa non ha natura perentoria.

Così l’ordinanza delle Suprema Corte n. 33709/19, depositata il 18 dicembre. La vicenda. A seguito di pronuncia rescindente della Corte di Cassazione, veniva rimessa alla Corte d’Appello di Roma la questione relativa ad un caso di utilizzazione di lavoratori in mobilità. Il giudizio veniva riassunto con ricorso ex art. 392 c.p.c., ma la Corte d’Appello ne dichiarava l’improcedibilità per omesso completamento del procedimento notificatorio il cui termine doveva considerarsi perentorio. La questione è giunta dinanzi alla Cassazione. Notifica. Ricostruendo la vicenda processuale, risulta che la Corte territoriale aveva constatato in un primo momento che la notifica era tardiva ed aveva rinviato l’udienza con concessione di un nuovo termine per la notifica del ricorso in riassunzione, rispettato dal ricorrente. Ed infatti, precisa il Collegio, il termine assegnato dalla Corte d’Appello non rientra nelle ipotesi di perentorietà, trattandosi invece di un termine ordinatorio il cui mancato rispetto impone al giudice, che rilevi la nullità della notifica, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio . Aggiunge la pronuncia che, una volta che la notifica sia stata effettuata anche fuori termine ma anteriormente alla prima udienza, diventa irrilevante la circostanza della mancata comparizione delle parti alla stessa udienza, causata da un disguido quale ad esempio l’anticipazione dell’orario. Il provvedimento impugnato viene quindi annullato con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 novembre – 18 dicembre 2019, n. 33709 Presidente Balestrieri – Relatore Leo Rilevato in fatto che, con la sentenza n. 7820/2013, la Corte di Cassazione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso proposto da L.D. , ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4428/2005, rinviando alla stessa Corte, in diversa composizione per un nuovo esame circa la configurabilità della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, in ordine alla utilizzazione da parte della società Progema e poi dell’Astrim dei lavoratori collocati in mobilità dalla soc. Ericsson , sulla base di criteri coerenti con le indicazioni del legislatore e con la relativa elaborazione giurisprudenziale che il L. ha riassunto il giudizio con ricorso ex art. 392 c.p.c., notificato alla Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ed alla Astrim S.p.A., mentre non risulta completato il processo notificatorio nei confronti della Progema S.r.l. in liquidazione, in difetto di produzione degli avvisi di ricevimento ai sensi dell’art. 149 c.p.c., al liquidatore ed ai soci della Progema S.r.l. in liquidazione che il L. ha depositato il ricorso in riassunzione il 28.3.2014 e la Corte di merito ha fissato l’udienza di discussione il 16.6.2015, onerando il ricorrente di notificare il ricorso ed il decreto entro il 30.6.2014 che la notifica non è avvenuta nel termine concesso e che neppure il ricorrente ha presenziato all’udienza del 16.5.2015 che la Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 27.6.2017, ha dichiarato improcedibile il ricorso in riassunzione, ritenendo che il termine concesso per la notifica dovesse considerarsi perentorio ai sensi degli artt. 137 e segg. c.p.c. che per la cassazione della sentenza ricorre il L. articolando un motivo ulteriormente illustrato da memoria che la Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ha resistito con controricorso che la Astrim S.p.A. e la Progema S.r.l. in liquidazione non hanno svolto attività difensiva che il P.G. non ha formulato richieste. Considerato in diritto che, con il ricorso, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., commi 2 e 3, artt. 291 e 156 c.p.c., commi 2 e 3, artt. 159, 160 e 162 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 1, art. 164 c.p.c., commi 2 e 3, applicabile anche al giudizio di appello in virtù del rinvio contenuto nell’art. 359 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e si lamenta che la Corte di Appello abbia accolto l’eccezione di improcedibilità del ricorso in riassunzione ai sensi dell’art. 392 del codice di rito, sollevata dalla Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., basata sul mancato rispetto del termine per la notifica, concesso fino al 30.6.2014, indicato nel decreto che fissava l’udienza per il giorno 16.6.2015, reputando che il decreto di fissazione dell’udienza di discussione stabilisca un termine perentorio, in quanto fissato dal giudice con la conseguenza che il termine perentorio per notificare il detto ricorso deve ritenersi definitivamente spirato quantomeno alla data del 16.6.2015, essendo irrilevante la rimessione in termini, comunque concessa ai ricorrente dalla Corte di Appello al riguardo, il ricorrente censura il fatto che la Corte di merito abbia considerato come inesistente una notifica che era invece solo tardiva, perché effettuata il 29.5.2015 e che, pur avendo rinviato l’udienza al 11.7.2015, autorizzando una nuova notifica entro sessanta giorni, avendo preso atto della mera tardività della prima notifica, sia poi ritornata sui propri passi , dichiarando improcedibile il ricorso in riassunzione, nonostante la seconda notifica fosse stata effettuata nel termine previsto, ponendosi così in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte nella materia, alla stregua del quale Nel rito del lavoro, l’inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma e di contenuto dell’atto introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando l’impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria, mentre nel procedimento ordinario di cognizione, il giorno dell’udienza di comparizione è fissato dalla parte, considerato altresì che tale giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice con il suo provvedimento. Pertanto, tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quello della sua notificazione, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c., costituendo questa norma espressione di un principio generale dell’ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili ex tunc, con effetto retroattivo, a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall’art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all’atto di raggiungere lo scopo cui è destinato, ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all’ufficiale giudiziario o alla parte istante Cass. nn. 20335/2016 25684/2015 che il motivo è fondato ed invero, le argomentazioni poste dal ricorrente a sostegno dei propri assunti sono del tutto condivisibili ed in linea coni costanti arresti giurisprudenziali di legittimità, dai quali non vi è ragione di discostarsi, peraltro, seguiti, in un primo momento, anche dalla Corte di merito che, constatato che la prima notifica fosse tardiva, aveva rinviato l’udienza, concedendo correttamente un nuovo termine per la notifica del ricorso in riassunzione, rispettato dalla parte ricorrente. E ciò, in quanto il termine assegnato dalla Corte di Appello non rientra nei casi in cui lo stesso deve considerarsi perentorio, trattandosi, invece di un termine ordinatorio, il mancato rispetto del quale impone al giudice, che rilevi la nullità della notifica, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307 c.p.c., comma 3 così Cass., S.U., n. 802/2016 che, pertanto, una volta che la notifica sia stata effettuata, anche se fuori termine, anteriormente alla prima udienza - come è avvenuto nella fattispecie -, diventa irrilevante la circostanza della mancata comparizione delle parti alla stessa udienza, causata da un disguido, quale, ad esempio l’anticipazione dell’ora di udienza di cui le stesse non siano venute a conoscenza per mera svista al proposito, questa Suprema Corte ha ancora ribadito che Il gravame non può essere dichiarato improcedibile per inesistenza della notificazione, dovendo il giudice valutare l’incidenza del comportamento dell’appellante alla luce del principio di ragionevole durata del processo, tenuto conto dell’avvenuto rispetto dei termini con riferimento all’udienza successivamente l’issata e della rituale costituzione della parte appellata cfr., ex pluritnis, Cass., ord. n. 16517/2016 Cass. n. 5238/2011 e ciò, anche perché la nozione di inesistenza della notificazione va definita in termini rigorosi v. Cass., S.U., nn. 14917/2016 10817/2008 22641/2007 Cass. nn. 12478/2013 per le conseguenze definitive che comporta e, all’evidenza, è estranea al caso di specie, nel quale la nullità della notifica tardiva avrebbe dovuto essere sanata, come rilevato, con la concessione di un nuovo termine da parte della Corte di Appello che, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, la quale dovrà attenersi ai principi consolidati nella materia, innanzi ribaditi. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.