Premio nascita: natura discriminatoria dei requisiti individuati dall’INPS

Sul diritto del premio di natalità, il Tribunale di Rovereto richiama espressamente la sentenza della Corte d'appello di Milano secondo la quale l’individuazione da parte dell’INPS, con circ. n. 39 del 2017, dei requisiti necessari ai fini dell’erogazione del premio di natalità di cui all’art. 1, comma 353, l. n. 232/2016, oltre che illegittima - in quanto introduce in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore - va qualificata come discriminatoria, in quanto esclude dal beneficio per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione una parte delle donne residenti in Italia.

Il caso. Con ricorso ex artt. 28, d.lgs. n. 150/2011, 44, d.lgs. n. 286/1998 t.u. Immigrazione e 702 -bis , c.p.c., una madre titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari denunciava di avere invano presentato domanda on line all’INPS di prestazione del premio nascita e chiedeva la condanna dell’ente per comportamento discriminatorio. La giurisprudenza della Corte d’appello di Milano. Il Tribunale di Rovereto decidendo nel merito condivide quanto già affermato dai Giudici di appello di Milano lo scorso 5 maggio 2018. Per quest'ultima, l’individuazione da parte dell’INPS, con circolare n. 39 del 2017, dei requisiti necessari ai fini dell’erogazione del premio di natalità di cui al comma 353 dell’art. 1, l. n. 232/2016, oltre che illegittima - in quanto introduce in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore - va qualificata come discriminatoria, in quanto esclude dal beneficio per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione una parte delle donne residenti in Italia. Secondo la Corte d'appello di Milano, espressamente richiamata dal giudice di Rovereto, è evidente che l’INPS ha introdotto in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore ma previsti invece per altra prestazione ovvero l’assegno di natalità di cui al comma 125 dell’art. 1, legge di Stabilità n. 190/2014. Così facendo l’INPS si è arrogata il potere di imporre in sede amministrativa condizioni o requisiti che la legge non ha né previsto né disciplinato, di introdurre modifiche a una norma di fonte primaria e di restringere, di conseguenza, la platea delle destinatarie del beneficio per i Giudici di appello di Milano, è pertanto illegittima la condotta dell’Istituto ravvisabile nell’aver emesso circolari aventi natura regolamentare che attribuiscono alla legge un contenuto diverso da quello espresso dal legislatore. Così facendo l’INPS – conclude la Corte meneghina - non solo con una propria circolare ha derogato alla norma di legge disponendo diversamente da quanto prescritto da quest’ultima ma lo ha fatto introducendo disposizioni evidentemente discriminatorie per nazionalità in quanto, ancorando la possibilità di ottenere il beneficio a una condizione quale il possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ha introdotto una differenza di trattamento non giustificata da alcuna ragionevole e oggettiva finalità. Il Tribunale di Rovereto condanna pertanto l'INPS a rimuovere la condotta discriminatoria e pagare un importo pari al bonus non erogato. Fonte ilgiuslavorista.it

Tribunale di Rovereto, sez. Lavoro, sentenza 6 novembre 2018, n. 60 Giudice Cuccaro Fatto e diritto Con ricorso ex artt. 28 D.Lgs. 150/2011, 44 TU Immigrazione e 702 bis c.p.c. depositato il 21.6.2018 omissis premesso di essere titolare dal 2016 di un permesso di soggiorno per motivi familiari, di essere madre di omissis e di avere invano presentato in data 25.05.2017 domanda online all'INPS di prestazione premio nascita -conveniva quest'ultimo in giudizio per far dichiarare il comportamento discriminatorio dell'Ente ed ottenere la cessazione della condotta con erogazione della prestazione. Nel costituirsi in giudizio l'I.N.P.S. eccepiva l'improcedibilità del ricorso per mancata previa proposizione del ricorso amministrativo e rilevava nel merito come l'Istituto si fosse adeguato alla giurisprudenza di merito che riconosceva la spettanza del bonus anche in assenza di permesso di soggiorno di lungo periodo, ma che ciò richiedeva, comunque, la presentazione di apposita domanda. All'udienza odierna, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente, con contestuale deposito della presente ordinanza. L'eccezione pregiudiziale svolta dal convenuto non può essere accolta, dal momento che la ricorrente non ha agito ai sensi dell'art. 442 c.p.c. bensì per far valere la condotta discriminatoria dell'Istituto. Nel merito il ricorso merita accoglimento. Secondo il condivisibile insegnamento di C.App. Milano 5.5.2018 L'individuazione da -parte dell'Inps, con Circolare n. 39 del 2017', dei requisiti necessari ai fini dell'erogazione del -premio di natalità di cui all'art. 1, comma 353, L.232/2016, oltre che illegittima in quanto introduce in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore, va qualificata come discriminatoria in quanto esclude dal beneficio per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione una parte delle donne residenti in Italia E' di altrettanta evidenza che Inps ha introdotto in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore ma previsti invece per altra prestazione ovvero l'assegno di natalità di cui all'art. 1, comma 125, legge di stabilità n. 190/2014 . Così facendo Inps si è arrogata il potere di imporre in sede amministrativa condizioni o requisiti che la legge non ha né previsto né disciplinato, di introdurre modifiche a una norma di fonte primaria e di restringere, di conseguenza, la platea delle destinatarie del beneficio. Del tutto condivisibile è pertanto l'affermazione del tribunale della illegittimità della condotta dell'Istituto ravvisabile proprio nell'aver voluto emettere circolari, aventi natura regolamentare, che attribuiscono alla legge un contenuto diverso da quello espresso dal legislatore così facendo Inps non solo con una propria circolare ha derogato alla norma di legge disponendo diversamente da quanto prescritto da quest'ultima ma lo ha fatto introducendo disposizioni evidentemente discriminatorie per nazionalità in quanto, ancorando la possibilità di ottenere il beneficio a una condizione quale il possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ha introdotto una differenza di trattamento non giustificata da alcuna ragionevole e oggettiva finalità . L'I.N.P.S. va, pertanto, condannato, a rimuovere la condotta discriminatoria attraverso il pagamento, a titolo di danno patrimoniale, di un importo pari al bonus non erogato Euro 800 secondo quanto affermato dalla ricorrente a pag. 20 del ricorso, non oggetto di contestazione da parte del convenuto . Spese. Le spese, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza, ma non possono eccedere quanto riconosciuto. P.Q.M. Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, Visto l'art. 28 D.Lgs. 150/2011 1 accertata la natura discriminatoria della condotta posta in essere dal convenuto condanna lo stesso al pagamento in favore del ricorrente di Euro 800, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data della domanda al saldo 2 condanna il convenuto al pagamento in favore della ricorrente - e, per essa, del difensore antistatario - delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 800 oltre I.V.A., C.N.P.A. e 15%