Sentenza rescindente e rescissoria: chi deve rispettare cosa e il ruolo della Cassazione

La denuncia del mancato rispetto, da parte del giudice del rinvio, del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo per aver operato il Giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per cui la Corte di Cassazione ha tutti i poteri del giudice di fatto, sia in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, sia in relazione all’atto di riassunzione e alla pretesa in esso avanzata. Quest’ultima, se si configura come reiterativa della richiesta già ritenuta infondata nella stessa sentenza rescindente, può essere, in una con la cassazione della sentenza rescissoria che l’abbia accolta, rigettata definitivamente nel merito.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nell’ordinanza 6344/19, depositata il 5 marzo. La fattispecie. La Corte d'Appello di Torino accoglieva la domanda proposta da una donna contro il Ministero dell’Istruzione condannando quest’ultimo alla ricostruzione della carriera della ricorrente. Le riconosceva, inoltre, l’anzianità di servizio maturata presso l’ente locale di provenienza. Cosa deve decidere il giudice del rinvio? Il Ministero ricorre in Cassazione sostenendo che la Corte territoriale non si fosse attenuta a quanto stabilito dalla sentenza rescindente e avesse provveduto al ricalcolo della retribuzione. Secondo i Supremi Giudici, nel passaggio al Ministero, si doveva solo valutare se si fosse determinato un peggioramento retributivo sostanziale. Questo compito spettava al Giudice del rinvio. Nel caso di specie, la ricorrente aveva chiesto il ricalcolo della retribuzione dovuta a seguito del passaggio presso lo Stato, attraverso il riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza. Con la sentenza rescindente il giudizio era proseguito per accertare se, nel passaggio, si fosse determinato o meno quel peggioramento retributivo sostanziale” ritenuto illegittimo. La Corte del rinvio, pertanto, non avrebbe potuto accogliere la domanda, riconoscendo le differenze retributive e la stessa parte non avrebbe potuto chiedere tale ricalcolo. Spetta alla Corte di Cassazione confrontare la sentenza rescindente e quella rescissoria e cercare di capire se la richiesta formulata in sede di rinvio e la conseguente sentenza rescissoria si siano poste al di fuori della decisione contenuta nella sentenza rescindente. Giudizio rescindente e rescissorio i confini da rispettare. In sostanza, la denuncia del mancato rispetto, da parte del giudice del rinvio, del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo per aver operato il Giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per cui la Corte di Cassazione ha tutti i poteri del giudice di fatto, sia in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, sia in relazione all’atto di riassunzione e alla pretesa in esso avanzata. Quest’ultima, se si configura come reiterativa della richiesta già ritenuta infondata nella stessa sentenza rescindente, può essere, in una con la cassazione della sentenza rescissoria che l’abbia accolta, rigettata definitivamente nel merito. Il ricorso va, pertanto, accolto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 15 gennaio – 5 marzo 2019, n. 6344 Presidente Tria – Relatore Bellè Rilevato che la Corte d’Appello di Torino, decidendo in sede di rinvio, ha accolto, con sentenza n. 1185/2013, la domanda proposta da T.M.B. contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, condannando quest’ultimo alla ricostruzione della carriera della ricorrente, con riconoscimento per intero, al passaggio presso il Ministero per effetto della L. n. 124 del 1999, art. 8, dell’anzianità di servizio maturata presso l’ente locale di provenienza Provincia di Cuneo ed al pagamento delle relative differenze stipendiali ricorre il Ministero con un motivo, resistito da controricorso della T. Considerato che con l’unico motivo di ricorso il Ministero denuncia la violazione della L. n. 124 del 1999, art. 8, comma 2, e della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, sostenendo che la Corte territoriale non avrebbe osservato il principio stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza rescindente il motivo è fondato e va accolto con la sentenza rescindente n. 26448/2011, questa Corte ha cassato la prima pronuncia resa dalla Corte d’Appello di Torino tra le parti, con la quale era stata accolta la domanda della lavoratrice la Corte di Cassazione stabiliva, sul presupposto che la vicenda fosse disciplinata dalla L. n. 124 del 1999, come autenticamente interpretato dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, l’infondatezza dell’assunto secondo cui, nel passaggio al Ministero, la ricorrente avesse il diritto alla determinazione della retribuzione nella misura derivante dal riconoscimento, secondo i parametri di calcolo applicati presso lo Stato, dell’intera anzianità maturata presso l’ente locale e che invece si dovesse soltanto valutare, in esito a quanto deciso da Corte di Giustizia 6 settembre 2011, Scattolon, se nel passaggio predetto si fosse determinata un peggioramento retributivo sostanziale la medesima sentenza concludeva quindi che, in esito alla cassazione, fosse compito del giudice del rinvio verificare se, all’atto del trasferimento in questione, si fosse verificato un siffatto peggioramento sostanziale è viceversa palese che la Corte d’Appello di Torino, nella pronuncia rescissoria, non si sia attenuta al principio dettato dalla Suprema Corte, replicando in sostanza il riconoscimento, di cui alla pronuncia di appello poi cassata, di un diritto al ricalcolo della retribuzione presso il Ministero, da attuarsi considerando, nella determinazione della posizione stipendiale della stessa all’atto del trasferimento e secondo i parametri in essere presso il Ministero stesso, l’intera anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza, in contrasto con la L. n. 124 del 1999, art. 8, comma 2, e con l’art. 1, comma 218 cit., la cui applicazione a regolare l’oggetto del contendere era stata espressamente riconosciuta dalla pronuncia rescindente è quindi indubbio che si debba pronunciare la cassazione della sentenza impugnata, non risultando accoglibili neppure le tre eccezioni di inammissibilità sollevate con il controricorso, in quanto - non è vero che la contumacia dell’Amministrazione in sede di rinvio le impedisca di sollecitare il controllo, che è di stretta legittimità, rispetto al criterio di calcolo della retribuzione applicato dalla Corte del rinvio ed alla congruenza di esso rispetto al principio posto dalla pronuncia rescindente - non è vero che manchi nel ricorso per cassazione una specifica censura alla sentenza impugnata, essendo palese che l’utilizzazione del condizionale sembrerebbe nel sottolineare l’inosservanza da parte del giudice del rinvio dei criteri posti dalla pronuncia rescindente non è espressione di perplessità, ma una semplice modalità espositiva della censura così dispiegata - non è vero che, criticando la pretesa della ricorrente di ottenere un inquadramento stipendiale più alto, il Ministero abbia introdotto temi nuovi , trattandosi semplicemente di un inciso difensivo, peraltro coerente con l’esito che sarebbe conseguito ove la pronuncia rescissoria fosse passata in giudicato va quindi osservato che, secondo un orientamento cui qui si intende dare continuità, coniugandolo rispetto alla peculiarità del caso di specie, la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per aver operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, la quale va equiparata al giudicato, partecipando della qualità dei comandi giuridici, con la conseguenza che la sua interpretazione deve essere assimilata, per l’intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche Cass. 6 ottobre 2005, n. 19417 Cass. 30 settembre 2005, n. 19212 Cass. 26 luglio 2005, n. 15647 Cass. 25 marzo 2005, n. 6461 Cass. 1 settembre 2004, n. 17564, ma anche, implicitamente, per quanto riguarda l’esame della sentenza rescindente, Cass. 19 febbraio 2018, n. 3955 si è in particolare precisato che il giudice di legittimità accerta l’esistenza e la portata del giudicato interno rappresentato dalla sentenza rescindente, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, a cominciare dalla sentenza rescindente, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto Cass. 19212/2005 e Cass. 17564/2004, citt., in motivazione nella specie, l’originaria pretesa della ricorrente fu formulata, come precisato anche a pag. 2 del controricorso, chiedendo il ricalcolo della retribuzione dovuta al passaggio presso lo Stato, attraverso il riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza con la sentenza rescindente, pur osservandosi l’infondatezza di tale impostazione giuridica, si ritenne di non pronunciare il rigetto della domanda ma, in considerazione del novum costituito dalla pronuncia della Corte di Giustizia sull’oggetto del contendere, si consentì la prosecuzione del giudizio al fine di accertare, in forza dell’azione giudiziale dispiegata, se nel passaggio si fosse o meno determinato quel peggioramento retributivo sostanziale che l’osservanza della pronuncia Eurounitaria avrebbe imposto di ritenere illegittimo è quindi indubbio che non solo la Corte del rinvio non avrebbe potuto accogliere la domanda, come ha fatto, riconoscendo le differenze retributive sulla base del criterio di calcolo intera anzianità - ritenuto non coerente nella pronuncia rescindente con le norme L. n. 124 del 1999, art. 8, come autenticamente interpretato dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218 destinate a disciplinare la controversia - ma altresì che la stessa parte, nel riassumere, non avrebbe certamente potuto chiedere un tale ricalcolo, risultando ormai ineludibile, per effetto della pronuncia rescindente, che l’accertamento potesse riguardare soltanto le eventuali differenze retributive sostanziali che emergessero dal raffronto tra la retribuzione goduta immediatamente prima del passaggio e quella riconosciuta all’atto del medesimo passaggio sulla base dei principi giurisprudenziali sopra richiamati la Corte di Cassazione ha dunque il potere di porre a raffronto la sentenza rescindente con quella rescissoria, valutando anche, sempre sul piano squisitamente processuale, il tramite costituito dall’atto di riassunzione con cui si è proceduto per dare attuazione nel processo al principio di diritto enunciato al fine di definire il processo tra le parti in lite, con controllo che indubbiamente partecipa ora delle esigenze di speditezza e concludenza insite nel principio di ragionevole durata di cui all’art. 111 Cost., nella misura in cui esso consente in sede di legittimità di definire il giudizio senza ulteriore rinvio, allorquando risulti che la richiesta formulata dalla parte in sede di rinvio e la conseguente sentenza rescissoria si siano poste al di fuori dell’ambito decisionale vincolante quale impostato dalla sentenza rescindente da tale raffronto, rispetto al caso di specie emerge che, sancito dalla pronuncia rescindente il principio di diritto per cui l’unica ragione che poteva essere posta a fondamento della pretesa era quella riconnessa a differenze sostanziali eventualmente accertate nel confronto tra le retribuzioni prima e dopo il trasferimento il che rendeva necessario, ai sensi dell’art. 394 c.p.c., comma 3, ultima parte, l’adeguamento delle relative ragioni , la ricorrente insistette ciononostante, in sede di rinvio, per l’attribuzione delle differenze secondo il criterio, viceversa disatteso dalla pronuncia rescindente, basato sulla trasposizione dell’anzianità maturata presso l’ente locale nel calcolo della retribuzione presso lo Stato, che poi la sentenza rescissoria qui cassata ha effettivamente, ma erroneamente, riconosciuto tutto ciò risulta dall’intera ricostruzione contenuta nell’atto di riassunzione e dal riferimento, in quella sede, ad un prospetto che considerava i soli dati dall’anno 2000 in poi, mentre è chiaro che il raffronto avuto presente dalla sentenza rescindente doveva aver luogo con i dati retributivi del 1999, ovverosia dell’anno anteriore al trasferimento, con quelli successivi ad esso quindi, in sostanza, a parte l’erroneità della sentenza rescissoria, da cui deriva la cassazione di essa, la ricorrente ha esclusivamente azionato una ragione che le era processualmente precluso prospettare, in quanto in palese contrasto con l’inviolabilità del principio di diritto quale declinato nella pronuncia rescindente e quindi, in ultima analisi, con inosservanza dell’art. 384 c.p.c. ne consegue pertanto che, infondata per effetto della pregressa pronuncia rescindente la pretesa come originariamente formulata, non avendo la ricorrente speso l’unico profilo, quello relativo alle differenze retributive sostanziali derivanti dal mero raffronto tra il corrispettivo ricevuto prima e dopo il trasferimento, che le era consentito di perseguire e non potendosi riaprire ulteriormente il giudizio di merito rispetto ad una ragione quella sul peggioramento retributivo sostanziale che non poteva che essere azionata in esito al primo rinvio, non resta qui che pronunciare il complessivo e definitivo rigetto della domanda giudiziale la complessità, a questo punto anche processuale, della vicenda, giustifica la compensazione delle spese di causa con riferimento all’intero processo è opportuna peraltro, al fine di dare assicurare continuità ad orientamenti di questa Corte, la formulazione espressa del seguente principio di diritto la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del dedsum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per aver operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto, sia in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, sia in relazione all’atto di riassunzione ed alla pretesa in esso avanzata, la quale, se si configuri come reiterativa della richiesta già ritenuta infondata nella stessa sentenza rescindente, può essere, in una con la cassazione della sentenza rescissoria che l’abbia accolta, rigettata definitivamente nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di T.M.B. . Compensa le spese dell’intero processo.