Assenze a raffica, legittima la verifica sulla idoneità al servizio della collaboratrice scolastica

Scenario della vicenda è un istituto comprensivo in Molise. Sotto i riflettori il comportamento di una collaboratrice scolastica, che in due anni si è assentata per 383 giorni, per problemi di salute. Impossibile, secondo i Giudici, catalogare come vessatoria la reazione del dirigente, che ha richiesto alcune visite fiscali a carico della dipendente e ha anche dato il ‘la’ a una verifica sulla sua idoneità al servizio.

Assenze a raffica – e tutte per motivi di salute – per la collaboratrice scolastica. Legittima la reazione del dirigente dell’istituto, reazione concretizzatasi in una serie di visite fiscali e in una verifica sulla idoneità al servizio della dipendente. Impossibile, di conseguenza, parlare di comportamento vessatorio nei confronti della lavoratrice Cassazione, ordinanza numero 6275/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Salute. Riflettori puntati sul comportamento di una collaboratrice di un istituto comprensivo in Molise. A destare sospetti nel dirigente della scuola sono le assenze a raffica della dipendente, tutte giustificate con problemi di salute provocati da un infortunio sul lavoro. Questa connessione tra incidente e assenze non convince però il dirigente scolastico che, anche alla luce della certificazione rilasciata dall’INAIL, sostiene che da un determinato momento i giorni a casa della dipendente non possano più essere imputati a causa di servizio . Consequenziale è la decisione del dirigente di chiedere visite fiscali nei confronti della collaboratrice e, allo stesso tempo, di verificarne l’idoneità al servizio . Secondo la donna, queste azioni vanno valutate come un vero e proprio comportamento persecutorio, ma i Giudici, invece, prima in Tribunale e poi in Appello, ritengono legittimo l’operato del dirigente scolastico. Assenze. Identica visione adottano anche i Giudici della Cassazione, che, confermando la pronuncia di secondo grado, escludono categoricamente che la collaboratrice scolastica possa ottenere un risarcimento dal Ministero dell’Istruzione. In sostanza, anche nel contesto del Palazzaccio viene ritenuto legittimo l’operato del dirigente della scuola, e a dare sostegno a questa valutazione viene richiamato anche un inequivocabile dato in un periodo di tempo superiore di poco ai due anni la lavoratrice è rimasta assente per 383 giorni . Legittime, quindi, secondo i Magistrati, le verifiche effettuate sulle condizioni di salute della donna. Impossibile, quindi, parlare di comportamento vessatorio da parte del dirigente scolastico.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 16 gennaio – 4 marzo 2019, n. 6275 Presidente Napoletano - Relatore Di Paolantonio Rilevato che 1. la Corte di Appello di Campobasso ha respinto l'appello di Ma. Gi. Os. avverso la sentenza del Tribunale di Larino che aveva rigettato la domanda, proposta nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca nonché di Ez. Di Pi., volta ad ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni che, a suo dire, sarebbero stati cagionati dalla condotta vessatoria tenuta dal dirigente scolastico dell'Istituto Comprensivo di Campo Marino 2. la Corte territoriale ha ritenuto condivisibili le argomentazioni espresse dal Tribunale, alle quali ha rinviato per motivare la pronuncia di rigetto dell'appello, aggiungendo che correttamente il Di Pi., basandosi sulla certificazione dell'Inail, aveva ritenuto che l'assenza successiva al 13 marzo 2009 non poteva essere imputata a causa di servizio 3. il giudice d'appello ha evidenziato, inoltre, che le richieste di visite fiscali trovavano giustificazione nelle determinazioni assunte dall'Istituto previdenziale e che ragionevole, anzi doverosa, doveva ritenersi l'iniziativa volta a provocare l'accertamento dell'idoneità al servizio dell'Os., giacché quest'ultima in un periodo di tempo di poco superiore ai due anni era rimasta assente per 383 giorni 4. sulla base di detti rilievi la Corte territoriale ha escluso che la condotta del dirigente scolastico fosse stata ispirata da finalità vessatorie 5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Ma. Gi. Os. sulla base di tre motivi, ai quali hanno resistito con tempestivo controricorso Ez. Di Pi. ed il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca 6. la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. procomma civ. insistendo per l'accoglimento del ricorso. Considerato che 1. con il primo motivo di ricorso è denunciata carenza di motivazione in merito al mancato espletamento dell'istruttoria violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.comma in relazione all'art. 360 n. 4 violazione e falsa applicazione artt. 115-416 c.p.comma in relazione all'art. 360 così testualmente la rubrica del motivo 1.1. richiamata la definizione di mobbing fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, la ricorrente sostiene che dovevano essere ammessi i mezzi istruttori richiesti e che i giudici di merito avrebbero dovuto esercitare i poteri officiosi di cui all'art. 421 cod. procomma civ. 1.2. aggiunge che le circostanze dedotte nell'atto introduttivo non erano state specificamente contestate dai convenuti ed infine si duole dell'omessa pronuncia su quanto richiesto da parte ricorrente 2. la seconda censura, formulata ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 cod. procomma civ., addebita alla sentenza impugnata violazione e falsa applicazione del D.L. 25 giugno 2008 e degli artt. 17 e 20 C.C.N.L. Comparto Scuola insufficiente e contraddittoria motivazione falsa ed erronea applicazione delle norme di legge relative alle assenze per malattia per causa di servizio perché entrambi i giudici di merito, nella valutazione delle risultanze processuali, non avrebbero tenuto conto dell'ontologica diversità fra infortunio sul lavoro e infermità per causa di servizio 2.1. la ricorrente sostiene, in sintesi, che il certificato dell'Inail si riferiva all'inabilità temporanea derivata dall'infortunio sul lavoro verificatosi il 15 gennaio 2009, mentre i certificati medici del 16 e 31 marzo 2009 facevano riferimento a causa di servizio , ossia alle conseguenze del trauma distruttivo della spalla destra, riconosciuto, appunto, come dipendente da causa di servizio il 3 aprile 2009 2.2. il dirigente scolastico, pertanto, non poteva disattendere le certificazioni mediche ed applicare all'assenza la disciplina contrattuale prevista per la malattia comune, giacché, qualora l'inabilità derivi da causa di servizio il lavoratore non può essere sottoposto a visita fiscale e ha diritto a ricevere l'intero trattamento retributivo, senza decurtazione alcuna 3. il terzo motivo, rubricato Art. 2 Decreto n. 206 del 18.12.2009 determinazione delle fasce orarie di reperibilità per i pubblici dipendenti in caso di assenza per malattia. Violazione e falsa applicazione. Illegittimità delle visite mediche dell'll e del 14 aprile 2009. Violazione e falsa applicazione articolo 71, 1. comma, del decreto n. 112/08 convertito in legge n. 133/08 - illegittimità della decurtazione stipendiali , addebita alla sentenza impugnata la violazione della normativa richiamata in rubrica ed insiste nel sostenere che l'attestazione del medico curante sulla dipendenza da causa di servizio della patologia doveva ritenersi sufficiente per escludere la decurtazione stipendiale ed anche l'obbligo del rispetto delle fasce di reperibilità 4. il ricorso è inammissibile per plurime ragioni concorrenti 4.1. la sentenza impugnata è chiara nel rinviare per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado sicché, al fine di assolvere all'onere di specificazione imposto dall'art. 366 n. 6 cod. procomma civ., la ricorrente avrebbe dovuto riportare nel ricorso il tenore della sentenza di primo grado che, secondo quando si legge nella decisione gravata, era da ritenersi come riportata e trascritta in quella d'appello 4.2. hanno affermato, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte che in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l'onere ex art. 366, n. 6, c.p.comma occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l'atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali Cass. S.U. n. 7074/2017 5. il motivo di ricorso con il quale la ricorrente si duole della mancata ammissione dei mezzi istruttori e della violazione del principio di non contestazione è parimenti formulato senza il necessario rispetto del richiamato art. 366 n. 6 cod. procomma civ. nonché dell'art. 369 n. 4 cod. procomma civ., perché non sono trascritte nel ricorso le istanze non accolte dai giudici di merito non sono riportati, nelle parti rilevanti, le allegazioni in fatto contenute negli scritti difensivi delle parti non sono fornite indicazioni in merito all'allocazione nel fascicolo processuale degli atti sui quali è fondata la censura 5.1. è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente, oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare - elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto - non alleghi e indichi la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire ex actis alla Corte di Cassazione di verificare la veridicità dell'asserzione. Cass. n. 9748/2010 e fra le più recenti negli stessi termini Cass. n. 8204/2018 5.2. quanto, poi, al principio di non contestazione ribadisce il Collegio che, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata pacifica tra le parti, il principio di specificità dei motivi di ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica, perché il giudice di legittimità deve essere posto innanzitutto in condizione di verificare ex actis la decisività e la fondatezza della censura cfr. fra le più recenti Cass. 24062/2017 5.3. analoghe carenze presenta il ricorso quanto al contenuto della documentazione posta a fondamento della seconda censura, con la quale la ricorrente addebita alla Corte territoriale di avere errato nella valutazione dei certificati rilasciati dall'INAIL e dai medici curanti 6. infine va evidenziato che la Corte territoriale ha escluso qualsivoglia intento vessatorio, rilevando, da un lato, che la certificazione dell'istituto previdenziale giustificava il comportamento del dirigente scolastico, dall'altro che l'avvio del procedimento volto ad accertare l'idoneità al lavoro doveva ritenersi iniziativa doverosa, a fronte di assenze protrattesi in un arco temporale di due anni per 383 giorni 6.1. si tratta di un accertamento di merito sull'insussistenza del necessario elemento soggettivo che caratterizza il mobbing, che non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all'art. 360 n. 5 cod. procomma civ., come modificato dal D.L. n. 83/2012, applicabile ratione temporis in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata il 23 maggio 2014 6.2. il richiamato art. 360 n. 5 cod. procomma civ., nella formulazione attuale, non riguarda la motivazione della sentenza ma concerne, invece, l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia 6.3. l'omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l'omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti 6.4. il motivo, quindi, è validamente formulato ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. procomma civ. solo qualora il ricorrente indichi il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività 6.5. dette condizioni non ricorrono nella fattispecie, sicché il ricorso si deve ritenere inammissibile in tutte le sue articolazioni, perché anche la denuncia di violazione di legge è strettamente connessa alla valutazione delle risultanze processuali effettuata dalla Corte territoriale 7. alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo 7.1. sussistono le condizioni di cui all'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate quanto a Ez. Di Pi. in Euro 3.000,00 per competenze professionali ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge, e, quanto al MIUR, in Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.