Prestazione di invalidità a carico del Fondo Clero e diritto all’assegno ordinario di invalidità: sono cumulabili?

Fondato il ricorso vertente sull’assoluta incompatibilità riconosciuta dal Giudice di secondo grado tra la prestazione di invalidità a carico del Fondo Clero e il diritto all’assegno ordinario di invalidità ex l. n. 222/1984 a carico dell’AGO, poiché sussiste solo una limitata incompatibilità tra le due.

Questa la decisione della Corte di Cassazione n. 17029/19, depositata il 25 giugno. Il caso. La Corte d’Appello di Bari accoglieva il gravame proposto dal ricorrente e condannava l’Inps al pagamento dell’assegno ordinario di invalidità, previsto dalla l. n. 222/1984, dal mese di giugno 2010 al mese di dicembre 2011. Contro tale decisione, propone ricorso per cassazione lo stesso ricorrente, lamentando, tra i motivi di ricorso, la violazione dell’art. 18 della l. n. 903/1973 Istituzione del Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica e nuova disciplina dei relativi trattamenti pensionistici , per avere il Giudice ritenuto l’incumulabilità della prestazione di invalidità a partire dall’anno 2012 a carico del Fondo Clero con il diritto all’assegno ordinario di invalidità a carico dell’AGO, determinandosi il venir meno di quest’ultima prestazione. L’incompatibilità tra la prestazione a carico del Fondo Clero e quella a carico dell’AGO. La Suprema Corte accoglie il motivo prospettato dal ricorrente, tenendo conto che l’art. 18 della legge citata pone solamente una limitata incompatibilità tra le prestazioni gravanti rispettivamente sul Fondo Clero e sull’AGO nella misura di un terzo del loro importo . Gli Ermellini rilevano che il Giudice di seconde cure, invece, ha riconosciuto l’incompatibilità assoluta tra le prestazioni citate, fissando un termine finale di godimento dell’assegno che si rivela illegittimo, poiché la legge non sancisce l’incumulabilità tra le due prestazioni. Per questo motivo, la Corte accoglie tale motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione allo stesso e rinvia gli atti alla Corte d’Appello di Bari.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 19 marzo – 25 giugno 2019, n. 17029 Presidente Curzio – Relatore Riverso Ritenuto che la Corte d’appello di Bari accoglieva l’appello proposto da P.G.O. e condannava l’Inps a pagare l’assegno ordinario di invalidità ex L. 222 del 1984, dal 1 giugno 2010 al 31 dicembre 2011. Contro la sentenza P.G.O. ha proposto ricorso per cassazione al quale ha resistito l’Inps con controricorso contenente ricorso incidentale cui si è opposto P. con autonomo controricorso. È stata notificata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata. Rilevato che 1.- con il primo motivo P. deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte pronunciato sull’estinzione del diritto all’assegno al 31.12. 2011 in mancanza di eccezione di parte resistente 1.1. Il motivo è infondato perchè il limite di cumulabilità della prestazione previdenziale può essere rilevato anche d’ufficio dal giudice trattandosi di questione che attiene alla titolarità della prestazione ed alla fondatezza della domanda talchè essa non opera soltanto ope exceptionis. 2.- Col secondo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 903 del 1973, art. 18, per avere la Corte d’appello ritenuto, alla luce di tale norma, che la titolarità della prestazione di invalidità dall’1/1/2012 a carico del Fondo Clero fosse incumulabile con il diritto dell’assegno ordinario di invalidità ex L. n. 222 del 1984, a carico dell’AGO e determinasse, pertanto, il venir meno del diritto a quest’ultima prestazione dopo il 31/12/2011. 2.1. Il secondo motivo di ricorso è fondato in quanto la norma sopra citata pone soltanto una limitata incompatibilità tra le prestazioni a carico del Fondo Clero e quelle a carico dell’AGO nella misura di un terzo del loro importo mentre la Corte territoriale ha riconosciuto un’incompatibilità assoluta e fissato un termine finale al godimento dell’assegno che si rivela perciò illegittimo in quanto la legge non prevede la incumulabilità tra le due prestazioni. 3.- Il primo motivo di ricorso incidentale dell’Inps deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, per avere il giudice concluso per un giudizio di riduzione della capacità di lavoro del ricorrente, necessaria per il diritto all’assegno ex art. 1 cit., esclusivamente con riferimento all’attività di lavoro concretamente in precedenza esercitata, senza valutare anche la possibilità per il ricorrente di essere adibito ad occupazioni diverse, non usuranti e pur sempre confacenti alle sue attitudini. 4.- Col secondo motivo di ricorso incidentale si deduce violazione della stessa norma di legge per avere il giudice concluso per la spettanza dell’assegno con decorrenza dall’I. giugno 2010, a fronte di un accertamento sanitario che stabiliva la riduzione della capacità lavorativa insufficiente perchè pari al 60% dal 1 giugno 2010. 5.- Il ricorso incidentale è inammissibile in quanto, sotto l’apparente denuncia di violazione di norme di legge, sollecita una rivalutazione della situazione fattuale siccome emergente dal giudizio del ctu già scrutinata dal giudice di merito e, dunque, un controllo della motivazione sulla ricostruzione della quaestio facti. v. Cass. 8758 del 2017 . Tanto gli assegna il valore sostanziale di un motivo che si colloca al di fuori dei limiti entro i quali la Cassazione Sez. Un. nn. 8053 e 8054 del 2014 hanno, nel nuovo regime del nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., confinato il controllo sulla motivazione relativa alla ricostruzione della detta quaestio. 6.- Per le considerazioni che precedono va accolto il secondo motivo del ricorso principale e rigettato il primo la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla stessa Corte in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Il ricorso incidentale va dichiarato invece inammissibile Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nei confronti del ricorrente incidentale. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione. Dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.