Contratto a termine in Parlamento

A norma dei regolamenti parlamentari, il gruppo parlamentare è costituito all’inizio della legislatura e non può, quindi, ritenersi continuazione o prosecuzione di un gruppo della precedente legislatura, con la cui fine si verifica la sua estinzione, sicché va escluso ogni fenomeno di successione nel debito in capo al diverso soggetto venuto in esistenza successivamente.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza n. 23612/18 depositata il 28 settembre. Tempo determinato per i gruppi parlamentari Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda la legittimità di un contratto a tempo determinato stipulato con il Gruppo Parlamentare del Partito Democratico presso il Senato. La lavoratrice precaria impugnava il contratto a termine ottenendo dai giudici di merito l’auspicata pronuncia di illegittimità con riconoscimento del risarcimento del danno, ai sensi dell’art 32 c.d. Collegato Lavoro. Ciò tuttavia non bastava alla lavoratrice che insisteva nella richiesta di conversione del rapporto a tempo determinato, in rapporto a tempo indeterminato, in ragione dell’unicità del datore di lavoro in altri termini, secondo la lavoratrice, il suo rapporto di lavoro avrebbe dovuto proseguire in seno al nuovo Gruppo Parlamentare del Partito Democratico, che di fatto rappresentava un unicum rispetto al Gruppo precedente. La successione dei soggetti” parlamentari. Nel caso di specie, il contratto a termine impugnato era scaduto con la fine della XVI Legislatura, in coincidenza di cui, anche il Gruppo-datore di lavoro cessava la sua esistenza, ai sensi dei regolamenti parlamentari vigenti. La lavoratrice, in sostanza, chiedeva di continuare a lavorare per il Gruppo del Partito Democratico, anche durante la legislatura successiva, sostenendo che tra i due Gruppi parlamentari successivi uno all’altro non vi fosse distinzione, o meglio, sostenendo che - come già sancito dalle Sezioni Unite, sent. 27863/2008- i gruppi parlamentari sarebbero da assimilare ai partiti politici, cui va riconosciuta qualità di soggetti privati, con la conseguenza che il rapporto di lavoro per cui è causa va qualificato come rapporto di lavoro alle dipendenze di un’associazione non riconosciuta. La Corte di Cassazione, pur considerando la definizione giuslavoristica di Gruppo Parlamentare, affina il concetto ricollegandolo al lavoro a tempo determinato e al trasferimento di cui all’art 2121 c.c Gli Ermellini escludono l’applicazione nel caso di specie dell’art 2112 c.c., perché nella successione tra il Gruppo Parlamentare PD della XVI Legislatura e il Gruppo Parlamentare PD della XVII Legislatura non vi è stato nessun trasferimento di attività economica. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, si può parlare di trasferimento ex art. 2112 c.c., quando un lavoratore abbia prestato la propria attività professionale presso una pluralità di soggetti aventi autonoma personalità, ma comuni interessi economici. In particolare tra i successivi datori di lavoro vi dev’esser un legame tale da far ritenere l’identità dei datori in un unico centro spesso, ad esempio, sussiste una continuità sostanziale dell’originario contratto, con una fittizia successione del soggetto datore di lavoro. Dette circostanze di fatto però non sono riscontrabili nel caso di specie, ove il Gruppo Parlamentare si costituisce, quindi viene ad esistere, all’inizio di ogni legislatura e cessa con la fine della medesima. Di conseguenza, il Gruppo Parlamentare successivo non può ritenersi continuazione del precedente la legislatura, infatti, si è sciolta. Ciò significa che, Gruppi Parlamentari dello stesso colore politico, che si sono succeduti in ragione della fine della legislatura, non possono essere considerati un unicum dal punto di vista lavoristico il contratto a tempo determinato della lavoratrice ricorrente in cassazione rimane quindi illegittimo, come accertato dai giudici di merito, ma il rapporto di lavoro non può proseguire in seno al nuovo Gruppo Parlamentare poiché è soggetto distinto dall’originario datore di lavoro.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 giugno – 28 settembre 2018, n. 23612 Presidente Di Cerro – Relatore Blasutto Fatti di causa 1. La Corte di appello di Roma, respingendo le opposte impugnazioni, ha confermato la sentenza con cui il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della domanda proposta da M.S. , aveva dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato stipulato il 30 giugno 2008 tra la stessa e il Gruppo parlamentare del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica XVI legislatura ed aveva ordinato il ripristino del rapporto di lavoro, con condanna del predetto Gruppo parlamentare al pagamento, in favore della ricorrente, di otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, a titolo di indennità ex art. 32, comma 5, Legge n. 183 del 2010 ed aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’altro soggetto convenuto in giudizio, il Gruppo parlamentare del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica XVII legislatura. 2. La M. , per quanto ancora qui rileva, aveva chiesto la conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato e aveva citato in giudizio i Gruppi parlamentari del Partito Democratico presso il Senato della XVI e della XVII Legislatura, argomentando la sussistenza della continuità fra gruppi parlamentari facenti capo alla medesima formazione politica, ma costituitisi in legislature successive. Prospettando l’applicazione analogica dell’art. 2112 c.c. e il subentro del Gruppo parlamentare Partito Democratico della XVII Legislatura in tutti i rapporti già facenti capo al Gruppo costituito della XVI legislatura, aveva chiesto di essere riammessa in servizio presso il Gruppo parlamentare XVII Legislatura, nel posto precedentemente occupato, con mansioni corrispondenti a quelle di referendario, e la condanna in solido dei Gruppi parlamentari convenuti al pagamento, in proprio favore, dell’indennità ex art. 32 cit 3. La Corte territoriale, quanto all’appello principale proposto dalla M. , ha argomentato, in sintesi, come segue. 3.1. I gruppi parlamentari sono da assimilare ai partiti politici, cui va riconosciuta qualità di soggetti privati, con la conseguenza che rapporto di lavoro per cui è causa va qualificato come rapporto di lavoro alle dipendenze di un’associazione non riconosciuta, atteggiandosi il Gruppo parlamentare come centro di imputazioni giuridiche e quindi come soggetto di diritto distinto dagli associati Cass. S.U. n. 27863 del 2008 . 3.2. I Gruppi parlamentari convenuti in giudizio sono differenti soggetti giuridici poiché, a norma dell’art. 14 e segg. del Regolamento del Senato della Repubblica, il gruppo parlamentare si costituisce, ossia viene ad esistenza giuridica, all’inizio di ogni legislatura e precisamente entro tre giorni dalla prima seduta del Senato, su autorizzazione dell’Ufficio di Presidenza il gruppo parlamentare così costituito non può ritenersi continuazione di un gruppo parlamentare della precedente legislatura scioltosi con essa, come invece sostenuto dall’appellante principale cfr. Cass. n. 11207/2009 . In sostanza, si è in presenza di soggetti giuridici diversi, sicché l’estinzione di un gruppo parlamentare non comporta alcun fenomeno di successione nel debito in capo al diverso soggetto, venuto a giuridica esistenza successivamente. 3.3. Nel caso in esame, è circostanza pacifica e comunque provata documentalmente che il contratto per cui è causa era stato concluso con il Gruppo parlamentare della XVI Legislatura e che lo stesso si era concluso prima ancora dell’inizio della successiva legislatura, per cui deve essere confermato il difetto di legittimazione passiva in capo al Gruppo parlamentare della XVII Legislatura. La diversità giuridica fra i diversi gruppi parlamentari e la reciproca autonomia escludono, pertanto, che il Gruppo parlamentare della XVII legislatura possa essere ritenuto responsabile di obbligazioni assunte dal Gruppo parlamentare che lo ha preceduto. 3.4. In ogni caso, va esclusa l’applicabilità dell’art. 2112 c.c. al caso di specie, anche perché non vi è stato il trasferimento di alcun tipo di attività economica tra i due gruppi parlamentari evocati in giudizio. Secondo la giurisprudenza di legittimità Cass. n. 12817 del 2014 , una pluralità di soggetti aventi autonoma personalità nella specie, gruppi parlamentari , ma comuni interessi economici, possono essere considerati unitariamente, quantomeno sotto il profilo economico, soltanto nel caso differente rispetto a quello del presente giudizio in cui lo stesso lavoratore abbia prestato attività alle loro dipendenze, dove sia configurabile, fra i datori di lavoro, un legame tale da far ritenere costituito fra gli stessi un complesso unitario, nell’ambito del quale, pur con la formale distinzione dei rapporti di lavoro, sia in concreto sussistita una continuità sostanziale dell’originario contratto di prestazione d’opera subordinata, con una fittizia successione del soggetto datore di lavoro. Pertanto, la condanna al ripristino del rapporto di lavoro non poteva che essere emessa nei confronti del Gruppo parlamentare del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica XVI Legislatura e, di conseguenza, va respinta la relativa censura contenuta nell’impugnazione principale. 4. Avverso tale sentenza M.S. propone ricorso per cassazione nei confronti del solo Gruppo parlamentare del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica XVII Legislatura, formulando cinque motivi di impugnazione. Resiste con controricorso il Gruppo parlamentare intimato. La ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme processuali per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto ammissibile l’appello proposto dal signor Me.Vi. quale liquidatore di un inesistente Gruppo del partito democratico in liquidazione che non era stato parte del giudizio di primo grado ed era comunque privo di legittimatio ad causam. Deduce che la Corte di appello aveva omesso di pronunziare sull’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale proposto dal suddetto liquidatore. 2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione circa la ritenuta sussistenza di una procedura di liquidazione del suddetto Gruppo del Partito Democratico XVI Legislatura in violazione degli articoli 14,15, 16, 16 bis del Regolamento del Senato e dell’art. 6 del Regolamento di contabilità dei Gruppi del Senato violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. per omesso esame di punti decisivi, nonché per mancanza, erroneità e contraddittorietà di motivazione. Deduce che i predetti Regolamenti del Senato non prevedono procedure di liquidazione, bensì lo scioglimento dei gruppi nel corso o al termine della legislatura. Il Gruppo XVI Legislatura si era formalmente ricostituito nella XVII legislatura senza soluzione di continuità, conservando lo stesso simbolo, assumendo la stessa denominazione in ambito parlamentare e mantenendo la stessa identità politica. 3. Il terzo motivo denuncia, come il precedente, violazione dei Regolamenti, contraddittorietà e difetto di motivazione, nonché omesso esame un punto decisivo della controversia, illogicità manifesta, per avere la sentenza negato ogni validità e rilevanza al principio di continuità politica e giuridica tra gruppi parlamentari omogenei, omettendo di vagliare tutte le argomentazioni addotte al riguardo dall’appellante M. . Si sostiene l’erroneo riferimento, nella fattispecie, ai principi affermati dalla sentenza Cass. n. 11207/2009, poiché in tale sentenza era stato esaminato un rapporto di lavoro svoltosi saltuariamente dall’ottava alla undicesima legislatura presso diversi gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, mentre nel caso di specie si tratta di un gruppo parlamentare che si è costituito in continuazione di un gruppo parlamentare precedente. 4. Il quarto motivo denuncia omesso esame di un punto decisivo per il giudizio, illogicità e mancanza di motivazione e vizio ultrapetizione, avendo la Corte di appello omesso l’esame dei motivi d’impugnazione formulati dall’appellante M. contro la sentenza del Tribunale che aveva disapplicato il principio di continuità fra i Gruppi parlamentari del Partito Democratico della XVI e della XVII Legislatura. 5. Il quinto motivo verte sull’omessa pronuncia sul fatto decisivo della causa, violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello ignorato il motivo proposto all’appellante M. contro la sentenza del Tribunale che, pur avendo correttamente ritenuto l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, aveva erroneamente disposto la riassunzione non già presso il Gruppo parlamentare XVII Legislatura, bensì presso il cessato e inesistente Gruppo della XVI Legislatura. 6. Il primo motivo di ricorso è palesemente inammissibile per difetto di interesse ad impugnare art. 100 c.p.c. , atteso che l’appello proposto dal Gruppo parlamentare del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica XVI Legislatura è stato rigettato dalla Corte di appello, che ha così confermato le statuizioni di primo grado con cui era stato condannato tale Gruppo parlamentare a riammettere in servizio la ricorrente e a corrisponderle l’indennità di cui all’art. 32 della L. n. 183 del 2010, quale unico datore di lavoro e unico soggetto cui erano imputabili gli effetti della illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato stipulato tra le parti. 6.1. A ciò aggiungasi un ulteriore profilo di inammissibilità. La questione introdotta con il primo motivo riguarda la posizione di una parte non destinataria del ricorso per cassazione, essendo l’impugnazione stata proposta unicamente nei confronti del Gruppo parlamentare del Partito Democratico del Senato della Repubblica XVII Legislatura e neppure notificato nei confronti del Gruppo parlamentare del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica XVI Legislatura. 7. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità al decisum. La ricorrente intende prospettare il subentro del Gruppo parlamentare XVII Legislatura al Gruppo XVI Legislatura senza però censurare specificamente i passaggi della sentenza che avevano affermato la non configurabilità di un rapporto di successione tra tali distinte entità, argomentandone la diversa soggettività giuridica sulla base della giurisprudenza di legittimità, specificamente citata nella sentenza impugnata e neppure presa in considerazione nel motivo di ricorso. 8. Il terzo motivo, costituendo una sorta di sviluppo degli argomenti del secondo, ne mutua i profili di inammisitbilità, dovendosi solo rilevare, quanto al precedente di legittimità di cui si assume la non corretta lettura da parte della Corte territoriale Cass. n. 11207/2009 , che, a prescindere dalle particolarità delle singole fattispecie, ciò che la sentenza impugnata ha assunto a riferimento è l’affermazione contenuta in tale sentenza di questa Corte secondo cui il gruppo parlamentare è un soggetto giuridico associazione non riconosciuta che si costituisce id est viene a giuridica esistenza all’inizio di ogni legislatura e il gruppo parlamentare così costituito non può, quindi, ritenersi continuazione di un gruppo parlamentare della precedente legislatura scioltosi con essa sent. cit. . 8.1. Il principio è stato ulteriormente esplicitato in Cass. n. 12817 del 2014, pure richiamata nella sentenza impugnata, emessa nel giudizio di cassazione avente ad oggetto la sentenza emessa in sede rescissoria nel giudizio di rinvio disposto dalla precitata sentenza n. 11207 del 2009. In tale sede è stato affermato che In tal modo, ha disatteso nei fatti il principio di diritto su richiamato, secondo cui ciascun gruppo parlamentare non può ritenersi prosecuzione o continuazione di un gruppo parlamentare della precedente legislatura e, in linea più generale, ha trascurato di considerare che si è in presenza di soggetti giuridici diversi, sicché l’estinzione di uno di essi ovvero di un gruppo parlamentare non comporta alcun fenomeno di successione nel debito in capo al diverso soggetto, venuto a giuridica esistenza successivamente. La diversità giuridica tra i diversi gruppi parlamentari e la reciproca autonomia escludono pertanto che il . possa essere ritenuto responsabile di obbligazioni assunte dai gruppi parlamentari che lo hanno preceduto. Ora, risulta dalla sentenza impugnata che il Gruppo . si è costituito nella 10a legislatura ., ed è cessato, con la cessazione della detta legislatura, . uno nuovo Gruppo . si è poi costituito nella legislatura . ed è cessato, con la fine della stessa. L’ente può pertanto rispondere delle obbligazioni assunte nei confronti della lavoratrice solo per questi archi temporali . , non potendosi estendere la sua responsabilità ad obbligazioni sorte in capo a soggetti distinti ed autonomi. Specularmente, non sussiste alcuna obbligazione dell’ente relativamente a periodi diversi ovvero a periodi in cui lo stesso ente non esisteva sent cit. . 8.2. Ancor più recentemente, i suddetti principi sono stati ribaditi da questa Corte con la sentenza n. 92 del 2018, secondo cui, a norma dei regolamenti parlamentari, il gruppo parlamentare è costituito all’inizio di ogni legislatura e non può, quindi, ritenersi continuazione o prosecuzione di un gruppo della precedente legislatura, con la cui fine si verifica la sua estinzione, sicché va escluso ogni fenomeno di successione nel debito in capo al diverso soggetto venuto ad esistenza successivamente In applicazione di tale principio, questa Corte ha confermato la sentenza della corte di appello, che aveva escluso la responsabilità di un gruppo parlamentare per le obbligazioni, quale datore di lavoro, nei confronti di una lavoratrice subordinata assunta da un precedente gruppo . 8.3. Conclusivamente, la sentenza di appello ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte, in quanto è pacifico che il Gruppo Parlamentare nei cui confronti è rivolta l’impugnazione non è stato mai datore di lavoro della odierna ricorrente e non potendosi estendere la responsabilità del gruppo parlamentare da ultimo costituito ad obbligazioni sorte in capo a soggetti distinti ed autonomi e, specularmente, non sussistendo alcuna obbligazione dell’associazione relativamente a periodi diversi ovvero a periodi in cui la stessa non esisteva . 8.4. Né gli argomenti diffusamente proposti da parte ricorrente inducono questo Collegio a mutare il precedente orientamento, atteso che si fondano tutti sull’assunto della unicità e identità della soggettività giuridica del Gruppo resistente attraverso le successive legislature, assunto errato come sopra esposto. Neppure risulta adeguatamente prospettata in causa una qualche fattispecie negoziale tale da poter determinare l’assunzione, da parte del Gruppo parlamentare odierno resistente, della responsabilità per le obbligazioni che fossero state contratte dai gruppi parlamentari costituiti nelle precedenti legislature. 9. Il quarto motivo è anch’esso inammissibile. Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato art. 112 c.p.c. - come il principio del tantum devolutum quantum appellatum artt. 434 e 437 c.p.c. - non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed, in genere, all’applicazione di una norma giuridica, diversa da quella invocata dall’istante, ma implica tuttavia il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene della vita - diverso da quello richiesto petitum mediato - oppure di emettere qualsiasi pronuncia - su domanda nuova, quanto a causa petendi - che non si fondi, cioè, sui fatti ritualmente dedotti o, comunque, acquisiti al processo - anche se ricostruiti o giuridicamente qualificati dal giudice in modo diverso rispetto alle prospettazioni di parte - ma su elementi di fatto, che non siano, invece, ritualmente acquisiti come oggetto del contraddittorio v. tra le tante, Cass. n. 11039 del 2006, n. 20652 del 2009 . 9.1. Nel caso in esame, la ricorrente con il quarto - ed anche con il quinto motivo - tende ad un riesame dei fatti, inammissibile in sede di legittimità, per tentare di configurare, in fatto, il subentro di un Gruppo parlamentare ad un altro, in tendenziale continuità fattuale, laddove la sentenza impugnata, con chiara motivazione, conforme ai principi enunciati da questa Corte in materia, ha ritenuto giuridicamente distinti i Gruppi parlamentari che si costituiscono e si sciolgono in costanza di ogni legislatura, sì da non potersi configurare la presunta continuità tra gli stessi. 10. In ordine al quinto motivo, è evidente che non vi è stata alcuna omessa pronuncia in ordine alla richiesta di condanna del Gruppo parlamentare del Partito Democratico del Senato della Repubblica XVII Legislatura al ripristino del rapporto di lavoro con la M. , poiché, una volta confermata la statuizione relativa al difetto di legittimazione passiva di tale Gruppo parlamentare, è venuto meno il fondamento giuridico di ogni domanda proposta dalla ricorrente nei confronti di tale soggetto. Non occorreva, dunque, alcuna pronuncia esplicita in ordine alle conclusioni formulate dalla M. con l’appello principale. 11. In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi dell’art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. 12. Sussistono i presupposti processuali nella specie, rigetto del ricorso per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 legge di stabilità 2013 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.