Alla Corte di Giustizia la valutazione sulla maturazione delle ferie

Il principio secondo cui, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti, sia necessario l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa può contrastare con l’art. 7, paragrafo 2, della Direttiva n. 2003/88 e con l’art. 31, punto 2, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 451/19, depositata il 10 gennaio. Il caso. La Corte di Appello di Roma, per quanto qui interessa, confermava la pronuncia di primo grado con cui il Tribunale rigettava la pretesa di una lavoratrice diretta ad ottenere dal proprio datore di lavoro il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti durante due periodi in cui il rapporto era stato sospeso per fatto imputabile a quest’ultimo ed in particolare i periodi intercorsi tra due licenziamenti a lei comunicati ed il momento in cui, a seguito di altrettante pronunce, quest’ultima era stata reintegrata in servizio . Ritenevano i Giudici di merito che le indennità in discorso richiedessero un mancato riposo del lavoratore e, per l’effetto, presupponessero il concreto svolgimento da parte di quest’ultimo di un’attività lavorativa nella specie assente, atteso che – seppur per fatto imputabile alla società – pacificamente nel periodo di sospensione del rapporto nessuna prestazione era stata resa. Contro tale sentenza la lavoratrice ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. La tesi della ricorrente. In particolare, per quanto qui interessa esaminare, nell’avviso della ricorrente la Corte di merito aveva errato nel ritenere necessario, ai fini in discorso, lo svolgimento della prestazione lavorativa atteso che quest’ultima era stata impedita da un illegittimo comportamento datoriale. Tale impostazione, nell’avviso della medesima ricorrente, comportava altresì una violazione dell’art. 7, paragrafo 2, della Direttiva 2003/88, rispetto alla quale chiedeva quindi un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Richiesta che, con un ragionamento per molti aspetti innovativo, viene accolta dalla Cassazione per le ragioni che seguono. La disciplina comunitaria e quella nazionale sono sostanzialmente allineate. Nel motivare la propria decisione la Corte offre una sintetica, ma articolata, sintesi delle fonti applicabili, muovendo dall’art. 31 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE e giungendo sino al CCNL applicato al rapporto con lavoratrice. Fonti che, in una sintesi estrema, sono tutte allineate nel riconoscere al lavoratore il diritto a periodi di riposo retribuito funzionalmente a garantirne un adeguato ristoro, a tutelarne la stessa sicurezza ed a consentirgli di curare i propri interessi extra lavorativi. La posizione della giurisprudenza comunitaria e nazionale . Su questa premessa, la Cassazione rinvia all’orientamento della Corte di Giustizia per il quale i diritti alle ferie annuali retribuite devono, in linea di principio, essere determinati in linea di principio in funzione dei periodi di lavoro effettivo svolti in forza del contratto di lavoro sentenza CGUE n. C-12/17 , sebbene la stessa giurisprudenza comunitaria abbia anche statuito che gli stati membri non possono derogare al principio [.] secondo cui un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie sentenza CGUE n. C-214/16 . Dal punto di vista dell’orientamento nazionale, invece, era sin qui interpretazione condivisa quella per cui le indennità per ferie e permessi non goduti attesa la loro natura sia risarcitoria che retributiva, spettano unicamente nel caso in cui il lavoratore, essendo in servizio, abbia svolto la propria attività nel corso di tutto l’anno senza fruirne . Il rinvio alla Corte di Giustizia Europea. In conclusione, all’esito di tale articolato percorso logico, la Cassazione ritiene di investire la preliminarmente la Corte di Giustizia al fine di valutare se l’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e l’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea [.] ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le ferie maturate e non godute [.] non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo [.] addebitabile al datore di lavoro, limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la successiva reintegrazione .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria 27 novembre 2018 – 10 gennaio 2019, n. 451 Presidente Bronzini – Relatore Cinque Fatto e diritto L’OGGETTO DEL PROCEDIMENTO PRINCIPALE E I FATTI PERTINENTI. 1. C.C. , dipendente della ICREA Banca spa, veniva licenziata con lettera dell’11.7.2002 all’esito della procedura di mobilità avviata il 1 marzo 2002 e conclusasi il 24 maggio 2002. 2. Con ordinanza del 4 settembre 2003 il Tribunale di Roma ordinava la reintegrazione della ricorrente la quale riprendeva servizio in data 6 ottobre 2003 ma, contestualmente, veniva sospesa dalla società che avviava la procedura L. n. 300 del 1970, ex art. 5 per l’accertamento della idoneità fisica all’espletamento delle mansioni assegnate. 3. Con lettera del 13 ottobre/15 novembre 2003 la ICCREA Banca spa recedeva nuovamente dal rapporto, con effetto immediato ed esonerando la lavoratrice dal prestare attività nel periodo di preavviso. 4. I due atti di licenziamento sono stati entrambi dichiarati illegittimi con provvedimenti divenuti definitivi. 5. La C. veniva riammessa in servizio a partire dal 26.9.2008 ed il rapporto di lavoro è cessato in forza di un ulteriore atto di recesso intervenuto il 17.9.2010. 6. Nelle more, previo ricorso al Tribunale di Roma C.C. ne otteneva il decreto n. 5529/08 con il quale veniva ingiunto alla ICCREA Banca spa il pagamento della somma di Euro 3.521,00 oltre accessori, a titolo di importo dovuto per 30,5 giorni di ferie e 5 di permessi per festività soppresse maturate e non godute per l’anno 2003 fino al 15 novembre 2003 . 7. Il Tribunale di Roma, a seguito di opposizione, con sentenza n. 10952/2010, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la ICCREA Banca spa al pagamento della somma lorda di Euro 3.784,82, oltre spese, per la causale richiesta, limitatamente al periodo antecedente la data di irrogazione del secondo licenziamento. 8. Previo ulteriore ricorso al Tribunale di Roma, C.C. ne otteneva anche il decreto n. 6882/09 con cui veniva ingiunto alla ICCREA Banca spa il pagamento della somma di Euro 2.596,16, oltre accessori, a titolo di importo dovuto per giorni 27 di ferie e 5 di permessi per festività soppresse maturate e non godute per l’anno 2004. 9. Il Tribunale di Roma, a seguito di opposizione, con sentenza n. 10951/2010 revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava C.C. al pagamento delle spese. 10. Avverso le predette sentenze la C. proponeva appello e, riuniti i gravami, la Corte di appello di Roma rigettava le impugnazioni evidenziando che a l’eccezione di inammissibilità degli appelli, sollevata dalla società, era infondata b l’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi, che in ipotesi di licenziamento illegittimo sarebbero maturate nell’arco temporale tra il recesso e la reintegrazione, non spettavano perché erano legate necessariamente al mancato riposo che, nel caso de quo, non era ravvisabile in quanto la dipendente non aveva lavorato c la esclusione della natura reale del preavviso aveva determinato la immediata cessazione de rapporto con la conseguenza della non computabilità del preavviso non lavorato nella base di calcolo delle ferie, delle mensilità supplementari e del trattamento di fine rapporto d infondata era anche la pretesa di vedersi liquidare le indennità sino al 15.11.2003 al netto e non al lordo. 11. Nei confronti della decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione C.C. affidato a 5 motivi. 12. L’ICCREA Banca spa ha resistito con controricorso. 13. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, per motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione ad alcuni punti decisivi della controversia tra le parti sotto il profilo della ricostruzione dei fatti, in particolare in ordine alla sospensione cautelare disposta da ICCREA Banca nei suoi confronti nel mese di ottobre 2003 a seguito della reintegrazione nel posto di lavoro e al secondo licenziamento disposto con lettera del 13.10.2003 con riguardo all’aspetto di una pretesa violazione del divieto del ne bis in idem , per essere i recessi fondati sulla stessa causa. 14. Con il secondo motivo è stata contestata, con riguardo all’istituto del preavviso relativo ai licenziamenti collettivi ex L. n. 223 del 1991 e D.M. n. 157 Settore Federcasse , la violazione della norma relativa ai licenziamenti collettivi da parte di ICCREA Banca spa, degli artt. 86 e 84 del CCNL del 7.12.2000 nonché della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’obbligo del preavviso, all’illegittimo reiterato licenziamento collettivo con lettera del 13.10.2003, ricevuta il 15.11.2003, per non avere valutato la Corte di merito la condotta di ICCREA Banca la quale, in relazione al citato licenziamento, aveva ritenuto risolto il rapporto e corrisposto la indennità sostitutiva del preavviso, nonostante il dissenso alla dispensa manifestato dalla lavoratrice, non coincidente peraltro con l’importo effettivamente dovuto da riferire al periodo di sette mesi come previsto dal CCNL decorrente dalla data di ricezione del licenziamento novembre 2003 al giugno 2004 termine poi prorogato all’esito della malattia al 28.2.2005 il tutto aderendo alla natura di efficacia reale e non obbligatoria dell’istituto del preavviso . 15. Con il terzo motivo la ricorrente ha denunziato la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al combinato disposto dell’art. 41 Cost. e artt. 2103 e 2087 c.c., perché la Corte di merito, non riconoscendo alla lavoratrice il preavviso e la cd. natura reale del preavviso stesso, ha di fatto negato il diritto a fruire dei periodi di ferie maturati e non godute per colpa di società dell’ICCREA Banca spa la quale non aveva ottemperato all’ordine di reintegra ponendo la ricorrente nell’impossibilità di espletare l’attività lavorativa da cui conseguiva il diritto a godere delle ferie per il periodo dal 13.10.2003 al 28.2.2005. 16. Con il quarto motivo la ricorrente si è lamentata della violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., artt. 909, 2099, 2103, 1218, 1223, 1226, 1322, 1362 e ss, 1372, 1375 c.c., in relazione al CCNL 2000 per i Quadri, gli impiegati, i commessi e gli ausiliari delle Aziende di credito, del D.L. n. 333 del 1992, art. 6, convertito in L. n. 369 del 1992, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, nonché omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione nella sentenza n. 7697 del 4.10.2013 della Corte di appello ed omesso esame di punti decisivi. Sostiene la C. che la Corte di merito, sotto il profilo delle retribuzioni, non aveva adeguatamente motivato avendo inquadrato il credito vantato come indennità sostitutiva di preavviso inoltre, obietta che i giudici di seconde cure non avevano mai detto che si trattava di un licenziamento collettivo che vi erano state altre pronunce della Corte di appello di Roma nelle quali veniva ribadita l’efficacia reale del preavviso con il riconoscimento delle retribuzioni fino al febbraio 2005 e che era stato male interpretato l’art. 2118 c.c. attribuendo efficacia obbligatoria al preavviso e che comunque ad essa spettavano tutti i diritti retributivi maturati nel corso del periodo di preavviso. 17. Con il quinto motivo si è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, nel testo modificato dalla L. n. 108 del 1990, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, nonché l’omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e la violazione di due sentenze passate in giudicato n. 22495/2004 e n. 1030/2008 , in relazione alla reintegra della C. in data 26.9.2008, per non avere tenuto conto la sentenza impugnata del fatto che la C. non aveva accettato dall’ICCREA Banca spa, con lettera del 15.11.2003, l’indennità sostitutiva ed anzi aveva offerto la propria prestazione lavorativa così determinando una fattispecie di mora accipiendi del datore di lavoro che le aveva impedito, altresì, illegittimamente il suo ingresso in azienda eccepisce, inoltre, un errato calcolo della retribuzione globale di fatto posta a base del risarcimento del licenziamento che in altra sede era stato dichiarato illegittimo. 18. La pretesa, oggetto del presente giudizio, essendo stato già riconosciuto il diritto ad ottenere il pagamento delle ferie e dei permessi maturati e non goduti con riferimento al periodo 1 gennaio/ 14 novembre 2003 ed essendo stato dichiarato illegittimo anche il licenziamento intimato il 15.11.2003, come riferito in modo incontestato dalle parti in sede di memorie illustrative, è limitato, quindi, all’accertamento del diritto in relazione al successivo periodo 15 novembre 2003/ 31 dicembre 2004. In particolare, con il terzo motivo del ricorso per cassazione, superata la problematica della natura obbligatoria o reale del preavviso in considerazione, come detto, dell’accertata illegittimità del recesso del novembre 2003, è stata posta la questione dell’accertamento se spetti o meno al lavoratore, nell’ipotesi appunto di licenziamento dichiarato illegittimo, l’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi che, ove il lavoratore non fosse stato estromesso dall’azienda, sarebbero maturati nell’arco temporale compreso tra il recesso e la reintegrazione. 19. La Corte di appello di Roma, per quello che interessa, come già evidenziato, ha respinto la pretesa richiamando precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema di Cassazione Cass. 8.7.2008 n. 18707 Cass. 23.10.2000 n. 13953 Cass. 5.5.2000 n. 5624 in cui si affermava che era necessario, ai fini del riconoscimento del suddetto diritto, la circostanza dello svolgimento dell’attività lavorativa non essendo rilevante che questa fosse stata impedita dal rifiuto della prestazione addebitabile al datore di lavoro. 20. La C. , con il suddetto terzo motivo del ricorso per cassazione, ha -in sostanza contestato tale statuizione sollecitando -nelle memorie illustrative attraverso una formulazione sufficientemente chiara della questione di diritto dell’Unione, rilevabile comunque in ogni stato e grado del giudizio anche ex officio alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte la richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE su detto specifico punto, coinvolgente l’interpretazione dell’art. 7 par. 2 della Direttiva 2003/88 nel caso in cui il lavoratore non abbia potuto fare valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite per ragioni indipendenti dalla propria volontà questione che è prodromica alla decisione di questo Collegio, come in seguito sarà illustrato. LE DISPOSIZIONI GIURIDICHE PERTINENTI Diritto dell’Unione. 21. L’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, intitolato Condizioni di lavoro giuste ed eque” prevede quanto segue Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sicure e dignitose. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite. 22. Ai sensi dei considerando 4 e 5 della direttiva 2003/88 Il miglioramento della sicurezza, dell’igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico. Tutti i lavoratori dovrebbero avere periodi di riposo adeguati. Il concetto di riposo deve essere espresso in unità di tempo, vale a dire in giorni, ore e frazioni d’ora. I lavoratori dell’Unione devono beneficiare di periodi minimi di riposo giornaliero, settimanale ed annuale e di adeguati periodi di pausa . 23. L’art. 7 di tale direttiva, intitolato Ferie annuali”, è del seguente tenore Gli stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da una indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro. L’art. 17 di tale direttiva prevede che gli stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. Tuttavia nessuna deroga è ammessa per quanto riguarda l’articolo 7 della stessa . Diritto italiano 24. L’art. 36 Cost., 3 cpv, recita Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi . 25. Il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10 prevede, nella versione attualmente vigente Fermo restando quanto previsto dall’art. 2109 c.c., il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiori a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’art. 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti de settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell’art. 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di registrazione. 26. La contrattazione collettiva del 7.12.2000 per le Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali ed Artigiane, applicabile alla C. ratione temporis, prevedeva Art. 52 Ferie Il diritto alle ferie è irrinunciabile. Le ferie devono essere usufruite nel corso dell’anno solare cui si riferiscono. Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, al lavoratore che non abbia usufruito in tutto o in parte delle ferie relative all’anno solare in corso, maturate per i casi non ordinati dai primi tre commi che precedono in tema di turni in ragione di un dodicesimo del periodo di ferie annuali per ogni mese intero di servizio prestato dal 1 gennaio, compete una indennità corrispondente alla retribuzione dei giorni di ferie perduti. Nel caso di assenza dal servizio, il periodo di ferie spettante viene ridotto di tanti dodicesimi quanti sono i mesi interi di assenza. Se l’assenza è causata da malattia o infortunio, la riduzione ordinata dal comma precedente non si applica per i primi sei mesi, ovvero per 180 giorni in caso di assenza causata da malattia od infortunio non continuativi, salvo che l’assenza duri l’intero anno. I giorni di accertata infermità intervenuta nel corso delle ferie, infermità che il dipendente deve immediatamente denunciare all’Azienda, non sono computati nella durata delle ferie. Art. 53 permessi per ex festività A fronte delle disposizioni di legge in materia di giorni festivi, sono attribuiti giorni di ferie e/o di permesso retribuito, da usufruire nel corso dell’anno solare, anche in collegamento con i periodi di ferie. . I permessi sopra previsti comunque non utilizzati nel corso dell’anno solare, come gli eventuali resti inferiori ad un giorno, vanno liquidati sulla base dell’ultima retribuzione percepita nell’anno di competenza. LA MOTIVAZIONE DEL RINVIO 27. La necessità di adire in via pregiudiziale la Corte di Giustizia è dovuta alla prospettazione di una questione sottoposta a questa Suprema Corte -giudice di ultima istanza e, quindi, obbligato ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea già art. 234 del Trattato che istituisce la Comunità Europea al rinvio pregiudiziale che a riguarda l’interpretazione dell’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 nonché dell’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, congiuntamente o autonomamente considerati b è rilevante ai fini della decisione della controversia c non può essere decisa alla stregua di precedenti sentenze della CGUE non essendo la sua esegesi auto-evidente in quanto sullo specifico punto sussistono dubbi interpretativi. 28. Il problema interpretativo, oggetto del suddetto rinvio, si è posto in termini più pregnanti alla stregua delle recenti pronunce della CGUE, in materia di diritto alle ferie annuali retribuite e alla luce di un orientamento ben delineato della Corte di legittimità italiana. 29. In particolare, esso riguarda il riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi per festività soppresse, maturate e non godute, per fatto imputabile al datore di lavoro licenziamento dichiarato illegittimo con provvedimento definitivo dell’AG con riguardo al periodo intercorrente tra il recesso e la successiva reintegra. 30. È opportuno premettere che, secondo la costante giurisprudenza del diritto dell’Unione, il diritto alle ferie retribuite di almeno quattro settimane deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione sentenza del 20.7.2016 Maschek, C-341/15 EU C 2016 576, punto 25 e giurisprudenza ivi richiamata ad esso non si può derogare e la sua attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 vedi sentenza del 12.6.2014 Bollacke, C-118/13, EU C 1755 punto 15 e giurisprudenza ivi citata . 31. Con l’intento di garantire l’osservanza di tale diritto fondamentale sancito dal diritto dell’Unione, l’art. 7 della direttiva 2003/88 non può essere oggetto di interpretazione restrittiva a scapito di diritti che il lavoratore trae da questa vedi sentenza del 12.6.2014, Bollacke, C-118/13, EU C 2014 1755 punto 22 e giurisprudenza ivi citata . 32. Tale diritto, conferito a ciascun lavoratore, è espressamente sancito dall’art. 31, paragrafo 2, della Carta, alla quale l’art. 6, paragrafo 1 TUE, riconosce lo stesso valore giuridico dei Trattati sentenze dell’8.11.2012, Heimann e Toltschin, C-229/11 e C230/11, EU C 2012 693, punto 22 sentenza del 29.11.2017, King, C-241/16, EU C 2017 914, punto 33, nonché sentenza del 4.10.2018, Dicu, C-12/17, EU C 12/17, EU C 2018 799, punto 25 . 33. Il diritto alle ferie annuali costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie annuali retribuite quale principio essenziale del diritto sociale dell’Unione, in quanto tale diritto alle ferie annuali retribuite comprende anche il diritto all’ottenimento di un pagamento. Infatti, l’espressione ferie annuali retribuite , utilizzata dal legislatore dell’Unione, tra l’altro, all’art. 7 della direttiva 2003/88, significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi del medesimo, la retribuzione deve essere mantenuta. In altre parole, quest’ultimo deve continuare a percepire la retribuzione ordinaria nel corso di tale periodo di riposo e di svago sentenza del 6.11.2018, Bauer e Willmeroth e a. C-569/16 e C-570/16, EU C 2018 871 punto 39 e giurisprudenza ivi citata . 34. La finalità del diritto alle ferie annuali retribuite, conferito a ciascun lavoratore dall’art. 7 della direttiva 2003/88, è di consentire al lavoratore stesso, da un lato, di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione sentenza del 20.1.2009, Scultz-Hoff e a., C-350/06 e C-520/06, EU C 2009 18, punto 25, nonché sentenza del 4.10.2018, Dicu, C-12/17, EU C 2018 799, punto 27 . 35. Tale finalità è basata sulla premessa che il lavoratore abbia effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento. Infatti, l’obiettivo di consentire al lavoratore di riposarsi presuppone che tale lavoratore abbia svolto un’attività che, per assicurare la protezione della sua sicurezza e della sua salute prevista dalla direttiva 2003/88, giustifica il beneficio di un periodo di riposo, di distensione e di ricreazione. Pertanto, i diritti alle ferie annuali retribuite devono, in linea di principio, essere determinati in funzione dei periodi di lavoro effettivo svolti in forza del contratto di lavoro sentenza del 4.10.2018 Dicu, C-12/17, EU C 2018 799, punto 28 . 36. Tuttavia, il diritto ad una indennità finanziaria per ferie retribuite non godute è stato riconosciuto anche al lavoratore che non sia stato in grado di fruire di tutte le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione del rapporto di lavoro, in particolare perché era in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto sentenza del 20.1.2009, Scultz-Hoff e a., C-350/06 e C-520/09, EU C 2009 18 punto 62, sentenza del 20.7.2016, Maschek, C-341/15, EU C 2016 576, punto 31, nonché sentenza del 29.11.2017, King C-214/16, EU C 2017 914, punto 65 . 37. Analogamente il diritto ad una indennità finanziaria è stato riconosciuto in caso di decesso del lavoratore perché si è detto che, se l’obbligo di pagamento di una simile indennità dovesse estinguersi a causa della fine del rapporto di lavoro dovuta a decesso del lavoratore, tale circostanza avrebbe la conseguenza che un avvenimento fortuito comporterebbe retroattivamente la perdita totale del diritto stesso alle ferie annuali retribuite, quale sancito dal suddetto art. 7 della direttiva sentenza del 12.6.2014, Bollacke, C118/13, EU C 2014 1755, punti 25, 26 e 30 sentenza del 6.11.2018, Kreuziger, C-619/16, EU C 872, punto 33 . 38. Come precisato nella sentenza del 6 novembre del 2018, Bauer e Willmeroth e a. C-569/16 e C-570/16, EU C 2018 871, occorre infine ricordare che la Corte ha già avuto occasione di precisare che l’espressione ferie annuali retribuite di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, la quale dev’essere assimilata a quella di ferie annuali retribuite utilizzata all’art. 31, paragrafo 2, della Carta, significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi di tali disposizioni, la retribuzione deve essere mantenuta e che, in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2011, Williams e a., C-155/10, EU C 2011 588, punti 18 e 19 . Come ricordato al punto 39 della citata sentenza Bauer, il diritto alle ferie annuali costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie annuali retribuite in quanto principio essenziale del diritto sociale dell’Unione che si riflette nell’art. 7 della direttiva 93/104 e nell’art. 7 della direttiva 2003/88, nel frattempo espressamente sancito come diritto fondamentale all’art. 31, paragrafo 2, della Carta. Tale diritto fondamentale include anche un diritto all’ottenimento di un pagamento nonché, in quanto diritto intrinsecamente collegato a detto diritto alle ferie annuali retribuite , il diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro. A tale riguardo, possono essere apportate limitazioni a questo diritto solamente rispettando le rigorose condizioni previste all’art. 52, paragrafo 1, della Carta, e, in particolare, il contenuto essenziale di tale diritto. In tal senso, gli Stati membri non possono derogare al principio derivante dall’art. 7 della direttiva 2003/88, letto alla luce dall’art. 31, paragrafo 2, della Carta, principio secondo cui un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16, EU C 2017 914, punto 56 punti 57-59, della citata sentenza . 39. Da quanto riportato può, quindi, evincersi, a parere del Collegio, che tra diritto alle ferie retribuite ed espletamento dell’attività lavorativa durante il periodo di riferimento, non vi è un netto automatismo e, comunque, possono incidere fattori esterni non imputabili al lavoratore ai fini del riconoscimento di una indennità sostitutiva. 40. In tema di licenziamento va, poi, evidenziato che la giurisprudenza italiana è consolidata nel ritenere che, accertata in sede giudiziaria l’illegittimità del recesso, ove trovi applicazione la tutela reale, il dipendente ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro. La sentenza che dispone la reintegrazione del lavoratore ha efficacia ripristinatoria del rapporto di lavoro nel senso che questo deve intendersi ricostituito ad ogni fine giuridico ed economico sulla base della sola pronuncia del giudice, senza la necessità di un atto di riassunzione da parte del datore di lavoro. 41. Invero, l’accertamento giudiziale dell’illegittimità del licenziamento ed il conseguente ordine di reintegrazione ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18 comportano la ricostituzione de iure del rapporto di lavoro il quale va considerato, quindi, come mal risolto. A seguito e per effetto della pronuncia dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento, il rapporto di lavoro tra le parti deve ritenersi ripristinato e, d’altra parte, se così non fosse, non sarebbe possibile l’intimazione di un secondo licenziamento cfr. tra le altre, Cass. 29.1.2008 n. 2139 Cass. 20.9.2005 n. 18497 . 42. È stato, poi, affermato da ultimo Cass. 29.11.2016 n. 24270 che, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, l’attribuzione al lavoratore delle retribuzioni percepite dalla data di intimazione del licenziamento fino all’esercizio del diritto di opzione per l’indennità sostitutiva della reintegrazione non comprende l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, né i permessi per riduzione mensile dell’orario di lavoro, attesa la loro natura sia risarcitoria che retributiva, che spettano unicamente nel caso in cui il lavoratore, essendo in servizio effettivo, abbia svolto la propria attività nel corso di tutto l’anno senza fruirne, in quanto il dipendente licenziato, nel periodo intercorrente tra il recesso e l’esercizio dell’opzione per l’indennità, si trova in una situazione, sia pure forzata di riposo. 43. Alla stregua di tale stato della normativa e della giurisprudenza del diritto dell’Unione ed italiana, il dubbio interpretativo che si pone è quello, pertanto, di accertare se, in un contesto in cui il rapporto di lavoro, sospeso per fatto illegittimo addebitabile alla parte datoriale ma formalmente in atto, in virtù di un provvedimento giurisdizionale definitivo con efficacia ex tunc, il lavoratore, il quale non abbia potuto espletare la propria prestazione per un accadimento non imputabile ad esso, abbia o meno diritto al pagamento della indennità sostitutiva per le ferie maturate ma non godute, limitatamente al periodo intercorrente tra il recesso e la reintegrazione ciò a tutela di un diritto fondamentale del diritto sociale dell’Unione, riconosciuto dall’art. 31 paragrafo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, di cui è titolare e che non ha potuto esercitare. 44. Tale ultima disposizione si pone, altresì, quale ulteriore parametro di necessaria considerazione, cui la Direttiva 2003/88 dà espressione concreta. 45. La questione di diritto dell’Unione, a parere del Collegio, è ricevibile in quanto, in considerazione della particolarità del caso, differente per presupposti da quelli esaminati dalla Corte di Giustizia riguardanti situazioni di congedo per malattia, disoccupazione parziale e congedo parentale, attiene ad un profilo peculiare impossibilità di esercizio del diritto per fatto illegittimo del datore di lavoro dell’interpretazione dell’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e dell’art. 31 della Carta. 46. È, inoltre, rilevante nella soluzione del caso concreto, avendo ad oggetto il procedimento pendente innanzi a questa Autorità Giudiziaria proprio la richiesta di detta indennità per un periodo in cui la C. risultava sospesa dal lavoro in virtù di un atto di recesso risultato illegittimo, per poi essere reintegrata e successivamente di nuovo licenziata fino alla cessazione del rapporto di lavoro questione in relazione alla quale l’interpretazione del diritto dell’Unione si pone in termini pregiudiziali rispetto alla decisione di questa Corte. 47. Questa Corte ritiene di non dovere seguire la strada indicata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 269 del 2017, del preventivo incidente di costituzionalità posto che il diritto alle ferie è anche garantito dalla Costituzione all’art. 36 terzo comma a tal fine rileva questo Collegio che le indicazioni sono espresse in un obiter non vincolante per il giudice comune, essendo contenute in una decisione di inammissibilità, per un profilo, e di rigetto, per il resto, e -in ogni caso che la Corte delle leggi italiane, anche nelle ipotesi in cui una legge sia oggetto di dubbi di illegittimità tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione Italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in ambito di rilevanza sovranazionale, allorché si tratti di questioni di interpretazione o di invalidità del diritto dell’Unione, ha fatto salvo il potere del Giudice ordinario di disporre rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE v. punto 5.2 . 48. Il dialogo diretto con la Corte di Giustizia risulta essere, nel presente caso, lo strumento più diretto ed efficace per accertare la compatibilità del diritto interno con le disposizioni dell’Unione ed i principi posti a tutela dei diritti fondamentali stante la chiara prevalenza degli aspetti concernenti il contestato rispetto del diritto dell’Unione sui profili nazionali cfr. Cass. n. 13678/2018 Cass. n. 12108/2018 e Cass. n. 6101/2017 . LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 49. La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, nella composizione in intestazione indicata, in considerazione di quanto sopra esposto, sottopone alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE 1 Se l’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e l’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, anche separatamente considerati, debbano essere interpretati nel senso che ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le ferie maturate e non godute e per un istituto giuridico quale le cd. Festività soppresse equiparabile per natura e funzione al congedo annuale per ferie non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo licenziamento accertato in via definitiva dal giudice nazionale con pronuncia comportante il ripristino retroattivo del rapporto lavorativo addebitale al datore di lavoro, limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la successiva reintegrazione. P.Q.M. dispone, ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, di sottoporre, in via pregiudiziale, alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione interpretativa di cui al punto 49 della presente ordinanza sospende il presente giudizio sino alla definizione della suddetta questione pregiudiziale ordina la immediata trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.