Visita medica pre-assunzione: l'omesso dettaglio sulla salute non legittima il licenziamento

Salva la dipendente di una municipalizzata” che in una grande città si occupa di rifiuti. Ella, destinata a essere inquadrata come operaia addetta alla raccolta di cartoni, ha dimenticato” di segnalare l’operazione chirurgica subita per la rimozione di un’ernia discale. Questo comportamento non è sufficiente, secondo i Giudici, per legittimare il licenziamento deciso dall’azienda.

Silenzio sulle proprie condizioni di salute. La lavoratrice omette volutamente un dettaglio non secondario – cioè l’operazione chirurgica subita per rimuovere un’ernia discale – in occasione della visita medica propedeutica all’assunzione per la municipalizzata di una grande città come operaia addetta alla raccolta di cartoni”. Questo comportamento non è sufficiente per arrivare al licenziamento, sanciscono i giudici del ‘Palazzaccio’, respingendo le obiezioni proposte dai legali dell’azienda Cassazione, ordinanza numero 17504/18, sez. Lavoro, depositata oggi . Sanzione. Ricostruita facilmente la vicenda, viene appurato che la dipendente, assunta per lo svolgimento di mansioni di operaia comune addetta alla raccolta di cartoni, ha taciuto, in sede di visita medica anteriore all’assunzione, di avere subito un intervento chirurgico di ernia discale . Questa dimenticanza” è ritenuta sufficiente dall’azienda – una municipalizzata” che gestisce raccolta e smaltimento dei rifiuti in una grande città – per emettere un provvedimento di licenziamento, che, ufficializzato nell’aprile del 2012, viene prima confermato in Tribunale e poi, invece, smentito in Corte d’appello. I Giudici di secondo grado specificano che la sanzione applicata dall’azienda è sproporzionata rispetto al fatto contestato alla lavoratrice. E questa valutazione è condivisa dalla Cassazione, che respinge le obiezioni proposte dai legali della ‘municipalizzata’, salvando così il posto di lavoro della operaia. Secondo i Giudici del Palazzaccio, la donna ha sì omesso di fornire, all’epoca della visita pre assunzione, dettagliate informazioni sul proprio stato di salute, ma il comportamento tenuto di fronte al medico non è sintomatico di un intento fraudolento , soprattutto tenendo presenti la funzione di tale visita e l’oggettività dei parametri valutativi cui si deve attenere il medico nel formulare il suo giudizio finale sul futuro dipendente.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 25 gennaio – 4 luglio 2018, n. 17504 Presidente Nobile – Relatore Negri Della Torre Premesso che con sentenza n. 6498/2015, pubblicata il 15 ottobre 2015, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza dei Tribunale di Roma, ha annullato, con le pronunce conseguenti, il licenziamento intimato, in data 13 aprile 2012, da AMA S.p.A. a Vi. Mo. per avere la dipendente, assunta per lo svolgimento di mansioni di operaia comune addetta alla raccolta di cartoni, taciuto, in sede di visita medica anteriore all'assunzione, di avere subito un intervento chirurgico di ernia discale e per avere inoltre taciuto, nel corso del successivo rapporto di lavoro, di essere ricaduta nella medesima patologia - che a sostegno delle proprie conclusioni, e per quanto di interesse, la Corte di appello ha osservato come il secondo addebito fosse infondato, risultando dalla documentazione prodotta che la Mo. aveva informato la società della recidiva, alla prima occasione utile quanto al primo, come la sanzione applicata fosse sproporzionata rispetto al fatto, alla stregua delle previsioni della contrattazione collettiva in tema di licenziamento per giusta causa e tenuto conto delle circostanze del caso concreto - che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società AMA con due motivi, assistiti da memoria, mentre la lavoratrice è rimasta intimata - che risultano depositate conclusioni scritte del Procuratore Generale rilevato che con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 cod. civ. e 30 L. n. 183/2010, in relazione all'art. 68, comma terzo, CCNL dei servizi ambientali, per non avere la Corte, nell'interpretare le disposizioni della contrattazione di settore, considerato che quella di giusta causa è nozione legale ciò che l'aveva portata erroneamente ad elevare gli esempi indicati dalle parti collettive come unici elementi di comparazione e altresì per non avere considerato che l'omissione, da parte della Mo., della segnalazione circa il proprio effettivo stato di salute era condotta contraddistinta da un'assoluta gravità, avuto riguardo soprattutto alle mansioni in relazione alle quali era stata assunta - che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 L. n. 300/1970 per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto di individuare due distinti addebiti, mentre era stato contestato alla dipendente il medesimo comportamento omissivo in una pluralità di occasioni, e per avere ritenuto che la Mo. avesse, con la documentazione presentata dopo il ricovero avvenuto in corso di rapporto, informato la datrice di lavoro della propria patologia, quando invece AMA ne aveva avuto conoscenza solo nella successiva visita aziendale effettuata dal medico competente Osservato che il primo motivo è inammissibile - che, infatti, la ricorrente, dietro lo schermo del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, propone, in sostanza, nei confronti della sentenza impugnata, censure di ordine motivazionale, senza, tuttavia, conformarsi al modello del nuovo art. 360 n. 5 cod. proc. civ., quale risultante a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, e delle precisazioni fornite, relativamente all'ambito e al perimetro applicativo della riforma, dalle sentenze di questa Corte a Sezioni Unite n. 8053 e n. 8054 del 2014, a fronte di sentenza pubblicata in epoca posteriore all'entrata in vigore della stessa 11 settembre 2012 - che peraltro la sentenza, diversamente da quanto prospettato con il motivo in esame, non si pone affatto in contrasto con il principio della giusta causa di licenziamento come nozione legale ex art. 2119 cod. civ., avendo correttamente ritenuto che la norma di cui all'art. 30 L. n. 183/2010, la quale ha tradotto in termini di diritto positivo principi da lungo tempo consolidati nella giurisprudenza, si limiti a indicare al giudice un criterio di apprezzamento della gravità del fatto disciplinare e della proporzionalità della sanzione attraverso il richiamo alle fattispecie delineate dall'autonomia collettiva, delle quali è apertamente sottolineato cfr. pp. 5-6 il carattere non vincolante nella valutazione del caso concreto - che, d'altra parte, la Corte, pur prestando attenzione alle previsioni del CCNL di settore e alla loro valenza di utili parametri orientativi, ha comunque indagato la sussistenza in concreto del legame di necessaria proporzionalità tra fatto e sanzione disciplinare, alla luce delle circostanze della peculiare fattispecie sottoposta al suo giudizio cfr., fra le molte, Cass. n. 7462/2002 , in particolare ponendo in evidenza come il comportamento della Mo. in sede di visita medica preassuntiva non potesse riguardarsi come sintomatico di un intento fraudolento, attesa la funzione di tale visita e l'oggettività dei parametri valutativi cui il medico deve attenersi nel formulare il suo giudizio finale - che deve essere dichiarato inammissibile anche il secondo motivo - che al riguardo si osserva che a non risulta chiarito dalla ricorrente dove e in quali termini si collochi l'errore di diritto denunciato b non viene specificamente censurata quella parte della motivazione in cui la Corte di merito ha accertato la genericità della contestazione, quale autonoma e concorrente ragione decisoria con conseguente difetto di interesse ad impugnare Cass. n. 4199/2002 c è comunque e di fatto svolta, con il motivo in esame, una critica di merito in ordine alla valutazione delle prove documentali compiuta dal giudice di appello ritenuto conclusivamente che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile - che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, atteso che la lavoratrice è rimasta intimata P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.