Sede temporanea più vicina al luogo di residenza: confermate le indennità chilometrica e di trasferta

Respinte le obiezioni proposte dai legali dell’azienda. Decisivo il richiamo al contratto regionale che ha previsto un trattamento migliorativo rispetto a quanto fissato a livello nazionale.

Sede di assegnazione temporanea più vicina al luogo di residenza del lavoratore. Questo dato non può legittimare la decisione dell’azienda di negare al dipendente l’indennità di trasferta e il rimborso chilometrico Cassazione, ordinanza n. 30664/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Sede. A inchiodare l’azienda ai propri obblighi sono i Giudici d’appello, i quali ne sanciscono il dovere di corrispondere al lavoratore 3mila e 250 euro a titolo di indennità di trasferta e rimborso chilometrico , applicando il contratto integrativo regionale. In sostanza, in secondo grado si afferma che l’indennità chilometrica e l’indennità di trasferta sono corrisposte in tutte le ipotesi in cui il lavoratore sia assegnato, anche temporaneamente, ad una sede diversa intesa come confine della sede di lavoro ed anche nel caso di avvicinamento alla abitazione di residenza , a condizione che la sede di nuova assegnazione disti più di 20 chilometri da quella abituale . E ancora più in dettaglio i giudici spiegano che per sede abituale deve ritenersi il Comune in cui ha sede l’azienda, suoi distaccamenti o aree individuati da accordi con le parti collettive che hanno sottoscritto il contratto integrativo , e aggiungono che rilevante è il dato della temporaneità dell’assegnazione con provvedimento diverso dal trasferimento . Residenza. Inutili le obiezioni proposte in Cassazione dai legali dell’azienda. Anche nel contesto del ‘Palazzaccio’ viene ribadito il diritto del lavoratore a percepire oltre 3mila euro per indennità di trasferta e rimborso chilometrico . Decisivo il richiamo alla disciplina regionale , migliorativa di quella nazionale. A questo proposito, i magistrati sottolineano che l’indennità chiesta era connessa alla temporanea assegnazione a sede diversa da quella assegnata e che l’avvicinamento alla residenza non poteva escludere l’erogazione del compenso, come previsto dalla norma nazionale proprio grazie al contenuto migliorativo della modifica prevista dalla disciplina collettiva regionale .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 10 settembre – 25 novembre 2019, n. 30664 Presidente Bronzini – Relatore Garri Rilevato che 1. La Corte di appello di Torino ha condannato la società Allsystem s.p.a. al pagamento in favore di Wa. Br. della somma di Euro 3.250,01, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, a titolo di indennità di trasferta e rimborso chilometrico di cui agli artt. 99 e 100 del c.c.n.l. di categoria ed all'art. 21 del contratto integrativo regionale del Piemonte. 2. La Corte di merito ha ritenuto che ai sensi dell'art. 21 del c.c.i.r. l'indennità chilometrica e l'indennità di trasferta sono corrisposte in tutte le ipotesi in cui il lavoratore sia assegnato, anche temporaneamente, ad una sede diversa, intesa come confine della sede di lavoro ed anche nel caso di avvicinamento alla abitazione di residenza a condizione che la sede di nuova assegnazione disti più di venti chilometri da quella abituale. 3. Nel pervenire a tale ricostruzione la Corte di merito, richiamando dei suoi precedenti specifici, ha ritenuto che dovesse essere valorizzato il dato letterale ed ha ritenuto che per sede abituale dovesse ritenersi il comune in cui ha sede l'azienda, suoi distaccamenti o aree individuati da accordi con le parti collettive che hanno sottoscritto il contratto integrativo. Ha poi ritenuto che altro dato qualificante, sempre ai sensi del citato art. 21, era dato dalla temporaneità dell'assegnazione con provvedimento diverso dal trasferimento e, inoltre, la circostanza che la sede di destinazione temporanea fosse più vicina di quella di aziendale all'abitazione del lavoratore era giustificata dal fatto che l'art. 21 comma 4 deroga in melius alla previsione contenuta nell'art. 100 del c.c.n.l. secondo cui in caso di avvicinamento, pari o inferiore a 20 Km, nulla è dovuto al lavoratore. 4. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Allsystem s.p.a. che articola un unico motivo cui resiste con controricorso Wa. Br Ai sensi dell'art. 380 bis.1. cod. proc. civ. la ricorrente ha depositato memoria per insistere nelle conclusioni già prese. Considerato che 5. Con un unico motivo di ricorso è denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 cod. civ. e degli artt. 99 e 100 del c.c.n.l. per i dipendenti degli istituti di vigilanza e dell'art. 21 del c.c.i.r. di lavoro per i dipendenti degli istituti di vigilanza del Piemonte. 5.1. Sostiene la ricorrente che la Corte nell'interpretare le disposizioni collettive ricordate avrebbe dovuto tenere conto oltre che del dato testuale anche degli altri canoni di interpretazione tenuto conto dell'apparente contrasto che si evince dalla lettura del comma 4 dell'art. 21 e le altre disposizioni contrattuali ricordate. 5.2. Da un canto l'art. 21 comma 1, specificazione delle disposizioni generali di cui agli artt. 99 e 100 c.c.n.l. che escludono ogni compenso per il tragitto tra l'abitazione e la sede di lavoro abituale, attribuisce il diritto al rimborso nel caso di temporanea assegnazione a sede diversa in relazione al maggior percorso effettuato rispetto alla sede abituale di lavoro quando il lavoratore sia inviato in servizio temporaneamente ad almeno dieci Km dai confini dei comuni considerati normale località di lavoro trasferta per le ore fuori sede e rimborso spese rispetto a distanza abitualmente percorsa. In definitiva, ad avviso della società ricorrente, l'art. 21 comma 4 del c.c.i.r. ha specificato in senso migliorativo il contenuto dell'art. 100 del c.c.n.l. ed ha limitato il trattamento più favorevole al caso in cui la sede temporanea, pur più vicina rispetto a quella di servizio alla sua residenza, sia comunque ad una distanza superiore a venti km dalla sede di servizio circostanza, questa, che nella specie non ricorreva. 6. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 6.1. La Corte territoriale, nell'interpretare la disciplina collettiva evocata, non è incorsa nella violazione denunciata. Come è stato anche di recente chiarito cfr. Cass. 26/07/2019 n. 20294, 28/06/2017 n. 16181 , nell'interpretazione del contratto - attività riservata al giudice di merito censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici o vizio di motivazione - il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto in quanto il richiamo contenuto nell'art. 1362 cod.civ. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici laddove si registri, pur nella chiarezza del testo dell'accordo, una incoerenza con indici esterni che rivelino una diversa volontà dei contraenti. In tal caso assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all'art. 1363 cod.civ., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi conto, se del caso, anche del comportamento successivo delle parti. 6.2. Orbene nel caso in esame la Corte di merito si è preoccupata proprio di procedere ad una interpretazione complessiva delle clausole contrattuali ed ha ritenuto che la disciplina regionale, dettata dall'art. 21 comma 4, aveva derogato in melius a quella nazionale prevista dall'art. 100 del c.c.n.l Ha poi sottolineato che l'indennità chiesta era connessa alla temporanea assegnazione a sede diversa da quella assegnata e che l'avvicinamento alla residenza non poteva escludere l'erogazione del compenso come previsto dalla norma nazionale atteso che proprio questo era il contenuto migliorativo della modifica prevista dalla disciplina collettiva regionale. 6.3. Osserva il Collegio che la ricostruzione operata dalla Corte di appello della volontà delle parti collettive passa attraverso una interpretazione della disposizione che tiene conto di tutto il complesso in cui la norma collettiva si inserisce e valorizza l'intenzione delle parti di apprestare un trattamento di miglior favore. 6.4. Nessuna incoerenza evidente poteva determinare allora il ricorso ad altri canoni di interpretazione diversi da quelli utilizzati dalla Corte di merito. In conclusione, per le ragioni su esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art. 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art. 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.