Trasferimento mal digerito: niente risarcimento

Ritenute illegittime le pretese di un dipendente di Equitalia. Egli ha sostenuto di avere subito un demansionamento, ma, in realtà, secondo i giudici, con la nuova collocazione egli ha comunque svolto incarichi di responsabilità, e quindi il danno lamentato è connesso solo a uno spostamento per nulla gradito.

Trasferimento mal digerito dal dipendente di Equitalia. Elemento, questo, però non sufficiente per pretendere un risarcimento dall’azienda. Soprattutto perché, osservano i Giudici del Palazzaccio, nella nuova sede gli incarichi affidatigli sono risultati essere comunque compiti di alta delicatezza e responsabilità” Corte di Cassazione, ordinanza n. 26677/18, sez. Lavoro, depositata il 22 ottobre . Collocazione . Chiare le accuse mosse dal lavoratore nei confronti di Equitalia egli sostiene di essere stato demansionato, a seguito della collocazione in una nuova sede. E i giudici del Tribunale ritengono corretta la visione tracciata dal dipendente consequenziale la condanna dell’azienda a versargli 20mila euro per il danno professionale e 30mila per il danno biologico . Di parere opposto, invece, i magistrati della Corte d’appello, i quali ritengono prive di fondamento le contestazioni mosse ad Equitalia. Nello specifico, in secondo grado viene evidenziato che il lavoratore, pur lamentando di essere stato spogliato delle proprie mansioni a seguito del trasferimento, non ha mai specificato le attività in origine svolte e quelle successivamente attribuitegli , mentre si è limitato a concentrare le sue doglianze sul numero delle unità che era stato chiamato a dirigere, asseritamente inferiori nella nuova sede. Su questo fronte, però, mancano dati certi, osservano i giudici d’Appello difatti, il lavoratore non ha mai provato nello specifico quale fosse il bagaglio professionale che intendeva tutelare , mentre è emerso che l’incarico di gestore del mercato e gli incarichi successivi erano risultati compiti di alta delicatezza e responsabilità . Logico ipotizzare, quindi, sempre secondo i giudici, che il reale motivo di lagnanza del dipendente fosse il trasferimento in sé . Demansionamento. Il ‘no’ alla richiesta di risarcimento presentata dal lavoratore nei confronti di Equitalia viene confermato e reso definitivo dalla Cassazione. Anche per i Giudici del Palazzaccio, difatti, mancano prove sul demansionamento lamentato dal ricorrente, che, viene osservato, non ha neppure specificato le caratteristiche di relazioni con un pubblico vastissimo, il potere di decisione e la rappresentanza del datore di lavoro, connotative, a suo dire, dell’attività da lui svolta in origine, prima del cambio di sede. A rimanere in ballo, quindi, è solo l’ipotesi di un danno come conseguenza del mero trasferimento di conseguenza, i Giudici della Cassazione confermano la decisione della Corte d’appello, e respingono in modo netto le lamentele del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 12 luglio -22 ottobre 2018, numero 26677 Presidente Nobile– Relatore Leone Rilevato che La Corte di appello di Salerno con la sentenza numero 500/13 aveva accolto l'appello principale proposto da Equitalia Polis spa avverso la decisione con la quale il Tribunale di Salerno aveva ritenuto sussistente il demansionamento lamentato da Ma. Gi. ed aveva condannato la datrice di lavoro ad adibirlo alle mansioni proprie del 4 livello di inquadramento oltre che al risarcimento del danno biologico e professionale nella misura di Euro 20.000 per danno professionale ed Euro 30.000,00 per danno biologico. La corte territoriale aveva rilevato che il Ma., pur lamentando di essere stato spogliato delle proprie mansioni a seguito del trasferimento, nel 2001, alla sede di Salerno, non aveva mai specificato le attività in origine svolte e quelle successivamente attribuite, solo concentrando la sue doglianze sul numero delle unità che era stato chiamato a dirigere asseritamente inferiori a seguito del trasferimento . In particolare il Giudice d'appello osservava che il lavoratore aveva erroneamente indicato consistenze numeriche di unità da lui dirette, allorché, invece, alcuni degli sportelli dallo stesso richiamata Cava de' Tirreni e Castel San Giorgio , avevano responsabili preposti che gestivano il personale assegnato e non rientravano pertanto nelle attribuzioni del Ma., Quest'ultimo, peraltro, a giudizio della Corte salernitana, non aveva mai provato nello specifico quale fosse il bagaglio professionale acquisito che intendeva tutelare, atteso che l'incarico di gestore del mercato e gli incarichi successivi erano risultati compiti di alta delicatezza e responsabilità che lasciavano trapelare che il reale motivo di doglianza del Ma. fosse il trasferimento in se' , peraltro mai impugnato. A ciò conseguiva anche il rigetto della domanda sul danno subito che il giudice del merito riteneva prospettato in collegamento con il trasferimento a Vallo della Lucania, estraneo all'oggetto della domanda proposta. Avverso detta decisione il Ma. proponeva quattro motivi di ricorso cui resisteva Equitalia Sud Spa già Equitalia Polis spa . Il Pubblico Ministero depositava le proprie conclusioni ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. Considerato che 1 Con il primo motivo è denunciata l'omessa insufficiente e contradittoria motivazione su un fatto decisivo ex art. 360 numero 3 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c. e dell'art. 115 c.p.c. Il ricorrente ha censurato la decisione nella parte in cui ha ritenuto la carenza allegatoria sia sulle mansioni svolte antecedentemente al demansionamento che su quelle successivamente assegnate. Ha in proposito evidenziato la non contestazione sugli incarichi assegnati e quindi la mancata valutazione degli stessi da parte della corte territoriale. Deve preliminarmente ritenersi inammissibile il motivo con riguardo al vizio denunciato in quanto la sentenza impugnata, conclusiva del giudizio di rinvio, è stata pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge 7 agosto 2012, numero 134, di conversione del D.L. 22 giugno 2012, numero 83, vale a dire dal giorno 11 settembre 2012, e trova quindi applicazione l'art. 360, primo comma, numero 5 , cod. proc. civ. nella nuova formulazione restrittiva introdotta dell'art. 54, primo comma, lett. b , del suddetto D.L. Cass. numero 26654/2014 .La formula restrittiva richiamata esclude valutazioni in sede di legittimità sulla omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, così' da determinare la inammissibilità della censura. Peraltro il ricorrente nel motivo di impugnazione non ha neppure specificato come e dove le caratteristiche di relazioni con un pubblico vastissimo, il potere di decisione e rappresentanza del datore di lavoro connotative a suo dire dell'attività svolta, siano state allegate nel processo e sottoposte, in modo preciso e specifico, all'attenzione del giudice di merito. Altresì non specificate ed inserite in ricorso le prove testimoniali e documentali richiamate nel motivo di censura quelle non valutate dalla corte di appello . Sulla riorganizzazione e sugli effetti della stessa si richiede una valutazione di merito non consentita. 2 Con il secondo motivo è denunciata l'omessa insufficiente e contradittoria motivazione su un fatto decisivo ex art. 360 numero 3 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c La censura riguarda la valutazione del giudice del gravame sulla valenza degli incarichi svolti dal Ma., basata, a dire dello stesso, solo sulle affermazioni di Equitalia , senza alcun esame delle mansioni espletate. Anche tale motivo risulta affetto da carenza allegatoria e di sufficiente specificazione poiché in alcun modo sono inserite le precise attività svolte e le caratteristiche di rilievo delle stesse, tali da consentirne un esame oggettivo e comparativo rispetto alle declaratorie contrattuali inerenti i diversi profili di inquadramento. Il richiamo alle prove testimoniali anche in tal caso avrebbe imposto la specifica indicazione delle dichiarazioni rese al fine di valutarne la effettiva rilevanza anche alla luce delle contestazioni sollevate da Equitalia. La censura è dunque infondata. 3 Con il terzo motivo è denunciata l'omessa insufficiente e contradittoria motivazione su un fatto decisivo ex art. 360 numero 3 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione del CCNL. Il motivo attiene sostanzialmente alla valutazione svolta dal giudice del merito e al mancato esame della riconducibilità delle mansioni svolte dal ricorrente all'art. 75 ccnl. Ancora una volta quest'ultimo si duole dell'omesso esame delle risultanze testimoniali, senza peraltro riportarne il contenuto, così' da consentirne il raffronto con la norma collettiva invocata. Trattasi, peraltro, di valutazione comunque di merito non riproponibile in questa sede di legittimità. Motivo è inammissibile. 4 Con la quarta censura è dedotta la omessa pronuncia in relazione all'art. 360 numero 3 e 5 c.p.c. con riguardo al motivo di appello sulla liquidazione dei danni. Si duole il ricorrente dell'omessa pronuncia sulla domanda dei danni conseguiti al demansionamento. La censura non è congruente rispetto al decisum della corte di merito, attestativa di un danno prospettato quale conseguenza del mero trasferimento e non del demansionamento, e rispetto a quanto osservato nelle precedenti censure. L'accertata assenza di demansionamento esclude ogni ipotesi di danno e di conseguente liquidazione. Il ricorso è infondato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.