Indennità di buonuscita: quale base di calcolo utilizzare?

In materia di pubblico impiego, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità di buonuscita è quello relativo alla qualifica di appartenenza, e non quello derivante dall’esercizio di un incarico dirigenziale temporaneo.

Così si esprime la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22011/19, depositata il 3 settembre. Il fatto. La Corte d’Appello di Trieste confermava la decisione emessa dal Tribunale, rigettando la domanda di un lavoratore pubblico dipendente proposta nei confronti del datore di lavoro, nonché dell’INPS, volta al riconoscimento del diritto al ricalcolo dell’indennità di buonuscita su una base di computo data dalla retribuzione di dirigente di seconda fascia percepito per via dell’incarico dirigenziale svolto. La Corte giustificava la sua decisione per via della temporaneità del suddetto incarico. Contro tale provvedimento, il lavoratore propone ricorso per cassazione, contestando, tra i diversi motivi, la decisione della Corte di negare il diritto al calcolo della suddetta indennità in base all’ultima retribuzione effettivamente percepita. Indennità di buonuscita. La Suprema Corte dichiara infondati i motivi di ricorso, richiamando l’orientamento giurisprudenziale in base al quale al pubblico dipendente che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente . Alla luce di tale orientamento, ne deriva l’inapplicabilità nel caso di specie della normativa oggetto dei contratti collettivi riguardanti l’area dirigenziale. Per questo motivo, la Corte di Cassazione respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 9 luglio – 3 settembre 2019, n. 22011 Presidente Torrice – Relatore De Marinis Rilevato 1 che, con sentenza del 5 settembre 2013, la Corte d’Appello di Trieste confermava la decisione resa dal Tribunale di Udine e rigettava la domanda proposta da M.A. nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, alle cui dipendenze aveva prestato servizio con inquadramento nel livello F5 del CCNL dei comparto fino al suo collocamento in quiescenza, nonché dell’INPS quale successore ex lege dell’INPDAP, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto al ricalcolo dell’indennità di buonuscita su una base di computo data dal trattamento retributivo di dirigente di seconda fascia percepito in ragione dell’incarico dirigenziale rivestito nel corso del rapporto comprensivo dell’indennità di posizione 2 che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto di dover accogliere l’orientamento per cui i funzionari cui nel corso del rapporto sia stato conferito l’incarico di ricoprire temporaneamente una posizione dirigenziale vacante, se hanno diritto ad una retribuzione commisurata, per relationem, a quella prevista per i dirigenti, non divengono per questo destinatari della disciplina dettata per gli appartenenti alla predetta qualifica dal relativo CCNL ed in particolare delle norme relative alla determinazione della base di computo utile ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita 3 che per la cassazione di tale decisione ricorre il M. , affidando l’impugnazione a due motivi, cui resistono, con controricorso, sia l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sia l’INPS 4 che il ricorrente ha poi presentato memoria. Considerato 5 che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3, 12 preleggi, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 in relazione all’art. 36 Cost., lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte territoriale inteso a negare il diritto al calcolo dell’indennità di buonuscita sulla base dell’ultima retribuzione effettivamente percepita, ancorché relativa alle mansioni dirigenziali di fatto svolte e non corrispondente all’inquadramento posseduto quale funzionario di livello 5 6 che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del CCNL per il personale dirigente dell’area 1 relativamente al quadriennio 1998/2001 e delle disposizioni da questo recate riguardanti il trattamento economico relativo al primo biennio 1998/1999 e dell’art. 40 dell’accordo relativo al secondo biennio economico 2000/2001, in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale la mancata o insufficiente valutazione del provvedimento di conferimento dell’incarico, la cui formulazione, a suo dire, vale a fondare l’applicabilità nella specie, con specifico riferimento alla fissazione dei criteri di computo dell’indennità di buonuscita, della parte normativa di cui all’invocata contrattazione collettiva per l’area dirigenziale 7 che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte cfr. Cass., SS.UU., 14.5.2014, n. 10413 secondo cui nel regime dell’indennità di buonuscita spettante ai sensi del D.P.R. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38 al pubblico dipendente che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente, orientamento che presuppone l’inapplicabilità nella specie della parte normativa dei contratti collettivi per l’area dirigenziale, ai cui fini resta del tutto irrilevante, come correttamente ha ritenuto la Corte territoriale, il tenore del provvedimento di conferimento dell’incarico dirigenziale 8 che, pertanto, il ricorso va rigettato 9 che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo 10 Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.