Il rinvio al contratto collettivo non rende specifica la causale apposta al contratto a termine

Il requisito di specificità della causale apposta ai contratti a tempo determinato disposto dall’art. 1 d.lgs. n. 368/2001 è ineludibile, al pari della forma scritta ad substantiam del contratto, imposta dall’art. 4 del medesimo decreto, sicché il predetto requisito non risulta soddisfatto dal generico richiamo alle previsioni della contrattazione collettiva, soprattutto se la causale non reca alcun preciso riferimento alle esigenze eventualmente previste dal contratto collettivo in materia di lavoro a tempo determinato.

Il caso. La Corte d’Appello di Lecce ha rigettato il gravame proposto da un lavoratore avverso la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda volta ad ottenere la declaratoria di nullità dei termini finali apposti ad una serie di contratti stipulati per lo svolgimento di lavori stagionali, con conseguente conversione in un unico rapporto a tempo indeterminato e connesso risarcimento del danno. Secondo la Corte territoriale i contratti erano stati validamente stipulati in base alle previsioni del d.lgs. n. 368/2001, applicabile ratione temporis , poiché la causale era stata delineata con rinvio al contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro e il datore di lavoro aveva tempestivamente comunicato la temporaneità del rapporto all’Ufficio per l’Impiego competente. Non è sufficiente il mero rinvio alla contrattazione collettiva. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, il quale aveva lamentato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1 e 11, d.lgs. n. 368/2001 in quanto nei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati non vi era alcuna indicazione specifica delle esigenze tali da giustificare il ricorso a prestazioni a termine, mentre risultava solo vagamente menzionata la contrattazione collettiva di riferimento. Gli Ermellini richiamano la giurisprudenza che ritiene insufficiente il mero rinvio alla contrattazione collettiva, laddove peraltro nel contratto non vi sia uno specifico riferimento alle esigenze concrete previste dalla contrattazione stessa. Affrontando, poi, la questione della cd. interpretazione elastica delle causali apposte ai contratti di lavoro a tempo determinato, la Suprema Corte osserva che tale principio di diritto è applicabile solo a realtà aziendali complesse e consente una formulazione meno specifica delle ragioni giustificatrici, la cui sussistenza però deve essere provata dal datore di lavoro. In difetto, non si può che concludere per la declaratoria di nullità del termine con conseguente conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato. Irrilevanza delle comunicazioni all’Ufficio del Lavoro. La Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevanti le argomentazioni svolte nella sentenza d’appello circa il carattere stagionale/turistico delle prestazioni, che sarebbe deducibile dalle comunicazioni effettuate dal datore di lavoro all’Ufficio per l’Impiego, poiché il carattere temporaneo delle stesse non emergeva dal contratto individuale di lavoro sottoscritto dal dipendente. Tali comunicazioni infatti costituiscono meri adempimenti dovuti per legge solo da parte del datore di lavoro e sono estranei alla sfera conoscitiva del lavoratore analogamente alla relazione tecnica di appalto tra il Comune e la società appaltatrice, datore di lavoro, che in effetti recava l’indicazione della necessità di un aumento temporaneo del fabbisogno di manodopera durante il periodo estivo, ma di cui il lavoratore era chiaramente terzo estraneo , sicché deve escludersi la consapevolezza del lavoratore della limitazione temporale del rapporto di lavoro. Peraltro, conclude la Suprema Corte, l’eventuale conoscenza di fatto da parte del lavoratore di fondate giustificazioni circa la durata predeterminata del rapporto non può superare il dato formale, indispensabile secondo la legge, in base al quale lo scritto richiesto, ancorché succintamente, deve comunque soddisfare il requisito di specificità, una volta soddisfatto il quale è poi possibile l’esame della concreta sussistenza delle ragioni stesse.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 17 luglio – 22 gennaio 2019, n. 1616 Presidente Balestrieri – Relatore De Gregorio Rilevato Che la Corte d’Appello di Lecce con sentenza n. 1419/25 marzo - 20 maggio 2013 rigettava il gravame interposto da C.S. nei confronti dell’appellata S.p.a. SE.T.A.EU, avverso la decisione, pronunciata dal locale giudice del lavoro il 26-10-2010, con la quale era stata respinta la domanda in data 12 novembre 2008 dello stesso C. , volta ad ottenere declaratoria di nullità dei termini finali, apposti a contratti di lavoro stipulati per lo svolgimento di lavori stagionali tra gli anni 2004 e 2008 dalle stesse parti, con conseguente conversione di un unico rapporto a tempo indeterminato e connesso risarcimento danni secondo la Corte territoriale i rapporti de quibus erano stati validamente concordati in base al D.Lgs. n. 368 del 2001, nella specie applicabile, in quanto come pure rilevato dal primo giudicante, la causale era stata ben delineata per iscritto in relazione sia al c.c.n.l. n.u. aziende private per il lavoro stagionale aggiuntivo richiesto in estate per le operazioni di r.s.u. in sito turistico, sia ai contratti individuali, in riferimento ai quali e ai motivi dell’assunzione temporanea era stata data tempestiva comunicazione all’Ufficio per l’Impiego di zona. Inoltre, la necessità dell’aumento temporaneo del fabbisogno di manodopera durante il periodo estivo era stata puntualmente riportata nella relazione tecnica di appalto tra il Comune e la società appaltatrice, sicché il lavoratore era ben conscio della limitazione temporale dei rapporti di lavoro pattuiti, per cui nessun equivoco poteva sorgere in merito avverso la sentenza di appello il sig. F.S. proponeva ricorso per cassazione, giusta l’atto debitamente notificato giusta la relata del 6 maggio 2014, affidato ad un articolato motivo la SE.T.A.EU S.p.a. è rimasta intimata e non ha svolto alcuna difesa in proprio favore parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Considerato Che il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 11, avendo i giudici di merito ritenuto la sussistenza delle ragioni giustificative dei termini apposti ai contratti di lavoro in esame soltanto richiamando ad integrazione le previsioni del c.c.n.l. di settore riguardo ad attività stagionale aggiuntiva , nonché la comunicazione fornita all’Ufficio del lavoro, mentre i contratti di assunzione a tempo determinato, oggetto della domanda 16 giugno - 16 settembre 2004, 15 giugno / 14 settembre 2005, 16 giugno / 16 settembre 2006, 15 giugno / 15 settembre 2007 e 17 giugno / 16 settembre 2008 , nulla di specifico indicavano addirittura per quello dell’anno 2004 non vi era stato neppure un contratto scritto, essendosi la società limitata a comunicare l’assunzione a termine al Centro per l’Impiego di Gallipoli quanto alle esigenze tali da poter giustificare dette prestazioni a termine, mentre risultava soltanto vagamente menzionata la contrattazione collettiva Per quanto non previsto nella presente si farà riferimento alle vigenti norme e al C.C.N.L. per le Aziende esercenti l’attività di Igiene Ambientale che in proposito è stata richiamata la giurisprudenza relativa all’esigenza di specificità occorrente per la valida costituzione di rapporti a termine secondo il succitato decreto n. 368/01, risultando peraltro abrogata dallo stesso all’art. 11 la previgente disciplina di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23, attesa per giunta l’irrilevanza nella specie delle menzionate comunicazione all’ufficio per l’impies9 di zona e relazione tecnica inviata dalla appaltatrice, società convenuta, al Comune di Gallipoli, trattandosi di atti unilaterali di parte datoriale, non sottoscritti dal lavoratore e comunque da costui non conosciuti, né tanto meno trascritti nei suddetti contratti di assunzione a termine che, invero, appaiono fondate, in punto di diritto, le doglianze del ricorrente, segnatamente per quanto concerne la lamentata violazione di legge, falsamente applicata nel caso di specie qui in esame, laddove la Corte di merito ha ritenuto sussistente il requisito di specificità, però ineludibile ai sensi della disciplina in tema di rapporti di lavoro a tempo determinato, dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, requisito che allo stato risulta mancante, non essendo soddisfatto di certo in base al generico richiamo delle previsioni della contrattazione collettiva, per giunta senza alcuno specifico riferimento alle esigenze eventualmente previste dal c.c.n.l. in materia di lavoro a tempo determinato che parimenti appaiono inconferenti le altre laconiche argomentazioni, svolte con la sentenza de qua, circa il carattere stagionale / turistico delle prestazioni in esame, riguardo alle comunicazioni fornite all’Ufficio del lavoro, anch’esse neppure menzionate nei contratti de quibus anni 2005 e 2006 trascritti in ricorso, laddove per il 2004 si assume addirittura mancante la forma scritta dell’atto negoziale, essendo stata soltanto una comunicazione aziendale al centro per l’impiego di zona , comunque di per sé poco significative, trattandosi di adempimenti per legge dovuti dalla sola parte datoriale, estranei alla sfera conoscitiva del lavoratore assunto analogamente dicasi per quanto concerne l’accennata relazione tecnica di appalto tra il Comune e la società appaltatrice, per cui, indipendentemente anche dalla opinata valenza probatoria della stessa circa la pretesa necessità dell’aumento temporaneo di fabbisogno di manodopera durante il periodo estivo, nemmeno questo documento risulta menzionato nei suddetti contratti, essendo il lavoratore assunto, a tempo determinato, chiaramente terzo estraneo al contratto di appalto concluso dalla società che lo assumeva, sicché deve escludersi la ritenuta consapevolezza della limitazione temporale all’uopo ritenuta dalla Corte distrettuale, comunque erroneamente giudicata rilevante poiché anche l’eventuale conoscenza di fatto da parte del lavoratore di fondate giustificazioni circa la durata predeterminata del rapporto non può superare il dato formale, indispensabile secondo la legge ratione temporis qui applicabile, in base alla quale lo scritto richiesto, ancorché succintamente, deve comunque soddisfare il requisito di specificità occorrente, sebbene inteso in senso elastico, nel momento genetico del contratto in questione, una volta soddisfatto il quale è poi possibile l’esame della concreta sussistenza delle corrispondenti esigenze avuto pure riguardo ai principi di diritto enunciati in materia, però in astratto e con riferimento a realtà aziendali complesse, dalla giurisprudenza di legittimità cfr. in particolare Cass. lav. nn. 1576, 1577 e 2279 del 2010 , circa l’interpretazione c.d. elastica delle causali indicate nei contratti di lavoro a tempo determinato, riguardo al requisito di specificità richiesto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, in tali peculiari circostanze caratterizzate da articolate complessità aziendali, delle quali, peraltro, nella sentenza qui impugnata non vi è cenno alcuno non è indispensabile anche l’indicazione nominativa del personale sostituito contrariamente a quanto invece opinato da Corte cost. con la nota pronuncia n. 214/2009 , purché tuttavia ne sussistano i relativi presupposti, erroneamente appare ritenuto sussistente il suddetto requisito l’anzidetta errata affermazione della Corte di merito deve in effetti considerarsi riferita ai contratti de quibus, per cui, fatti salvi i principi affermati in generale da questa Corte in materia, non può sottacersi come nel caso di specie alla stregua di quanto pure emergente dalla sentenza qui impugnata, non sembra integrato il requisito della complessità aziendale, in assenza di qualsiasi elemento indicativo in tal sensi, tenuto conto, d’altro canto, che, oltre al requisito di specificità occorrente ex art. 1 del cit. D.Lgs. n. 368, è la parte datoriale che deve altresì dimostrare l’effettività di quanto enunciato nella clausola contrattuale per giustificare l’apposizione del termine va, infatti, attribuito alla parte datoriale l’onere di dimostrare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, giustificanti l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, ai sensi dell’art. 1. D.Lgs. n. 368, in quanto regime derogatorio alla forma comune del rapporto di lavoro, che è a tempo indeterminato, di guisa che inoltre tale onere a fortiori è a carico di parte datoriale rispetto a quello, esplicitamente disciplinato dall’art. 4 del medesimo decreto n. 368 in ordine all’ipotesi di proroga del termine - v. Cass. 21 gennaio 2016, n. 1058 v. anche Cass. 24 novembre 2014, n. 24954, nonché Cass. Sez. 6 - L, n. 8319 del 5 / 27 aprile 2016. V. ancora Cass. Sez. 6 - L, n. 2774 del 05/02/2018, secondo cui l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato richiede, a norma del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, la forma scritta ad substantiam e che la sottoscrizione del contratto da parte del lavoratore avvenga in momento antecedente o contestuale all’inizio del rapporto. Cass. lav. n. 343 del 13/01/2015 il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, richiedendo l’indicazione, da parte del datore di lavoro, delle specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo , ha inteso stabilire, in conformità alla direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia sentenza del 23 aprile 2009, in causa C-378/07 ed altre sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04 , un onere di indicazione sufficientemente dettagliata della causale con riguardo al contenuto, alla sua portata spazio-temporale e, più in generale, circostanziale, sì da assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni. Ne consegue che la suddetta specificazione può risultare anche solo indirettamente nel contratto di lavoro e, per relationem , da altri testi accessibili alle parti, tra i quali gli accordi collettivi. Conforme Cass. n. 8286 del 2012. Cfr. altresì Cass. lav. n. 208 del 12/01/2015, secondo cui l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 a fronte di ragioni di carattere sostitutivo, non impone al datore di lavoro l’onere di procedere alla formalizzazione delle predette ragioni con particolare riferimento alla temporaneità dell’esigenza posta a giustificazione dell’assunzione, ma solo quello di indicare in modo circostanziato e puntuale le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle sue esigenze, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze che la stessa sia chiamata a realizzare, nonché l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. In senso conforme Cass. lav. n. 10033 del 27/04/2010. V. parimenti Cass. lav. n. 23702 del 18/10/2013, secondo cui, in tema di contratto a tempo determinato, costituisce regola generale l’obbligo di apporre nel contratto individuale di lavoro la ragione giustificativa del termine, la cui enunciazione deve essere specifica nel regime previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, mentre nella vigenza della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 - con cui era stata affidata alla contrattazione collettiva, nazionale o locale, la possibilità di autorizzare contratti a termine per causali, di carattere oggettivo o anche meramente soggettivo, ulteriori rispetto a quelle previste L. 18 aprile 1962, n. 230 - era sufficiente il richiamo, nel contratto stesso, alla previsione del contratto collettivo, così da consentire, anche in tale evenienza, il controllo giudiziario sull’operato delle parti ed evitare l’arbitrio che il silenzio avrebbe consentito. V. ancora Cass. lav. n. 1931 del 27/01/2011 il legislatore ha imposto, con il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, un onere di specificazione delle ragioni giustificatrici di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo del termine finale, che debbono essere sufficientemente particolareggiate così da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata e il relativo controllo di effettività, dovendosi ritenere tale scelta in linea con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e dell’accordo quadro in essa trasfuso, come interpretata dalla Corte di Giustizia sentenza del 23 aprile 2009, in causa C-378/07 ed altre sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04 , la cui disciplina non è limitata al solo fenomeno della reiterazione dei contratti a termine ossia ai lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato successivi , ma si estende a tutti i lavoratori subordinati con rapporto a termine indipendentemente dal numero di contratti stipulati dagli stessi, rispetto ai quali la clausola 8, n. 3 cosiddetta clausola di non regresso dell’accordo quadro prevede - allo scopo di impedire ingiustificati arretramenti di tutela nella ricerca di un difficile equilibrio tra esigenze di armonizzazione dei sistemi sociali nazionali, flessibilità del rapporto per i datori di lavoro e sicurezza per i lavoratori - che l’applicazione della direttiva non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell’ambito coperto dall’accordo . Conforme, id. n. 18532 del 02/08/2013 . pertanto, il ricorso nei sensi anzidetti va accolto, restando così assorbite le altre conseguenti doglianze mosse da parte ricorrente per quanto concerne la concreta sussistenza delle esigenze indicate, però indicate unicamente nella sentenza impugnata , sicché, occorrendo opportuni e pertinenti accertamenti di fatto, in linea con gli enunciati principi di diritto peraltro nei limiti delle allegazioni e deduzioni già svolte in sede di merito, nonché con riferimento alla possibile applicazione nella specie della L. n. 183 del 2010, art. 32 in tema di indennizzo dovuto per i casi di conversione , la sentenza de qua deve essere annullata con rinvio, a sensi e per gli effetti degli artt. 384 e 385 c.p.c., ad altra Corte territoriale indicata nel seguente dispositivo, pure in relazione alle spese di questo giudizio stante l’accoglimento della proposta impugnazione, non ricorrono i presupposti di legge di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato a carico di parte ricorrente. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso. Cassa, quindi, l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bari.