Licenzia il dipendente in forma verbale: invertito l’onere della prova?

In tema di licenziamento orale, la Suprema Corte richiama un principio che regola l’onere della prova in capo al lavoratore e al datore di lavoro.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18402/19, depositata il 9 luglio. La vicenda. La Corte d’Appello di Genova riformava la sentenza impugnata e accoglieva il reclamo proposto dal lavoratore nei confronti della società presso cui era occupato, ordinando la reintegrazione dello stesso nel posto di lavoro poiché aveva ritenuto inefficace il licenziamento verbale a lui intimato. La Corte riteneva, in particolare, che l’”estromissione” del lavoratore dal posto di lavoro inverte l’onere probatorio e pone a carico del datore di lavoro l’onere di provare il fatto estintivo del rapporto diverso dal licenziamento, spettando al lavoratore solo la prova circa l’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro. Avverso la suddetta pronuncia, la società propone ricorso per cassazione, sostenendo che l’inversione dell’onere della prova non possa trovare applicazione quando il lavoratore si faccia carico di dimostrare il licenziamento orale e tale prova sia fallita, come nel caso concreto. L’onere della prova. La Corte di Cassazione dichiara fondato il ricorso, richiamando il principio di diritto in base al quale Il lavoratore subordinato che impugni un licenziamento allegando che è stato intimato senza l’osservanza della forma prescritta ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della sua domanda, che la risoluzione del rapporto di lavoro è ascrivibile alla volontà del datore di lavoro, anche se manifestata con comportamenti concludenti la mera cessazione nell’esecuzione delle prestazioni non è circostanza di per sé sola idonea a fornire tale prova. Ove il datore di lavoro eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore, il giudice sarà chiamato a ricostruire i fatti con indagine rigorosa [] e solo nel caso perduri l’incertezza probatoria farà applicazione della regola residuale desumibile dall’art. 2697, comma 1, c.c., rigettando la domanda del lavoratore che non ha provato il fatto costitutivo della sua pretesa . Avendo la Corte riscontrato nel caso di specie la mancata prova del datore di lavoro circa le differenti ragioni che hanno portato alla cessazione del rapporto di lavoro, l’affermazione della Corte territoriale in tema di licenziamento orale risulta essere in contrasto con il principio menzionato. Da ciò consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata in relazione al suddetto motivo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 aprile – 9 luglio 2019, n. 18402 Presidente Nobile – Relatore Amendola Fatti di causa 1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza pubblicata il 23.11.2017, in riforma della statuizione impugnata, ha accolto il reclamo di B.C. nei confronti di Lelite Mail Service s.a.s. di T.A. . In primo luogo, ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti in causa nel periodo compreso tra il primo settembre 2013 e il 14 febbraio 2014. In secondo luogo, ha dichiarato l’inefficacia del licenziamento verbale intimato al B. in data 14.2.2014 e ha condannato il datore di lavoro a reintegrarlo nel posto di lavoro e a corrispondergli un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre accessori. 2. Per quanto qui rileva in relazione al licenziamento orale, la Corte di merito ha affermato che la cd. estromissione del lavoratore dal posto di lavoro inverte l’onere probatorio, ponendo a carico del datore l’onere di provare un fatto estintivo del rapporto diverso dal licenziamento. Pertanto per il lavoratore è sufficiente dimostrare l’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro mentre è onere del datore di lavoro dimostrare che il rapporto è venuto meno per ragioni diverse . Nel caso in esame, dato che la società non aveva in alcun modo dimostrato che il rapporto fosse cessato per ragioni diverse dal licenziamento, la Corte di merito ha ritenuto che il B. fosse stato licenziato oralmente. 3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Lelite Mail Service s.a.s. con un motivo, cui ha resistito B.C. con controricorso, depositando anche attestazione di ammissione al patrocinio a spese dello Stato del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Genova. Ragioni della decisione 1. Con un unico motivo di ricorso la società ricorrente contesta in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. . A suo avviso, l’inversione dell’onere probatorio non può trovare applicazione, laddove il lavoratore si faccia carico di dare la prova del licenziamento orale e la prova non dia esito positivo . Deduce che i due testimoni indotti dal lavoratore non avrebbero confermato che il B. era stato licenziato oralmente dal Tamburelli ed argomenta che dove il lavoratore adduca l’esistenza di precise circostanze, ed in particolare dell’esistenza di testimoni presenti al licenziamento, l’inversione non può valere, laddove la prova fallisca . 2. Il motivo, dotato di sufficiente specificità in relazione all’errore di diritto denunciato e che prescinde dalla trascrizione delle deposizioni dei testi, è fondato sulla scorta del seguente principio di diritto che va qui ribadito Il lavoratore subordinato che impugni un licenziamento allegando che è stato intimato senza l’osservanza della forma prescritta ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della sua domanda, che la risoluzione del rapporto di lavoro è ascrivibile alla volontà del datore di lavoro, anche se manifestata con comportamenti concludenti la mera cessazione nell’esecuzione delle prestazioni non è circostanza di per sé sola idonea a fornire tale prova. Ove il datore di lavoro eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore, il giudice sarà chiamato a ricostruire i fatti con indagine rigorosa - anche avvalendosi dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio ex art. 421 c.p.c. - e solo nel caso perduri l’incertezza probatoria farà applicazione della regola residuale desumibile dall’art. 2697 c.c., comma 1, rigettando la domanda del lavoratore che non ha provato il fatto costitutivo della sua pretesa Cass. n. 3822 del 2019 conf. Cass. n. 13195 del 2019 v. pure Cass. n. 31501 del 2018 . Nella specie l’affermazione della Corte territoriale, in tema di licenziamento orale, secondo cui per il lavoratore è sufficiente dimostrare l’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro mentre è onere del datore di lavoro dimostrare che il rapporto è venuto meno per ragioni diverse , da cui viene fatta discendere la conseguenza che nel caso in esame la società non ha in alcun modo dimostrato che il rapporto sia cessato per ragioni diverse dal licenziamento e che pertanto può affermarsi che il B. è stato licenziato oralmente , è in contrasto con la richiamata regula iuris che va qui ribadita, anche in riferimento ad ogni ulteriore argomentazione di supporto per la quale si rinvia ai precedenti citati. 3. Conclusivamente il ricorso va accolto, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà al principio innanzi richiamato, provvedendo anche sulle spese. Parimenti compete al giudice del merito, in caso di ammissione al gratuito patrocinio, la liquidazione degli onorari al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione cfr. Cass. n. 22616 del 2004 Cass. n. 11208 del 2009 Cass. n. 13806 del 2018 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese.