Anche l’INPS deve calcolare la quota pignorabile sul netto

Anche nel caso di compensazione attuata dall’INPS per propri crediti sugli importi pignorabili dei trattamenti pensionistici da erogare, ai sensi dell’art. 69 l. n. 153/1969, il calcolo della quota pignorabile e dunque compensabile, pari ad un quinto, va effettuato valutando tali trattamenti al netto delle ritenute che per legge siano applicate a titolo fiscale.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 3648/19, depositata il 7 febbraio. Il caso. La Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, revocava il decreto ingiuntivo ottenuto da una pensionata nei confronti dell’INPS e relativo al pagamento di una somma nell’avviso della appellata, illegittimamente trattenuta dall’Istituto. In particolare, ad avviso dei Giudici di merito, bene aveva fatto l’Ente previdenziale a recuperare - attraverso compensazione della pensione con i debiti che la ex lavoratrice aveva nei suoi confronti per contributi non versati in un periodo in cui essa risultava socia di una società di persone – il proprio credito calcolando la quota del quinto pignorabile sulla base dei valori pensionistici lordi e non, come ritenuto dal Tribunale, sugli importi netti risultanti dalla detrazione delle ritenute fiscali. Contro tale pronuncia la pensionata ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo. La quota pignorabile si calcola sul netto. In particolare, ad avviso della ricorrente, i Giudici di merito avevano errato nell’applicare l’art. 69 l. n. 153/1969 a mente del quale le pensioni [] possono essere ceduti, sequestrati e pignorati nei limiti di un quinto del loro ammontare [ ] Per le pensioni ordinarie liquidate a carico della assicurazione generale obbligatoria, viene comunque fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo atteso che, a mente di tale disciplina, il limite del quinto pignorabile doveva essere calcolato sulla somma netta percepita dal lavoratore e non, come invece affermato dai Giudici di secondo grado, sul corrispondente valore lordo. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso. In particolare, secondo la Corte, non era soddisfacente l’interpretazione che i Giudici di merito avevano offerto ai principi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 506/02, ritenendo che il fatto che la norma consentirebbe il pignoramento di un quinto dell’intero ammontare” della pensione, sarebbe riprova del fatto che il calcolo andrebbe eseguito sul lordo” . Ed infatti, nell’avviso della Cassazione, nella logica di tale pronuncia l’espressione intero ammontare della pensione non si contrappone ad un ammontare netto” e quindi non ha il significato di ammontare lordo . La disciplina ha subito negli anni significativi mutamenti. Al contrario, prosegue la Corte, la dizione intero ammontare” si contrappone invece al concetto [.] di quota parte necessaria ad assicurare al pensionato il minimo necessario a vivere . Inoltre, nell’avviso della Cassazione, l’interpretazione della pronuncia del Giudice delle leggi andava impostata su un piano ricostruttivo più ampio, che tenesse conto dell’evoluzione che la disciplina in discorso aveva avuto nel corso degli anni. Evoluzione, analiticamente rappresentata dalla Cassazione nella pronuncia in commento, che univocamente induce a concludere come non vi sia alcun dubbio che la disciplina generale del pignoramento delle pensioni [.] ne prevede il calcolo al netto e non al lordo delle ritenute fiscali . Nemmeno l’INPS è esclusa da tale limite. Conclusione che non è scalfita, ed anzi è confermata, dalla sentenza della Corte Costituzionale impropriamente citata dalla Corte milanese, la quale - proprio sulla base di tale considerazione - salvò la norma dalla declaratoria di illegittimità costituzionale poiché la previsione va intesa quale ipotesi, selezionata dal legislatore, di diverso e discrezionale bilanciamento dei valori costituzionali, tale per cui, qualora il creditore stesso sia l’INPS, la fissazione della quota pignorabile non transita per la previa detrazione di quanto destinare al minimum vitale come stabilito in via generale [] dall’art. 545, comma 7, c.p.c. ma direttamente si determina sull’intera pensione, con la salvaguardia dei minimi pensionistici .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 novembre 2018 – 7 febbraio 2019, n. 3648 Presidente D’Antonio – Relatore Bellé Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Milano, riformando con sentenza n. 508/2013 la pronuncia del Tribunale di Sondrio, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da D.F.R. nei riguardi dell’I.N.P.S., per il pagamento della somma di Euro 2.016,23 oltre accessori e spese. La somma rivendicata dalla ricorrente e disconosciuta dalla Corte d’Appello derivava dal fatto che l’ente previdenziale, nel recuperare, attraverso la compensazione sulla pensione di cui la D.F. era titolare, un proprio credito contributivo verso la medesima, aveva calcolato il quinto di legge, entro cui tale compensazione era consentita, sui valori pensionistici lordi e non, come propugnato con la domanda monitoria con cui si era domandata la restituzione di quanto trattenuto in eccesso, sugli importi netti quali risultanti dalla previa detrazione delle ritenute fiscali. 2. La D.F. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, articolato in una duplice censura l’INPS ha depositato procura, partecipando poi alla discussione orale. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di impugnazione, D.F.R. censura la sentenza impugnata per violazione della L. n. 153 del 1969, art. 69, dell’art. 545 c.p.c., e dell’art. 1246 c.c., n. 3, per non essersi affermato che le ritenute sulla pensione, ai sensi della normativa citata, dovessero essere calcolate sull’importo considerato al netto delle detrazioni fiscali, nonché vizio della motivazione per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. 2. Va intanto esclusa la sussistenza di vizio processuale della sentenza per inesistenza della motivazione, profilo che la stessa ricorrente enuncia in rubrica con il richiamo all’art. 132 c.p.c., n. 4, senza poi in proposito argomentare. La pronuncia contiene infatti la motivazione giustificativa, in diritto, di quanto deciso, per quanto la stessa, come si dirà in prosieguo, non possa essere condivisa. 3. Il motivo è invece da accogliere con riferimento alla censura di violazione di legge, rispetto all’art. 69 cit. e, in combinazione con esso, dell’art. 1246 c.c., n. 3. 4. In fatto risulta che la ricorrente fosse ai contempo creditrice dell’I.N.P.S. per la pensione di anzianità e debitrice per omesso versamento di contribuzione riconnessa al lavoro svolto nell’ambito di una ditta artigiana costituita in s.n.c Viene quindi in rilievo il disposto della L. n. 153 del 1969, art. 69, comma 1, che consente il pignoramento dei crediti pensionistici, nei limiti di un quinto del loro ammontare , per debiti verso lo stesso ente riconnessi ad erogazioni pregresse non dovute e, profilo che interessa la presente causa, per omissioni contributive. Infatti l’I.N.P.S., sull’ulteriore presupposto per cui il creditore può portare in compensazione verso il debitore i propri crediti verso quest’ultimo nei limiti della pignorabilità art. 1246 c.c., n. 3 , ha proceduto con ritenute mensili del quinto della pensione da essa erogata alla ricorrente, calcolando tale quota sull’ammontare lordo delle spettanze pensionistiche e quindi sul valore di esse prima dell’applicazione delle ritenute fiscali. Solo in esito a contestazione stragiudiziale della pensionata l’ente ha, da un certo momento in poi, proceduto al calcolo delle ritenute sul netto pensionistico spettante dopo l’applicazione delle ritenute fiscali. La pensionata ha però rilevato che, così facendo, nel primo periodo di applicazione delle ritenute del quinto sul lordo degli emolumenti mensili, si era determinata l’acquisizione da parte dell’ente di un importo superiore a quello che di tempo esso avrebbe avuto diritto a stornare a proprio favore. Essa pertanto aveva agito in via monitoria per il recupero interinale di quell’importo e la conseguente opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’I.N.P.S. era stata respinta dal Tribunale di Sondrio, con sentenza poi riformata dalla Corte d’Appello di Milano, sul presupposto che fosse legittima l’applicazione delle ritenute sul lordo pensionistico. 5. Ciò posto, va ritenuta insoddisfacente la ricostruzione operata dalla sentenza impugnata, secondo cui il riferimento di Corte Costituzionale 4 dicembre 2002, n. 506, nell’argomentare rispetto alla L. n. 153 del 1969, art. 69, al fatto che la norma consentirebbe il pignoramento di un quinto dell’intero ammontare della pensione, sarebbe riprova del fatto che il calcolo andrebbe eseguito sul lordo . Come giustamente osserva la difesa della ricorrente, nella logica di tale pronuncia del giudice delle leggi, l’ intero ammontare della pensione non si contrappone ad un ammontare netto e quindi non ha il significato di ammontare lordo . La dizione intero ammontare si contrappone invece al concetto, introdotto in quella sede dalla Corte e che costituiva il proprium della decisione, di quota parte necessaria ad assicurare al pensionato il minimo necessario a vivere. È invece su un piano ricostruttivo più ampio che va impostata la decisione della controversia. 6. In tale prospettiva, si osserva quindi che il quadro della pignorabilità delle pensioni e degli emolumenti erogati in dipendenza del rapporto di lavoro ha conosciuto, negli ultimi decenni, una notevole evoluzione normativa, sulla spinta di reiterati interventi della Corte Costituzionale. Al di là dei particolari e della complessiva dinamica storica, che qui non interessano, il complessivo sistema ha raggiunto dapprima un punto di equilibrio nella sostanziale unificazione del regime di pignorabilità di stipendi e pensioni entro il quadro generale di cui al D.P.R. n. 180 del 1950, il cui evolversi normativo è stato nel senso di riportare ad esso la disciplina del pignoramento di tutte le retribuzioni, anche se erogate da aziende private per effetto dell’aggiunta della corrispondente dizione nel D.P.R. 150 cit., art. 1, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 137, lett. a , come anche delle pensioni art. 2, D.P.R. cit. e della concorrenza tra cessioni e pignoramenti per effetto della modifica della rubrica del titolo III del D.P.R. citato ad opera della lett. b dello stesso art. 137 cit. . Tale sistema ha poi trovato conferma nel testo dell’art. 545 c.p.c., quale risultante in esito alle integrazioni apportate dalla L. n. 132 del 2015, art. 13, comma 1, che viene sostanzialmente ad affiancarsi alle previsioni del D.P.R. 150 cit., in parte duplicandole, in parte lasciando al D.P.R. la regolazione esplicita di alcuni profili ad es. il concorso di cessioni e pignoramenti già menzionato e in altra ulteriore parte regolando aspetti non disciplinati dal D.P.R. ad esempio, i limiti generali di pignorabilità delle pensioni e i pignoramenti delle erogazioni pensionistiche confluite su conto corrente bancario . 7. Il tema specifico del pignoramento delle pensioni è dunque regolato in via generale dal D.P.R. 150 cit., art. 2, in una con le integrazioni che derivano, ora, anche dalle previsioni dall’art. 545 c.p.c., comma 7 e ss Nella determinazione delle quote pignorabili il citato art. 2, stabilisce peraltro che esse, in ogni caso, siano valutate al netto di ritenute . Non vi è quindi dubbio che la disciplina generale del pignoramento delle pensioni, riveniente da tale quadro di fondo, ne preveda il calcolo al netto e non al lordo delle ritenute fiscali. 8. Rispetto al pignoramento delle pensioni va tuttavia considerato la L. n. 153 del 1969, già citato art. 69, che è la norma specifica da applicare nella presente controversia. Come chiarito da Corte Costituzionale 506/2002, cit., che proprio su tale considerazione salvò la norma dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, la previsione va intesa quale ipotesi, selezionata dal legislatore, di diverso e discrezionale bilanciamento dei valori costituzionali, tale per cui, qualora il creditore sia lo stesso I.N.P.S., la fissazione della quota pignorabile non transita per la previa detrazione di quanto da destinare al minimum vitale come stabilito in via generale e per gli altri casi dalla medesima sentenza, con regola ora declinata dall’art. 545 c.p.c., comma 7 ma direttamente si determina sull’intera pensione, con la salvaguardia comma 2 dei minimi pensionsitici. Non può però dirsi che, rispetto al quadro generale come sopra ricostruito e tale per cui il pignoramento ha testualmente ad oggetto le pensioni come anche le retribuzioni valutate al netto di ritenute , vi siano elementi da cui desumere che l’ipotesi dell’art. 69, postuli un calcolo della quota pignorabile sul lordo del trattamento da percepire. Né è a dirsi, come sostiene l’I.N.P.S., che tale elemento sia da trarre dalla previsione di cui all’art. 69, comma 2, dei minimi pensionistici, quale misura inviolabile e, nell’ipotesi defensionale dell’ente, unica tutela assicurata. Infatti l’art. 69 cit., pur nella sua diversa dinamica e nella specificità del referente soggettivo l’I.N.P.S. si inserisce in ogni caso, come rilevato in sostanza anche dal Pubblico Ministero, nel sistema generale del pignoramento delle pensioni quale sopra ricostruito, le cui modalità di funzionamento non possono che essere omogenee, salvo i profili che siano espressamente regolati in modo diverso, tra cui non vi è quello del calcolo della quota pignorabile al netto delle ritenute fiscali. 9. Deve quindi affermarsi il principio per cui, anche nel caso di compensazione attuata dall’I.N.P.S., per propri crediti, ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 69, sugli importi pignorabili dei trattamenti pensionistici da erogare, il calcolo della quota pignorabile e dunque compensabile, pari ad un quinto, va effettuato valutando tali trattamenti al netto delle ritenute che per legge siano applicate a titolo fiscale. 10. La sentenza impugnata, non essendosi adeguata al principio di cui sopra, va dunque cassata, con rinvio alla medesima Corte territoriale affinché essa, in diversa composizione, decida la controversia sulla base del principio qui enunciato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.