Escluso il riscatto degli anni di laurea se non esisteva la relativa tutela previdenziale

Il riscatto degli anni di laurea è precluso laddove, anche se il lavoratore avesse lavorato durante quel periodo, non avrebbe comunque potuto provvedere al versamento dei contributi - e avvalersi così del relativo periodo ai fini del futuro trattamento pensionistico - per inesistenza della tutela previdenziale.

Lo ha affermato la Suprema Corte con l’ordinanza n. 16828/19, depositata il 24 giugno. La vicenda. Il Tribunale di Reggio Emilia veniva adito da un lavoratore per l’accertamento, nei confronti dell’INPS, del diritto di avvalersi della facoltà di riscatto del corso legale degli studi nella gestione separata INPS, in relazione alla laurea conseguita nel 1996 e con riferimento agli anni accademici 1988-1992. La domanda veniva accolta con decisione confermata poi anche in sede di appello. L’INPS ha proposto ricorso in sede di legittimità deducendo la questione relativa all’applicabilità della disciplina del riscatto del periodo di laurea con riguardo ai periodi universitari che si sono svolti antecedentemente all’istituzione della forma di previdenza obbligatoria, nella specie la gestione separata. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero erroneamente esteso l’ambito di applicazione della disciplina di cui all’art. 51, comma 2, l. n. 488/1999 ad una fattispecie diversa. Possibilità di riscatto. Come ha già affermato la giurisprudenza di legittimità, l’istituto del riscatto del corso legale di area ha lo scopo di consentire la copertura assicurativa di un periodo in cui l’interessato, essendosi dedicato allo studio, non ha potuto ottenere il versamento dei contributi assicurativi che avrebbe invece conseguito se avesse lavorato, con pregiudizio dell’anzianità assicurativa e contributiva Cass. Civ. n. 18232/02 . Di conseguenza, il riscatto non è consentito laddove, anche se il lavoratore avesse lavorato, non avrebbe comunque potuto provvedere al versamento dei contributi e avvalersi così del relativo periodo ai fini del futuro trattamento pensionistico per inesistenza della tutela previdenziale. In tal senso, non potrebbe nemmeno essere utilizzabile l’istituto dell’assicurazione facoltativa dal momento che, non essendo appunto obbligatoria, è esclusa dalla possibilità di riscatto. Nel caso di specie, il periodo universitario da riscattare si svolse in epoca antecedente all’entrata in vigore della l. n. 335/1995 che disciplina la gestione separata presso la quale era iscritto il lavoratore. Erroneamente dunque i giudici di merito hanno ritenuto applicabile in via analogica l’art. 51 in relazione ai lavoratori iscritti alla gestione di cui all’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995 che riguarda invece il riscatto dei periodi di lavoro prestati come collaboratore coordinato e continuativo, norma che ha carattere eccezionale e che concerne dunque una specifica ipotesi di riscatto per una determinata categoria di lavoratori. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta la domanda.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 febbraio – 24 giugno 2019, n. 16828 Presidente D’Antonio – Relatore Berrino Rilevato in fatto che S.M. chiese al giudice del lavoro del Tribunale di Reggio Emilia l’accertamento, nei confronti dell’Inps, del diritto ad avvalersi, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, art. 2, della facoltà di riscatto del corso legale degli studi nella gestione separata Inps di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26, in relazione alla laurea conseguita in data 26.9.1996 con riferimento agli anni accademici compresi tra il 1988 ed il 1992 accolta la domanda ed impugnata la relativa decisione dall’Inps, la Corte d’appello di Bologna sentenza del 6.8.2013 ha respinto il gravame ritenendo che fosse applicabile nella fattispecie la norma di cui alla L. n. 488 del 1999, art. 51, comma 2, ai sensi della quale per i lavoratori iscritti alla gestione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 era prevista la facoltà di riscattare annualità di lavoro prestato attraverso rapporti di collaborazione coordinata e continuativa svolti in periodi precedenti fino ad un massimo di cinque annualità per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un motivo, cui resiste S.M. con controricorso, illustrato da memoria il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto che con un solo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26, del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, art. 2, e della L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 51, comma 2, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , l’Inps rileva che la questione di diritto da risolvere è se è applicabile la disciplina del riscatto del periodo di laurea con riguardo a periodi universitari che si sono svolti antecedentemente all’istituzione della forma di previdenza obbligatoria, nella specie la gestione separata assume il ricorrente che la decisione impugnata non può essere condivisa in quanto la Corte territoriale ha erroneamente esteso l’ambito di applicazione della disciplina dettata dalla L. n. 488 del 1999, art. 51, comma 2, ad una fattispecie, come quella oggetto di causa, certamente diversa il ricorso è fondato invero, come questa corte ha già avuto modo di precisare Sez. L., n. 18238 del 21.12.2002 , L’istituto del riscatto del corso legale di laurea ha lo scopo di consentire la copertura assicurativa di un periodo in cui l’interessato, essendosi dedicato allo studio, non ha potuto ottenere il versamento dei contributi assicurativi che avrebbe invece conseguito se avesse lavorato, con pregiudizio dell’anzianità assicurativa e contributiva ne consegue che il riscatto non è consentito nei casi in cui, ove anche l’interessato avesse svolto attività lavorativa, non avrebbe comunque potuto provvedere al versamento dei contributi e avvalersi così del relativo periodo a fini del futuro trattamento pensionistico, per inesistenza della tutela previdenziale né, a tal fine, potrebbe essere utilizzabile l’istituto dell’assicurazione facoltativa, dal momento che, appunto, tale assicurazione non è obbligatoria e la possibilità di riscatto, nella L. n. 153 del 1969, art. 50, e nella L. n. 114 del 1974, art. 2 novies, presuppone invece che il periodo da riscattare sia con certezza soggetto ad assicurazione In applicazione di tale principio, la S.C., sulla base del rilievo che l’assicurazione obbligatoria per i commercianti fu introdotta con la L. n. 613 del 1966, ha cassato la sentenza impugnata con la quale era stata accolta la domanda di riscatto degli anni del corso di laurea dal 1945 al 1949, e ha deciso nel merito, rigettando la domanda nella fattispecie è incontroverso che il periodo universitario del quale si chiede il riscatto afferisce al lasso temporale 1988 - 1992, che la gestione obbligatoria presso la quale si chiede di accreditare la contribuzione frutto del riscatto è stata istituita con legge del mese di agosto del 1995, con efficacia dall’1.1.1996 gestione separata , e che S.R. è iscritto alla predetta gestione dal 15.4.1998 da ciò si ricava che nel caso in esame il periodo universitario da riscattare si svolse in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995 che disciplina la gestione presso la quale S.R. era iscritto e presso la quale il medesimo aveva chiesto di accreditare contributi con riferimento al periodo di studi universitari sostenuti in epoca anteriore alla istituzione della stessa gestione invece, la Corte territoriale fonda erroneamente la sua ratio decidendi sull’applicazione analogica del suddetto art. 51 in relazione ai lavoratori iscritti alla gestione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, che riguarda il riscatto dei periodi di lavoro prestati come collaboratore coordinato e continuativo , norma questa di carattere eccezionale e che concerne la possibilità di una specifica ipotesi di riscatto per una determinata categoria di lavoratori ne consegue l’accoglimento del ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto della domanda del lavoratore l’alterno esito dei giudizi di merito autorizza la compensazione delle spese dei rispettivi gradi, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza del controricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna S.M. al pagamento delle spese di legittimità nella misura di Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.