Il rifiuto della cuoca di eseguire la mansione assegnata è comprensibile ma non automaticamente legittimo

Scontro tra una società di ristorazione, che gestisce l’appalto per la mensa di un asilo comunale, e una dipendente, inquadrata come cuoca. L’azienda le ha affidato un compito assolutamente non corrispondente alla sua figura professionale. Ma questo dato non è sufficiente, secondo i Giudici, per ritenere legittimo il rifiuto aprioristico della dipendente.

Inquadrata ufficialmente come cuoca all’interno di un ‘servizio ristorazione’ per un asilo nido comunale, oppone un netto rifiuto alla richiesta di portare in classe le colazioni da distribuire, dopo averle preparate . Il compito – ulteriore – affidato dall’azienda alla dipendente è sicuramente esorbitante rispetto alle mansioni corrispondenti alla qualifica. Allo stesso tempo, però, questo dato non è sufficiente, osservano i giudici della Cassazione, per ritenere legittimo il ‘no’ della lavoratrice Cassazione, ordinanza n. 24118, sez. Lavoro, depositata oggi . Compito. Facile la ricostruzione dell’episodio incriminato la lavoratrice, inquadrata come cuoca nell’ambito del servizio ristorazione appaltato alla società presso una scuola d’infanzia comunale , si è rifiutata di portare in classe le colazioni da distribuire, dopo averle preparate . E questo episodio ha spinto l’azienda ad adottare il provvedimento più drastico, ossia il licenziamento . Più complicata, invece, la lettura della vicenda giudiziaria. In Tribunale, difatti, dichiarano l’annullamento del licenziamento con annessa condanna della società alla reintegrazione della dipendente nel posto di lavoro , ma respingono la richiesta della lavoratrice di vedere annullate le sanzioni conservative irrogate dalla società . In Appello la vittoria della donna diviene ancora più netta, poiché viene ribadita l’illegittimità del licenziamento e, allo stesso tempo, vengono azzerate le sanzioni conservative decise dall’azienda e comunicate alla dipendente tramite lettera. Per i Giudici è indiscutibile che il comportamento preteso dalla società datrice esulava dai compiti propri della qualifica di appartenenza della lavoratrice, quali desumibili dall’esame della declaratoria contrattuale, e che tale valutazione assorbiva anche l’ulteriore rilievo della società in merito alla configurabilità del notevole inadempimento per la reiterazione della condotta . Rifiuto. Ulteriore tappa della battaglia legale tra azienda e dipendente è la Cassazione. Nel contesto del ‘Palazzaccio’, difatti, i legali della società sostengono innanzitutto che l’attività oggetto di contestazione , ossia il portare le colazioni nella classe, era esigibile dalla cuoca , essendo quella mansione inquadrabile come operazione complementare . Questa visione viene però respinta dai Giudici del Palazzaccio, i quali condividono le valutazioni compiute in secondo grado, laddove si è ritenuto che la richiesta datoriale di portare in classe le colazioni rivolta alla dipendente, inquadrata con la qualifica di cuoca, esulava dall’ambito delle mansioni corrispondenti a tale qualifica, concretandosi nello svolgimento di compiti di natura esecutiva propri di un livello inferiore . A questo proposito, i Giudici si soffermano sull’inquadramento della cuoca, che, appartenendo al ‘livello quarto’, è catalogabile come lavoratore che, in condizioni di autonomia esecutiva, anche preposto a gruppi operativi, svolge mansioni specifiche di natura amministrativa, tecnico-pratica o di vendita e relative operazioni complementari, che richiedono il possesso di conoscenze specialistiche comunque acquisite . Di conseguenza, il livello di competenze richiesto per l’inquadramento nella ‘quarta qualifica’ e il carattere specifico delle mansioni escludono che il compito di portare le colazioni preparate in classe, per la elementarità della operazione, puramente esecutiva, non richiedente la spendita di alcuna particolare professionalità, possa essere ricondotto al ‘livello quattro’ del contratto applicabile . E, aggiungono i giudici, tale compito non può definirsi ‘complementare’ , non potendo riconoscervi alcun nesso funzionale, anche solo in funzione integrativa, con la preparazione dei pasti della mensa scolastica alla quale, per come pacifico, era addetta la lavoratrice . Resta ancora aperto, invece, il fronte relativo alla legittimità del rifiuto opposto dalla lavoratrice. Su questo fronte i giudici della Cassazione chiedono un approfondimento in Corte d’Appello, ricordando che l’illegittimo comportamento del datore di lavoro, consistente nell’assegnare il dipendente a mansioni inferiori a quelle corrispondenti alla sua qualifica, può giustificare il rifiuto della prestazione lavorativa, purché tale reazione sia connotata da caratteri di positività, risultando proporzionata e conforme a buonafede . Difatti, l’eventuale adibizione a mansioni non rispondenti alla qualifica rivestita può consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non autorizza lo stesso a rifiutarne aprioristicamente l’adempimento in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartito dall’imprenditore e può legittimamente rendersi inadempiente solo in caso di totale inadempimento dell’altra parte . In questa vicenda, però, osservano i Giudici della Cassazione, erroneamente si è ritenuto, in assenza di avallo giudiziale, senz’altro giustificato il rifiuto della lavoratrice a svolgere l’ulteriore compito richiestole, sulla base della sola considerazione della illegittimità della condotta della società, così pretermettendo ogni verifica relativa alla entità dell’inadempimento datoriale ed alla sua incidenza sul vincolo sinallagmatico tra le obbligazioni scaturenti dal rapporto di lavoro .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 22 maggio – 3 ottobre 2018, n. 24118 Presidente Bronzini – Relatore Pagetta Rilevato 1. che il giudice del lavoro di Roma, pronunziando in sede di opposizione ai sensi dell'art. 1, comma 57, Legge 28/2/2012 n. 92, ha dichiarato inammissibile la domanda con la quale Da. Delle Mo. aveva chiesto l'annullamento delle sanzioni conservative irrogate da Serenissima Ristorazione s.p.a., sua datrice di lavoro e confermato l'annullamento del licenziamento comunicato con lettera 5.8.2014, la condanna della società alla reintegrazione della Delle Mo. nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno corrispondente alle retribuzioni globali di fatto maturate dal licenziamento alla reintegra e, comunque, in misura non superiore a 12 mensilità, oltre accessori, ed al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali 2. che la Corte di appello di Roma, adita da entrambe le parti, respinto il reclamo della società, in parziale accoglimento del reclamo della Delle Mo. ha annullato le sanzioni conservative irrogate con lettere del 17.2.2014, del 21.3.2014, del 20.5.2014 2.1. che, in particolare, il giudice del reclamo, in relazione al fatto oggetto di addebito disciplinare alla base del licenziamento per giustificato motivo soggettivo rappresentato dal rifiuto della Delle Mo., cuoca nell'ambito del servizio ristorazione appaltato alla società datrice presso una scuola d'infanzia comunale, di portare in classe le colazioni da distribuire, dopo averle preparate ha osservato che il comportamento preteso dalla società datrice esulava dai compiti propri della qualifica di appartenenza, quali desumibili dall'esame della declaratoria contrattuale e che tale valutazione assorbiva anche l'ulteriore rilievo della società reclamante in merito alla configurabilità del notevole inadempimento per la reiterazione della condotta il difetto di illiceità del fatto contestato giustificava la tutela reintegratoria 2.2. che ha altresì respinto la censura relativa alla indennità risarcitoria attribuita in misura non superiore al limite di legge pari a 12 mensilità, sia, per genericità, la eccezione di aliunde perceptum 2.3. che, esclusa la natura ritorsiva o discriminatoria dell'intimato recesso, la sentenza impugnata ha accolto il motivo di reclamo con il quale la lavoratrice aveva censurato la declaratoria di inammissibilità delle domande relative alle sanzioni conservative per fatti integranti la recidiva e, all'esito del relativo esame nel merito, ha annullato le sanzioni in questione 3. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Serenissima Ristorazione s.p.a. sulla base di nove motivi la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso Considerato 1. che con il primo motivo di ricorso la società ricorrente deduce violazione/errata/falsa applicazione degli artt. 2103, 2104 e 1375 cod. civ. nonché dell'art. 52, titolo III e dell'art. 290, Titolo XII. c.c.n.l. Turismo Pubblici Esercizi, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto, sulla base dell'errata interpretazione della declaratoria di riferimento, non esigibile l'attività oggetto di contestazione che ha sostenuto rientrare nelle operazioni complementari alle quali è tenuto il lavoratore inquadrato, come la Delle Mo., nel livello IV del contratto collettivo 2. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2105 e 2106, 1375 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., dell'art. 192 c.c.n.l. sussistenza di notevole inadempimento integrante giustificato motivo soggettivo e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio. Censura la sentenza impugnata per avere escluso la reiterazione delle condotte e la sussistenza della recidiva, oggetto di addebito sostiene, infatti, che le condotte della lavoratrice andavano valutate nel loro complesso e non atomisticamente come episodi tra loro scollegati e ciò anche in considerazione del fatto che il contratto collettivo, prevede all'art. 192, per ipotesi analoga, il licenziamento in tronco sostiene, inoltre, che le contestazioni di cui ai richiamati precedenti disciplinari non attenevano solo alla richiesta di consegna delle buste con le colazione ma anche a mansioni ricomprese nel livello di inquadramento e pacificamente non eseguite e denunzia la omessa valutazione su tali condotte 3. che con il terzo motivo deduce violazione/errata/falsa applicazione degli art. 2104, 2086, 1460, 1375 cod. civ., dell'art. 41 Cost. e dell'art. 192 c.c.n.l. Turismo Pubblici Esercizi nonché omesso esame di un fatto decisivo. Assume illogicità e contraddittorietà di motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto non applicabile la giurisprudenza di legittimità secondo la quale il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire la prestazione richiesta senza prima agire giudizialmente per ottenere che le mansioni pretese siano ricondotte nell'ambito della qualifica di appartenenza 4. che con il quarto motivo di ricorso deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. per omesso esame documenti. Si duole della omessa valutazione relativa alla natura, durata, complessità ed onerosità dell'attività richiesta alla dipendente e della relativa esigibilità dei criteri di correttezza e buona fede richiama documentazione di provenienza del Comune attestante il disagio lamentato dal personale docente della scuola per il ritardo causato dalla distribuzione delle colazioni agli alunni 5. che con il quinto motivo deduce violazione/falsa/errata applicazione dell'art. 18 Legge 20/5/1970 n. 300 censurando l'applicazione della tutela reintegratoria in luogo di quella indennitaria che assume destinata a trovare luogo in ogni ipotesi di sussistenza del fatto materiale contestato nel caso di specie pacifica a prescindere dalla relativa qualificazione 6. che con il sesto motivo deduce violazione falsa, errata applicazione dell'art. 18 Legge n. 300/1970 cit., dell'art. 1227 cod. civ., dell'art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché omesso esame di un fatto decisivo attinente alla quantificazione del risarcimento del danno, censurando la sentenza impugnata per avere escluso, nella determinazione dell'indennità risarcitoria, la considerazione deW'aliunde perceptum 7. che con il settimo motivo deduce violazione/errata/falsa interpretazione dell'art. 1 comma 47 Legge n. 92/2012 cit. e nullità della sentenza o del procedimento in relazione all'art. 360 n. 4 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per avere pronunziato sulla domanda di annullamento delle sanzioni conservative che assume fondata inevitabilmente su fatti diversi da quelli dell'impugnativa di licenziamento laddove sostiene il relativo esame sarebbe stato consentito solo in via incidentale 8. che con l'ottavo motivo di ricorso deduce violazione/errata /falsa interpretazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell'art. 138 c.c.n.l. Turismo Pubblici Esercizi nonché omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per avere annullato le sanzioni disciplinari pur trovando i fatti contestati riscontro nella espletata istruttoria e pur essendo gli stessi di rilievo disciplinare ai sensi dell'art. 138 c.c.n.l. 9. che con il nono motivo deduce violazione violazione/errata/falsa interpretazione dell'art. 1 Legge n. 92 /2012 cit., dell'art. 2909 cod. civ. con riferimento alla inammissibilità/improponibilità/improcedibilità delle domande avanzate con opposizione e reclamo incidentali tardivi nullità della sentenza o del procedimento in relazione art. 360, comma 1, n. 4. Cod. proc. civ. . Si duole della ritenuta ammissibilità delle domande intese a far valere la natura discriminatoria del licenziamento in quanto proposta con opposizione e reclamo incidentale tardivi e della impugnazione relativa alle sanzioni disciplinari, formulata con reclamo incidentale tardivo 10. che il primo motivo di ricorso è infondato. La sentenza impugnata ha ritenuto che la richiesta datoriale di portare in classe le colazioni rivolta alla Delle Mo., inquadrata con la qualifica di cuoca IV livello, esulava dall'ambito delle mansioni corrispondenti a tale qualifica concretandosi nello svolgimento di compiti di natura esecutiva propri di un livello inferiore. Il collegio condivide tale ricostruzione. La declaratoria corrispondente al livello quarto stabilisce che Appartengono a questo livello i lavoratori che, in condizioni di autonomia esecutiva, anche preposti a gruppi operativi, svolgono mansioni specifiche di natura amministrativa, tecnico-pratica o di vendita e relative operazioni complementari, che richiedono il possesso di conoscenze specialistiche comunque acquisite . Tra queste, in via esemplificativa, sono ricomprese anche quelle del cuoco capopartita, barman, barwoman, chef de rang, sala, piani, vini sommelier , trinciatore . Il livello di competenze richiesto per l'inquadramento nella IV qualifica e il carattere specifico” delle mansioni, carattere che si correla al primo, escludono che il compito di portare le colazioni preparate in classe, per la elementarità della operazione, puramente esecutiva, non richiedente la spendita di alcuna particolare professionalità, possa essere ricondotto al livello IV c.c.n.l. applicabile tale compito non può, inoltre, definirsi complementare ai sensi della richiamata declaratoria, non essendo dato riconoscervi alcun nesso funzionale, anche solo in funzione integrativa, con la preparazione dei pasti della mensa scolastica alla quale, per come pacifico, era addetta la Delle Mo La non riconducibilità dei compiti richiesti alle mansioni di IV livello risulta, tra l'altro, ulteriormente avallata dallo stesso testo collettivo che colloca la figura dell'addetto mensa, al quale appare più propriamente riconducibile l'attività richiesta alla lavoratrice, nell'ambito del livello VI al quale appartengono i lavoratori che svolgono attività che richiedono un normale addestramento pratico ed elementari conoscenze professionali . 10.1. che quanto alla deduzione fondata sul disposto dell'art. 52 c.c.n.l. applicabile, alla stregua del quale In caso di mansioni promiscue si farà riferimento all'attività prevalente, tenendo conto di quella di maggior valore professionale, sempre che venga abitualmente prestata, non si tratti di un normale periodo di addestramento e non abbia carattere accessorio o complementare , si osserva che la previsione si limita a stabilire il criterio utile al fine dell'inquadramento in caso di mansioni promiscue ma non offre alcuna base normativa per sostenere la esigibilità di mansioni diverse o inferiori a quelle di inquadramento 11. che il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati con effetto di assorbimento degli ulteriori motivi 11.1. che, invero, la giurisprudenza di questa Corte in tema di rifiuto del lavoratore alla prestazione lavorativa ha affermato che l'illegittimo comportamento del datore di lavoro, consistente nell'assegnare il dipendente a mansioni inferiori a quelle corrispondenti alla sua qualifica, può giustificare il rifiuto della prestazione lavorativa, purché tale reazione sia connotata da caratteri di positività, risultando proporzionata e conforme a buona fede, dovendo in tal caso il giudice adito procedere ad una valutazione complessiva dei comportamenti di entrambe le parti Cass. 08/08/2003 n. 12001 in questa linea argomentativa ed in senso accentuativo dell'obbligo scaturente dall'art. 2094 cod. civ. è stato chiarito che l'eventuale adibizione a mansioni non rispondenti alla qualifica rivestita può consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non autorizza lo stesso a rifiutarne aprioristicamente l'adempimento in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartito dall'imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 cod.civ., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall'art. 41 Cost. e può legittimamente invocare l'art. 1460 del cod.civ., rendendosi inadempiente, solo in caso di totale inadempimento dell'altra parte 05/12/2007 n. 25313 o anche, come puntualizzato da Cass. 20/07/2012 n. 12696 e da Cass 16/01/2018 n. 836, nel caso in cui l'inadempimento del datore di lavoro sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo o da esporlo a responsabilità penale connessa allo svolgimento delle nuove mansioni v. in relazione a tale specifico profilo, Cass. 19.7.2013, n. 17713 11.2. che la sentenza impugnata non risulta conforme al principio richiamato laddove ha ritenuto, in assenza di avallo giudiziale, senz'altro giustificato il rifiuto della lavoratrice a svolgere l'ulteriore compito richiestole, sulla base della sola considerazione della illegittimità della condotta della società, così pretermettendo ogni verifica relativa alla entità dell'inadempimento datoriale ed alla sua incidenza sul vincolo sinallagmatico tra le obbligazioni scaturenti dal rapporto di lavoro v., sul punto con riferimento al rifiuto di trasferimento Cass. 11/05/2018 n. 11408 12. che a tanto consegue, assorbiti gli ulteriori motivi, la cassazione della decisione con rinvio ad altro giudice di secondo grado che si indica nella Corte d'appello di Roma, in diversa composizione 13. che al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, il terzo ed il quarto, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione alla quale demanda il regolamento delle spese di lite del presente giudizio.