Compensi professionali e spese di giudizio: quale scaglione si applica?

La Suprema Corte decide nel merito la causa, rideterminando l’ammontare delle spese processuali dovute dall’INPS alla ricorrente, in quanto inferiori rispetto ai minimi previsti dallo scaglione corrispondente.

Così decide la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14854/19, depositata il 30 maggio. Il caso. Il Tribunale di Vibo Valentia, in sede di giudizio di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio di cui all’art. 445- bis c.p.c., dichiarava il soggetto totalmente inabile, condannando l’INPS al pagamento delle spese processuali in base ai parametri indicati nel d.m. n. 55/2014. Propone ricorso per cassazione la parte vittoriosa, lamentando la falsa applicazione del decreto citato, avendo il Tribunale liquidato a carico dell’Ente una spesa di entità inferiore rispetto a quella dovuta, non specificando lo scaglione di appartenenza della causa. Rideterminazione della somma dovuta. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato, richiamando il principio secondo cui agli effetti dell’art. 41, d.m. n. 140/2012, [] i nuovi parametri cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate . Ciò affermato, la Corte conferma la decisione emessa dal Tribunale in merito all’applicazione del d.m. n. 55/2014, essendo intervenuta la liquidazione nell’anno 2017, ma ne ravvisa un errore in sede di determinazione dello scaglione applicabile, in quanto, nelle liti riguardanti le prestazioni assistenziali, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, deve applicarsi il parametro di cui all’art. 13, comma 1, c.p.c Nel caso di specie, infatti, il titolo risulta essere controverso, per cui il valore della causa dovrà determinarsi sulla base dell’ammontare delle somme dovute per due anni come affermato da Cass. S.U., n. 10455/15 . Dunque, gli Ermellini accolgono il ricorso, cassando la decisione impugnata e rideterminando l’ammontare dovuto in base ai parametri corretti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 19 febbraio – 30 maggio 2019, n. 14854 Presidente Doronzo – Relatore De Felice Rilevato che il Tribunale di Vibo Valentia, pronunciando in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445-bis c.p.c. e previo espletamento di consulenza tecnica, ha dichiarato F.E. totalmente inabile a decorrere dal 1^ luglio 2005 e, per quanto qui rileva, ha condannato l’INPS alla rifusione delle spese processuali, liquidandole in complessivi Euro 2550,00, oltre accessori la Corte territoriale, in particolare, ha calcolato le stesse sulla base del valore minimo previsto dallo scaglione di riferimento del giudizio, imputando la spesa alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria, tenuto conto dei criteri di cui al D.M. 10 marzo del 2014, n. 55, che ha attuato la L. n. 247 del 2012, art. 213, comma 6, sì come applicabili alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore 3 aprile 2014 la cassazione della sentenza è domandata da F.E. sulla base di un unico motivo di ricorso l’Inps ha depositato procura è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che il motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamenta Violazione e falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 4, comma 1 e della Legge 7 novembre 1957, n. 1.051 nonché vizio di motivazione la censura imputa sostanzialmente al Tribunale di Vibo Valentia la falsa applicazione delle norme indicate in epigrafe, per avere liquidato a carico dell’Inps una spesa di entità inferiore a quella dovuta in base ad esse nel merito le doglianze si appuntano sui seguenti aspetti a il giudice, nel riferirsi ai parametri minimi, non avrebbe individuato specificamente lo scaglione di appartenenza della causa b nell’imputare la spesa alle sole fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria, avrebbe omesso di calcolare la fase di istruzione preventiva il cui valore, singolarmente considerato, ammonterebbe ad Euro 1.314,00 c la spesa liquidata, con riguardo alla sola fase decisoria sarebbe inferiore di almeno Euro 300 rispetto ai parametri minimi quanto al vizio di motivazione, parte ricorrente lamenta l’assenza di qualsivoglia motivazione in merito alle statuizioni sopra richiamate il motivo è fondato alla stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte cfr. da ultimo, Cass. n. 4747 del 2018 , secondo cui, agli effetti del D.M. n. 140 del 2012, art. 41, che ha dato attuazione al D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 2 conv. con L. n. 27 del 2012 , i nuovi parametri cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata Cass. S.U. n. 17405/2012 alla stregua del citato orientamento, alla presente fattispecie va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3.4.2014, essendo stata operata la liquidazione qui censurata con sentenza del 17.7.2017 quanto alla determinazione degli scaglioni applicabili, va ribadito che, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di tal che, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni Cass. S.U. n. 10455 del 2015 non sussiste alcun obbligo per il giudice di liquidare il compenso nella misura media, dal momento che il D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 4, cit., gli impongono soltanto di liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, peraltro derogabili con idonea motivazione Cass. n. 18167 del 2015 e n. 2386 del 2017 l’applicazione di tali principi alla fattispecie controversa deve portare ad affermare che il valore della causa si colloca tra gli Euro 5.200,00 e gli Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, e che il parametro minimo stabilito per tale scaglione, computando le tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e le quattro per la causa di merito, va individuato in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50 per cento e la terza del 70 per cento, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 , trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 cause di previdenza , in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre, le prime due nonché l’ammontare dovuto per la fase decisionale del 50 per cento e la somma dovuta per la fase istruttoria del 70 per cento, ancora ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 cit. con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70 per cento all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto dell’art. 4, D.M. n. 55/2014, che testualmente prevede una riduzione fino al 70 per cento dell’importo liquidato per tale fase avuto riguardo all’importo dianzi indicato, appare evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% le spese del presente giudizio vanno compensate in difetto di attività difensiva da parte dell’intimato in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese giudiziali in Euro 3.162,00, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.