Reversibilità: valutare le capacità lavorative e la possibilità di ottenere una vera fonte di guadagno

Ancora battaglia aperta tra l’INPS e il figlio, affetto da problemi neurologici e psichiatrici, di un lavoratore in pensione oramai deceduto. Messo in discussione il ‘no’ dell’Istituto alla richiesta finalizzata alla reversibilità. Per i Giudici è necessario un nuovo processo in Appello per valutare le capacità lavorative residue del figlio e la conseguente possibilità per lui di ottenere una fonte di guadagno non simbolica.

Reversibilità a rischio. In discussione, difatti, la richiesta riguardante la posizione del figlio del pensionato oramai defunto. Prima di decidere, però, è necessario valutare con attenzione le capacità residue dell’uomo, cioè capire se egli sia in grado di svolgere un’attività lavorativa tale da procurargli una fonte di guadagno non meramente simbolica Cassazione, ordinanza n. 682/19, sez. VI Civile, depositata oggi . Inabilità. Netta la posizione assunta dall’INPS va negato il riconoscimento della reversibilità al figlio inabile e convivente col padre pensionato oramai deceduto. Ciò alla luce della mancanza di un requisito fondamentale, ossia l’inabilità lavorativa assoluta dell’uomo – colpito da problemi neurologici e psichiatrici – al momento del decesso del padre . Questa visione è ritenuta corretta dai Giudici, che, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, respingono nuovamente la domanda di pensione di reversibilità . Per i Magistrati della Cassazione, invece, la vicenda non è ancora da considerare chiusa. Rimane difatti ancora un fronte aperto quello relativo alle residue capacità lavorative dell’uomo. Su questo punto, in particolare, consulente tecnico e Giudici non hanno compiuto, in secondo grado, alcuna verifica, in concreto, sulla permanenza o meno di una capacità del soggetto di svolgere un’attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica . Guadagno. Alla luce di questa lacuna è impossibile, secondo i Giudici del Palazzaccio, ritenere l’uomo non totalmente inabile al lavoro . Necessario perciò un ulteriore approfondimento in Appello sul suo stato psico-fisico, prima di decidere sulla richiesta della pensione di reversibilità, sempre tenendo presente, concludono i Magistrati, che l’accertamento del requisito della inabilità deve essere operato secondo un criterio concreto, cioè avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità di svolgere attività idonee e tali da procurare una fonte di guadagno .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 26 settembre 2018 – 15 gennaio 2019, numero 682 Presidente Doronzo – Relatore Fernandes Rilevato che, con sentenza del 20 gennaio 2017, la Corte di Appello di Messina confermava la decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto di rigetto della domanda proposta da Ga. Ma. - in qualità di procuratore generale di Gi. Ma. - ed intesa al riconoscimento della pensione di reversibilità in favore di Gi. Ma. quale figlio inabile e convivente con il padre, deceduto il 22 aprile 2008, in quanto, all'esito dell'espletamento di una nuova consulenza tecnica d'ufficio, non era risultato sussistente il requisito dell'inabilità lavorativa assoluta al momento del decesso del genitore che per la cassazione di tale decisione propone ricorso Ga. Ma. affidato a tre motivi cui resiste con controricorso l'INPS che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio Considerato che con il primo motivo di ricorso si deduce incoerenza ed illogicità della motivazione e violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale affermato Il riferimento alle funzioni relative al comportamento, alla cognizione e alle emozioni così come riferite dal consulente non comportano una valutazione tale da impedire per le manifestazioni neurologiche e psichiatriche dell'appellante di applicarsi ad un qualunque lavoro produttivo di adeguato profitto nonostante nella consulenza tecnica d'ufficio espletata in appello non vi fosse alcun cenno alle funzioni relative al comportamento, alla cognizione e alle emozioni avendo l'ausiliare affidato le proprie conclusioni solo ad un mero calcolo tabellare con il secondo motivo viene denunciato omesso esame di un fatto decisivo e violazione e falsa applicazione dell'art. 8, comma 2, della legge 12 giugno 1984 numero 222 nonché dell'art. 4 del D.Lgs. 23 novembre 1988 numero 509 in relazione all'art. 360, primo comma, nnumero 3 e 5, cod. proc. civ. avendo omesso, prima il consulente tecnico d'ufficio e, poi, la Corte territoriale l'accertamento del requisito della inabilità verificando, in caso di mancato raggiungimento di una riduzione del 100% dell'astratta possibilità di lavoro, la residua capacità lavorativa tenendo conto del tipo di infermità e delle generali attitudini del soggetto con il terzo motivo si deduce violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. per non avere l'impugnata sentenza tenuto in alcun conto delle censure mosse all'elaborato peritale limitandosi ad una acritica adesione alle conclusioni dell'ausiliare e senza considerare come fosse stato evidenziato che il deterioramento mentale su base vascolare valutato dal consulente come lieve già nei certificato del DSM di Milazzo del 14 novembre 2001 era invece definito deterioramento cerebrale su base vascolare in soggetto con insufficienza mentale con decadimento cognitivo di grado grave che il primo motivo è infondato in quanto la motivazione dell'impugnata sentenza esiste e, peraltro, non appare neppure illogica o incoerente, pur contenendo, effettivamente, l'inciso indicato nel motivo che non trova riscontro alcuno nella espletata consulenza tecnica e che si presenta piuttosto come un errore materiale non decisivo che, diversamente, fondato è il secondo motivo nella parte in cui denuncia violazioni di legge alla luce dei principi affermati da questa Corte secondo cui L'accertamento del requisito della inabilità di cui all'art. 8 della legge 12 giugno 1984 numero 222 richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell'art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva accolto la domanda di pensione di reversibilità, quale orfano maggiorenne inabile di entrambi i genitori, presentata da un invalido, le cui residue capacità lavorative erano state riconosciute talmente esigue da consentire solo lo svolgimento di operazioni elementari, che dovevano comunque essere completate da un altro operatore e si risolvevano nello svolgimento di un'attività del tutto priva di produttività, oltre che in perdita economica esercitata esclusivamente all'interno di strutture protette, con esclusione di qualsiasi apprezzabile fonte di guadagno Cass. numero 26181, 19 dicembre 2016 Cass. numero 21425 del 17/10/2011 Cass. numero 12765 del 09/07/2004 Cass. numero 7058 del 23/05/2001 ed infatti, prima il consulente tecnico nominato e, poi, la Corte d'appello non hanno compiuto alcun accertamento sulle residue capacità lavorative di Gi. Ma. e, dunque, nessuna verifica hanno operato, in concreto, sulla permanenza o meno di una capacità del soggetto di svolgere un'attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica e nel ritenere che l'interessato non fosse totalmente inabile al lavoro che il terzo motivo è infondato in quanto non ricorre il vizio di omessa pronuncia in quei casi in cui il giudice abbia disatteso le censure mosse all'elaborato del consulente tecnico d'ufficio limitandosi a richiamare acriticamente le conclusioni dell'ausiliare che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il terzo, l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Catania che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio P.Q.M. La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il terzo, cassa l'impugnata sentenza e rinvia alla Corte d'Appello di Catania anche per le spese del presente giudizio.