Ricavi in calo per una piccola ditta: plausibile il licenziamento del dipendente che rifiuta il passaggio al part-time

Rimessa in discussione dalla Cassazione la vittoria del lavoratore, che aveva visto riconosciuta, sia in primo che in secondo grado, l’illegittimità del provvedimento adottato dall’azienda. Per i Giudici ciò che conta è la necessità dell’imprenditore di far fronte a una congiuntura sfavorevole.

Costante anche se contenuto calo dei profitti per una piccola impresa. Legittima la scelta di modificare i contratti dei tre dipendenti, trasformandoli da full-time in part-time, e comprensibile, secondo i giudici, la decisione dell’imprenditore di allontanare il lavoratore che non ha accettato il passaggio al part-time Cassazione, ordinanza n. 19302/19, sez. VI Civile - Lavoro, depositata oggi . Risultati. La battaglia legale tra dipendente – a rischio licenziamento – e azienda vede i giudici riconoscere, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, le ragioni del lavoratore. In sostanza, è ritenuta fragile la motivazione economica addotta dall’imprenditore per giustificare il licenziamento del dipendente. Su questo fronte i giudici si soffermano sui numeri, osservando che il bilancio dell’impresa, come attestato dai documenti, ha registrato nell’anno antecedente al licenziamento un utile di esercizio pari a 41mila euro circa e una riduzione delle passività da 400mila euro circa a 351mila euro circa . Certo, viene ancora evidenziato, è emerso un leggero calo dei profitti tra il 2008 e il 2010 passando da 48mila euro circa a 41mila euro circa , ma, aggiungono i giudici, i risultati di gestione erano rimasti positivi, e le grandezze economiche non erano sufficienti a dimostrare la ricorrenza di una congiuntura sfavorevole non meramente contingente e influente in modo decisivo sull’andamento dell’attività, tanto da imporre la risoluzione del rapporto di lavoro . Senza dimenticare, poi, che il datore di lavoro aveva posto rimedio a tale situazione provvedendo alla trasformazione del rapporto di lavoro di altri dipendenti da full-time in part-time . Modifica. Per dimostrare la correttezza del proprio comportamento l’imprenditore mette sul tavolo alcuni numeri per dare sostanza al ricorso proposto in Cassazione. In particolare, il suo legale fa presente ai giudici che vi era stata una costante riduzione dei ricavi che, per quanto potesse apparire di minima entità quasi 13mila euro nell’arco temporale 2008-2010 , era di una certa rilevanza per una ditta di piccole dimensioni . E, alla luce di questo decremento costante degli utili , la ditta, stante il concomitante calo delle vendite e il dilagare della crisi economica, e prevedendo ulteriori contrazioni delle vendite e degli utili , spiega il legale, ha maturato la decisione di procedere alla riduzione dell’orario per i tre dipendenti in servizio . E solo a fronte della mancata accettazione di tale modifica da parte di un lavoratore, si è provveduto al suo licenziamento, aggiunge ancora il legale. Chiara la linea difensiva la decisione di allontanare un dipendente era stata dettata dall’esigenza di rimediare a un trend negativo degli utili ed aveva fatto seguito al rifiuto del lavoratore ad accettare la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time . Di conseguenza, si deve parlare, secondo il legale, di licenziamento connesso a un riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa, in considerazione della diminuzione del volume d’affari e dell’andamento negativo dei ricavi aziendali . Le obiezioni mosse dall’avvocato dell’azienda sono ritenute plausibili dai giudici della Cassazione. Ciò alla luce di un principio chiarissimo, secondo cui il giustificato motivo oggettivo del licenziamento si sostanzia in ogni modifica della struttura organizzativa dell’impresa che abbia quale suo effetto la soppressione di una determinata posizione lavorativa, indipendentemente dall’obiettivo perseguito dall’imprenditore, sia esso, cioè, una migliore efficienza, un incremento della produttività e quindi del profitto ovvero la necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese straordinarie . E questa prospettiva non può essere modificata, concludono i giudici, dalla constatazione che comunque l’azienda ha provveduto alla trasformazione di altri rapporti di lavoro da full-time in part-time . I paletti fissati dalla Cassazione dovranno essere tenuti ben presenti dai giudici della Corte d’appello, chiamati a riesaminare la vicenda e a valutare la correttezza del provvedimento adottato dall’azienda nei confronti del dipendente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 20 febbraio – 18 luglio 2019, n. 19302 Presidente Esposito – Relatore Spena Rilevato che con sentenza in data 8 giugno 18 luglio 2017 numero 501 la Corte d'Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede nella parte in cui aveva accolto la domanda proposta da DA. ZA. nei confronti del datore di lavoro GI. TR. per l'impugnazione del licenziamento intimatogli in data 13 ottobre 2010 per giustificato motivo oggettivo riformava parzialmente la sentenza, riducendo l'importo della condanna, quanto alle differenze di retribuzione compensava per un terzo le spese processuali del doppio grado e condannava il datore di lavoro a rifondere al lavoratore la restante quota delle spese che, per quanto ancora in discussione, a fondamento della decisione assunta sul licenziamento la Corte territoriale osservava essere pacifico ed attestato dai documenti che il bilancio dell'impresa nell'anno antecedente al licenziamento aveva registrato un utile di esercizio Euro 41.143,88 ed una riduzione delle passività da Euro 400.552,06 ad Euro 351.417,35 . Dalle scritture contabili e dalle deposizioni dei testi emergeva si un leggero calo dei profitti tra l'anno 2008 e l'anno 2010 da Euro 48.577 ad Euro 41.143,88 ma i risultati di gestione erano rimasti positivi e, soprattutto, le grandezze economiche non erano sufficienti a dimostrare la ricorrenza di una congiuntura sfavorevole non meramente contingente influente in modo decisivo sull'andamento dell'attività, tanto da imporre la risoluzione del rapporto di lavoro. Tanto più che il datore di lavoro aveva posto rimedio a tale situazione, provvedendo alla trasformazione del rapporto di lavoro di altri dipendenti da full time in part-time l'esito del giudizio giustificava il disposto regolamento delle spese che avverso la sentenza ha proposto ricorso GI. TR., articolato in due motivi, cui ha opposto difese DA. ZA. con controricorso che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale ai sensi dell'articolo 380 bis codice di procedura civile che il controricorrente ha depositato memoria Considerato che la parte ricorrente ha dedotto con il primo motivo errata valutazione circa la non ricorrenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento violazione o falsa applicazione dell'articolo 3 della legge 604/1966. Con il motivo si denunzia il contrasto della pronuncia impugnata con il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte Cass sez. lav. nr. 25201/2016 , secondo cui anche le ragioni dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell'impresa, che determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un posto di lavoro, possono legittimare il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Il ricorrente ha esposto che nella fattispecie di causa era stata provata una costante riduzione dei ricavi che, per quanto potesse apparire di minima entità, era di una certa rilevanza per una ditta di piccole dimensioni quasi Euro 13.000 nell'arco temporale 2008 2010 alla luce di questo decremento costante degli utili la ditta, stante il concomitante calo delle vendite ed il dilagare della crisi economica, prevedendo ulteriori contrazioni delle vendite e degli utili, aveva maturato la decisione di procedere alla riduzione dell'orario di lavoro per i tre dipendenti in servizio. A fronte alla mancata accettazione di tale modifica da parte del solo ZA. aveva provveduto al suo licenziamento la decisione era stata dettata dall'esigenza di rimediare al trend negativo degli utili ed aveva fatto seguito al rifiuto del lavoratore ad accettare la trasformazione del rapporto di lavoro da full ti me a part-time. Il licenziamento rientrava nell'ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell'impresa, in considerazione della diminuzione del volume d'affari e dell'andamento negativo dei ricavi aziendali con il secondo motivo violazione e falsa applicazione dell'articolo 92 codice di procedura civile. Con il motivo si impugna la statuizione resa sulle spese di lite il ricorrente ha dedotto che il principio della soccombenza di cui all'articolo 91 cod.proc.civ. si riferisce al solo caso in cui una parte sia integralmente vittoriosa nel caso di parziale soccombenza la imputazione delle spese, in mancanza di compensazione, deve essere operata secondo il principio di causalità sicché è possibile anche la condanna dell'attore parzialmente vittorioso al pagamento di una parte delle spese di lite nel caso in cui, sulla base di una ideale valutazione di carattere sostanziale cioè non fondata sul mero esito formale della lite il giudice ritenga che il convenuto per difendersi dalle pretese infondate abbia affrontato oneri superiori a quelli necessari per difendersi dalle pretese fondate ed il maggior onere risulti superiore a quello che l'attore avrebbe dovuto sostenere per la proposizione delle sole domande fondate che ritiene il Collegio si debba accogliere il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo che invero la giurisprudenza di questa Corte, a partire da alcuni arresti dell'anno 2016 Cass. sez. lav. 20.09.2016, n. 18409 28.09.2016 nr. 19185 e, con dichiarato intento nomofilattico, con l'arresto del 7.12.2016 nr. 25201, ha superato il proprio precedente orientamento secondo cui le ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa che giustificano il licenziamento ai sensi dell' articolo 3 L. 604/1966 consisterebbero nella necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli non contingenti o a spese straordinarie . Nei citati arresti si è infatti riconosciuto che il giustificato motivo oggettivo si sostanzia in ogni modifica della struttura organizzativa dell'impresa che abbia quale suo effetto la soppressione di una determinata posizione lavorativa, indipendentemente dall'obiettivo perseguito dall'imprenditore, sia esso, cioè, una migliore efficienza, un incremento della produttività e quindi del profitto ovvero la necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese straordinarie. Tale principio, cui ha inteso assicurare continuità la giurisprudenza successiva per tutte Cass. sez. lav. 15.02.2017 nr. 4015 24 maggio 2017 nr. 13015 2 maggio 2018 nr. 10435 23 maggio 2018, n. 12794 , deve essere in questa sede ribadito. Il controllo in sede giudiziale della sussistenza del giustificato motivo si sostanzia dunque -in primo luogo, nella verifica della effettività e non pretestuosità della ragione obiettiva, per come dichiarata dall'imprenditore sicché ove lo stesso datore di lavoro abbia motivato il licenziamento sulla base di situazioni sfavorevoli o spese straordinarie la mancanza di prova delle medesime produce la illegittimità del licenziamento non già perché non integranti in astratto il giustificato motivo obiettivo ma perché in concreto si accerta che il motivo dichiarato non sussiste ed è pretestuoso cfr. Cass. Civ. sez. lav. 15.2.2017 nr. 4015 -di poi, del nesso causale tra la ragione accertata e la soppressione della posizione lavorativa in termini di riferibilità e coerenza del recesso rispetto alla riorganizzazione . A tali principi non si è attenuta la sentenza impugnata laddove a fondamento dell'accoglimento della impugnazione del licenziamento ha posto la assenza di prova di una congiuntura sfavorevole non meramente contingente e influente in modo decisivo sull'andamento della attività, tanto da imporre la risoluzione del rapporto di lavoro , così richiamando il principio rispetto al quale le pronunce sopra richiamate hanno segnato un percorso di discontinuità. Né la decisione può idoneamente sorreggersi, contrariamente a quanto si assume in memoria, sull'ulteriore rilievo che il datore di lavoro aveva posto rimedio a tale situazione provvedendo alla trasformazione di altri rapporti di lavoro da full ti me in part time perché tale giudizio trasmoda in un inammissibile sindacato sulle scelte di gestione aziendale, riservate all'imprenditore. che, pertanto, in conformità alla proposta del relatore, la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e la causa rinviata alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione che si adeguerà nella decisione al principio di diritto qui ribadito che il giudice del rinvio provvedere, altresì, alla disciplina delle spese del presente grado PQM La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione.